Consapevolmente non sono mai stato con una puttana, dico “consapevolmante” perché magari qualche zoccola me l’ha data facendolo sembrare sesso volontario, invece poi porgendomi il conto di questa o quell’altra cena ha di fatto rivelato la sua vera natura: essere una puttana!
Allora mi chiedo:
a quanti anni si può decidere consapevolmente di andare con una prostituta? Probabilmente dipende moltissimo da una serie di fattori, primo fra tutti credo, l’estrazione sociale da cui si proviene. Ma non solo.
Ci sono infatti ambienti in cui tale tipo di frequentazione è quasi un vanto o addirittura un passaggio obbligato nella “formazione” dei giovanotti alle prime armi. Nella mia famiglia regnava invece la più bigotta oscurità, tanto che lo stesso significato della parola “prostituta” mi era rimasto ignoto fino ai quattordici o quindici anni, più o meno.
Sono cresciuto con il rispetto del concetto di amore e con nessuna vaga ipotesi che il sesso ne potesse essere disgiunto, per anni mi sono quasi vergognato dello “strano” istinto che provavo, come quello di masturbarmi da giovane ad esempio, o come le sensazioni impure che avvertivo ogni sera da adulto in cui mi capitava di passare in auto nei viali della città dove svariate ragazze incredibilmente provocanti (le puttane, insomma) sembravano aspettare solo me.
Inoltre l’idea di pagare il sesso mi pareva assolutamente inconcepibile, un controsenso.
Tutto ciò soprattutto prima di aver provato di persona il piacere di scopare, cosa avvenuta poco prima della maggiore età, troppo tardi rispetto ai miei amici.
Ma comunque mi sono tenuto in “allenamento” con Federica… la mano amica e non solo con lei. Negli anni ho fantasticato solo sulla base dei racconti degli amici, in assoluto contrasto con i vari giornali e film porno di cui ero ormai un affezionato fruitore.
Insomma, avevo parecchia confusione in testa. Scopare e basta era “giusto”? O come dice qualcuno, il sesso deve essere legato all’amore?
La mia prima ragazza mi ha se non altro aiutato ad acquisire un po’ di consapevolezza, seppure a costo di grossi dubbi e molto tempo (quattro anni spesi, persi…) per rendermi conto che il sesso “standard”, cioè rigorosamente missionario, a cadenze regolari e senza alcuna variazione sul tema, non faceva assolutamente per me, non perché io fossi fuori dal normale, semplicemente perché avevo preso ormai consalevolezza che fare sesso era (é) molto di più!
Nonostante ciò, mi é servito un altro po’ di tempo per mettere a fuoco alcuni dettagli, un breve periodo di totale “astinenza” forzata, prima di decidere che in fin dei conti si poteva anche provare quest’altra esperienza, ormai diffusa come possibile sfogo ad una fame che ormai era divenuta insopportabile e nemmeno più sostenuta da motivazioni “spirituali”.
Quale esperienza? Andare con una puttana, di quelle che ti svuotano le palle senza fare troppe domande in cambio di poche decine di Euro.
Rimaneva un’ultima remora: la paura di essere visto da qualcuno e magari riconosciuto, il che mi avrebbe messo in incredibile imbarazzo, impossibile quindi approcciare qualunque ragazza nei dintorni della mia città.
Ero quindi giunto ai ventidue anni, quando si concretizzò la giusta occasione, alla prima trasferta di lavoro a Milano.
Avevo notato molte ragazze lungo lo stradone dal centro alla periferia nord, sede del mio albergo e dopo la cena del terzo giorno, saluto i colleghi con la scusa del sonno, salgo in camera per un’oretta e verso la mezzanotte, con grande circospezione, scendo nella hall e saluto di sfuggita il portiere notturno, che ovviamente sapeva benissimo dove potevo essere diretto. Accendo l’auto ed a bassa velocità, per non rischiare una multa quanto mai scomoda, imbocco la direzione del centro, che stranamente era parecchio trafficata, anziché deserta come avrebbe dovuto suggerire l’ora notturna.
