“Andai alla reception, anche se mi sarebbe piaciuto restare a vedere la scena…”
Il campeggio nudisti – Prima parte.
Personaggi:
Marco e Luisa
Helmut Carola
Pierre e Brigitte
Paolo e Lucia
Capitolo 1.
Mi chiamo Marco e ho 40 anni, mia moglie è Luisa e va per i 36. Siamo una famiglia normale di Verona. Entrambi insegnanti alle scuole medie della città, dove io insegno lingue e letterature straniere e mia moglie lettere antiche e moderne. Mi hanno proposto di fare il vicepreside, ma non ho accettato perché non abbiamo nessuna intenzione di fare carriera. Non guadagniamo molto per essere laureati, è vero, ma in compenso abbiamo un sacco di tempo libero. Soprattutto d’estate, quando prendiamo la nostra bella barca a vela acquistata con fatica e la nostra grande tenda e partiamo per le vacanze. Non andiamo molto lontano in verità, ci fermiamo in Croazia, a Rovigno, ma ci pare di essere in un altro mondo, perché passiamo ben due mesi in un campeggio per naturisti, quelli che la gente chiama un semplicemente per nudisti. Lasciare una società di provincia bigotta e bacchettona e andare in un campeggio nudisti è proprio cambiare mondo. Vivere così, nudi, in mezzo ad altra gente ignuda senza che nessuno abbia nulla da ridire, nulla da osservare, nulla da criticare, ci pare di sognare. Un posto dove la tolleranza fa parte della filosofia stessa di vita. Non noti l’uomo con le dodici pance, la donna con la cellulite scrofolosa, il vecchio senza un braccio, l’handicappato che dipende dai genitori in tutto per tutto. E non vedi neanche il pezzo di figa, l’attrice tedesca che viene per l’abbronzatura totale, proprio perché è questo l’effetto che fa il vivere lì. Due mesi di sogno, a parte la capatina a Verona a fine del primo mese per la gestione degli stipendi e i pagamenti a scadenza. Ma vi si può andare e tornare prendendo l’aliscafo da Rovigno che ti porta a Venezia in due ore, e da lì in un’ora di treno sei a Verona. Il tempo indispensabile per fare tutto, voltare il culo e tornare in vacanza, lasciando la società alle spalle.
La nostra storia che stiamo per raccontare comincia proprio da lì, da quel primo giorno di luglio in cui siamo partiti per la vacanza lo scorso anno.
La tenda caricata nella barca insieme ad altro materiale da campeggio, trainata da un’automobile rigorosamente station wagon, caricata fino all’inverosimile, e via. Con calma, mai sopra i 120 km/h. A Rovino ci arrivi comunque in cinque ore e comunque nessuno ti corre dietro.
Arrivammo al campeggio nel primo pomeriggio, quando il sole era a picco. Brutto montare la tenda così, ma per la vacanza si fa questo e altro. Andammo a colpo sicuro a cercare il nostro posto preferito, che è uno spiazzo dietro a una alta siepe che dà direttamente sul mare. Il posto è quasi sempre libero, perché una roulotte non ci sta e per le tende è troppo esposto al vento. Noi però usiamo ancorare la tenda, una grande canadese doppia con apertura centrale, con lunghi tiranti di cordino di nailon e… chiodi da roccia. Insomma, il rumore del mare è assolutamente rilassante, mentre se viene un temporale, te lo godi senza paura di essere spazzato via. Una vita nella natura, insomma da naturista.
Per le cinque del pomeriggio avevamo montato la tenda e scaricato la barca, poi siamo andati allo scivolo a metterla in acqua, operazione che ormai facciamo con facilità. Quindi abbiamo legato la barca alla boa che ci hanno assegnato, facciamo l’ormeggio, alziamo l’albero, cazziamo le drizze e… per oggi basta. Siamo in vacanza.
Quindi non ti metti il costume da bagno e via, il mare non può attendere. Come sempre, la prima cosa che facciamo quando entriamo in mare è quella di scrutare il fondale. Ci passeremo un paio di mesi ed è bene vedere se è pulito, fin dove sia possibile eventualmente portare la barca o il gommone di un amico, se le mareggiate dell’inverno hanno modificato il fondale. Era tutto a posto. Salvo una mezza secca che era piena zeppa di ricci di mare, della quale abbiamo preso nota perché con la bassa marea avremmo potuto rischiare di pungerci.
La prima serata, come d’abitudine, mangiammo nel ristorante del campeggio. Alle 10, tutto essendo a posto, andammo a letto. E ci addormentammo subito, sia perché eravamo stanchi, sia perché nel campeggio nudisti non si fa molto sesso. Anzi, non se ne fa per niente. Noi, poi, eravamo arrivati al settimo anno di matrimonio e ci trovavamo un po’ meno assatanati degli anni fin lì trascorsi insieme. Ma finché l’interesse cala in uguale misura insieme, non ci sono problemi.
