Matilde scivolò rapidamente nascondendosi dietro a un’enorme quercia, guardò il postino che avanzava verso il viale, visto che quella mattina non era ancora successo, eppure lei era sicura che alla fine lo avrebbe limpidamente colto sul fatto scoperchiando le sue malefatte. Dopotutto, lui aveva fatto questo capriccio per circa tre anni, a questo punto Matilde doveva scoprire come quella continua e persistente incertezza la scompigliava arruffandola di continuo, così come anche la sua reputazione, e di questo andare anche i vari pettegolezzi di quartiere che dovevano essere abilmente sopportati e sapientemente sostenuti. Il postino infilò parecchie lettere dentro la buca scura attaccata sulla parete, poi attraversò il giardino ben curato accanto alla casa vicina. Un cane era lì che lo osservava incuriosito, Matilde si guardò intorno con diffidenza e con sospetto poi lanciò uno sguardo verso il postino esprimendo:
‘Dannato, sei un piccolo tormento’ – borbottò frattanto Matilde tra sé e sé incassando il colpo.
Lei era sicura che quella fosse la casa precisa dove una signora divorziata bionda e molto affascinante viveva là dentro, Matilde si girò e si collocò dietro un grosso albero, lei in quel punto incontrò un ragazzo di tredici anni su d’una bicicletta, lui guardava lei e Matilde osservava intanto il postino:
‘Che cosa sta facendo lei qui?’ – chiese il ragazzo incuriosito.
‘Perché non sei a scuola a quest’ora?’ – ringhiò indispettita Matilde con un tono aspro e intrattabile.
Lui assomigliava a un bambino curioso, ficcanaso e invadente, forse per questo motivo poteva sembrare un piccolo venditore ambulante.
‘Io sono rimasto a casa, perché sono ammalato’ – disse lui con docilità e con una candida ubbidienza.
‘Allora se stai male, torna subito dentro. Non devi uscire né giocare quando sei a casa ammalato. Torna dentro, adesso’ – gli gridò lei, facendogli fretta quasi sgridandolo.
Matilde si nascose dietro a quel tronco d’albero e cercò il postino, forse adesso ci siamo, pensò lei animata per quello che l’attendeva. Lui non ha avuto il tempo per andare da un’altra parte. Sfortunatamente però lei non sapeva chi vivesse esattamente presso quel numero civico, allora s’affrettò, s’avvicinò attraverso il viale e stette in piedi davanti a una siepe. Lei poteva sentire le voci che provenivano dalla finestra aperta e una di quelle era certamente maschile, ecco dovrebbe essere lui s’immaginò Matilde. Lei voleva interrompere la conversazione attraversando la porta d’ingresso e affrontarli, però in tal modo sarebbe stata arrestata per violazione se lo avesse fatto.
Disgraziatamente, le donne di quartiere non furono contrarie alla legge, perfino per un postino che immancabilmente consegna la posta mezz’ora più tardi. Lei si era offerta di vedere chi rubava quella mezz’ora supponendo che la posta fosse consegnata precisamente in orario, inoltre i suoi amici l’avevano sfidata stuzzicandola opportunamente, dal momento che lei doveva scoprire tutto il possibile per poterli soddisfare. Lei colse in maniera spiccata la sonora risata d’una ragazza e pensò di porre fine a quest’avventurosa e temeraria sfida. Ruppe un ramo dalla siepe, conficcò il suo braccio dentro e aspettò che qualcuno apparisse: quando qualcuno comparve lei lasciò cadere il ramo rotto e s’avvicinò alla porta dell’ingresso. Lei esitò soltanto un momento prima d’insistere, frattanto una ragazza con i capelli neri e con il viso dolce sui vent’anni comparve aprendo la porta con un sorriso curioso e investigatore sentendo Matilde che si lamentava esclamando:
‘Io mi sono fatta male sulla sua siepe’ – disse Matilde, esponendo il suo braccio segnato.