Quasi subito ritrovo la ragazza che avevo già notato le sere precedenti tornando in albergo: una giovane mora, capelli medio lunghi ricci, tubino arancione fosforescente ed un paio di tette prorompenti, almeno una quarta, che nella luce dei lampioni spiccavano meglio di qualunque possibile insegna pubblicitaria.
Non era da sola, ma con un paio di amiche nei dintorni e ciò mi suscitava ulteriore imbarazzo, ma non per la situazione in sé, più che altro per uno strano senso di rispetto verso la “donna” nonostante il contesto “puttanesco”, provavo imbarazzo a dover dire che volevo proprio lei e non le altre. Per cui percorro avanti ed indietro tre o quattro volte il cavalcavia, facendo inversione di marcia con il cuore sempre più in gola, finché finalmente la vedo… lì da sola, evidentemente le amiche avevano trovato clienti…che fortuna!
É il momento, rallento poco alla volta, metto la freccia e mi avvicino al bordo strada abbassando il finestrino. Probabilmente dovevo essere arrossito come mai in vita mia, visto che mi sentivo la febbre a quaranta e mi tremavano le gambe nonostante fossi seduto.
Lei si avvicina ed il mio uccello minacciava già di spaccare la zip. “Ciao” riesco solo a dire. Lei era molto carina, sorrideva, o meglio mostrava di sorridere, ma gli occhi dicevano il contrario, mentre i miei erano già calamitati da quelle due splendide tette che già pregustavo.
«Cosa vuoi fare? Trentamila lire la fica, ventimila solo bocca» mi dice poggiando i gomiti sul finestrino.
«Si… va bene, sali…» gli rispondo pensando che la fica non la vedevo da un pezzo e con la bocca non mi andava proprio.
Appena scendo dal cavalcavia vedo giusto una stradina nascosta che faceva al caso nostro per non essere disturbati.
Prendo dal portafogli una banconota da cinquantamila lire che avevo appena prelevato dal bancomat e gliela consegno, ma dal suo sguardo perplesso capisco che sono il primo della serata e forse lei non ha il resto
«…tieni pure il resto» gli dico sperando da un lato di potermi meritare un trattamento speciale e dall’altro pensando che la mia prima puttana valesse un po’ più del minimo sindacale.
«Da dove vieni?» gli chiedo.
«Dal Sud…».
«…e come ti chiami?” gli chiedo ancora. Volevo assolutamente un nome da ricordare, vero o falso che fosse.
«Anna».
«Piacere Anna… io mi chiamo Sandro» gli rispondo, ma lei stava già tirando fuori il mio uccello sbottonando i jeans ed abbassando il sedile.
«Aspetta, voglio prima toccarti le tette»
Lei si sfila il tubino dalla testa e… delusione! I tanto stupendi quanto agognati meloni altro non erano che una sapiente imbottitura di gommapiuma, strizzata in un capiente reggiseno che velocemente sparì assieme al tubino! Rimango davvero allibito, ma non riesco ad aprire bocca, l’eccitazione ormai era già a mille che ormai pur di svuotarmi andava bene tutto. Quindi la tiro verso di me, le stringo la schiena e tento di baciarle comunque quelle piccole tette pur sempre sode e stuzzicanti.
«No, solo il mio uomo può baciarle…» mi dice spingendomi la testa indietro. “Proprio a me doveva capitare una puttana con dei principi?”.
Un po’ mi irrita quella frase, ma lei in un attimo aveva già aperto un preservativo con la bocca, mentre con l’altra mano aveva sfilato il mio cazzo dai boxer!
E pochi secondi dopo si mette sopra di me infilando il mio cazzo nella sua fica. “Che spettacolo” dico a me stesso, almeno la fica era come sempre mi era piaciuta, piena di peli che un po’ finivano nell’interno coscia.
Dopo non più di venti secondi, durante i quali avevo avuto modo di sentire le sue labbra stringere e scivolare su e giù lungo la mia asta, devo subito allontanarla e tirare fuori il mio cazzo dalla sua fica perché stavo per sborrare. Sono davvero carico, le mie palle sono gonfie come non le avevo mai viste.
