Acquattata su di un masso chiazzato di lichene, stringendo nel pugno un pezzo di selce sfaccettata, sono in agguato: un piccolo serpente dalla pelle coloratissima snoda le sue spire sulla roccia sottostante e io voglio quel colubro, non tanto per la carne, che è tenerissima, quanto per fare, della sua pelle, un monile da indossare per la festa d’estate, L’Orgia, alla quale parteciperanno tutti gli abitanti delle Caverne Rosse.
Un movimento rapidissimo del mio polso e il serpentello giace lì, morto; mi accingo a scendere, con la preda in mano, dal masso ormai arroventato dal sole, che si erge al di sopra di un cumulo, singolare monumento al centro di una radura della foresta che ricopre l’isola e che ci protegge e ci sfama, con l’abbondante cacciagione che la abita.
Per questo la chiamiamo ‘la foresta degli dei’.
Scendo agilmente fino alla radura e mi avvicino a uno specchio d’acqua, dove sono solita bagnarmi, per vedermi riflessa: la mia carnagione è scura, i capelli lunghissimi sono fittamente intrecciati con pelli di ramarro, nude le mammelle, alte e sode; indosso solo una morbida fascia a ricoprire il sesso.
I denti bianchi e forti da carnivoro brillano sulla superficie dell’acqua; ai polsi e alle caviglie porto braccialetti di conchiglie e al collo una collana di perle di ossidiana: la gente delle Caverne Rosse, a cui ormai appartengo, mi chiama Sole.
-Madre, madre, ho ucciso un cervo-
Una voce giovane e squillante mi distoglie dalla contemplazione della mia immagine mentre un ragazzo mi viene incontro ridendo: giovanissimo, appena promosso cacciatore, l’ho partorito io, questo orgoglio di maschio, dai capelli neri e lisci, tagliati a casco; il mio corpo all’improvviso ricorda il dolore lacerante e il cieco terrore di una ragazzina troppo giovane per diventare madre, ma insieme si riempie di smisurato orgoglio nel contemplare la bellezza del giovane uomo ; lo chiamiamo Nero, per il suo colorito bruno e lo sguardo cupo degli occhi, troppo simili ai miei.
Si avvicina a me, correndo, sporco di sangue della preda appena abbattuta e io posso ascoltare i suoi pensieri, perché gli dei del popolo da cui provengo mi hanno dato questo potere.
-La madre è la più bella donna delle caverne , la mia sposa dovrà essere come lei-
Mi lusinga ascoltarlo e ridendo comincio a leccare il sangue dal suo petto e dal suo volto, gustando il sapore ferino del cervo, come usano le donne dei cacciatori.
Non mi è mai capitato di farlo con mio figlio, questa infatti è la sua prima preda. Accecata dall’orgoglio materno mi avvicino troppo a lui, sporcandomi di liquido rosso e viscoso. Così ora è Nero che, come per scherzo, lecca me, con la golosità di un cucciolo, fino a che non arriva ai seni: inconsciamente – non riesco a sentire i suoi confusi pensieri e mi immobilizzo, atterrita- comincia a leccare i capezzoli e poi a succhiarli, mentre il suo ventre si spinge contro il mio; sento il suo fallo eretto cercar rifugio nel mio grembo e una sconosciuta sensazione di piacere mi paralizza.
Il ragazzo si struscia contro di me, sempre più in fretta, sento che sta per arrivare all’orgasmo, sono spaventata, so che dovrei staccarmi, invece mi apro a lui sotto la pelle leggera, come a volerlo far rientrare in me , nel ventre che l’ha partorito. Con un lungo sospiro Nero mi si abbandona contro, tocco il suo calzone di pelle, è bagnato.
Allora lo allontano bruscamente- ma non ho il coraggio di guardarlo negli occhi- mentre gli dico :
-Non deve succedere mai più, sono tua madre, se il Sacerdote sapesse quello che è appena accaduto ci condannerebbe a morte-
Lui mi guarda, c’è dolore in quegli occhi cupi, lucenti d’ossidiana e ascolto il suo pensiero, che mi arriva chiaro:
-Non mi importa, Madre, neppure di morire, io per te darei la vita, voglio toccarti ancora, giacere con te…-
-Basta, Nero- mormoro con voce tremante, lui sa che gli leggo nella mente -torniamo a casa, tuo padre ci sta aspettando, e poi stasera ci sarà la festa d’estate, l’Orgia, e tu potrai avere tutte le donne che vuoi, per una notte-
-Si, e tu Madre, potrai giacerti con chi più ti piacerà dei cacciatori, ti ho spiata l’anno scorso, non voglio che succeda anche quest’anno, non voglio-
E’ ancora la sua mente a parlare e io accellero il passo, cercando di ignorare i suoi pensieri, ho paura di quello che potrebbe succedere, ho paura di me stessa.
