“Ripresi il motorino e mi allontanai per tornare…”
Dopo un’ora mi decisi a riprendere in mano la causa di tutto
il casino e cioè il telefonino. Tentai una
tattica diversiva scrivendo: “Non è vero che ti amo, era solo uno scherzo, davvero!” Dieci secondi,
non di più, sms di risposta: “Chi ti ha dato il mio numero?”. A questo punto non sapevo proprio che
cacchio rispondere! E non risposi. Cinque minuti e arrivò un nuovo sms con la stessa domanda ma
scritta tutta in maiuscolo: “CHI TI HA DATO IL MIO NUMERO???”. Riflettendo capii che stavolta
dovevo rispondergli, ma cosa? Vabbè era vero, gli scrissi il vero: “Una ragazza della mia classe…”.
“Quale ragazza?” “Si chiama Sonia” “Non conosco Sonie” “E allora non so che dirti si chiama Sonia
e punto!” “Te lo do io il punto! Perchè le hai chiesto il mio numero?”. Dopo quel messaggio passai
sulla difensiva facendo un pò il durettino…”Senti, hai intenzione di farmi spenderetutta la ricarica in
messaggi??”. Otto secondi e mi chiamò. Sarà scontato ma non risposi neanche stavolta… Mi mandò
altro sms: “Allora ripeto: le cose sono due! O mi dici perchè hai voluto il mio numero o dico a tutta la
quinta H che mi hai scritto TI AMO! SCEGLI!”. Perchè nella vita bisogna sempre far delle scelte? Ma
chi me l’aveva fatto fare di scrivere un messaggio così cazzuto al più etero di tutta la popolazione
mondiale?? Tentai ancora la difensiva: “Ho quasi finito il credito, questo è l’ultimo sms che riesco a
mandarti!” Ci misi anche il punto esclamativo per essere più solenne. E forse funzionò.
Era arrivata l’ora di cena, poi l’ora di cena era passata. Tornai nel mio rifugio: camera mia. Non avevo
ancora digerito che risuonò il cell…Chi poteva essere? LUI! Dovetti rispondere e feci la voce un pò
seccata: “Si, pronto?!” “Era l’ora rispondessi, o intendevi andare avanti ancora per molto a scrivere
cazzate?” Feci un lungo silenzio. “Beh, non hai niente da dirmi, guarda che la mia proposta è sempre
quella e UNICA! Voglio sapere perchè mi hai scritto TI AMO! E voglio saperlo stasera perchè domani
sarà troppo tardi. Domattina si va a scuola e molti potrebbero venire a sapere!” “Mi stai ricattando?”
“Pensala come vuoi, ma sei stato tu a scrivermi. Io mi ero già segato pensando fossi una bella figa
che si faceva avanti e invece eri tu! Dobbiamo vederci stasera, voglio che tu mi parli guardandomi
negli occhi se hai il coraggio!” “Mi vuoi vedere per picchiarmi?” “Perchè credi che vorrei menarti?
Perchè sei gay? No guarda, io non ho mai menato nessuno. Voglio parlare con te solo per mettere le
cose in chiaro!”. “Dove e quando?” “Tra mezzora può andarti bene? In piazza dell’Angelo?” “Si, ok,
ci sarò! Ciao”. Ciao stò cazzo, mi avrebbe fatto l’interrogatorio, e io avrei dovuto rispondere, avrei
dovuto dirgli la verità, orgoglio e dignità a fanculo!!! Ero tanto preoccupato quanto invasato all’idea
di ritrovarmi Adrian a quattrocchi. La sua bocca davanti alla mia faccia. Roba da aritmia, tachicardia,
extrasistole e chi più ne ha più ne metta… Mi infilai il maglioncino, il giubbottino, mi toccò sorbirmi la
banale domanda dei miei “Alessandro dove vai? Non esci mai la sera…” e dovetti pure rispondere:
“Ehm, vado a portare il libro dei temi a un mio compagno che domani deve fare il compito”.
Balla pazzesca, non ce l’avevo neanche il libro dei temi, li copiavo direttamente da internet.