La mattina dopo prendemmo la barca, infilammo il timone e la deriva, issammo le vele e andammo con calma a fare la spesa al porto di Rovigno. Anche questa è un’operazione che facciamo sempre, perché l’automobile la usiamo solo se indispensabile. Arrivi al porto, ormeggi senza i problemi di posteggio, fai la spesa con calma, poi torni a casa per scaricare la roba e sistemarla nella dispensa e nel frigo elettrico da campeggio, che abbiamo sistemato nella parte interna destra della tenda. Più tardi avremmo ripreso il largo per il fiordo di Lehm.
Stavolta però al ritorno ci attendeva una sorpresa. Qualcuno aveva posteggiato il camper proprio vicino la siepe che protegge la nostra piazzola. Andai a vedere e vidi che era un supercamper tedesco. Cercai i proprietari e li vidi mentre stavano scendendo in mare. Nudi e guardinghi per non scivolare. Ero furioso.
– Entschultigung! – Urlai in tedesco indicando l’autocaravan. – Scusate, è vostro il camper?
– Ja… – Mormorò lui, preoccupato più a non scivolare che a rispondermi.
– Non potete lasciarlo lì! – Gridai seccato in tedesco. – I camper non possono stare nel campeggio. Chi vi ha fatto entrare?
– La direzione. – Rispose sempre in tedesco, meravigliato per la domanda. – Per una notte devono accettarli, perché è vietato il campeggio libero e non ci sono siti per i camper.
– Ach… – Risposi più accomodante. Non sapevo dei permessi di giornata. – Restate solo un giorno?
– Sì, siamo di Fürst, vicino Norimberga, e stiamo andando in Grecia. – Rispose sorridendo. – Domattina ripartiamo. Parola di Tedesco.
– Ja ja, sì… – Dissi, dandomi una calmata. – Scusate. Buon bagno!
Tornai da mia moglie che era pronta per partire e veleggiare nel fiordo.
– Cosa hanno detto? Lo spostano?
– No, ripartono domani.
– Ahhhhhhh!
Un urlo agghiacciante ci interruppe e corremmo a vedere. C’era la donna tedesca che stava urlando come se uno squalo l’avesse azzannata. Vedemmo il marito correre da lei per soccorrerla.
– Ahhhhhhhh! – Urlò anche lui.
– Dio mio! – disse mia moglie, correndo terrorizzata verso l’acqua. – La secca dei ricci!
– Ostia! – esclamai anch’io. – Aspetta!
Presi le pinne di entrambi e corsi verso l’acqua.
– Mettiti le pinne! – Le ordinai. – È pericoloso senza, ti pungi anche tu.
Le infilammo e nuotammo verso di loro. Sembrava che stessero per annegare. Io presi lui e mia moglie prese lei. Nuotando a dorso con le pinne riuscimmo a portarli a riva anche se i due sembravano quasi svenuti. Lei tremava come una foglia e lui si lamentava pronunciando parole senza senso. Non avevamo mai visto due così malridotti, sembravano sotto shock. Altri campeggiatori vennero a darci una mano, così portammo i due disgraziati sulle nostre sdraio da sole. Guardai i loro piedi, che erano punterellati di nero come se avessero la barba. Mi vennero i brividi.
– Cristo che roba!
– Devono fare un male della madonna.
– Mettiti qualcosa e vai a chiamare il medico. – dissi a mia moglie.
Il paramedico di casa sono io e non volevo lasciarli soli.
Mise un costume e corse alla reception, mentre io andai a prendere due asciugamani e li portai ai due sventurati. Li coprii e provai un po’ ad asciugarli.
– Mia moglie è andata a chiamare il medico. – Li tranquillizzai in tedesco. – Fa tanto male?
– Verdammen! – Riuscì a esclamare lui. – Was ist los? Was ist das? È come se uno squalo ci avesse morsicato i piedi…
– Ricci. – Dissi. – Avete sbattuto i piedi in un basso fondale coperto di ricci.
– Mein Got…
– Credo… che mi sia venuta la febbre… – Sussurrò lei con una smorfia. – Batto i denti. E il dolore si fa sempre più insopportabile…
Le sentii la fronte, avrà avuto 38 e qualcosa. Andai a prendere i nostri accappatoi per coprirli di più.
– Bisognerà girarvi pancia in giù… – Dissi poi. – Così il medico sarà facilitato a guardarvi i piedi.
– Non ce la faccio… – rispose lui.
– Dai, che ti aiuto io.
Impiegai un bel po’ a girarlo perché lui non era proprio in grado di aiutarmi. Poi passai alla signora, che pesava meno e mi riuscì facilmente, anche se lei forse non se ne accorse neanche.
Arrivò il medico con tutta la sua calma, tanto ormai sapeva cosa fare. Parlava italiano, ma non il tedesco.
– Vediamo come stanno gli appestati… – Disse, credendo di non essere capito o di fare lo spiritoso.
– Posso tradurre io. – gli dissi per impedirgli di sparare altre cazzate.
Sollevò uno alla volta i quattro piedi, oscurandosi in volto. – Mai vista una cosa del genere. Come cazzo siete riusciti a…
Feci da interpetre.