‘La mia siepe è sul mio prato, si trova a quasi due metri dal marciapiede’ – disse la donna con un sorriso interrogativo riguardo al problema.
‘Prego entri’ – disse la donna, facendo un passo indietro.
Matilde fece un balzo in avanti ed entrò, immediatamente vide il postino seduto al tavolo da pranzo che mangiava dei biscotti e aveva davanti a lui una bottiglia di latte. La sua borsa con la posta era stesa sul pavimento, Matilde lo investigò con il suo sorriso catturando il suo sguardo. Lei non era mai stata prima così vicino a lui. Lui era snello e bello. Dio mio, che cosa sto facendo qui si domandò improvvisamente Matilde sentendosi completamente fuori posto:
‘Buongiorno, venga qua, assaggi questi biscotti’ – disse il postino.
‘Lei ha avuto un incidente, ha bisogno d’un cerotto’ – disse la donna con un sorriso affettuoso e cordiale.
‘Io la conosco’ – rivelò, offrendo un biscotto a Matilde e masticando con aria assorta e pensierosa.
‘Sì, davvero?’ – pronunciò Matilde, colta sul fatto e alquanto sorpresa.
Matilde fece un cenno con la testa, disorientata, messa in imbarazzo e un po’ spaventata:
‘Io volevo incontrarla e non potevo pensare a una scusa razionale’ – disse mentendo Matilde alla donna.
‘Com’è deliziosa’ – disse la donna, premendo intanto il cerotto sopra la pelle del braccio. Intanto Matilde a malincuore prese un biscotto, aspettando che il latte le venisse servito:
‘Ecco un altro cliente felice’ – disse Mauro, asciugandosi la faccia.
‘Io rimasi colpito dai biscotti di Cinzia, quando lei me ne lasciò un pacchetto per Natale un po’ di tempo fa e la ringraziai. Da allora, lei m’invita sempre sollecitandomi in modo cordiale d’entrare e anche oggi mi sono fermato qui’.
‘Incredibile. Se ci penso ancora, tutto questo è successo oltre quattro anni fa’ – disse Cinzia.
‘No, tre’ – disse Matilde automaticamente, non curandosi né guardando per non vedere le occhiate delle loro facce sbalordite e sorprese. Lei finì il suo terzo biscotto assieme al latte, intanto che Mauro sollevava la borsa della posta per infilarsela sulle spalle:
‘La ringrazio molto’ – disse Matilde arrivando ai suoi piedi.
Mauro e Cinzia non ci badarono né si occuparono più di tanto, Mauro scosse la testa, ringraziò Cinzia e uscì. Cinzia guardò il suo tavolo coperto dalle briciole, scosse anche lei la testa e iniziò a lentamente riordinare:
‘Come ho potuto abbindolarmi e ingannarmi da sola così, che stupida che sono stata’ – borbottò Matilde, avanzando su è giù da una parte all’altra della sua sala da pranzo con un esplicito e un indiscutibile disappunto.
In quell’istante si fermò vicino alla finestra e vide il postino avvicinarsi, lei si sentì ancora così messa in imbarazzo, per il fatto che voleva morire, in ogni modo voleva a ragion veduta fottere quel figlio di buona donna, anzi, persino di più. Con la limpida disperazione lei si precipitò verso la porta d’ingresso e d’improvviso spaventandolo un po’ lo afferrò per le mani e con un abile e consumato sorriso gl’intimò:
‘Per favore, la prego entri’ – disse lei tirandolo in avanti.
‘Veramente io non so se posso’.
‘Mi vorrà scusare, però ho pensato che lei avesse un affare e sono gelosa, perché stavo appunto andando per affrontarla’.
‘Perché? Come mai lei sarebbe gelosa?’ – chiese lui con un’espressione indifferente e neutrale.
‘Perché, ma quanti perché. La ragione vera è che io volevo avere semplicemente una storia con lei’ – disse finalmente ansimando e lasciandosi finalmente andare per la riuscita casuale e inaspettata di quell’iniziativa.