Arriviamo alla nostra caverna: c’è un uomo accovacciato vicino al fuoco, sta sistemando le pietre intorno al focolare: è alto e robusto, sbarbato, anche lui ha i capelli tagliati a casco, ma è peloso, a differenza di Nero, che è glabro; le sue labbra sono tumide , gli occhi stretti e infossati; è il più bravo dei cacciatori, il mio uomo, il padre di Nero, il Grande, capo della gente delle Caverne Rosse.
Giovanissima mi rubò a mio padre, capo degli Uomini del Fiume, ed entrò in me, lacerandomi, per mettere nel mio ventre un figlio maschio, l’unico.
Le donne delle Caverne Rosse parlano spesso dei piaceri derivati dal giacere con l’uomo, io non commento mai questi discorsi, perché non conosco la gioia che il sesso può dare e che le fa ridacchiare, bisbigliando sottovoce; eppure quasi ogni notte, da quando mi strappò alla mia gente, il Grande mi possiede ed io non sento più dolore, ma nemmeno piacere; sarà per questo che gli Dei mi hanno resa sterile, dopo la nascita del mio unico figlio.
Ogni anno, nella notte dell’Orgia, ho provato a giacere con gli altri cacciatori, secondo il rito voluto dal Sacerdote, ma nulla è cambiato, neppure con l’aiuto
dell’ “acqua di fuoco’ che brucia il cervello e gli intestini.
Il Grande sa tutto questo, eppure si ostina a volere solo me, quando io, se potessi, lo rifiuterei.
Ma se ripenso a quello che è successo oggi con Nero, mi sale un calore dentro sconosciuto, mentre inconfessabili voglie e dubbi angosciosi cominciano a torturarmi.
Allontano il pensiero e inizio i preparativi per l’Orgia.
L’Orgia è un rito sacro, che si celebra ogni anno al culmine dell’estate, quando il sacerdote, dopo aver sacrificato un daino alla Madre Terra, apre la sacra anfora dell’ “acqua di fuoco”, alla quale uomini e donne bevono a volontà, per perdersi nell’ebbrezza del liquido magico alla ricerca del piacere reciproco.
Esiste una sola regola da rispettare: i maschi non devono spargere il loro seme nel corpo delle femmine, perché a nessun capofamiglia piacerebbe crescere il figlio di un altro; se una di noi resta disgraziatamente incinta, ci sono bacche e radici per eliminare il figlio indesiderato.
Mentre tingo le palpebre di azzurro (dall’ultimo baratto con gli Uomini del Mare il Grande mi ha portato due corni di bufalo le cui cavità sono piene di polvere colorata azzurra e verde) e coloro le guance con l’ocra rossa, penso a quello che mi aspetta questa sera: i falò, il cibo, l’ “acqua di fuoco”, i cacciatori vogliosi di giacersi con la donna del loro Capo…e mio figlio, che per la prima volta partecipa al rito.
Appena il sole scompare dietro la cresta rocciosa che protegge le Caverne della comunità, ci raduniamo nel grande spiazzo, dove il Sacerdote, vecchio e grinzoso si avvicina alla catasta di rosmarino e ginepro con un piccolo fascio di rami secchi infuocati, incendiandola e spargendo intorno un intenso aromatico profumo; poi, con l’aiuto del Grande, sacrifica un giovane daino alla Madre Terra, lasciando che il sangue scorra tutto intorno all’altare di pietra.
Quindi rompe i sigilli di resina della brocca che contiene l’ “acqua di fuoco”, ne riempie una tazza e la porta alle labbra; un urlo generale accoglie l’inizio ufficiale dell’Orgia.
Noi donne siamo accosciate vicino ai fuochi, a cucinare sulla piastra gamberi, patelle e carne; come ci si allontana dalle fiamme l’oscurità regna sovrana.
I cacciatori si siedono tra noi donne, Ur e Tanis mi si mettono ai fianchi e mentre il liquore comincia a scorrere, le risate si fanno più alte, e i due cacciatori mi accarezzano insieme le mammelle, mi leccano la schiena e il ventre; tra poco mi trascineranno nel bosco,per prendere piacere con me.
