Nennella (I parte)
Quell’anno il paesino sul mare aveva visto trascorrere in fretta l’estate. Gli ultimi turisti erano man mano ripartiti ed il luogo, una località della costa , aveva assunto l’aspetto mesto , tipico dei paesaggi autunnali incorniciati da un mare che lentamente trasforma l’azzurro in grigio. A due passi dalla spiaggia vi era la casa di Nennella, una donna di quarant’anni che dopo la morte del marito, viveva, sola col figlio Peppino di vent’anni. Il ragazzo durante l’estate aveva lavorato da compare Mico, il vecchio pescatore che accompagnava i turisti nelle escursioni lungo la costa, caricandoli sulla vecchia paranza ormai prossima alla pensione. L’arrivo della stagione fredda voleva dire rinchiudersi nelle case ed attendere un’altra estate. Nennella era una donna alta, con un viso un po’ invecchiato dai dispiaceri e dalla salsedine. Conservava nonostante tutto una bellezza che gli uomini del paese non mancavano di osservare quando la incontravano per le strade del villaggio.
‘Che minne! Che minne tiene sta femmena’ e si riferivano alle mammelle bianche che spuntavano solo un po’ dalla scollatura leggera dei vestiti neri. Si diceva che il marito si vantasse di non essere spesso riuscito a trattenersi dal godere tra quei seni, in mezzo ai quali svuotava il suo sperma , quando lei prima di farsi montare gli deliziava l’uccello con interminabili seghe alla spagnola. I paesani mormoravano inoltre di saltuari incontri tra compare Mico e la donna che si sforzava di compiacerlo per assicurare il lavoro stagionale al figlio. Peppino, il figlio appunto, era un giovane taciturno, poco socievole, spesso sgarbato. Stava sovente chiuso in casa e trascorreva le giornate a masturbarsi sfogliando le riviste pornografiche che comprava quando di tanto in tanto raggiungeva la vicina città per commissioni o compere commissionate dalla madre. Quest’ultima non gradiva che il figlio spendesse i pochi soldi per comprare quei giornali sconci che trovava impiastricciati ed irrigiditi dallo sperma essiccato, nascosti nel cassetto del figlio. I soldi erano pochi e certo non era quello il modo migliore perché il figlio maturasse la propria sessualità. La donna temeva che quell’abitudine avrebbe finito per rendere il figlio sempre più scorbutico e meno disposto a tentare approcci con qualche brava ragazza. Un giorno, non potendosi più trattenere, entrò nella stanza del figlio per rimproverarlo e lo trovò intento a tirarsi una pugnetta mentre teneva un giornale aperto sull’immagine di una donna matura che faceva un pompino ad un giovane dotato di un cazzo dalle dimensioni spropositate. Nennella rimase per un attimo senza parole e dagli occhi le spuntarono due lacrime.
‘Figlio mio perché ti sei ridotto così?!’ ‘ ‘So di non essere stata sempre una buona madre per te, ma non posso vederti consumare così. Voglio aiutarti, lascia che ti aiuti a venirne fuori’. Peppino, senza comporsi continuava la sua pugnetta con un parossismo che impaurì la madre. Ad un tratto alzò gli occhi dalla rivista e guardò fisso la donna che si era appoggiata alla parete tenendo una mano sul viso quasi per proteggersi da quella scena che l’aveva evidentemente turbata. Peppino si alzò e continuando a far scorrere velocemente la pelle del cazzo, si diresse verso la donna mostrandole una cappella grossa e paonazza. Giunto quasi a toccarla Peppino infilò una mano nella scollatura della madre e le afferrò una mammella stringendo il capezzolo tra l’indice ed il medio. Con l’altra mano accelerava la spugnetta e ad un tratto, grugnendo come un maiale e sbavando se ne venne con uno schizzo di sborra così forte che andò a finire sul vestito della madre all’altezza del ventre. Il figlio estrasse il seno della donna e con ingordigia si avventò sul capezzolo prendendolo tra le labbra insalivate e succhiandolo.