– Mia moglie si era messa a nuotare stando ferma per aspettarmi, – rispose con fatica a me perché riferissi al medico, – quando ha dato qualche colpo coi piedi sul fondale. Io l’ho soccorsa e mi è capitata la stessa cosa.
– Bisogna dire alla direzione di far pulire quel fondale, – osservai, dopo aver tradotto,– altrimenti qualcuno si farà male seriamente.
– Questi sono già feriti seriamente. – Sentenziò il doc. – Stanotte gli verrà la febbre a 40… Io posso solo dargli un antidolorifico, un antipiretico e mettergli una crema di ittiolo. Ma per tre giorni non potranno mettere i piedi da nessuna parte. Non è uno scherzo. Fra tre giorni forse sarà possibile togliere parte delle punte, perché l’ittiolo li farà espellere, ma nel frattempo hanno bisogno di assistenza. In tutto e per tutto.
– Li vuole trasferire in ospedale?
– Scherza? Non li accetterebbero per delle semplici punture da riccio.
– Semplici?
– Sì, perché comunque c’è solo da aspettare.
– E chi si prende cura di loro qui? – domandò mia moglie, dopo aver sentito da me la risposta.
– Ah, non ne ho idea. – Disse il medico. – Voi non potete?
– Che scoperte! – risposi. – Certo che possiamo, ma siamo in vacanza…!
– Ecco, bravi, gli starete dietro voi. Vi siete presi la responsabilità di salvarli, adesso vi assumete l’onere di accudirli. Allora adesso gli faccio un’iniezione antidolorifica, poi gli metto l’ittiolo, così vedete come si fa e poi vi prescrivo delle medicine. Appena potete gli darete degli antipiretici e questa sera degli antibiotici. Domattina gli farete un’altra iniezione antidolorifica, che probabilmente sarà l’ultima. Questa è la ricetta. Se non ci sono complicazioni prima, torno fra tre giorni.
– E la pipì e la popò?
– Temo proprio che senza di voi non riusciranno a fare neanche quelle.
Non tradussi. Assistemmo il medico, poi quando se ne andò lo pagai e accompagnai mia moglie in tenda.
– Ce l’abbiamo nel culo. – Le dissi a bassa voce. – Mi sa tanto che li abbiamo sul groppone noi…
– È evidente… he he… – Rispose con dolce ironia. – Come ha detto il medico, ci siamo presi la responsabilità di salvarli e ci tocca la responsabilità di accudirli.
– Dai, non scherzare.
– E smettila tu adesso. La solidarietà fa parte della scelta di vita naturistica.
– Ma almeno per una settimana dovremo…
– Noi restiamo qui quasi due mesi. Faremo il nostro dovere per il tempo necessario.
Capitolo 2°
Ero andato a prendere le medicine con la macchina, ma giurai di non usarla più perché persi un paio d’ore per soli cinque chilometri di strada. Ma mi domandai come avremmo potuto io e mia moglie lasciarli soli per uscire in barca…
Quella sera avevano effettivamente la febbre alta, ma con due tachipirine stavano cominciando a superare la crisi. Non soffrivano ma non vollero mangiare nulla, solo da bere in abbondanza, acqua.
Verso le 22, lavati i piatti, riuscimmo a parlare un po’ con loro, che avevamo sistemato nei loro letti con tanto di coperte nonostante il caldo. Venivano dalla Germania, vicino Norimberga, ed erano diretti in Grecia, ma questo lo sapevamo già. Frequentano sempre campeggi per naturisti, ma poiché gli piace viaggiare, ci vanno con il camper. E dato che a questo punto dovevano sistemarsi per la settimana, provammo a fare dei progetti organizzativi.
– In reception hanno assicurato che mi avrebbero fatto trovare due seggiole a rotelle per domattina. – Disse mia moglie, sorridendo per metterli a loro agio, contando sulla mia traduzione. – Ma dovrete fare i bisogni stando seduti o a letto… – Si rivolse a me. – Digli che hai comperato un vaso da notte da ospedale.
– Ti ringraziamo, – rispose lui dopo che glielo dissi. – Non avremmo mai voluto procurarvi un disturbo del genere.
– Non vogliamo rovinarvi la vacanza. – Aggiunse lei, parlando con la bocca impastata. – Ci dispiace…
– Ah, – Intervenne mia moglie. – Fa parte dello spirito dei naturisti darsi una mano reciprocamente. In tre giorni sarete di nuovo in grado di guidare il camper.
– Temo di no. – Dissi io, che sapevo cosa aveva detto il medico. – Secondo me dovranno stare qui almeno una settimana. Passati i primi tre giorni, magari potranno venire in barca con noi.
– Sì, comunque vi staremo sempre dietro, – aggiunse mia moglie. – Vi metteremo al sole, poi all’ombra. Mangerete con noi e…
– E questo non è rompere i coglioni? – Domandò lui, anche se in tedesco non aveva usato quella parola.
– Mavalà, prima o poi potrebbe accadere a noi di avere bisogno di aiuto.
– Sì, e non ci sarà nessuno disponibile… ha ha!
– Beh, ragazzi, – mi alzai. – Dobbiamo darci da fare. Avete da fare la pipì?
