“Avevo la fighetta irritata per il forte strofinio e sentivo il clitoride in fiamme e sproporzionato per essere stato ingabbiato così per parecchio tempo…”
Mi sono chiesta più volte se tutto ciò che accadeva intorno
a me non fosse che un incubo, un brutto sogno che si sarebbe concluso con l’apertura delle palpebre. Ho anche sperato nell’arrivo della mia matrigna, che intervenendo con la sua presenza ponesse fine a quel trattamento. I miei rimasero solo desideri, infatti nessuno dei mie pensieri si realizzò. Il dottore continuava indisturbato l’esplorazione del mio giovane corpo mettendo in seria prova e difficoltà sia il mio fisico che la mia psiche. Abusata rimanevo immobile e passiva alla sua dominazione, nelle mani e nella mente di colui che improvvisamente si era catapultato nella mia esistenza con la scusa di un controllo sanitario.
Rigirata sul tavolino del salotto mi ritrovai sdraiata di schiena e con le gambe oscenamente divaricate. I talloni poggiati toccavano le chiappe, le ginocchia alte e le cosce divaricate mettevano in bella vista la mia vergine fighetta rosea e pelosa. La sua voce squarciava l’aria e le sue parole mi ordinavano a rimanere immobile e rilassata. Nonostante l’ impegno non ci riuscivo, ero agitata. I battiti del mio cuore avevano aumentato il ritmo, il respiro era affannoso e un calore pervase tutto il mio corpo. Ero preoccupata e agitata tanto che fu costretto a tirar fuori dalla sua valigetta due cinghie di pelle nera e legare insieme le mie caviglie e miei polsi . Mi bloccò in modo così stretto e determinato in modo da farmi pensare che si sarebbe bloccata nella mie vene anche la circolazione del sangue. La posizione non era delle più comode, volevo dirglielo ma non potevo. La pallina bloccava la lingua e la voce. Sbavavo. Mi sentivo umiliata come una candida e innocente schiava muta sotto la frusta e il piacere del suo padrone. Emettevo dei suoni disperati , ma tutto era vano. Lui non si curava dei miei gemiti , era troppo intento nella sua ispezione. Presto sentii le sue mani posarsi tra la peluria del mio pube, le sue dita attorcigliavano i miei peli, li tiravano, li torcevano, li accarezzavano spostandosi e soffermandosi all’apertura delle grandi labbra. Il suo indice e pollice avevano preso l’attenzione nel “ martorizzare” il mio clitoride. La pressione delle sue dita aumentava di intensità tanto che presto entrai in una fase di eccitazione. Se ne accorse, mi additò come “cagna in calore” e mi vietò di godere imponendomi all’istante un forte dolore provocato da uno schiaffo sul viso e un preciso colpo sulla figa dato da una cinghia di pelle nera, che era avanzata da prima. Non dovevo permettermi di godere senza che lui me lo avesse ordinato. Dovevo controllare i miei istinti animaleschi. Solo le cagne in calore avevano il mio stesso comportamento e continuando su quella linea dovevo essere punita. La visita medica non poteva diventare un mio piacere sessuale, ma dovevo essere educata a un giusto comportamento. Ero disperata, gli occhi bagnati di lacrime, la bocca e le labbra inondate di bave, umilmente esposta alla sua vista e alla sua volontà quando dalla valigetta prese uno strumento somigliante a una grossa siringa senza ago. Non capivo ma sentii presto la sua efficacia. Me lo appoggiò al clitoride risucchiandolo all’interno mediante il tiraggio dello stantuffo. Quel pezzo delle mia carne ben presto ne rimase imprigionato e succhiato dentro senza pietà, bloccato come se fosse sottovuoto. Mi lasciò in quella posizione mentre le sue mani mungevano le mie tette e i miei capezzoli. Mi sentivo come una vacca alla sua prima mungitura. Legata e stimolata, bloccata e succhiata, pizzicata e stretta per la mungitura forzata dalla volontà del proprio padrone. Gli occhi di quell’uomo incontravano i miei portandomi a uno stato di disagio e vergogna mentre la sua superiorità prendeva il sopravvento e senza che me ne rendessi conto la figa si inondò di umori vaginali. Mi bagnai abbondantemente colando fino al buco del culo dove ancor una volta le sue dita profanarono l’accesso dilatandolo e penetrandolo. Venni stantuffata e ancora riprovai il suo cazzo che violentemente e senza pietà si conficcò dritto impalandomi fino all’intestino, facendomi sentire anche i suoi coglioni che sbattevano forti contro l’apertura del mio culo e tra le mie chiappe. I colpi si susseguivano inesorabili facendo sussultare il mio giovane corpo e presto una calda inondazione di sperma pervase tutto l’interno del mio deretano. Era come un clistere di liquido caldo che imposto con la forza alla fine fuoriuscì spruzzando tra le chiappe quando lui decise di ritirare il suo lungo e grosso cazzo.
In quell’occasione non subii introduzioni vaginali, la verginità dell’imene fu salvaguardata. Lo sfondamento della figa fu rinviato. Deduco che venne rapito particolarmente dalla forma e dallo stato del mio culo. La mia timidezza, il mio candore,la mia docilità, la mia verginità, la mia inesperienza e la mia sottomissione crearono in lui un’attrazione di intrigo e eccitazione che lo condusse presto alla decisione di dedicarsi per parecchio tempo al mio corpo e alla mia mente. Stabilì che erano necessarie altre sue ispezioni mediche e accertamenti vari da espletare anche presso il suo studio. Avrebbe concordato con la mia matrigna e si sarebbero messi d’accordo sugli orari e giornate di ricevimento. Sarei rimasta con lui anche per più giorni come in un ricovero ospedaliero.
