Cornovaglia 480 D.C.
Merlino il Mago sedeva su di un grande masso, in mezzo al cerchio di pietre erette, la danza dei giganti, come la chiamava la popolazione della Cornovaglia.
Quelle pietre, in un doppio cerchio concentrico, erano state poste lì molti secoli addietro dall’Antico Popolo , i cui sacerdoti in quel luogo parlavano con la Divinità .
Per questo l’aria che v i si respirava era sacra e satura del ricordo di lontani sacrifici e preghiere dimenticate.
Vicino a lui, Sir Rupert, lo splendido stallone bianco, si aggirava curioso tra le grandi pietre parzialmente coperte di licheni.
Merlino era un uomo nella prima maturità , alto e forte, con folti capelli castani e occhi verdi che s’incupivano nella meditazione ; il viso allungato era segnato da qualche ruga, la bocca dalle labbra piene, insolita in un uomo, era magnifica quando si apriva al sorriso.
Non aveva voluto lui il Potere assoluto della Magia, gli era venuto dagli Dei, che però spesso pretendevano troppo in cambio.
Aveva capito che tutte le religioni si equivalevano, purché servissero a migliorare l’uomo; per questo aveva favorito il grande re Uther Pendragon che aveva aderito al Cristianesimo: forse una nuova dottrina avrebbe migliorata l’umanità .
Perché gli Dei dei monti, dei fiumi e delle foreste erano lì da sempre e sempre sarebbero esistiti fino alla fine dell’Universo.
Non temevano il nuovo Dio , come non lo temeva lui.
Al contrario di Mat, la dea-Maga dagli occhi viola che ora lo odiava ferocemente, per non aver rispettato gli antichi patti e aver favorito il nuovo culto ; lei pensava che Merlino si fosse venduto ai sacerdoti cristiani per accrescere ancor più il suo potere.
Non credeva come lui che Dei tanto diversi potessero essere, in realtà , uno solo, e che servisse tutta la loro forza per tenere unita la Bretagna, contro le orde Sassoni e le lotte intestine.
Merlino si alzò in piedi , e cominciò a camminare tra le pietre sacre, fissando l’orizzonte brumoso; ma mentre pensava al destino del suo popolo, l’immagine di una giovane donna occupò all’improvviso la sua mente, spazzando via ogni altro pensiero : Morgause.
Era lei il suo tormento che non accennava a spegnersi nonostante il tempo trascorso,
l’incubo notturno che lo veniva a trovare di notte, per accendergli i sensi con le carezze più audaci che solo una cortigiana esperta avrebbe saputo elargire, per prendergli in bocca il fallo e succhiarlo fino all’ultima goccia, oppure, quando era rigido, teso e disperato per la forza ceca che sentiva urgere dentro per cavalcarlo fino a colmare il ventre famelico del suo seme.
Poi lui si svegliava al suono di una risata beffarda, che era quella della dea Mat, e scopriva di essere sudato e sfiancato tra le lenzuola bagnate del suo seme.
Era una magia, quella di poter entrare nel sogno di chi ancora ti desidera e uscirne a propio piacimento , una delle tante che lui aveva insegnato a Morgause.
Aveva trovato la ragazza mesi prima, moribonda e sanguinante per le botte e le frustate ricevute: era riuscita ad arrivare nei pressi della sua grotta , fuggendo dal castello di Tintagel; e quando l’aveva presa tra le braccia per adagiarla su un giaciglio pulito , lavarla e curarla, aveva capito subito che la giovane donna era uno strumento di Mat e che avrebbe potuto costituire per lui un serio pericolo.
Ma non se la sentì di abbandonarla, ridotta come era.
Con le sue cure e la sua magia lei guarì in poco tempo ; imparò a lavarsi , a raccogliere i capelli crespi in morbide trecce, a leggere e scrivere ( tutto questo ad una velocità sorprendente).
E un giorno gli offrì il suo corpo, perché lui era l’unico Dio che riconosceva , e lei non aveva altro da donargli.
Allora il Mago capì quanto era pericolosa la trappola in cui era caduto.
Tentò di resistere, ma quel corpo era troppo allettante; Merlino aveva avuto una sola donna nella sua vita, Niniane, la sacerdotessa del lago che l’aveva iniziato ai Misteri Sacri; non aveva ceduto al fascino di altre femmine , perché questo era l’accordo con i suoi Dei.
In cambio della castità gli avrebbero conservato il Potere, l’immensa Magia dell’Essere e del Divenire e il Drago sacro sarebbe stato per sempre con lui.
Ma non riuscì a sfuggire alla ragazza che lo desiderava con tanta intensità .
L’ebbe vergine e la prima volta che entrò in lei con fatica capì che lì voleva restare per sempre e che stava perdendosi.