– Sì, risposero in coro.
Presi il vaso trasparente. Cercai di scherzare.
– Chi vuole essere il primo? – Pomandai mostrandolo. Era una specie di caraffa da vino orizzontale con il collo girato in su e un manico tipo anfora. Poteva essere tenuto sia orizzontale che in piedi.
Si guardarono, ma io mi avvicinai a lui prima che potessero decidere.
– Dai, prova a pisciare qui dentro.
Gli portai il contenitore all’uccello. Lui cercò di sollevarsi con le braccia, ma era davvero impacciato.
– Stai giù. – Gli dissi allora. – Faccio io.
Gli presi l’uccello in mano e glielo portai all’imboccatura del vaso.
– Forza, adesso tienilo tu, rilassati e prova a pisciare.
Lui impiegò un bel po’. Si mise una mano sulla fronte e chiuse gli occhi. Provò a concentrarsi. Decisi di aiutarlo.
– Pssst… Sssst… Pssst…
– Cristo ragazzi! – intervenne sua moglie. – Così la fate fare a me. Presto, Marco, scusa ma a me scappa proprio…
Portai il contenitore a lei, domandandomi da dove sarebbe uscita l’orina… Non è che un uomo faccia fare la pipì a una donna tutti i giorni.
– Vado? – Domandò.
– Vai. – Confermai, dopo averle fatto sentire il vaso appoggiandolo alla vulva.
Lei se lo sistemò meglio e cominciò a pisciare con un bel getto. Mi accorsi allora che aveva nella parte destra delle grandi labbra del sesso un piercing, una specie di campanellina, come quelle che mettono i pescatori sulla canna per sentire che il pesce sta abboccando.
– E questa cos’è? – chiesi toccandola.
– Ah, un piercing che piaceva a Helmut. Dovevo metterne due, una per parte, poi però mi sono fermata a metà.
Impiegò poco, ma riempì il contenitore più della metà. O forse impiegò molto ma a me il tempo era passato in un lampo…
Coprii mano e vaso con una salvietta e andai a svuotarlo.
Poi tornai da loro e mi portai da lui. Stavolta impiegò poco a cominciare, ma pisciò più a lungo. Mia moglie ci raggiunse che lui era a metà.
– Ach, ganz gut! – Disse con l’unica cosa che sapeva dire in tedesco, facendolo imbarazzare.
Comunque finì anche lui e andai a svuotare nuovamente il vaso.
Quando tornai, Luisa li stava lavando con una spugna e dell’acqua calda.
– Avevano ancora l’acqua di mare addosso. – Spiegò. – Aiutami che li asciughiamo.
Finita la toilette, entrai nel camper e cercai di sistemarlo per la notte. Abbassando il tavolo centrale si andava a formare un grande letto matrimoniale.
Dovetti portarli di peso a letto, uno alla volta. Lui pesava un po’ troppo per me, ma lei era davvero leggera e leggiadra. Mi faceva piacere sentire il calore della sua pelle sulla mia. Lei si lasciava andare tra le mie braccia in tutta fiducia.
È così tra nudisti.
– A proposito, – aggiunsi, con una sorta di voluta ironia. – La direzione vi autorizza a restare quanto volete, anche col camper…
– Es tut mir leid…
– E smettetela di dire vi dispiace. Stasera metteranno delle piccole boe per segnalare il pericolo ricci e domani cominceranno a raschiare il fondo. Forse hanno paura che gli chiediate i danni…
– Dovreste chiederli voi… – Commentò lui.
– Perché invece non ci presentiamo, – intervenni, – dato che passeremo prossimi giorni in tutta… intimità?
– Io sono Carola. – Disse lei.
– Helmut. – Disse lui.
– Noi siamo Marco e Luisa.
– Piacere.
– Piacere.
Appena messi a letto decisi di fare loro la prescritta iniezione di antibiotici. Si misero pancia sotto porgendomi il culo. Cominciai da lui. In breve preparai tutto, passai il cotone sulla natica e… zac. Era la prima volta che facevo un’iniezione a un maschio e mi parve di fare un piccolo gesto omosessuale, ma sapevo che non era così. Però aveva un culo liscio e ben fatto come quello di una donna, senza peli ma con delle forme tipicamente maschili.
Poi passai a lei e la preparai con maggiore attenzione perché il culo di Carola mi piaceva e mi piaceva curarla… Quando infilai l’ago, la natica tremò e mi fece sentire un senso piacevole di appartenenza, come se fosse mia. La massaggiai più a lungo di lui.
– Smettila. – Disse mia moglie sorridendo. – Dopo cinque secondi il massaggino diventa una pomiciata… he he.
– I batteri sono più subdoli con le donne. – Scherzai anch’io.
– Lascialo fare… – Disse Carola che aveva capito il senso. – È stato più bravo del medico.
– Grazie. – Dissi. E lo tradussi alla moglie.
– È vero. – Confermò anche Helmut con generosità. – Si merita un massaggino più a lungo con lei che con me.
Luisa disse che era meglio lasciarli dormire. Io guardai i due culi e annuii con evidente malincuore.