‘Veramente? Sarebbe meraviglioso, perché nessuna donna finora si è mai offerta prima d’ora così apertamente’ – disse lui felicemente e alquanto meravigliato.
‘Ho sentito storie, sempre numerose vicende, ma realmente incontrarsi così d’impatto non mi era giammai capitato’.
‘Sì, mi scoperà , non è vero?’ – lei pretese impaziente e alquanto inquieta.
‘Certo che sì, sicuro, ne sarei davvero molto lieto e felice’.
Il postino a quel punto lasciò cascare la borsa della posta sul pavimento, lei ansimò sorpresa, allora rapidamente sbatté la porta dietro di lui conducendolo bruscamente verso il divano senz’attendere che lui dicesse di sì:
‘Lei ha un bel posto, qui è davvero accogliente e confortevole’ – disse Mauro guardandosi intorno.
‘Lei vive qui con suo marito?’.
‘No, non più. Siamo stati sposati soltanto per un anno’.
‘Capisco, forse fa ancora male, vero?’ – disse lui toccandole improvvisamente le spalle.
Lei rabbrividì sotto il suo contatto, si piegò e cominciò a dare un colpo ai cuscini sul divano, lui si piegò avanti e collocò il naso vicino al suo affondando successivamente dietro le sue ginocchia. La sua pelosissima e nera fica era così vicina, visto che lui poteva avvertirne esplicitamente l’odore rilasciato, gustandosi sennonché appieno quell’aroma delizioso, inimitabile e penetrante sconvolgendolo. Lui inalò lentamente, profondamente e volutamente, dato che le sue mani arrivarono toccando il dorso delle sue gambe, lui inspirò nuovamente, la sentì pigliare un respiro profondo e tangibilmente rabbrividì intanto che lei si muoveva. Lui la baciò amorosamente, poi la leccò, sfioro le sue labbra per un momento, poi leccò l’altra piega, lei ebbe la pelle d’oca sciogliendosi nelle sue mani, infine repentinamente Mauro l’adagiò sul divano. Le sue mani snelle scesero per appoggiare la sua testa, lei accarezzò i suoi capelli distrattamente, mentre lui inalò ancora l’aroma di quell’incomparabile e stupenda pelosissima nera fica, succhiando con dovizia il clitoride e le piccole labbra curando affettuosamente ogni minimo aspetto:
‘Oh sì, così, dai succhiamela per bene, sei un maestro, così mi farai venire’ – bisbigliò ansante e famelica lei con una vorace foga.
A dire il vero, leccare la fica era qualcosa che Mauro eseguiva di rado, però questa volta poteva compiere un’eccezione. Lui si distese e leccò il clitoride a lungo, mentre il suo pollice destro si era introdotto all’interno della sua pelosissima fica. Lei respirava affannosamente e rabbrividiva al suo contatto gemendo di continuo quando quella lingua strimpellava abilmente nei suoi paraggi in modo oculato. Mauro era già rovente a sufficienza, poiché al momento era giunta l’ora d’affondare il suo cazzo in quella carne esuberante, focosa e infuocata. Lui stette in piedi, l’invitò a disporsi nel miglior modo possibile, piegandosi sopra il braccio del divano lui afferrò il suo cazzo premendolo contro l’entrata della sua pelosissima e nera fica, sfregandolo su e giù brevemente per lubrificarlo, poi spinse delicatamente. Lui affondò il cazzo fino all’integrale penetrazione, lei emise un lieve e gradito strillo d’assenso e diede inizio a quella sinfonia. Mauro lo spinse più forte che poté, però con con garbo e con gentilezza per riceverne a quel punto la penetrazione migliore:
‘Sì, così va bene, sei un’autentica leccornia, una vera delizia’ – sospirò lui invasato sragionando per il piacere provato.