Seppe chi era veramente quando baciandole le cosce ancora sporche del sangue dell’imene lacerato scorse quella che subito gli parve una voglia, ma guardando meglio scoprì che si trattava di un minuscolo drago, color rosso cupo, che spiccava sull’inguine tenero della ragazza.
Lo stesso simbolo magico che aveva sulla pelle anche Uther, il grande re.
Era la prova che ambedue, l’orfana sporca e maltrattata e il potente sovrano appartenevano all’Antico Popolo che portava nel sangue muta memoria dei Grandi Misteri di Avalon.
E soprattutto che Uther era il padre della ragazza, probabilmente generata con una delle tante prostitute di cui era solito circondarsi, quando era lontano dalla sua bionda regina Ygraine.
Ma una forza superiore lo trattenne dal farne parola con lei.
Vide anche qualcos’altro e allora Merlino seppe perché Morgause era arrivata da lui.
Rapida come il baleno si aprì nella sua mente la visione della fanciulla, che confusa tra i servi della rocca di Tintagel guardava con occhi ammirati il suo re, di ritorno vincitore dalla battaglia di Carleon; vide i suoi occhi di ossidiana scintillanti catturare l’attenzione di Uther, mentre immediato si accendeva il desiderio del maschio per quella femmina che gli apparteneva di diritto, non solo perché era una serva.
Il grande re era un predatore senza scrupoli, sia con i nemici che con le donne.
Ma la bionda Regina si accorse di quello sguardo acceso di desiderio e ordinò che Morgause fosse punita, o meglio uccisa, a suon di botte e frustate.
Allora la dea Mat intervenne e lei fuggì; così Merlino seppe con sicurezza che la ragazza era uno strumento della sua nemica, che attraverso di lei l’avrebbe possibilmente distrutto.
Nonostante quello che aveva visto continuò a tenerla presso di sè, perché il potere del corpo di Morgause era grande: lei era più a suo agio nuda che vestita, viveva il sesso da pagana quale era , con gioia profonda.
Era pericolosamente femmina, una docile schiava pronta a dargli tutto il piacere che voleva, ma nello stesso tempo la sua nudità era una temibile armatura, la corazza di uno strano guerriero al servizio di un dio sconosciuto.
Lo confondeva con giochi nuovi ogni giorno, sottomettendosi a ogni sua fantasia erotica, ma a volte attraverso quegli occhi neri e brillanti lui intravvedeva con angoscia quelli viola di Mat.
Si accorse anche che mentre cresceva l’amore per la ragazza, scemava il suo potere; perché lei gli chiedeva con insistenza di insegnarle la magia, dalla più semplice a quella più complicata, e presto sarebbe arrivata a chiedergli il segreto del Drago e la magia più grande di tutte: quella dell’Essere e del Divenire.
Usava il suo corpo e le mille astuzie d’amore che neppure la più esperta delle cortigiane era sicuro conoscesse per indurlo a metterla a parte della sue arti magiche.
Perché , contrariamente a quanto avveniva per la maggior parte delle donne la sua mente era avida di conoscenza quanto il suo corpo di piacere.
Sentiva che il potere lo stava abbandonando insieme al seme che spandeva nel corpo di Morgause.
Allora implorò l’aiuto della Grande Dea ed ebbe chiaro che cosa doveva fare: allontanare la ragazza, per non perdersi; non fu facile, lei pianse, implorò, perché lo amava al di sopra di tutto, avrebbe dato la vita per lui; ma quando Merlino le disse che erano gli dei a imporgli questa scelta, non parlò più; divenne muta, accettò un pò di danaro e il cavallo che l’avrebbe condotta da Sir Cedric, per essere dama di corte di Lady Rowena.
Così il Grande Mago si ritrovò in piedi, appoggiato a una antica quercia, a guardare allontanarsi a cavallo il suo amore ; avrebbe voluto piangere, tanto era il dolore che provava, ma per lui non c’erano lacrime; all’improvviso la ragazza si voltò e gli gridò:
-So chi sono, grande Mago, re Uther è il mio vero padre, la magia del vedere che mi hai insegnato mi ha indicato il drago che porto in me … troverò il grande Re e ti accorgerai quanto ti costerà aver rinunciato a me; perché lui mi vorrà , eccome, e non cercare di metterlo in guardia, non servirebbe, è già scritto tutto, e così sarà …-
Lui seppe che era vero , che la magia della donna era grande, che avrebbe diviso il letto con suo padre e che da questo sarebbero derivati solo male e disgrazie.
Passarono mesi e di Morgause non ebbe più notizie.
Uther, il re, era al Nord, impegnato con Lot delle Orcadi, il ribelle.