Beh comunque tra una cosa e l’altra arrivai in piazza dell’Angelo che lui era già lì. Con i suoi capelli
corti tirati leggermente in su col gel, con occhi tagliati così bene che sembrava c’avesse pensato il
diamante a farlo e poi quella bocca, quella dannata bocca, con un tono di rosa perfettamente giusto,
con quel maledetto vizio di passarsi la lingua sulle labbra per renderla ancora più erotica, ancora più
lucida, ancora più smagliante. Ma non era lì per attrarmi o per essere attratto. Era lì perchè voleva
una spiegazione. Non mi salutò nemmeno. Ci sedemmo su una piccola panchina di pietra immersi
nella frizzante aria di fine ottobre.
“Allora che hai da dirmi” mi fece. “Cosa vuoi sapere?” risposi. “Lo sai, tutto, voglio sapere tutto!”.
Non ho molto da dire. Ho completamente perso la testa per te. Il tuo numero se lo stavano passando
una mattina due mie compagne in classe e io me lo sono segnato, poi ti ho mandato ingenuamente
quello stupido messaggio, questa è la verità”.
C’era un pò di via vai in piazza, gente che andava gente che veniva, grandi, ragazzi, coppiette mano
nella mano. Giuro che in quel momento avrei davvero voluto essere una ragazza per stringergli forte
la mano. Adrian mi stava fissando e non aveva ancora esternato un commento alla mia confessione.
Passò un minuto buono prima che la sua meravigliosa bocca riprendesse a parlare. “Cosa ti ha fatto
innamorare di me?” “Mi uscì di getto, troppo impulsivamente la risposta: “La tua bocca!” “Cosa?? La
mia bocca? Ho i capelli, gli occhi, un viso, mani, piedi, un corpo, un’anima e tu mi tiri fuori la bocca??”
Lo disse con tono alquanto alterato. “E’ chiaro che non ti amo solo per la bocca, ti amo tutto, ma è la
bocca che ha fatto scoccare la scintilla. Adesso che sai quello che volevi sapere, posso andare? Ho
detto ai miei che stavo fuori poco…”. Continuava a squadrarmi curioso. Adrian era davanti a me, con
quegli occhi incantevoli, con quelle labbra sempre bagnate. Cosa ci voleva avvicinarsi un pò a lui e
infilargli la lingua dentro? La voglia sfrenata di dargli un bacio cresceva smisuratamente, ma no, non
potevo darglielo. Riprese a parlare: “Nessun maschio mi ha mai detto TI AMO!” “E allora? ti disgusta
la cosa? Ti nfastidisce? O esalta il tuo orgoglio maschile?” “Non mi esalta nulla! Ne’ mi disgusta, mi
stupisce, questo si!” “E ti stupisce nel bene o nel male?” “Che vuoi dire?” “Era una domanda come
un’altra. Devo andare” “Scappi via?” “Non scappo, ho detto che devo tornare a casa! Sei soddisfatto
delle mie risposte? O sei ancora intenzionato a far sapere a tutto il liceo delle mie tendenze?” “No,
non lo farò, ma voglio una cosa in cambio!” “Cosa?” “Te lo farò sapere, ti chiamerò o ti manderò un
messaggio, adesso vai se devi andare!” Guardava per terra mentre disse le ultime parole. Gli dissi
ciao e neanche mi rispose. Ripresi il motorino e mi allontanai per tornare. A letto fu difficile prendere
sonno. Quell’incontro mi aveva scombussolato. Lo volevo, desideravo Adrian con tutto me stesso.
Ma quello che ci legava era solo un ricatto, uno sporco ricatto che mi generava tormento, non avevo
la più pallida idea di cosa significasse “VOGLIO QUALCOSA IN C AMBIO”, un bacio no di certo. Ma
alla faccia del ricatto mi venne da masturbarmi, non lo facevo da giorni. Mi segai immaginando la mia
bocca a contatto con la sua. Ci misi poco a venire, ma sporcai completamente il lenzuolo con la mia
sbobba spessa e bianca. Mi alzai per andare a buttarlo in lavatrice, se no chi la sentiva l’indomani
mia madre? Presi un lenzuolo pulito e tornai a letto. Nonostante tutto crollai.
La mattina dopo ero di nuovo a scuola. All’ora di ricreazione andai giù in giardino per i cazzi miei. La
presenza di Mirko mi infastidiva dopo l’ultima volta che aveva osato ridere per la mia sofferenza.
