Lui era indubitabilmente annoiato e stanco nel suo studio nel leggere quei soliti conti, sì, perché i fattori quest’anno si erano limitati a contestare ogni sua pretesa e ogni sua rivendicazione, in quanto avevano fruttato indiscutibilmente poco con il loro lavoro, inoltre il clima piovoso e umido della trascorsa stagione aveva reso tutto più arduo e disagevole il raccolto finale, dato che questa situazione aveva peraltro abbattuto demolendo in conclusione il suo umore, riducendolo immediatamente in un individuo solitario e taciturno. Con l’arrivo dell’estate, le lunghe cavalcate fino al confine dalla sua terra riuscivano a inibire in parte il suo malumore placando la sua rabbia, dal momento che correva veloce al galoppo per i campi fin lì, in quel luogo fino al capanno, a ridosso del fiume dove lui sapeva esattamente di trovarla: instancabile, tormentata e vogliosa dal desiderio di lui, ligia, obbediente e puntuale, pronta ad appagare esaudendo ogni sua ambizione, frenesia e vanità .
Nelle sue mani lei sapeva abilmente e indiscutibilmente sciogliersi trasformandosi come l’argilla da modellare, giacché come magnetizzata lei lo assecondava, schiava e serva d’ogni suo capriccio. Lei era al tempo stesso un’amante sottomessa, complice e silenziosa, tra l’altro tentatrice audace e sua devota seguace nel gioco del sesso. Lui l’aveva conosciuta quand’era ancora di nessuno e l’aveva fatta sua nel segreto per sempre, l’aveva addomesticata, educata e istruita al piacere, drogata e viziata tanto da renderla dipendente e vincolata da quelle labbra da cui pendeva, tant’è che pure lui innegabilmente drogato e intossicato della sua carne si era totalmente annullato e in ultimo radicalmente cancellato. Dal primo giorno, dalla prima ora, dal primo minuto del loro incontro quel carosello di diletto e di piacere non aveva infatti più cessato di girare, accompagnato dai gemiti di lei e dai singhiozzi di lui. Lui l’aveva vista bagnarsi al fiume in uno dei tanti giorni in cui visibilmente infuriato era salito in groppa al cavallo per rilassarsi nella corsa. L’aveva osservata, mentre lei forse per il caldo o forse per la noia, guardinga eppure intrigata dal fresco tepore dell’acqua si era spogliata e lentamente calata al di là della sponda.
Lui, in quell’occasione, sceso da cavallo, l’aveva a lungo spiata da dietro un cespuglio: le spalle dritte, le scapole evidenti, i lunghi capelli accarezzati dal vento tiepido della stagione, la pelle candida e immacolata, la vita stretta sui quei fianchi morbidi e i suoi glutei sodi appena sfiorati dall’acqua, perché rimase lì, nascosto dietro la siepe, mentre lei indisturbata si ricreava del fresco, godeva di quella falsa solitudine e senza vergogna pareva chiamare nella sua mente l’inaspettata compagnia, eppure quando ne individuò il volto, seppe ciò che voleva e che nulla glielo avrebbe impedito, alla fine uscito dalla siepe le strillò:
‘Che cosa ci fai qui’ – suscitando imprevedibilmente in lei imbarazzo, panico e sussulto, perché lei era nuda davanti al suo sguardo inflessibile. Con un gesto involontario e istintivo lei si era ricoperta velocemente il seno, aveva occultato i capezzoli sodi provocati dai brividi dell’acqua e aveva abbassato la testa arrossendo in viso:
‘Sei entrata nelle mie terre. Qui tutto m’appartiene, io non ti conosco, chi sei? Alza la testa e fatti guardare, vieni qua’ – rivolgendosi verso di lei con un tono autoritario, fiero e irriducibile.
Lei intimorita, ingenua e incantevole come una sirena cominciò ad avanzare verso la riva, abbracciata a sé stessa per la sconcezza e per la vergogna del momento, mentre con la voce tremante tentava di rabbonirlo mentre pronunciava:
‘Oggi è una giornata rovente, sono venuta qua per rinfrescarmi, non immaginavo che qui ci fosse qualcuno. Le chiedo unicamente una cosa, la scongiuro: non riferisca a nessuno né ai miei genitori che mi trovavo in questo luogo, in quanto mi castigherebbero volentieri’.