Pacatamente lui cominciò a spingere il suo cazzo dentro quell’incantevole fica pelosissima, nera e sugosa. I loro gemiti di passione dettavano il ritmo della danza, tant’è che anche i bambini accompagnati dai genitori che passavano fuori nella strada, lì davanti al ritorno da scuola, non potevano non ascoltare e sentire i loro indubbi e inequivocabili gemiti provenienti da quella stanza da letto tra l’altro con le persiane aperte. Mauro li guardò distrattamente con menefreghismo e noncuranza, intanto si rituffò dolcemente su Matilde, perché attualmente il suo cazzo essendo lubrificato a dovere scorreva a meraviglia, tenuto conto che lei lo avvertiva arrivargli nelle viscere più profonde. Lei aveva finalmente guadagnato e infine ottenuto Mauro nelle sue grinfie, perché da quel giorno lui diventò il suo postino personale, dal momento che quella sua pelosissima fica nera e vogliosa era stata lasciata affamata, assettata e incustodita per troppo tempo. Lui era fiorente, sbarazzino e pure selvaggio, i suoi desideri appassionati e urgenti furono in questo modo ampiamente soddisfatti, proprio come lei aveva sempre ambito e desiderato. Chi lo avrebbe pensato che tutto questo sarebbe potuto accadere? Che cosa doveva o poteva fare adesso? Riferirlo ai suoi amici, oppure tenerli in perenne incertezza e titubanza?
‘Sì, dai, scopami ancora, forza continua’ – gridò lei in un fulmineo e imprevisto abbandono.
Mauro infilò il suo cazzo ancora parecchie volte, poi si fermò, per il fatto che le sue gambe divennero stanche, successivamente lo sfilò dalla fica grondante e lo appoggiò sul divano:
‘Adesso girati’ – bisbigliò lui, lei s’affrettò e acconsentì.
Matilde attese e ansimò al primo contatto. Il cazzo di Mauro entrò nella sua fica, spingendo lentamente finché non fu tutto all’interno della sua lunghezza. Lui si sentì ancora più grande da quell’angolo e da quella visuale, giacché lei poteva guardarlo quando lui la scopava e ritmicamente massaggiava persino il clitoride. La sua fica cominciò a contrarsi convulsamente e lei si trovò nel mezzo d’un orgasmo imponente e poderoso, lui continuò a pompare, mentre lei insensatamente delirava e farfugliava inarcando la sua fica contro il suo inguine. Un primo orgasmo intensissimo la sconquassò tutta, poiché lui continuava a spingere rinnovando l’incandescenza che era stata soltanto estinta dal suo precedente orgasmo.
Lei avvertiva che quell’eccitazione continuava a salire molto più velocemente di quello che ebbe prima. Con stupore lei percepì che la sua fica si stringeva comprimendosi sempre più forte, finché un secondo orgasmo annientò le sue membra demolendo in ultimo le sue reni. Un sorriso felice illuminò la faccia di Mauro, mentre lui la guardò dimenarsi intorno sul divano, giacché gli piacque la sensazione del suo cazzo che le faceva provare provocandole tutte quelle sensazioni travolgenti. Gli piacque perfino come lei inarcò la sua fica contro la sua mano, visto che lei era in una totale estasi, in un totale abbandono dei sensi.
In quell’occasione il sorriso abbandonò la sua faccia, lui andava su e giù pompando più rapidamente spingendo al ritmo della melodia dei gemiti di Matilde, perché come uno schiaffo violento sferrato all’improvviso Mauro non resistette più, tant’è che sborrò chiudendo gli occhi sopra la pelosissima e nera fica di Matilde, cospargendo e riversando quel nettare di vita liquido e appiccicoso, accompagnato da quel delizioso calore e da quei divini e meravigliosi spasmi che stava provando.
In conclusione s’abbracciarono ansimando e aggrappandosi l’uno con l’altro assieme con i loro corpi svuotati e fatti esplodere poco prima, intanto che lei teneramente lo baciava con attaccamento, con cura e con grandissima dedizione.
{Idraulico anno 1999}
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