«Tutto OK?» mi chiede Anna mettendosi sul lato passeggero.
«Vuoi che ti faccia un lavoro di mano prima?» continua mentre sfila il preservativo dal mio cazzo con una mano per poi afferrarlo con l’altra.
Non ho il tempo di rispondere, non appena la sua mano afferra il mio cazzo una serie di schizzi escono dalla mia cappella volando da tutte le parti in auto… una, due, tre… schizzi di sperma finiscono ovunque…
«…ma… stai già venendo?”» sembrava davvero stupita, ma certo non dispiaciuta.
Così continuò a segarmi facendo uscire tutto quello che poteva uscire dalle mie palle e trattenendo un sorriso che più di compiacimento per il suo lavoro, sembrava deridere la mia breve prestazione!
Così poco dopo si asciuga le mani ed in un paio di minuti al massimo é di nuovo vestita, con il suo tubino e tette finte al loro posto, pronta per tornare sotto il suo lampione.
Io mi sento un po’ amareggiato e con un misto di emozioni contrastanti, un mix di delusione e compiacimento per quella grossa sborrata ma arrivata troppo presto. Faccio persino fatica a riportare l’auto sulla strada principale. Poi la saluto, ed appena Anna scende, la guardo dallo specchietto allontanandomi.
Avevo sperato in una prestazione del tutto diversa, però ero felice, non certo per la soddisfazione sessuale nel complesso, ma perché finalmente avevo rotto il ghiaccio, ce l’avevo fatta e non era successo niente di grave e poi, in fin dei conti, era pur sempre un bel po’ di tempo che non scopavo, in un modo o nell’altro.
Il tutto era durato un quarto d’ora al massimo e prima dell’una ero di nuovo in albergo, pronto per un meritato sonno ristoratore.
Il portiere mi guardò con un’aria strana, forse pensò di aver sbagliato prima, pensando che stessi andando a puttane, ma se fosse stato così, ero tornato troppo presto per una scopata.
Glielo lascio credere, ma da quel giorno, il mio rapporto con il sesso era cambiato drasticamente… in meglio: adesso sono le donne a chiedere una “pausa” a letto!
Allora mi chiedo:
a quanti anni si può decidere consapevolmente di andare con una prostituta? Probabilmente dipende moltissimo da una serie di fattori, primo fra tutti credo, l’estrazione sociale da cui si proviene. Ma non solo.
Ci sono infatti ambienti in cui tale tipo di frequentazione è quasi un vanto o addirittura un passaggio obbligato nella “formazione” dei giovanotti alle prime armi. Nella mia famiglia regnava invece la più bigotta oscurità, tanto che lo stesso significato della parola “prostituta” mi era rimasto ignoto fino ai quattordici o quindici anni, più o meno.
Sono cresciuto con il rispetto del concetto di amore e con nessuna vaga ipotesi che il sesso ne potesse essere disgiunto, per anni mi sono quasi vergognato dello “strano” istinto che provavo, come quello di masturbarmi da giovane ad esempio, o come le sensazioni impure che avvertivo ogni sera da adulto in cui mi capitava di passare in auto nei viali della città dove svariate ragazze incredibilmente provocanti (le puttane, insomma) sembravano aspettare solo me.
Inoltre l’idea di pagare il sesso mi pareva assolutamente inconcepibile, un controsenso.
Tutto ciò soprattutto prima di aver provato di persona il piacere di scopare, cosa avvenuta poco prima della maggiore età, troppo tardi rispetto ai miei amici.
Ma comunque mi sono tenuto in “allenamento” con Federica… la mano amica e non solo con lei. Negli anni ho fantasticato solo sulla base dei racconti degli amici, in assoluto contrasto con i vari giornali e film porno di cui ero ormai un affezionato fruitore.
Insomma, avevo parecchia confusione in testa. Scopare e basta era “giusto”? O come dice qualcuno, il sesso deve essere legato all’amore?