– Dai, “dottore”, vieni. – aggiunse ridendo. – I tuoi pazienti sopravvivranno fino a domattina.
– OK ragazzi, a domani. Anzi, a stanotte. Verrò a vedere se avrete bisogno di fare la pipì. Comunque il vaso è qui.
Arrivati in tenda, mia moglie mi si fece intorno come una sottoveste di taffetà.
– Ehilà…! – dissi. – Che calore! Che succede, in vacanza non hai mai sfoderato molta sensualità…
– Neanche tu. – Rispose. – Qui al campeggio credo di non averti mai visto con l’uccello in resta…
– Con cosa?
– Con il cazzo rivolto all’insù. – Disse platealmente, inginocchiandosi per mettersi in posizione con le labbra.
Stando in piedi in tenda toccavo il telo con la testa, per cui mi misi subito in ginocchio anch’io. Ma lei mi buttò subito sulla schiena e me lo prese in bocca così. Mi accorsi che effettivamente era perfettamente eretto. Grosso com’era, lei fece fatica a prenderlo bene e dopo parecchie sbavature decise di andare a sedersi sul cazzo. Si stava chiavando da sola, come usa fare quando prende lei l’iniziativa. Gemeva e saltava, godendosela perfettamente, come una volta. Venne presto e allora mi lasciò prenderla come piace a me: lei pancia sotto e io sopra da dietro, come se la inculassi. Le tenni la nuca per i capelli e le mani dietro la schiena. Venni inondandola, come sempre quando è un po’ che non scopo.
Restammo così, con la seccatura di doversi andare a lavare al bagno del campeggio. Ma lei aveva preparato delle salviette e me ne passò una, in modo da poter restare abbracciati ancora un po’.
– Cos’è che ti ha fatto scattare la voglia di sesso? – Le domandai coccolandola.
– Dai, non dirmi che non ti ha stuzzicato mettere le mani addossi ai ragazzi… Gli hai anche fatto le iniezioni!
– Beh, direi che a livello latente sì che mi ha preso, e dato che abbiamo appena fatto sesso in sessanta secondi netti te e 120 io, ne abbiamo la prova… Ha ha! Ma a te, cosa ha stimolato di più? Ero io che facevo, toccavo… Non tu.
– Beh, li hai fatti pisciare…! Mi ha fatto impazzire l’idea di poter andare lì e…
– Sì, è stata una situazione singolare, ma non più di tanto.
– Neanche quando hai fatto pisciare lei?
– Mi ha eccitato di più fare le iniezioni.
– Allora, non ti incazzi se domani li faccio pisciare io?
– Eh? Ma no, checcazzo! Anzi, se ti piace puoi farlo sempre! Mi togli il problema.
Mi guardò nel buio e poi si portò all’orecchio, infilandomi la lingua come sempre quando mi vuole chiedere qualche particolare erotico che piace a lei.
– Non saresti geloso se… Se gli prendessi in mano l’uccello per farlo pisciare nel contenitore?
Provai a pensare alla scena.
– Ma no, anzi, se ti piace, ripeto, fallo pure. È anche un bel ragazzo.
– E con un bel cazzo…
– Ehi! – Risi. – Il suo non sarà mica più bello del mio!
– Ma no, il tuo è più grosso, ma il suo è così liscio e timido, con il pelo circoscritto, quasi femminile… he he.
– Hai detto un cazzo… femminile?
– Beh, qualcosa del genere.
– Ma allora l’hai guardato proprio attentamente!
– Per forza, non potevo fare diversamente.
– E… – chiesi circospetto. – Tu magari te lo faresti anche?
Aspettò a rispondere.
– Ma no, cosa dici?
– Ah, meno male! – Risposi.
Ma aveva atteso troppo prima di rispondermi… Ed era la prima volta che mi parlava del cazzo di un altro e non sapevo se dovevo preoccuparmi o divertirmi. Lo decise lei.
– Al massimo gli farei un pompino.
– Cosa dici, Luisa? – Esclamai, ma la cosa mi intrigava.
– Smettila di fare il cretino, a letto parliamo spesso delle nostre fantasie…
– Sì, però mai di fare il pompino a uno del quale sai che gli prenderai in mano l’uccello.
– Sì, infatti. – Continuava a pensare. Poi mi guardò nel buio. – Saresti geloso se gli facessi un pompino?
Mi staccai.
– Ma cosa dici? Non c’entra la gelosia, ma non lo voglio e basta.
– Ma perché? Mica ti tradirei!
– Ma stai parlando seriamente?
Si girò dall’altra.
– Se ti dà proprio fastidio – rispose, – possiamo non parlarne più.
– Ma no, scusa. È che mi sembra un discorso un po’ così…
Tornò a girarsi dalla mia.
– Ma tu non te lo faresti fare un pompino da lei?
– Ma che domande! Certo che sì!
– Ecco, tu lo faresti fare ma io non potrei farlo a lui?
– Ma non ho detto che me lo farò fare.
– Neanch’io ho detto che lo farò. Ho solo detto che glielo farei volentieri. E aggiungo che… gli leccherei il buco del culo…
– Ma che stronza! Non vorrai mica dirmi che ti piacerebbe fare una cosa del genere!