Io odiavo il fumo ma mi accesi una sigaretta sottratta di nascosto al pacchetto di papà. Cominciai a
tossire e proprio in quel momento si presentò Adrian davanti a me. “Ah fumi pure!” “Che significa
quel PURE? Sta a sottolineare OLTRE A ESSERE FINOCCHIO? No non fumo, è la prima volta!” “Ah,
come mai? Siamo un pò nervosi eh?” “Molto! E grazie a te” “Guarda che non riesci a farmi sentire
in colpa, tutto è nato da te, quindi cerca di non fare la vittima! Ho escogitato la formula del riscatto,
stasera i miei vanno fuori e torneranno tardi. Ti aspetto a casa mia, questo è il mio indirizzo”. Mi
allungò un biglietto e si dileguò senza neanche salutarmi. Le più strane congetture presero piede
nel mio io. “forse non ha amici, mi vuole come amico, fregandosene che io sia gay o meno…O forse
ha complottato tutto per sputtanarmi, magari ha convocato dei suoi amici e ridere di me… O peggio
ancora, per vendicarsi vuole mettermelo nel culo, ma io non lo voglio prendere dietro, ho sentito
dire che fa un gran male…”. Dopo aver aggiunto altre miriadi di ipotesi tornai in classe senza un
briciolo di voglia. Ci attendeva una noiosa lezione di latino della ancora più noiosa professoressa
Dominicis. E tra altri forsennati pensieri finì il mattino scolastico. Passò quel lungo pomeriggio fatto
di esasperante attesa e poi, come tutti i giorni tornò ora di cena. E fu durante la cena che avvisai i
miei che quella sera sarei uscito. Mia madre non risparmiò il commento: “Prima non uscivi mai, e
questa è la seconda volta nel giro di pochi giorni…Hai trovato la ragazza?” “No mamma, vado a fare
un giro con degli amici, stare sempre davanti al computer ho sentito dire che rincitrullisce…”.
Intervenne mio padre dicendo: “Già, non ti puoi certo rincitrullire sopra ai libri visto che non ci stai
mai…”. Quel banale sarcasmo non mi colpì, mi congedai da loro con un inchino per ricambiare la
gratuita battuta di papà. Poi andai a farmi bello. Doccia, barba, mi misi addosso magliettina nuova,
boxerini nuovi, il maglioncino più carino che avevo, jeans stretti che esaltavano il mio culino.
Terminata la vestizione andai allo specchio. Mi tirai un pò su i capelli con il gel, come faceva Adrian,
poi fissai le mie labbra. Non erano male, avrebbero combaciato perfettamente con le sue. Fu solo
una mia stravagante idea fantascientifica… lui non avrebbe mai pensato di farle combaciare.
Ero pronto. Andai a prendere il motorino, mi misi il casco e partii. Lui abitava dalla parte opposta
della città, mi ci sarebbero voluti venti minuti buoni. Ma i venti minuti passarono più che in fretta
con il cuore che anche il più sciacallo degli elettrocardiogrammi avrebbe riscontrato patologico.
Arrivai e suonai. Aprii il cancello di ingresso che una volta varcato mi mise faccia a faccia con il
mio adorato Adrian il quale mi stava aspettando fuori dalla porta, la prima porta del piano terra.
“Vieni entra” disse sorridendo. Poi si era fatto bello anche lui, era molto più curato del solito, ma
la cosa che mi colpì di più fu il sorriso. Non mi aveva mai sorriso fino a quel momento. Mi fece
sedere in sala su di un bellissimo divano bianco di pelle. Aveva la tv accesa su un canale di video
musicali. La spense. “Posso offrirti qualcosa?” chiese. “”ehm, no, no grazie!” “Ok, visto che fai
tanti complimenti ci penso io”. Si diresse verso la cucina e ritornò dopo 2 minuti con un vassoio
con 2 coppette sopra. Credo fosse gelato e il gelato era la mia passione. Ma era un gelato strano,
galleggiava sopra una ingente quantità di liquido. Me lo porse: “Crema di panna con doppio
affogato di wisky, spero apprezzerai!”. Ecco…non un affogato, ma un doppio affogato, fantastico,
ODIAVO gli alcolici! Ma trangugiai tutto, e in fretta per dargli l’idea di un apprezzamento totale.