Ma oggi, ora, lo sentiva, stava per ritrovarla e il sangue gli si gelò nelle vene.
Perché Morgause aveva incontrato Uther, suo padre, ne era sicuro.
– Eccomi, Merlino, sono qui …. ora potrai vedere dove è Morgause, quella che vorrai per te fino all’ultimo dei tuoi giorni, e che alla fine ti distruggerà ; quanta poca esperienza hai delle donne, Mago, non sai che nessuna belva è più feroce di una donna rifiutata? E’ capace di tutto, pur di vendicarsi…-
Era la voce di Mat che parlava alla sua mente, lui sussultò, ed ebbe paura.
Poi il consueto stordimento che si presentava ogni qualvolta aveva una visione lo fece vacillare e cadde per terra accanto alla pietra più grande, quella che fungeva da sepolcro ad Ambrogio, l’ultimo re Romano di Britannia.
E si trovò a guardare da una finestra una stanza spaziosa arredata sontuosamente con uno splendido letto dorato impreziosito da intarsi in pietre dure di tutti i colori e ricoperto da un copriletto in damasco color porpora, pelli stese per terra come tappeti e due grandi bracieri che illuminavano una donna alta, vestita di una lunga sottile tunica bianca accanto a una tavola imbandita.
Riconobbe il corpo di Morgause, attraverso l’esile tessuto della tunica e quando lei scosse i capelli, poté distintamente sentirne il profumo di erba e di fiori; si voltò verso la finestra, come se aspettasse qualcuno: e Merlino seppe che lo vedeva, con gli occhi della magia, e che ne gioiva, perché tutto il suo amore si era trasformato in odio.
Era bellissima, e lui desiderò con tutte le sue forze di non andare oltre con la visione, ma capì che era inutile; questa era la mossa di Mat la maga dagli occhi viola, a lui sarebbe toccata la successiva.
Ora i suoi Dei non potevano aiutarlo.
Poi vide spalancarsi la porta ed entrare un uomo massiccio, bruno, con spalle potenti e occhi neri, cupi; scintillava di gioielli, bracciali e anelli; sul petto sfoggiava una catena con ametiste; sulla spalla, dove scendevano i lunghi capelli neri che cominciavano appena a imbiancarsi sulle tempie, portava uno splendido fermaglio di granati e oro lavorato alla moda Sassone.
Era il grande re, bello, forte e potente e Merlino pur paralizzato dalla magia della visione sentì nel basso ventre agitarsi il demone della gelosia.
Uther non sapeva che quella splendida giovane donna fosse sua figlia, ma avrebbe fatto differenza se l’avesse saputo?
Eppure i due si assomigliavano davvero: l’uno di fronte all’altro avevano identici gli occhi e lo sguardo torbido, il nero dei capelli e l’olivastro della pelle e particolare curioso che rendeva simili le loro espressioni uno dei due sopraccigli, il destro, più arcuato dell’altro.
Morgause fece un piccolo inchino e mormorò qualche cosa a Uther che la fissava con bramosia, ma lui non le rispose, si diresse al tavolo , versò dalla caraffa d’argento il vino rosso in una coppa e lo tracannò d’un fiato, poi gettò la coppa a terra, oltrepassò il braciere e con le grosse mani afferrò ai lati la tunica sottile di Morgause lacerandola completamente: i seni della ragazza, grandi se confrontati con l’esilità del corpo, oscillarono di fronte al grande re, con i capezzoli bruni eretti: le mani scure dell’uomo ancora infangate dopo la cavalcata li afferrarono con ingordigia, mentre mormorava alla donna:
-Finalmente, quanto tempo è che aspetto questo momento…- e la sua bocca fu su quella di lei a divorarla.
Merlino vide Morgause rovesciare la testa all’indietro, come ad accogliere meglio la lingua dell’uomo e sapeva quanto già bagnato fosse il suo grembo all’idea di averlo dentro di sé.
Stava assistendo a un incesto, ma tutto quello che provava non era orrore, bensì rabbia e frustrazione, perché avrebbe voluto essere lui a entrare in quel corpo che conosceva così bene, per marchiarlo con il suo seme….
Poi Uther sollevò la ragazza tra le braccia , e la gettò sul letto, nuda: alla luce rosata dei bracieri il pelo pubico nero e ricciuto brillava come gli occhi della donna che sorridendo aprì le cosce al Grande Re; al suo inguine il minuscolo tatuaggio del drago pareva vibrare, ma Uther non se ne accorse; spogliatosi rapidamente, il grosso fallo eretto, guardava solo quella fessura rosata invitante dove avrebbe spento i suoi ardori di maschio.