‘Peppino, disgraziato cosa hai fatto, mi hai trattato come una puttana. Hai infangato la memoria di tuo padre. Sei un farabutto’.
‘Si mamma sono come dici tu ma non me ne importa un cazzo. E’ vero non spenderò più soldi per giornali porno, il mio porno sei tu adesso, sei la mia puttanazza e ti darò io la ciolla che papà ti ficcava nelle minne. Ti sburrerò nella fica e te lo metterò anche nel culo. Mi farai ogni giorno tanti bocchini e la notte dormirò nel letto grande tenendoti il cazzo arrittato piantato nel buco del culo e nella fessa.
La vedova quarantenne, dopo quell’episodio che l’aveva vista oggetto del desiderio incestuoso del figlio Peppino, alternava momenti di sconforto a momenti che lei stessa non sapeva o non voleva spiegarsi perché la facevano sentire eccitata, e questo per lei era un fatto inammissibile in quanto si scontrava forse con i suoi principi e soprattutto le confermava il sospetto di essere fondamentalmente puttana.
Peppino aveva inizialmente fatto finta di niente comportandosi con la madre come se nulla fosse accaduto.
La sera stessa però mentre era a tavola per la cena e la madre, accanto a lui, si apprestava a versare nel suo piatto la minestra con il mestolo in una mano e la pentola sorretta dall’altra, egli con un gesto improvviso accostò la testa andando a sfiorare con la guancia la mammella prosperosa della donna che, a quel contatto chiuse gli occhi e sospirò deglutendo.
-Peppino ti prego, non dobbiamo, io sono tua madre e tu non puoi vedermi come una donna da conquistare. Sei giovane, bello, vedrai che presto incontrerai una brava ragazza e con lei scoprirai i piaceri dell’amore.-
-Mamma non è così, io quando ti sto accanto sento dentro di me un inferno, il cazzo mi diventa duro come un paletto di ferro e devo correre subito a tirarmi una pugnetta per sborrare e trovare un po’ di sollievo-
La donna ammutolita aveva poggiato la pentola sul tavolo ed il ragazzo per mostrare alla madre la sua eccitazione le aveva afferrato dal polso il braccio e con delicatezza ma senza consentire alla poveretta alcuna reazione le aveva fatto aderire il palmo della mano alla patta facendole apprezzare la consistenza e la grandezza della ciolla che la donna aveva peraltro avuto modo di vedere quando il figlio le aveva dedicato una sborrata sul ventre.
-Peppino, non posso accettare che tu continui a trattarmi così- disse senza molta convinzione cominciando a stringere sulla stoffa dei calzoni il cazzo del figlio e muovendo la mano in modo da dare inizio ad una sega delicata ed interminabile.
-Mamma, io non voglio trattarti male, voglio farti del bene, voglio darti quello che papà ti dava tutti i giorni e voglio che da adesso in poi il cazzo non ti manchi più. Vedrai che staremo bene. Io ti darò sempre tanto cazzo e tu te lo farai ficcare nella fica, nel culo e me lo farai sborrare tra le tette o nella bocca dopo avermi fatto dei bocchini meravigliosi-
-Peppino, mi dici queste parole volgari e mi tratti come se fossi la più esperta delle puttane- così dicendo intanto continuava a spugnettare il ragazzo da sopra i calzoni. Questo sempre più eccitato staccò per un attimo la mano della madre dal cazzo e se la portò alla bocca infilandosi le dita tra le labbra e insalivandole i polpastrelli ed il palmo con la lingua. Con l’altra mano tirò giù la cerniera dei pantaloni che scivolarono ai suoi piedi e che lui si sfilò. Si tirò giù a fatica anche le mutande ed esibì alla madre un cazzo che apparve a questa ancora più grosso e lungo di quello che conosceva. Riportò quindi in basso la mano della donna e le mise dentro la ciolla che sembrava stesse per esplodere.