“Vedo che ti è piaciuto” mi disse sorridendo ancora e io mentre mi girava già la testa risposi: “Si
si, buonissimo, grazie!”. “Scommetto che hai il cuore che va un pò fortino, eh? E’ questa la mia
sensazione” “Le sai leggere bene le sensazioni degli altri…” dissi cercando di deglutire quell’
orribile sapore di wisky che non si decideva ad andar giù. “Sei emozionato per essere qui?” mi
chiese “Ma vedi, più che emozionato sono sconvolto, forse impaurito, non so ancora quale sia
quella cosa che vuoi in cambio!” “Vuoi che arrivi al dunque?” “Se proprio è necessario”
risposi con un faccino da ebete. “Ok, veniamo al dunque. Vorrei una prova da te. Vorrei vedere
se avresti davvero il coraggio di darmi un bacio in bocca!” Il wisky, il mio cuore e le sue parole
stavano ballando una danza sconosciuta dentro di me… Mi venne da rispondere: “E se osassi
davvero darti un bacio in bocca cosa fai, ci scappa un pugno??” “No, te lo ripeto, non vedo il
motivo per cui menarti. Voglio solo capire se hai del coraggio e capire che effetto mi può fare
baciarmi con un ragazzo anzichè con una ragazza. E’ una domanda che ogni tanto mi pongo”.
“Guarda che il coraggio ce l’ho! Ma se poi ti fa schifo?” “Se mi fa schifo non te lo farò sapere per
non ferirti, ad ogni modo te ne accorgeresti tu stesso. Quando vuoi cominciare comincia. Io mi
sdraio sul divano e aspetto… “Non dovette aspettare molto. Mi misi in ginocchio per terra e mi
avvicinai a lui, senza tanti preamboli, senza finte carezze o preliminari. L’obiettivo era la sua
bocca e con la mia bocca l’obiettivo lo centrai. Arrivai al sodo, labbra sulle labbra e prima timidi
baci esterni finchè non aprì la bocca e la mia lingua spavalda cercò la sua lingua che reagì bene,
contraccambiando. Ero nella sua bocca, un universo fatto di cellule, liquidi e fluidi che si
mescolavano con i miei come calderoni in cui ribollono pozioni magiche. Era il primo bacio che
davo a qualcuno e non avrei mai immaginato potesse essere così fantastico nuotare con la lingua
nel mare caldo di qualcuno. Deglutire la saliva altrui, quella che quando si sputa per terra genera
un senso di ribrezzo. Probabilmente si stava trattando di un sogno, non potevo concepire
fosse vero quello che avevo tanto desiderato. Eppure lo era, la sua mano che mi prese dietro
la nuca per incollare le labbra ancora più pneumaticamente evidenziò che non si trattava di una
fantasia notturna, bensì di spudorata realtà. Io avevo già drizzato alla grande, ma anche lui pareva
dall’evidente rigonfiamento sotto i pantaloni. Fu lui a staccarsi non prima di avermi ripassato la
lingua sia sul labbro inferiore che su quello superiore. “Adesso basta esclamò, altrimenti rischio
di sborrare negli slip”. “Allora ti è piaciuto!” esclamai. “Tu non farmi domande, prendi le cose così
come vengono. Ci rivedremo ancora, questo era solo il primo test. Devi superare anche gli altri se
non vuoi vedere a caratteri cubitali il tuo nome a scuola accanto alla parola CULO! Adesso vai, ti
scriverò quando sarà pronto il prossimo test”. “Sei un bastardo!” osai dirgli. “Forse il bastardo è
quello che manda sms senza firmarsi, non credi?”. Annuii con la testa guardando l’orologio alla
parete. Era passata mezzora da quando entrai in contatto con le sue labbra. Mi meravigliai che
un tempo così lungo fosse passato così fretta e mi meravigliai che lui non avesse fermato prima
un bacio così lungo. Mi infilai il giubbotto, lo salutai, uscii dalla porta. Ero carico di meraviglia
e al tempo stesso più che mai infastidito da quella squallida forma di ricatto. Ma tornai a casa con
il sapore di Adrian che avrei voluto mi restasse in bocca all’infinito. Per questo non mi lavai i denti
prima di andare a dormire. E fu con quel sapore in bocca che mi sparai la sega più potente del
mondo una volta nel letto. Ma mi ero premunito. La mia panna montata fu abilmente raccolta da un
fazzoletto di carta, forse anche troppo piccolo per contenerla tutta. Ma fece del suo meglio…
E buonanotte a tutti
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