– Perché, a te non lo faccio?
– Sì, ma me lo fai perché piace a me, non perché…
Scattò come un gatto.
– Bimbo, forse sarebbe ora che ti svegliassi un po’! Non vorrai mica pensare ancora alla tua età che le donne facciano sesso per fare piacere all’uomo?
La guardai così, nuda sulle ginocchia allargate mentre mi dava del ragazzino. Le misi una mano sul sesso e si placò. Le misi una mano sul culo e le accarezzai la fessura e mi abbracciò.
– Davvero ti piace leccare? – Le domandai.
Si fece intorno a me e me lo fece muovere di nuovo.
– Da morire. Vieni qua…
Facemmo finta di non voler fare quello che si voleva fare, finché lei non riuscì a mettermi pancia sotto, mi allargò le gambe e si portò col naso nella fessura del culo. Per la prima volta sentii il suo desiderio nel mettermi la lingua lì. L’apprezzai in maniera perfida. Lei mi slinguazzò con quella saliva calda e abbondante che ricordavo e quella lingua abile che sembrava voler infilarsi nel mio buco del culo.
D’un tratto mi girò pancia in su e tornò a sedersi sul cazzo, ma stavolta girandomi la schiena. Anzi il culo. Si sbatteva alla grande e quando mi accorsi che stava per venire, decisi di venire anch’io. I getti andarono in su nella figa, per poi discendere lungo il cazzo fino alla base. Una bellissima scopata, fatta con una moglie che era improvvisamente diventata più troia del solito. Per colpa o per merito di un paio di Tedeschi che si erano intromessi nella nostra vacanza.
Capitolo 3°
Quella note tuttavia andai io a fargli fare la pipì, mia moglie dormiva come un sasso.
Ma la mattina dopo, al momento di fargli le iniezioni mi ricordai che avevo detto a mia moglie che la cosa mi intrigava non poco. Ed era vero, perché presi confidenza con entrambi e alla fine diedi dei buffetti per godermi la palpatina finale.
In cambio decisi di lasciare mia moglie a giocare con la pipì.
– Vai tu per la pipì? – domandai. – Io vado a prendere le due sedie a rotelle.
– Sì, non preoccuparti.
Andai alla reception, anche se mi sarebbe piaciuto restare a vedere la scena.
Al ritorno Luisa era già al bagno a svuotare il contenitore.
– Siete davvero gentili. – Disse Helmut. – Non sappiamo come sdebitarci.
– Ah, non pensateci. Sentite piuttosto, vi portiamo all’aperto perché dentro il camper tra un po’ sarà un forno. Qui c’è ombra, ma dovete lo stesso mettervi la crema antisolare.
– La trovi in quel cassettone.
Andai a prenderla. Poi presi anche le loro brandine e le aprii. Misi gli asciugamani e li portai con cura all’aperto.
– Mettetevi pancia sotto. – Ordinai. Che vi spalmo la crema.
Obbedirono.
Cominciai da Carola, ovviamente. Partii dalle spalle, poi la schiena e finalmente arrivai al culo. Temevo di avere qualche reazione al cazzo, dato che ero nudo anch’io, ma in quel momento venne Luisa e mi passò la paura. Passai le natiche della donna con cura, in modo che Luisa mi vedesse per bene. Carola aveva un culo davvero piacevole e sentii che l’uccello gradiva la fresca brezza che lo accarezzava dal mare.
– La metti tu a Helmut? – chiesi a mia moglie.
– Come vuoi, ma a lei devi metterla anche davanti, perché fa fatica a piegarsi.
– Ah sì, vuoi farlo tu, dato che è una donna?
– Mavalà! A meno che non dia fastidio a lei.
Glielo chiesi.
– Ma no, scherzate? – Esclamò Carola. È talmente tanto quello che fate, che potete proprio quello che vi pare.
Girai la donna pancia su, le misi la crema un po’ dappertutto, tette e inguini compresi. Poi passai il flacone a Luisa. Cominciai a spalmarla con delicatezza e finalmente potei accarezzarle le tette. Erano davvero piacevoli. Pensai che si accorgesse che mi piaceva.
– Scusa, forse preferisci passarti tu da sola?
– Te l’ho detto, va’ avanti così. Spero che ti faccia piacere.
Arrivai all’inguine e lei allargò le gambe, esponendomi il sesso. Vidi nuovamente la campanellina. Mi mossi con attenzione per non farle male, ma non potevo evitare di mettere la crema anche nel sesso, così come prima l’avevo spalmata anche nella fessura del culo.
– Non pensi che ti possa far male la campanellina?
– In effetti il sole potrebbe arroventarla…
– Vuoi che te la tolgo?
– Non è facile da cavare, ci vogliono due pinze da elettricista con le punte piegate.
– Ne ho una con le punte diritte e una con le punte piegate, se vuoi. Se te la senti…
– Se a te non fa senso…
– Ma figurati!