-Ti ho leccato la mano per bagnarla come la tua fica, adesso falla scorrere e tirami un po’ di pugnetta’ solo un po’ perché poi voglio ficcartelo nella fessa e ti voglio sborrare dentro-
-Si Peppino’ ti tiro una pugnetta lunghissima,” la tua mamma ti tirerà le pugnette ogni volta che lo vorrai e ti farà sborrare tanto tanto’. ma nella fica no perché non si può chiavare la mamma perché potresti lasciarmi la broda dentro ed ingravidarmi e questo no.. non potrei accettarlo-
-Va bene mamma’ per questa volta faremo come dici tu’.. sborrerò con la tua spugnetta’. però la broda me la devi bere’.. te la spruzzerò tutta in bocca.. e sarà come la bocca fosse la tua fica.. calda ed accogliente-
Nennella intanto continuava a far scorrere la mano impugnando il cazzo nodoso del figlio.
Peppino, al culmine del godimento sentendo salire un fiume in piena, staccò la mano della madre dal cazzo e questa volta con forza, energicamente l’afferrò dai capelli e la costrinse in ginocchio.
Puntò deciso la cappella paonazza sulle labbra della donna e gliela infilò dentro chiavandola in bocca per una manciata di secondi.
Cominciò quindi a sborrare ed i primi fiotti furono ingoiati dalla donna.
Estrasse quindi la ciolla e puntandola verso il viso della madre la infradiciò di sperma caldo e lattiginoso. I rivoli di sborra le colavano sul naso, sulle guance ed un filo denso le pendeva dall’angolo della bocca.
-Si mamma ti ho pisciato in bocca la mia broda, ti ho chiavata la fessa della bocca’.. vedrai ti farò fare la cura della sborra e rifiorirai come non mai-
Nennella (III parte)
Nennella stava vivendo quella storia col figlio come se si trattasse di un sogno. Solo non capiva quando ed in che misura questo sogno diventasse incubo.
In realtà la donna avvertiva dentro di sé sensazioni fortissime che le provocavano brividi che in cuor suo sentiva di assoluto piacere.
Da tanto tempo la sua femminilità desiderava essere oggetto delle attenzioni di un maschio, maschio del quale, dalla dipartita del marito, aveva trovato negli sporadici incontri con compare Mico solo un surrogato, in grado di soddisfarla senza particolari entusiasmi.
Costui, un vecchio marinaio ridottosi a sbarcare il lunario trasportando sulla sua barca i turisti in estate, in cambio del lavoro offerto al figlio della vedova, pretendeva dalla donna, di tanto in tanto, una dimostrazione di gratitudine. Egli la mandava a chiamare dal figlio Peppino con la scusa di doverle chiedere qualche consiglio.
Quando la poveretta entrava nella vecchia casa del marinaio trovava quest’ultimo seduto sulla poltrona, con i calzoni abbassati fino alle ginocchia, intento a lisciarsi il cazzo scuro, già svettante con la capocchia gonfia e resa lucida dallo sputo col quale compare Mico si era insalivato per fare meglio scorrere l’arnese nella mano ruvida e di calli e salsedine.
– Vieni, vieni Nennella, accomodati vicino a me e dammi conforto. Cacciami sta smania di femmina che mi fa passare le notti con gli occhi aperti, fammi sentire l’odore della fica che ti trasuda e fatti bagnare con la sborrazza che mi fa scoppiare i coglioni –
L’uomo, prendeva la donna per mano e la faceva sedere accanto a lui sul bracciolo della poltrona.
Smetteva per un attimo di tormentarsi il cazzo ed infilava la mano nella scollatura della vedova, scostando il reggipetto ed afferandole le mammelle gonfie…prima la destra, poi l’altra.
Spostava subito dopo la sua attenzione verso l’intimità della femmina e le sue mani infilate sotto la veste nera, larga, sgualcita, attraversavano l’orlo delle mutande e dopo aver scostato a mò di pettine l’abbondante pelliccia si insinuavano tra le labbra della fica trovandola sempre bagnata e calda.