Lui raccolse un telo da terra e s’avvicino, infine lei lasciò che lui l’asciugasse. Oltre la stoffa lui sentiva il suo corpo morbido, il seno giovane, ingrossato e abbondante fra le mani e poi i fianchi sui quali grondava l’acqua dei capelli. Nessuno l’aveva mai toccata così, lei non seppe parlare, quasi perse il respiro e lo lasciò fare senza opporsi. Il fiato sul collo le stava sciogliendo sapientemente ogni pudore residuo, perché quell’odore aspro e penetrante del suo corpo le ammaliava interamente i sensi. Quel fuoco dentro che partiva dalle viscere fino ad arrivare in gola le bloccava ogni istinto di difesa, mentre le mani di lui seguivano con scioltezza il profilo del suo corpo, in tal modo sentendola così arrendevole e rassegnata lui la sdraio sull’erba: con una mano le teneva la testa accompagnandolo verso la terra e con l’altra le accarezzava il suo foltissimo e pelosissimo pube. Lui la squadrava, con un sussurro la baciò sulle labbra imprimendole una leggera pressione, i suoi occhi lo supplicarono ancora, mentre tutti i muscoli del corpo agivano in sintonia sciogliendosi. Sotto i raggi di quel sole prepotente e sovrano, lei adesso era lì, in balia del tumulto di quell’inatteso e di quell’insperato piacere. La sua lingua esploratrice le riempiva la bocca, la sua mano fra le cosce era impegnata ad allargarle le gambe, le dita pronte a sfiorarla, come finora solamente lei stessa aveva compiuto, fino a farle piegare la schiena dal piacere. Lui la voleva tutta: voleva tastare, adulare e succhiare ogni centimetro della sua pelle, infilarsi in ogni angolo e cogliere la consistenza d’ogni muscolo di quell’adorabile e grazioso corpo fino a sedurla insidiandosi nell’anima.
Lui in quel prodigioso frangente ne ingoiò il sapore, ne inalò l’odore scendendo e risalendo su quelle morbide colline abbandonate al sole: si soffermò per baciarla lungo il compiacente collo, succhiò a lungo i suoi capezzoli stringendole i seni rigonfi fra le mani, sfiorò i suoi addominali e il sue ventre caldo, baciò il suo ombelico, fino a sentire un fremito sotto la pelle e giunse dove voleva giungere. Le allargò le gambe e si soffermò a guardarle quella pelosissima la fica per qualche istante: rosa, bagnata e pulsante dei rivoli del suo stesso godimento: rapidamente con foga ne ingoiò il sapore come l’acqua nel deserto, facendo del suo clitoride un solo boccone. La sua lingua era abile ed esperta, giacché sapeva muoversi intorno a ogni inesplorato percorso, dato che entrava e usciva, s’allargava e si stringeva al ritmo dei suoi sospiri. Lui le baciava le labbra e con dei leggeri morsi le faceva sentire talvolta anche i denti. Le sue mani ormai avevano il totale controllo dei suoi glutei, che spontaneamente sembravano ammorbidirsi e indurirsi in modo simultaneo per favorire il piacere come in una danza ritmata.
A questo punto era interamente sua, era sedotta, era libidinosa, era trepidante e in tal modo s’arrese, perché la sollevo da terra e l’adagiò su di lui nella posizione della smorza candela infilandosela addosso per dondolarla accortamente con le sue stesse spinte, lei divenne svenevole dal piacere e chiaramente sopraffatta dal calore del suo membro che l’invadeva profanandola in profondità . Lui la voleva ancora e quando sentì d’avere rotto la sua diga la girò di spalle, lei inarcò a quel punto con dovizia il sedere in un gesto spontaneo e da dietro sentì prendersi con una mano il ventre, intanto che il suo cazzo duro la scopava fra lo spasimo e il piacere: vari affondi cadenzavano le sue evidenti urla di godimento, visto che sembravano preghiere e suppliche, lui si sentì borioso, tronfio, pieno, pronto sennonché a inondarla, giacché sborrò di gusto all’interno della sua fica emettendo in conclusione un altisonante respiro per accasciarsi poi su di lei, rimasta nel frattempo ancora intontita, timorosa e tremante per quell’amplesso così poderoso appena vissuto.
Nessuno dei due conversò per circa mezz’ora, perché si captava chiaramente soltanto il rumore del vento fra le foglie e lo scorrere perenne dell’acqua, in seguito lui la baciò sul ventre e sulla bocca, in seguito vestendosi per avviarsi le riferì:
‘Bada bene, da domani t’avvicinerai al rifugio a questa stessa ora. Mi raccomando però, aspettami lì nuda, puntualmente come ti ho conosciuta oggi’.
Da quel giorno, tutte le sue corse, ebbero come unica intenzione e come irripetibile destinazione solamente il suo ventre.
{Idraulico anno 1999}
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