Mi compiaccio di me stesso ‘ sprofondato nella comoda poltrona di pelle mentre sorseggio un Jameson ‘dello spettacolo che ho creato innanzi a me.
Sei completamente nuda, con gli occhi bendati da una fascia di seta nera e il tuo sesso esposto dalla posizione in cui ti ho costretto. Un’opera semplice ma efficace: una barra metallica, a cui ho fissato i tuoi polsi mentre mugolavi di piacere, bendata ed eccitata dalla nuova esperienza, con le ginocchia piegate su di essa in una posizione tanto innaturale quanto eccitante, che ti lascia completamente in mia balia, con i tuoi orifizi esposti e allargati: in una parola, disponibili.
Ti ho lasciato così immobilizzata per un tempo indefinito sia per me che per te. Io rilassato, appagato dell’opera d’arte di carne che ho plasmato. Tu ‘ invece ‘ tesa, via via più stanca per la posizione e al contempo più eccitata, con i sensi acuiti alla ricerca di un dettaglio che potesse farti capire quali fossero le mie intenzioni e il sesso ancora umido d’eccitazione per le dita che vi avevo infilato senza pudore da sotto la gonna, mentre il tram ci riportava da me.
Ma anche l’autocompiacimento non è un piacere infinito, e così abbandono il bicchiere semivuoto posandolo dalla mano al tavolo e avvicinandomi silenziosamente a te.
Il sibilio dell’aria, poi il tonfo sordo della mano sulla tua natica. Il sibilo della pelle che si tocca per un istante e il pallore che si arrossa immediatamente. Ma soprattutto il sibilo del tuo respiro che si trasforma improvvisamente in urlo stupito, musica per le mie orecchie.
Un tempo interminabile scorre nel silenzio, quei pochi secondi prima che ti colpisca sul fianco l’altra natica ben esposta, arrossata immediatamente dalla durezza del dorso della mia mano. L’odore di sesso che impregna la stanza è la più lampante dimostrazione che anche questo mio contatto non fa altro che eccitarti. Forse vorresti essere scopata così, presa con foga e rozzezza, ma non è questa la mia intenzione, non ho alcuna intenzione di abbassare a una insulsa volgarità l’incontro dei corpi dopo l’attesa, il piacere acuito dall’averti reso impossibili alcune percezioni, il desiderio che si trasforma in bramosia di qualcosa di sempre inaspettato.
Mentre eravamo a cena ‘ fasciata nel corto vestito nero che avevo scelto per te, per valorizzare i tuoi occhi chiari e le tue chiome bionde che ricadevano soffici sulle spalle nude ‘ mi avevi chiesto ingenuamente perché provassi piacere causando dolore: ho provato a spiegarti con calma, tra una portata e l’altra, che non sono affatto sadico. Lo so, i ripetuti colpi sulle tue natiche ti dolgono: eppure ora la pelle arrossata delle tue natiche ti farebbe pensare diversamente. Eppure le carezze con cui tocco ora dove prima colpivo senza remore ti fanno mugolare di piacere, non è solo la tua bocca socchiusa che me lo dice, e neppure la facilità con cui faccio scivolare un dito nel tuo sesso bramoso di ben altro. Sono i dettagli, cherie: i polsi che fremono nel naturale istinto di liberarsi, le gambe leggermente più tese, la testa che si reclina quasi impercettibilmente.
Mi interrompo di nuovo, impedendoti di avvicinarti al piacere che agogni. Vado verso la cassettiera, la apro rumorosamente mentre mi immagino cosa tu stia pensando: la percezione della lontananza, il rumore che non comprendi, il tintinnio metallico sconosciuto. Sono immagini che corrono rapide nella tua mente, in un susseguirsi spaesato di proiezioni differenti del tuo desiderio.
Chissà se la tua ingenuità ti consente di comprendere meglio cosa stia accadendo quando spingo la prima pallina dentro il tuo sesso caldo e il gelo del metallo ti causa un brivido: le avevo lasciate nel ghiaccio per tutto il tempo della nostra cena, per rafforzare ancora di più il contrasto che il metallo ti avrebbe naturalmente causato. La seconda scivola con un altro brivido dentro di te, lasciandoti spaesata e ancora più eccitata. Mi allontano di nuovo, questa volta verso la mia poltrona, da cui godermi la nuova immagine che ho creato: ti agiti, inizi a muoverti scompostamente, il peso interno delle due sfere crea una stimolazione leggera ma persistente, che i tuoi movimenti non fanno altro che acuire.