Dopo un’estenuante ditale fatto a volte con il solo medio, altre con due tre dita, tirava fuori la mano e si fermava ad osservare inebriato le secrezioni biancastre ed odorose della vedova.
Avvicinava le dita al naso per non perdere neanche un po’ di quella fragranza dopodichè, con un guizzo si infilava le dita in bocca leccando quella crema di fica , guardando la femmina negli occhi e fissandola con i lineamenti del volto contratti come quelli del maschio che arde dal desiderio di ficcare quel corpo e quella fica meravigliosa.
L’ultima volta che Nennella era andata a casa del vecchio assatanato aveva dovuto cedere anche il fiore inviolato tra le natiche.
Neanche la buonanima era riuscita nell’intento di ficcarglielo nel culo.
Il povero marito dopo tante insistenze aveva ottenuto il permesso di penetrarla nell’invitante orifizio solo con un dito.
La femmina aveva sempre temuto di non sopportare il dolore.
In realtà la meschina voleva solo ritardare l’evento riservandosi di concedere il buco del culo al suo uomo allorché la fica slabbrata non fosse più stata in grado di garantirle le sborrate del maschio.
La scomparsa del coniuge aveva mandato in archivio l’intrigante proposito dell’inculata.
Compare Mico era invece riuscito nell’intento paventando alla donna l’ipotesi più che probabile di non poter più fare lavorare il figlio Peppino, facendole così venir meno quei quattro soldi che insieme alla magra pensione le consentivano di tirare avanti.
– Compare vi prego abbiate pietà, non potete toglierci questo aiuto. Lo so voi siete buono e saprete capire quanto importante sia il lavoro per Peppino –
Nennella nel dire ciò pensava anche al figlio Peppino che senza lavoro avrebbe certamente accentuato l’attività masturbatoria ed alla luce degli ultimi risvolti, non solo quella atteso il morboso interesse nato nei suoi confronti.
Tornò subito alla realtà del momento e rivolta al vecchio lo invito con una civetteria che non le era consueta.
– Venite Mico, venite, mettiamoci piu comodi nella vostra stanza da letto così vi faccio qualche massaggio e vi do un po’ di piacere –
Il vecchio satiro, colta al balzo l’occasione, spinse l’acceleratore e chiarì subito alla donna quale sarebbe stata la contropartita.
– Nennella altro che massaggi,….. le pugnette ed anche la tua fica non mi saziano più…… ci vuole dell’altro….. lo capisci nò?! –
– Mico non lo so quello che vi passa per la testa ma io vi voglio bene come ad un padre e vi saprò accontentare –
L’uomo e la vedova si avvicinarono lentamente al letto sfatto, dalle lenzuola sporche di settimane, piene di macchie giallastre di sborra e di piscio raggrumati, residuo delle tante masturbazioni del vecchio che occupava quel talamo indecente dopo essersi riempito di vino e di liquori cattivi nella bettola del porticciolo.
Nennella si sfilò dalla testa la lunga veste nera e rimase con le mutande ed il reggipetto.
Questi indumenti certamente non di lingerie, non riuscivano a nascondere la naturale sensualità della femmina.
Dall’orlo delle mutande fuoriusciva un cespuglietto di peli neri che testimoniavano un boschetto meraviglioso di contorno ad una fica che aveva fatto sempre il suo dovere.
Il reggipetto invece aveva le spalline ormai prive di elasticità che facevano allontanare un po’ le coppe così da far debordare le mammelle morbide, bianche, invitanti.
Con movimenti lenti e con una falsa alea di pudore la vedova si era scostata le spalline dell’indumento facendolo scivolare via, liberando completamente il seno e mettendo in evidenza due capezzoli che la situazione aveva reso gonfi e duri come quelli di una vacca torturata dalle mani esperte del mungitore.