E Merlino udì il pensiero di Morgause:
-Guardami, Merlino, tu che mi hai rifiutato, guardami , mentre prendo dentro di me mio padre perché colui che mi ha generato rientri nel mio ventre, e io proverò piacere, più di quanto ne abbia mai provato con te; questa volta ….questa volta volerò diritta fino ai tuoi Dei perché tu mi stai guardando e non puoi far nulla, nulla per impedirlo…
vieni, padre mio, vieni…-
Uther si gettò sulla ragazza e cercò di penetrarla, ma incontrava resistenza; lei gridò e lui si bloccò, guardandola con stupore, chiedendosi se non fosse ancora vergine.
Poi spinse più forte ed entrò completamente in lei, con un gemito di piacere; e lentamente
cominciò ad entrare ed uscire dal suo grembo, con una delicatezza che non era propria del grande Re.
Merlino conosceva l’abilità di Morgause di contrarre i muscoli della vagina per aumentare il piacere dell’uomo e il suo.
Infatti cominciò a gemere, sempre più forte e lui ne sentiva il bagnato del grembo come se fosse il suo fallo a possederla, mentre il piacere stava per sommergerla; e udì di nuovo la sua voce:
-Guarda Merlino, guardami …-
la donna gridò, la testa arrovesciata all’indietro, le arterie del collo che pulsavano, la bocca spalancata.
E lui impazziva di gelosia, perché avrebbe voluto toccare quel pelo bagnato di desiderio, posare le labbra su quelle gonfie e vermiglie della ragazza , lì dove il fallo del grande Re scompariva, per perdersi dentro di lei.
Uther si spingeva sempre più a fondo, fino a che non riempì gemendo il ventre di sua figlia con il proprio seme.
Ma non era finita, il Mago sapeva che gli sarebbe toccato soffrire ancora e di più.
Questa era la mossa di Mat, nel grande gioco della scacchiera umana, sua sarebbe stata la prossima.
Uther si staccò dalla ragazza e si sdraiò vicino a lei, ma il suo riposo fu breve; infatti:
-Per tutti i santi, donna, tu faresti rivivere anche un morto…-
e incomincò a baciare i seni di Morgause, a succhiare i capezzoli, mentre lei , con uno strano sorriso, gli accarezzava i capelli; arrivò al ventre piatto, poi posò le labbra sul sesso bagnato del suo seme e vide il piccolo drago.
Alzò la testa e la guardò, stupito ed impaurito:
-Che significa questa macchia? Ma chi sei veramente Morgause?-
-Sono tua figlia, grande re, tua figlia che ti ama e ti desidera come nessuna donna al mondo ti ha mai desiderato…-
Mentre lui restava immobile, nello sguardo un misto di orrore e incredulità , il fallo si ergeva , possente, a toccargli il ventre.
Morgause rise e si chinò su quel sesso eretto, prendendolo in bocca, avvolgendolo con la lingua, mordicchiandolo con i denti, mentre l’uomo mormorava:
-No, non si può, mi dannerò per questo, lasciami…-
Ma era impotente di fronte a tanta perizia di bocca: le arti di quella ragazza erano sconosciute anche alle migliori cortigiane, Merlino lo sapeva bene.
E Uther ben presto si lasciò cadere all’indietro, sconfitto, mentre tutto il suo essere si riduceva a quel sesso duro e pulsante; allora Morgause gli salì sopra e lui debolmente protestò, non voleva finire per la seconda volta nel ventre della figlia, ma i fianchi di lei roteavano, sempre più forte, mentre di fronte agli occhi del re di Britannia danzavano quei seni splendidi che lui stesso aveva generato.
E con un grido si inarcò , perso dentro il piacere del suo grembo mentre le grandi mani premevano contro il proprio inguine le natiche di lei quasi a non voler più uscire da quel calore umido di femmina.
-Guardami, Mago, ora sono sua, e il grande re è mio e lo sarà fino a quando vorrò, gli antichi Dei ritorneranno e tu, tu sarai finito…- disse con voce rauca Morgause alla sua mente.
Così seppe che Morgause andava fermata, con ogni mezzo.
Era necessario il sacrificio di una vita umana, per il bene di tutta la Britannia.
Ma non sarebbe stato facile ucciderla : lei era arrivata fino al cuore del Drago ed era stato lui a insegnarle la strada…
Quando re Uther Pendragon fu prossimo alla morte, Merlino il Mago gli si avvicinò al cospetto di tutti i signori e gli ordinò di riconoscere il figlio Artù come nuovo re.
Questo egli fece e poi morì e fu sepolto accanto al fratello Aurelio Ambrogio all’interno della danza di pietra dei Giganti.
Artù abolì tutti i riti degli antichi Dei e abbracciò definitivamente la religione
cattolica. ( da la Morte d’Arthur di Malory)
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