Il marito ci guardava soddisfatto come se la moglie mi avesse teso un tranello. Luisa stava spalmandogli la crema, ma anche lei era più interessata a lui che a noi e non capì quale fosse il problema.
Andai a prendere dalla cassettina degli attrezzi le due pinze.
– Cosa vuoi fare? – mi domandò Luisa.
– Se te lo dico, prometti di non ridere.
– Prometto.
– E di non incazzarti.
– E perché mai?
Le dissi cosa dovevo fare.
– Intrigante davvero, cazzo!. – Rispose dopo una lunga pausa di meditazione, meravigliandomi e continuando a impastare le natiche di Helmut, che sembrava non sgradire affatto il massaggio né la situazione. – Posso guardare?
– Beh, a me non dà certo fastidio. Anzi.
E così mia moglie restò a guardarmi mentre armeggiavo con la figa di una donna alla presenza di suo marito. Proprio non seppi come inquadrare la situazione, da devo dire che pur non avendo visibili movimenti al pene, il contatto mi turbava non poco. Il sudore, ma anche le sue secrezioni, rendevano il tutto più difficile ma… davvero intrigante. Impiegai un quarto d’ora, poi riuscii a liberare il piercing. Le bagnai la vulva e l’asciugai con una salvietta. Poi li guardai in faccia tutti tre.
– Beh, ragazzi, – domandai in due lingue. – Non avete mai visto uno che sfila un piercing da una figa?
– No mai. – Disse mia moglie con le mani ai fianchi.
– Neanch’io. – Aggiunse il marito ammirato.
– Mai, neppure io. – Precisò Carola sorniona.
– Beh, – conclusi, guardando la campanellina bagnata nella mia mano. – C’è sempre una prima volta.
Verso mezzogiorno venne da me il direttore del campeggio.
– Ciao Marco. – Mi disse in italiano. – Puoi dedicarmi un minuto?
– Certo. – Risposi allontanandomi con lui.
– C’è un campeggiatore che potrebbe avere bisogno del tuo aiuto…
– Cos’è, – ironizzai. – Si è sparsa la voce che sono il buon Samaritano?
– Qualche piazzola più in là c’è una famiglia di Francesi. Ieri sera hanno sparato dei razzi insieme ai Tedeschi che oggi sono partiti e… E la polizia li ha beccati.
– Vuoi dire che la milizia è venuta a vedere chi è stato e hanno trovato solo chi è rimasto?
– Sì. Gli hanno sequestrato il passaporto e domani devono presentarsi in pretura.
– Eh ostia, per così poco?
– Sì, hanno dato un giro di vite per queste cose e domani gli faranno un vero e proprio processo per direttissima.
– Ma allora hanno bisogno più di un avvocato che di me.
– Non gli serve un avvocato. O almeno non è necessario. La polizia ha fatto un verbale, il giudice lo legge e poi chiederà loro perché l’hanno fatto e… li condanneranno.
– O diomio! E cosa rischiano?
– Da una multa di 250 euro a tre mesi di carcere…
– Per una cazzata così? Chapeau!
– Loro non lo sanno, ma il problema è un altro. In tribunale parlano slavo e italiano. Loro parlano solo francese e qualche parola di inglese. Ecco, pensavo che tu…
– Ho capito… Se io mi facessi pagare per tutte le volte che faccio da interprete… ha ha!
– Fatti pagare, mica ho detto che devi farlo gratis.
– Tra colleghi, – risposi, – non si usa. Dov’è che li trovo?
Mi accompagnò, mi presentò e ci lasciò soli. Lui si chiamava Pierre. Pietro. O Piero.
– Il direttore mi ha detto più o meno tutto. – Gli dissi in francese. – Ma perché hanno coinvolto anche tua moglie?
– Perché qualche vicino, forse scazzato dai razzi, ha detto che ne ha sparati anche lei.
– Bei vicini…
– Beh, puoi farmi da interprete?
– Sì, ma sappi che non sono un avvocato.
– Ti pago lo stesso.
– Non voglio niente. È solo una cortesia tra colleghi di campeggio.
– Beh, senti, in qualche modo contraccambierò.
– Sì sì, non preoccuparti. A che ora è l’udienza?
– Alle 10. Vieni che ti presento mia moglie.
Lo seguii in roulotte, dove vidi un bellissimo culo femminile con la fettuccina bianca di un grembiulino da cuoca. D’altronde eravamo in un campeggio nudisti…
– Parbleu! – Esclamai in francese alla piacevole vista. – Pas mal eh?
– Sì, – ammise in francese. – Ha proprio un bel culo… he he
– Mai non! – Replicai, improvvisando una delle mie battute preferite. – Parlavo della ratatouille che sta preparando. Credo che sia l’unica donna in tutta la costa dalmata a prendersi la briga di fare la peperonata a mezzogiorno d’estate in vacanza!
– Ah… Sì, è una cuoca bravissima e… Ecco trovato il modo di ripagarti! Domani sera vi invitiamo a cena da noi.
– Questo lo accetto volentieri, – risposi. – Ma noi abbiamo anche due ospiti a carico. Sai, quei due tedeschi finiti sui ricci…
– Sì sì… Niente paura allora, invitiamo anche loro.