Si era quindi fatta scivolare le mutande lungo le cosce sfilandosele dopo aver sollevato una gamba, sempre continuando a guardare fisso negli occhi il vecchio pescatore che, preso dalla situazione, aveva cominciato a fremere dal desiderio di montare quella femmina così invitante e puttana, disposta a barattare con la fica il lavoro del figlio.
Mico si tolse di dosso gli indumenti ed avvicinatosi alla vedova le si strofino con il ventre, facendola piegare leggermente sulle ginocchia e mettendo a contatto la ciolla già inturgidita con l’attaccatura inferiore delle tette.
Nennella si afferrò una mammella e poggiò con delicatezza ma al tempo stesso risolutamente un capezzolo sul meato della capocchia dal quale già fuoriusciva una goccia di sborrina lucida e densa.
I due si distesero quindi sul letto e la donna rispondendo all’invito silente del pescatore che le teneva la testa tra le mani si avvicinò lentamente al cazzo ormai completamente arrittato percorrendo con la lingua tutta la sua lunghezza e quasi con indifferenza giungendo a farlo entrare nella sua bocca ormai diventata una fica sotto il naso.
Mico cominciò dapprima lentamente e poi con ritmo crescente a far scorrere il cazzo tra quelle labbra calde.
Lo estraeva per un attimo e poggiava la capocchia sulle palpebre della donna, poi sulle narici ed ancora nelle orecchie dicendo alla meschina che quello era probabilmente il solo posto che non aveva avuto l’omaggio di una ciolla arrittata.
Il commento in quel frangente più che suscitare l’ilarità della vedova la faceva eccitare ancora di più e questa ansimava impazzita dal piacere che quel cazzo riusciva a darle.
– Compare siiii!….. fatemi quello che volete……… ficcatemi in tutti i buchi….. godete con la mia bocca,….. poi vi darò la fica mia e vi farò sburrare in mezzo alle tette…. vi farò ogni cosa vorrete –
L’invito della donna piacque vieppiù al vecchio che interruppe il bocchino e dopo aver fatto stendere supina Nennella si pose in ginocchio tra cosce di lei e la invitò ad allargarsi con le mani le natiche per consentirgli di osservare la fica dischiusa e sotto di questa il buco che ancora non era stato onorato da alcun cazzo.
La vedova ansimando ubbidì agli ordini dell’uomo e senza esitare si aprì le natiche allargando le cosce e flettendo leggermente le ginocchia. In quella posizione la fica si aprì come le valve di una conchiglia e gli umori che la rivestivano la fecero sembrare rossa ed invitante come non mai.
L’uomo come ipnotizzato da quella visione paradisiaca, con l’uccello sempre più teso e svettante, accarezzo le cosce della donna dall’interno.
Giunto all’altezza delle caviglie le afferro e tirò su le gambe di lei portando i piedi uniti all’altezza della sua bocca.
Cominciò quindi a leccare le piante dei piedi di Nennella lentamente sputandovi sopra della saliva per bagnarle completamente.
La donna si schernì ingenuamente del gesto.
– compare cosa mi fate?!…..mi fate vergognare…..perché mi state leccando i piedi…..leccatemi se volete la fica che poi vi faccio entrare, me lo faccio ficcare e vi faccio sburrare tanto tanto! –
L’uomo senza risponderle, preso ormai dall’eccitazione incontenibile portò i piedi della donna verso il basso e li poggiò ai lati del cazzo stringendolo nella morsa umida dell’abbondante saliva con la quale li aveva aspersi.
Così come aveva fatto in precedenza con la bocca della donna iniziò un lento andirvieni tra le piante dei piedi di questa.
Mentre andava avanti con questa pugnetta tra i piedi continuava ad osservare la fica della vedova e ancorpiù il suo buco del culo che per il piacere crescente aveva gonfiato la cornice grinzosa che lo conteneva.