Ascoltavo questa sentenza senza reagire e rassegnata rimanevo dolorante ancora immobile nelle sue mani.
Avevo la fighetta irritata per il forte strofinio e sentivo il clitoride in fiamme e sproporzionato per essere stato ingabbiato così per parecchio tempo. Quando venni liberata da quella infelice posizione e concessa la seduta regolare posso asserire che non riuscivo ad avere una postura normale.
Mi sentivo bruciare, ero dolorante e il clitoride fuoriusciva dalle grandi labbra. Provavo una stranissima sensazione , esso non stava più dentro le labbra della figa, ma ne fuoriusciva un pezzo che andava inerme a poggiare sulla sedia. Ormai era sproporzionato e in bella mostra tra le mie cosce spalancate che lo esibivano tra la peluria come un trofeo mostrato su di un palcoscenico con il sipario aperto.
Lui mi metteva a disagio, mi sentivo goffa e impotente davanti alla sua persona. Nello stesso tempo però i suoi occhi riuscivano a catturare la mia anima. Solo a incrociare il suo sguardo, una morsa mi stringeva lo stomaco e mi sentivo rimescolare di eccitazione. La sua voce profonda e precisa faceva uscire dalla mia fighetta liquidi viscidi e succosi che inondavano tutta la mia intimità. Non capivo perché, non avevo mai avuto situazioni simili, non sapevo spiegarmelo e così mi vergognavo ancora di più. Non volevo ammetterlo, ma quell’uomo mi eccitava. Mi rapiva inconsciamente. Ero riuscita con i miei umori a bagnare abbondantemente anche la sedia e ci sguazzavo scivolandoci sopra.
Lui mi fissava e girava intorno alla mia persona toccando ancora la mia pelle. Le sue mani si posavano sul mio collo, alzavano il mio viso, aprivano le mie labbra, pizzicavano le mie tette e tiravano ancora una volta i capezzoli fino a quando mi ritrovai in piedi dritta con le mani dietro la nuca e le gambe divaricate. Piegata mi obbligò ad assumere la posizione ad angolo retto. Le mie tette si ritrovarono penzoloni e le gambe oscenamente aperte tenevano alte le chiappe mostrando anche la fighetta dalla quale ancora pendeva il grosso clitoride. Estrasse dalla sua valigetta dei morsetti di metallo che applicò ai mie capezzoli , al clitoride e alle grandi labbra. Agganciò ad essi dei pesi che mi provocarono dolorosamente l’allungamento di tutte quelle delicate parti.
Rimasi in quella posizione, ma non riuscivo a rimanere ferma per cui decise di punirmi. Mi fece appoggiare le braccia sulla spalliera della sedia e assaggiai le sue cinghiate. La cinghia di pelle dei suoi pantaloni e presto si pose sulle mie chiappe che divennero rosse e doloranti. Gemevo e piangevo, volevo fuggire ma non potevo. I pesi ancora ciondolavano in bella mostra quando decise di togliermi la pallina di bocca e liberarmi da essi. Mi mise in ginocchio ai suoi piedi e mi ordinò di ringraziarlo per tutto il tempo che mi aveva dedicato e per tutto ciò che aveva già fatto per me.
La sua voce dettava delle regole da rispettare,ma io non riuscivo a captare il loro significato. Mi accarezzò i capelli e mi baciò sulla bocca stringendomi forte tra le sue vigorose braccia, ma lo fece in modo così tenero che un brivido pervase tutto il mio corpo e cancellò immediatamente tutti i miei dolori. Lo ringraziai verbalmente e baciai le sue mani .
Il dottore, prima di congedarsi, decise di darmi una terapia. Era importante e necessario dilatare il buco del mio culo in modo più preciso e minuzioso. L’aveva trovato vergine e troppo stretto e visto che ormai ero diventata maggiorenne dovevo essere pronta ad avere una vita sessuale completa. Mi impose l’uso giornaliero di un aggeggio che lui stesso mi offrì e chiamava “plug anale”. Non avevo mai visto una cosa simile e lo guardavo allibita e confusa. Lui spiegando disse che presto mi sarei abituata ad indossarlo e mi sarebbe piaciuto portarlo per parecchie ore. Quell’aggeggio sarebbe servito ad allenare il muscolo anale e allargarlo senza dolore come una ballerina allena i muscoli delle gambe per fare la spaccata senza farsi male. Mi informò che gradualmente sarei arrivata a portarne di dimensioni estremamente grandi . Mi spaventai, ma lui stesso me lo introdusse facendolo scivolare dentro come una gigantesca supposta. L’avrei dovuto tenere almeno 2 ore sotto il controllo stretto della mia matrigna che avrebbe vigilato da quel momento in modo specifico sul mio comportamento sessuale e riferito a lui tutte le mie mosse e reazioni.
Lei si presentò in stanza ringraziando il dottore per la sua disponibilità e lo invitò a cena che era già stata servita in tavola. Lui accettò volentieri. La matrigna aveva portato in mano un vestito bianco corto, scollato sia davanti che dietro, molto largo. Me lo fece indossare porgendomi delle scarpe chiuse con un tacco altissimo. Nel camminare ero molto in difficoltà, erano strette e mi facevano male. Non avevo mai portato scarpe con quei tacchi altissimi, barcollavo. Non mi era stato concesso di indossare intimo, per cui mi sentivo molto a disagio e poi avevo dentro il plug anale che mi faceva assumere una posizione molto rigida.
Rossa di vergogna e a testa bassa li seguii in sala da pranzo dove una sedia attendeva il mio culo sfondato ripieno di quel plug anale siliconato appena inseritomi . La scollatura del vestito metteva in bella mostra le mie tette e il mio fondoschiena mentre l’orlo della stoffa sfiorava quasi il mio inguine.
continua……..
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