– Ottimo allora.
– Se aspettate un attimo – intervenne la moglie sorridendo, – mi tolgo il grembiule ed esco a prendere un po’ di fresco con voi.
– Signora…
– Mia moglie si chiama Brigitte.
– Piacere Brigitte, io sono Marco. Però… Non si tolga il grembiulino… Così è stupenda!
– Voilà che galanteria…
Potenza dei vestiti!
Bevemmo un bianco fresco e poi ci aggiornammo alla mattina dopo.
Mia moglie aiutò i due invalidi per il resto della giornata a fare la pipì, io preparai il pranzo e la cena. Loro apprezzarono la zuppa di orzo che si fa in Veneto d’inverno, anche se in campeggio ci portiamo da casa di quelle acquistate al supermercato. La trovarono squisita lo stesso e soprattutto calda, ne avevano bisogno.
La sera io e mia moglie ci ritirammo in tenda stanchi.
– Non abbiamo ancora usato la barca. – dissi.
– Domani mattina… – Suggerì mia moglie.
– Domattina devo accompagnare i Francesi in città. Devono essere processati perché hanno sparato dei razzi…
– Che cosa?
– Oh, niente di particolare. Ne sparano tutte le sere, ma stavolta sono stati beccati loro.
– E tu cosa devi fare?
– L’interprete.
– Madonna, che vacanza… Ha ha!
– Beh, senti, usciremo domani pomeriggio.
– No, – rispose. – Il medico verrà a trovare i due sfigati.
– Ma cazzo! E dopo? Quand’è che staremo in pace?
Invece che rispondere, frugò con le mani alla ricerca del mio uccello. Cosa piuttosto rara anche a casa, e – ripeto – del tutto inusuale al Campeggio Nudisti.
– Com’è andata la pisciata? – Le domandai con voluta noncuranza.
– Le pisciate vorrai dire. Oggi l’avranno fatta quattro o cinque volte. Il medico aveva consigliato loro di bere acqua a volontà…
– Beh, come sono andate?
Lei mi aveva trovato il sesso con la mano.
– Gliel’ho preso sempre in mano. – Disse tenendo il mio. – È davvero erotico sentire la pipì che scorre nel cazzo…
– Ehi, ma che parole!
– Perché, tu lo chiami cazzo solo quando è in erezione?
Nella sua mano e con i suoi discorsi il mio pene stava per diventare un cazzo.
– E… – ripetei, lasciandola fare, – ti è piaciuto prenderglielo in mano?
– Moltissimo, te l’ho detto. Ma, credimi, è piaciuto molto anche a lui. Alla fine tendeva a gonfiarsi…
– Che scoperte! E sua moglie? Non è che si è incazza e…?
– Sì, come no? Stronzo… – Rispose ironica. – Tu armeggi con la figa di Carola per un’ora davanti a Helmut, e adesso ti domandi se lei magari soffre a vedermi prendere in mano il pene del marito per farlo pisciare?
– Ho voglia di chiavarti. – dissi d’un tratto.
– Scordatelo! – rispose lei. – Al massimo ti lecco il buco del culo e ti faccio un pompino. Nell’ordine.
– E poi ti chiavo.
– Cos’è, – sorrise maliziosa. – Abbiamo riscoperto il sesso?
Dopo mezzora eravamo spossati, soddisfatti e spompati. Restammo un po’ in silenzio.
– Voglio mettertelo nel culo uno dei prossimi giorni. – dissi alla fine.
Mi si fece vicina teneramente.
– Ce l’hai troppo grosso per me… Lo sai.
– Te lo dilato pian piano.
– Ma no, non ti basta giocarci mettendomi nel culo qualcuno dei tuoi giocattoli?
– Sì, mi diverte, ma non ne ho portati con me. E vorrei proprio ciurlartelo nel culo e riversarti sperma nel retto. Sai, per segnare il, mio territorio…
– Non ti basta giocare con il sesso di Carola? – Scherzò maliziosa.
– Sì e tu con il cazzo di lui. – Risposi ironico anch’io.
– Se è per questo, mi intriga anche lei. Quando oggi ti ho visto armeggiare con la sua figa per cavarle il piercing, mi ha fatto impazzire l’idea che tu ti sia eccitato da morire.
– Ma non lo ero… Non hai visto che non mi si muoveva?
– Beh, si era mosso… – Precisò. – Non si era rizzato ma si stava gonfiando. Sei stato bravo a contenerlo.
– Ma sei rimasta lì a guardarmelo?
– Lo credo bene, visto quello che stavi facendo.
– Ma non è così!
– Beh, comunque sia, poco fa hai scopato capitalizzando quel magnifico quarto d’ora a contatto con la sua figa bagnata.
– Come fai a sapere che era bagnata?
– Beh, si vedeva lontano un miglio. Ancora un po’ e la facevi venire…
– Dici che dovremmo aiutare quei due anche a fare sesso? – Domandai provocatoriamente.
– Perché no… – Rispose maliziosa, dopo aver pensato chissà a cosa. – Domani glielo chiediamo.
(Continua)
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