Interrotta la sega con i piedi Mico poggiò dolcemente le gambe della donna sulle lenzuola e con il dito indice, dopo aver raccolto una goccia di sborrina lubrificante dalla sua capocchia gonfia, incominciò ad accarezzare il buco del culo di Nennella.
Dapprima con delicatezza, poi con fare sempre più deciso e determinato infilò tutto il dito medio ruotandolo nel canale rettale ed accarezzando sapientemente con il polpastrello il viscere liscio.
Estrasse il dito sul quale era rimasta una sottile stria di merda e vi sputò sopra tornando ad infilarlo nell’orifizio che stava lentamente cedendo. Continuò a sputare sul buco del culo e ad infilare prima un dito poi due per qualche minuto.
Nennella superato il disagio iniziale cominciò a trovare piacevole tale manovra e respirando affannosamente, vicina all’orgasmo gridò:
– mico….. figlio di puttana mi hai fatta diventare puttana di culo ……..sono diventata una zoccola che cerca il cazzo nel buco del culo…. siiiiiii!!!… siiii chiavami in culo …..mettimelo tutto dentro questo cazzo che te lo faccio sburrare e mi faccio pure ingravidare nel culo così partoriro un figlio per te dal buco del culo…… –
Il vecchio ormai eccitato al massimo dal parossismo di Nennella avvicinò la capocchia al foro slabbrato ed arrossato.
Con maestria adattò la punta della ciolla alla cornice del buco di culo e la fece entrare fermandosi ad un centimetro di verga.
La donna desiderava essere ficcata completamente ma al tempo stesso avvertiva un dolore intenso dovuto al cazzo grosso e nodoso del vecchio che non riusciva a farsi strada nel canale mai prima violato.
Mico al culmine dell’eccitazione col cazzo che sembrava scoppiargli ebbe un’idea incredibile ma risolutiva.
Allungò il braccio verso il comodino ed intinse il dito nel bicchiere che conteneva l’olio di una lampada votiva che il vecchio teneva non per motivi pii ma solo per la luce fioca che gli permetteva la notte di alzarsi dal letto per pisciare nell’orinale che teneva sotto il talamo.
Con un velo spesso di olio d’oliva si ricopri tutta la superficie del cazzo rimasta fuori dal buco del culo di Nennella.
Asperse quindi la cornice dell’orifizio di questa che avvertì subito un sollievo insperato.
Mico ormai prossimo all’orgasmo spinse la ciolla che entrò vittoriosa nel culo della vedova.
Si fermò un istante per evitare di sborrare e prese quindi lentamente a stantuffare nel pertugio.
Nennella delirava per il piacere ed apostrofava il vecchio tenendo gli occhi aperti e le pupille quasi rivoltate sotto le palpebre per la goduria che la ciolla nel culo le procurava:
– vecchio…cornuto.. mi hai sverginato il culo…..mi hai fatta diventare come la più troia rottainculo….. cosa mi hai fatto…… siiiiiiiiii……. siiiiiiiii.. chiavami nel culo e sburrami dentro……… così mescoli la tua broda con la mia merda…… siiiii! –
Mico, ormai non più in grado di reggere a quella battaglia titanica, affondo ancora qualche colpo nel culo della vedova e con un grugnito che non aveva niente di umano iniziò a sborrare riempendo il buco della donna.
Rimase accasciato con il cazzo piantato nel violato sfintere per un bel po’, quindi lentamente si sollevò estraendo lentamente la ciolla dal fodero ricolmo. Un volta fuori dal budello, dalla capocchia continuarono ad uscire due fiotti di sperma che andarono ad posarsi sopra il boschetto di Nennella.
Questa estasiata e grata al vecchio per averla sverginata ed averla iniziata ai piaceri del culo si avvicinò con la testa all’uccello del pescatore che aveva iniziato a sgonfiarsi mantenendo tuttavia dignitose proporzioni.
Si scostò i capelli e poggiò le labbra alla cappella ancora ricoperta di sborra e di strisce della sua merda.
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