La mia prima ragazza mi ha se non altro aiutato ad acquisire un po’ di consapevolezza, seppure a costo di grossi dubbi e molto tempo (quattro anni spesi, persi…) per rendermi conto che il sesso “standard”, cioè rigorosamente missionario, a cadenze regolari e senza alcuna variazione sul tema, non faceva assolutamente per me, non perché io fossi fuori dal normale, semplicemente perché avevo preso ormai consalevolezza che fare sesso era (é) molto di più!
Nonostante ciò, mi é servito un altro po’ di tempo per mettere a fuoco alcuni dettagli, un breve periodo di totale “astinenza” forzata, prima di decidere che in fin dei conti si poteva anche provare quest’altra esperienza, ormai diffusa come possibile sfogo ad una fame che ormai era divenuta insopportabile e nemmeno più sostenuta da motivazioni “spirituali”.
Quale esperienza? Andare con una puttana, di quelle che ti svuotano le palle senza fare troppe domande in cambio di poche decine di Euro.
Rimaneva un’ultima remora: la paura di essere visto da qualcuno e magari riconosciuto, il che mi avrebbe messo in incredibile imbarazzo, impossibile quindi approcciare qualunque ragazza nei dintorni della mia città.
Ero quindi giunto ai ventidue anni, quando si concretizzò la giusta occasione, alla prima trasferta di lavoro a Milano.
Avevo notato molte ragazze lungo lo stradone dal centro alla periferia nord, sede del mio albergo e dopo la cena del terzo giorno, saluto i colleghi con la scusa del sonno, salgo in camera per un’oretta e verso la mezzanotte, con grande circospezione, scendo nella hall e saluto di sfuggita il portiere notturno, che ovviamente sapeva benissimo dove potevo essere diretto. Accendo l’auto ed a bassa velocità, per non rischiare una multa quanto mai scomoda, imbocco la direzione del centro, che stranamente era parecchio trafficata, anziché deserta come avrebbe dovuto suggerire l’ora notturna.
Quasi subito ritrovo la ragazza che avevo già notato le sere precedenti tornando in albergo: una giovane mora, capelli medio lunghi ricci, tubino arancione fosforescente ed un paio di tette prorompenti, almeno una quarta, che nella luce dei lampioni spiccavano meglio di qualunque possibile insegna pubblicitaria.
Non era da sola, ma con un paio di amiche nei dintorni e ciò mi suscitava ulteriore imbarazzo, ma non per la situazione in sé, più che altro per uno strano senso di rispetto verso la “donna” nonostante il contesto “puttanesco”, provavo imbarazzo a dover dire che volevo proprio lei e non le altre. Per cui percorro avanti ed indietro tre o quattro volte il cavalcavia, facendo inversione di marcia con il cuore sempre più in gola, finché finalmente la vedo… lì da sola, evidentemente le amiche avevano trovato clienti…che fortuna!
É il momento, rallento poco alla volta, metto la freccia e mi avvicino al bordo strada abbassando il finestrino. Probabilmente dovevo essere arrossito come mai in vita mia, visto che mi sentivo la febbre a quaranta e mi tremavano le gambe nonostante fossi seduto.
Lei si avvicina ed il mio uccello minacciava già di spaccare la zip. “Ciao” riesco solo a dire. Lei era molto carina, sorrideva, o meglio mostrava di sorridere, ma gli occhi dicevano il contrario, mentre i miei erano già calamitati da quelle due splendide tette che già pregustavo.
«Cosa vuoi fare? Trentamila lire la fica, ventimila solo bocca» mi dice poggiando i gomiti sul finestrino.
«Si… va bene, sali…» gli rispondo pensando che la fica non la vedevo da un pezzo e con la bocca non mi andava proprio.
Appena scendo dal cavalcavia vedo giusto una stradina nascosta che faceva al caso nostro per non essere disturbati.
Prendo dal portafogli una banconota da cinquantamila lire che avevo appena prelevato dal bancomat e gliela consegno, ma dal suo sguardo perplesso capisco che sono il primo della serata e forse lei non ha il resto
«…tieni pure il resto» gli dico sperando da un lato di potermi meritare un trattamento speciale e dall’altro pensando che la mia prima puttana valesse un po’ più del minimo sindacale.