All’improvviso vedo Nero correre verso l’oscurità con Tia, la figlia di Ur: perché la gelosia mi morde l’anima con tanta violenza?
Il Grande, dalla parte opposta, mi sta osservando, il suo sguardo è lucido, nonostante l’ “acqua di fuoco”, le labbra distorte in una smorfia; si è forse accorto di qualche cosa? tremo al pensiero che qualcuno nel pomeriggio mi abbia visto con mio figlio vicino al cumulo: sarebbe la morte per me e Nero, e il disonore per lui.
Allora mi alzo in piedi,ridendo, e trascino con me i due cacciatori verso il bosco. Mi accorgo che le mie gambe tremano, la vista ondeggia e loro due non stanno meglio di me.
Camminiamo per un breve tratto nella foresta, fino ad arrivare nella radura: lì la luna illumina i nostri corpi; i due cacciatori mi sommergono tra le braccia, ci stendiamo a terra tutti e tre; mentre uno mi lecca le mammelle , l’altro mi scioglie la fascia sui fianchi e mi tocca il sesso, con sospiri di piacere.
Non è solo l’ “acqua di fuoco” ad eccitarli, ma anche l’occasione di essere i primi a godere della donna del capo; in breve il seme di Tanis mi inonda il viso e il petto, mentre Ur con un grido esce da me, per non ingravidarmi, bagnandomi le cosce.
Mi duole la testa, voglio andarmene, provo solo fastidio e nausea, per il loro odore ferino che mi impregna la pelle; i cacciatori vorrebbero ricominciare, ma io mi alzo e fuggo via, dirigendomi al laghetto, per ripulirmi; lungo il sentiero colgo un grande ibisco giallo e lo metto tra i capelli; è allora che vedo Nero, il mio splendido figlio, solo, addormentato tra i cespugli.
Indietreggio, non voglio che veda le tracce di altri maschi su di me, ma il mio sguardo scende al suo sesso, visibilmente eccitato sotto la fascia di pelle che gli cinge le reni- chissà se è colpa del sogno o dell’acqua di fuoco…- e non so resistere; il ricordo del pomeriggio invade la mia mente, mentre l’Orgia e l’ ‘acqua di fuoco’ fanno il resto.
Mi inginocchio e lo prendo in bocca, voglio dargli piacere, voglio sentire il suo sapore; Nero apre gli occhi, che splendono nella notte, colmi di eccitazione, e mormora:
-Madre , sei tu, ti stavo sognando… – poi mi trovo a bere il suo seme, meravigliandomi che sia così buono; e non mi oppongo quando mi fa sdraiare per terra, al riparo di un grande masso: ora so con certezza che conoscerò il piacere, mi verrà dall’unico uomo che può darmelo, perché così hanno voluto gli dei.
-Madre, Sole-mormora, mentre inizia a ripulirmi con la lingua le mammelle attardandosi sui capezzoli, che succhia dolcemente; poi scende al ventre e quando affonda il viso nell’umida fessura che l’ha partorito, inizio a viaggiare in un altro mondo: spariscono i rumori di uomini e animali e il mio cuore bagnato di femmina batte sempre più forte, mentre la lingua di Nero lo penetra, per poi tornare al piccolo monte con cui mi procuro il piacere da sola, lo aggira , lo preme, e io urlo, inarcandomi, aprendomi tutta a mio figlio, che scivola dentro di me, di nuovo pronto.
Mi stringe con violenza e iniziamo a muoverci sulla stessa onda , il suo viso perso tra i miei capelli ; mentre lo abbraccio balbetto parole d’amore, di madre e d’amante; quando mi accorgo che il suo piacere è vicino, gli mormoro all’orecchio:
-Aspetta, non lasciarmi, ti prego, ho aspettato per tanto tempo questo momento…- Poi Nero con un grido si abbatte sul mio seno, stringendo in una mano lo splendido fiore giallo, e io grido , perduta in un mare di beatitudine, per la prima volta nella mia giovane vita.
Il mio ventre si è cibato del seme di mio figlio: abbiamo violato due volte le Regole, gli Dei ci malediranno sicuramente, anche se tutto questo è avvenuto per loro volontà, e la gente delle caverne Rosse ci ucciderà, ne sono sicura, perché vedo il Grande, dall’alto del cumulo che ci sta osservado.
Inoltre, non mi hanno mai accettata: per loro resto sempre Maga degli Uomini del Fiume.
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