Passano minuti che ti sembrano ore, mentre sorrido compiaciuto dello spettacolo che mi si offre: sei madida, ti cerchi di muovere, esausta nella posizione in cui ti ho costretto, agognante sempre più un piacere che sale senza poter arrivare all’apice.
Mi decido finalmente a concludere a mio modo questo tuo supplizio, mi spoglio lentamente e non so neppure se il piacere che ti frastorna ti permette di concentrarti sui rumori leggeri degli abiti che appoggio accanto a dove ero seduto, prima di avvicinarmi a te. Scopro che probabilmente non ti sei accorta di nulla dall’urlo ‘ più di stupore che di dolore ‘ che lanci acuto appena ti schiaffeggio una natica ancora ben esposta.
Rapidamente tiro fuori una delle due palline e la lascio penzolare dal tuo sesso così esposto ed eccitato. Uso la fredda barra metallica per aiutarmi a cambiarti di posizione, ti rovescio su te stessa ma non certo per porti in una posa meno esposta o meno innaturale della precedente: polsi e ginocchia restano vicini, in una innaturale pecorina che tanto più schiaccia il tuo viso di lato sul soffice materasso tanto più spinge verso l’alto il tuo culo, lasciando la pallina ironicamente fluttuante a metà nel vuoto, come il tuo piacere interrotto, e l’ano esposto, vulnerabile, leggermente schiuso di fronte ai miei occhi.
Mugoli ‘ e non potrebbe essere diversamente ‘ mentre ti spingo nuovamente dentro la pallina, lasciandoti forse interdetta e stupita: mentre ti giravo pensavi probabilmente che avrei tolto anche la seconda sfera e ti avrei soddisfatta così, legata e bendata, completamente alla mia mercé, nella più animalesca delle posizioni. E invece la rispingo ancora più fondo con forza. Capisci cosa accadrà solo quando senti la saliva scendere lentamente tra le tue natiche, colando verso l’incavo del tuo orifizio ancora mai violato.
Ti tengo i fianchi ora: ferma, immobilizzata, urlante. Abbondo, facendo colare altra saliva, mentre senti la mia virilità schiacciare da sotto il tuo sesso, scaldando l’eccitazione che le due sfere non smettono di darti. Finalmente inizio a spingere, forzandone l’ingresso vergine, tirandoti dolcemente a me con le mani per impedire il tuo naturale tentativo di scansarti un poco più avanti.
Gemi, ansimi, è un continuo mugolio indistinto in cui piacere e dolore convivono, che si accresce mentre lentamente forzo e supero lo sfintere, aprendomi la strada che scende sempre più in profondità nelle tue viscere. Sento la carne che mi stringe, la naturale resistenza che si oppone al mio sprofondare sempre più lentamente dentro di te, intuisco il metallo che spinge la sottile parete stringendo ancora di più il mio percorso.
Inizio a ripercorrere il tuo stretto canale fino quasi a uscirne, ancora più lentamente di quanto vi sono entrato, e sento le scosse del tuo piacere mentre il mio movimento si fa nuovamente in entrata, impercettibilmente più rapido. Lascio la stretta che ha arrossato i tuoi fianchi candidi e aumento ancora il ritmo: ora non scappi più, anzi mi accompagni lentamente, mugolando sempre più forte la tua voglia.
Le mie mani si poggiano ai lati delle tue natiche ancora leggermente arrossate da prima, le carezzano mentre improvvisamente esco da te, con rapidità inaspettata, lasciandoti per pochi secondi aperta, prima che rientri di nuovo, questa volta con più forza, strappandoti un urletto e procedendo rapido dentro e fuori di te, incessantemente, sino a sentirti urlare il tuo orgasmo e potermi concedere finalmente il mio.
Mi accascio sul letto, mi riposo qualche attimo mentre tu sei ancora immobilizzata accanto a me: ora finalmente ti posso sciogliere, i polsi, sfilo la sbarra, e ti sfioro le labbra con le mie mentre ti tolgo la benda e rivelo completamente il tuo viso arrossato e stravolto con gli occhi lucidi ancora piedi di piacere, che hanno un sussulto mentre ti sfilo lentamente fuori il giocattolo ancora sepolto nelle tue carni. Ora sei tu che ti accasci su di me, coprendomi di capelli il petto, già addormentata, lasciandomi decisamente compiaciuto.
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