«Da dove vieni?» gli chiedo.
«Dal Sud…».
«…e come ti chiami?” gli chiedo ancora. Volevo assolutamente un nome da ricordare, vero o falso che fosse.
«Anna».
«Piacere Anna… io mi chiamo Sandro» gli rispondo, ma lei stava già tirando fuori il mio uccello sbottonando i jeans ed abbassando il sedile.
«Aspetta, voglio prima toccarti le tette»
Lei si sfila il tubino dalla testa e… delusione! I tanto stupendi quanto agognati meloni altro non erano che una sapiente imbottitura di gommapiuma, strizzata in un capiente reggiseno che velocemente sparì assieme al tubino! Rimango davvero allibito, ma non riesco ad aprire bocca, l’eccitazione ormai era già a mille che ormai pur di svuotarmi andava bene tutto. Quindi la tiro verso di me, le stringo la schiena e tento di baciarle comunque quelle piccole tette pur sempre sode e stuzzicanti.
«No, solo il mio uomo può baciarle…» mi dice spingendomi la testa indietro. “Proprio a me doveva capitare una puttana con dei principi?”.
Un po’ mi irrita quella frase, ma lei in un attimo aveva già aperto un preservativo con la bocca, mentre con l’altra mano aveva sfilato il mio cazzo dai boxer!
E pochi secondi dopo si mette sopra di me infilando il mio cazzo nella sua fica. “Che spettacolo” dico a me stesso, almeno la fica era come sempre mi era piaciuta, piena di peli che un po’ finivano nell’interno coscia.
Dopo non più di venti secondi, durante i quali avevo avuto modo di sentire le sue labbra stringere e scivolare su e giù lungo la mia asta, devo subito allontanarla e tirare fuori il mio cazzo dalla sua fica perché stavo per sborrare. Sono davvero carico, le mie palle sono gonfie come non le avevo mai viste.
«Tutto OK?» mi chiede Anna mettendosi sul lato passeggero.
«Vuoi che ti faccia un lavoro di mano prima?» continua mentre sfila il preservativo dal mio cazzo con una mano per poi afferrarlo con l’altra.
Non ho il tempo di rispondere, non appena la sua mano afferra il mio cazzo una serie di schizzi escono dalla mia cappella volando da tutte le parti in auto… una, due, tre… schizzi di sperma finiscono ovunque…
«…ma… stai già venendo?”» sembrava davvero stupita, ma certo non dispiaciuta.
Così continuò a segarmi facendo uscire tutto quello che poteva uscire dalle mie palle e trattenendo un sorriso che più di compiacimento per il suo lavoro, sembrava deridere la mia breve prestazione!
Così poco dopo si asciuga le mani ed in un paio di minuti al massimo é di nuovo vestita, con il suo tubino e tette finte al loro posto, pronta per tornare sotto il suo lampione.
Io mi sento un po’ amareggiato e con un misto di emozioni contrastanti, un mix di delusione e compiacimento per quella grossa sborrata ma arrivata troppo presto. Faccio persino fatica a riportare l’auto sulla strada principale. Poi la saluto, ed appena Anna scende, la guardo dallo specchietto allontanandomi.
Avevo sperato in una prestazione del tutto diversa, però ero felice, non certo per la soddisfazione sessuale nel complesso, ma perché finalmente avevo rotto il ghiaccio, ce l’avevo fatta e non era successo niente di grave e poi, in fin dei conti, era pur sempre un bel po’ di tempo che non scopavo, in un modo o nell’altro.
Il tutto era durato un quarto d’ora al massimo e prima dell’una ero di nuovo in albergo, pronto per un meritato sonno ristoratore.
Il portiere mi guardò con un’aria strana, forse pensò di aver sbagliato prima, pensando che stessi andando a puttane, ma se fosse stato così, ero tornato troppo presto per una scopata.
Glielo lascio credere, ma da quel giorno, il mio rapporto con il sesso era cambiato drasticamente… in meglio: adesso sono le donne a chiedere una “pausa” a letto!
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