Lavorare in una centrale elettrica comporta una serie di sacrifici, i più impegnativi di tutti, forse, sono i turni notturni. Uno ogni quattro giorni, dalle 22.00 alle 06.00. Il ché significa uscire di casa almeno un’ora prima e rientrare un’ora dopo la fine del turno.
In quelle sere, immancabilmente, mamma prendeva il flaconcino che era nell’armadietto dei medicinali, versava venti gocce in mezzo bicchiere d’acqua, e se ne andava nella sua camera. Questo subito dopo che papà era uscito per andare in centrale. Diceva che altrimenti non avrebbe dormito, si sarebbe sentita sola, sperduta, paurosa, nel grande letto.
Al mattino papà la svegliava, al suo rientro, con un bacio.
Quasi sempre, la sera, dopo che mamma era andata a letto, restavo a studiare, in cucina. Poi, ad una certa ora, spegnevo la luce, e mi avviavo verso la mia camera, passando dinanzi a quella di mamma, la cui porta non era chiusa mai del tutto. Spesso entravo per spegnere la luce sul comodino, mentre lei dormiva, tranquilla.
La frase che mi aveva colpito era che ‘si sentiva sola’, e ciò mi portò a pensare a tante cose, anche, e soprattutto, alla attività sessuale dei miei genitori. Hai capito, la mammina, a quaranta anni, quando non c’era il marito si sentiva sola. Quella sera, prima di spegnere la solita luce, mi soffermai a guardarla, attentamente. Era supina, coi capelli lunghi e neri che le incorniciavano il volto, un’aria serena, le braccia nude, lungo il corpo, e la copertina che le copriva a malapena il grembo. La camicia da notte, rosa, alquanto trasparente e abbastanza scollata, lasciava chiaramente intravedere il seno. Era prosperoso, turgido, e doveva essere abbastanza sodo perché era piuttosto sostenuto. Rimasi incantato da quello spettacolo, ero tentato di carezzarlo, di toccare il capezzolo che si ergeva al centro della vasta e scura areola. Sentii un brivido per il corpo, e una certa eccitazione.
Era veramente bella, ma non la giudicavo così perché era la mia mammina, no, era affascinante come donna, malgrado, per me, non fosse giovanissima.
Mi chinai e la baciai sulla guancia, spensi la luce e uscii.
Era difficile, però, addormentarsi pensando a lei, ‘sola’ nel grande letto’
Mamma aveva sempre stimolato la mia curiosità, il mio interesse. Ero nato da lei, ero stato in lei, avevo tratto il primo alimento della mia vita da lei’ Da piccolo le facevo mille domande’ In seguito l’ho sempre guardata con ammirazione, ne restavo affascinato. Mi intrigava la sua femminilità, cercavo di spiarla in ogni suo momento, specie quando era poco vestita; maggiormente quando non lo era affatto e io cercavo di cogliere le occasioni per osservarla segretamente: sotto la doccia, quando si asciugava, quando si cambiava’
Ne conoscevo, purtroppo solo visivamente, ogni particolare, avrei potuto disegnarla a mente’ meglio non pensarci’ mi eccitavo. Forse ci volevano quelle gocce anche per me.
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Avevo aperto l’armadietto, presa la scatoletta col flacone delle gocce, letto il foglietto. Si consigliava di non superare le 20 gocce, salvo casi del tutto eccezionali e assolutamente sporadici in cui la dose si poteva raddoppiare, ma si avvertiva che il sonno sarebbe stato ‘molto profondo’.
Proprio quella sera, papà era di turno. Mamma s’era messa a vedere la TV, io in cucina, a studiare. Improvvisamente la sentii alle spalle. Mi voltai. Mi sorrise.
‘Dario, vado a letto. Per favore preparami tu le gocce, venti in due dita d’acqua nel bicchiere, e portamele tra qualche minuto.’
‘OK ma’, fra dieci minuti te le porto.’
Lei mi carezzò i capelli, si chinò a baciarmi sulla testa.
Dopo un po’ mi alzai, andai preparare le gocce, le contai attentamente, mi avviai verso la camera di mamma, entrai. Era semiseduta, appoggiata sui cuscini, leggeva un libro.
‘Le gocce, ma’!’
‘Grazie, dammele.’
Mi avvicinai al letto, gliele porsi, le prese e le mise sul comodino.
La solita camicia, semitrasparente e sbottonatissima. Tette veramente belle e stavano su, procaci ed eccitanti. Lei mi pregò di togliere un cuscino e metterlo sulla sedia. Si infilò sotto la copertina, sempre tenendola molto bassa, sul ventre. Mi disse che non voleva spegnere la luce e di passare io, a fine studio, per smorzarla. Mi chinai per baciarla, stavo perdendo l’equilibrio, mi poggiai su lei con una mano’ proprio su una tetta. Bella, rigogliosa, calda! La ritirai lentamente, molto lentamente, con una lunghissima carezza.
Mamma mi guardò e non so se sorrideva od era seria.
Tornai a studiare, o meglio a guardare le righe sul libro, pensando ad altro.
Smisi prima del solito, andai in camera di mamma. Dormiva. Respiro profondo, ritmo regolare. Mi venne in mente di aggiustarle la coperta. Spostai le sue braccia, alzai la coperta per tirarla su’ ma nel momento che l’alzavo sbirciai sotto di essa. La camicia era arrotolata fin quasi all’inguine, forse era meglio abbassarla. Giù la coperta e’ e appena preso il lembo della camicia l’occhio cadde sullo scuro che era tra le sue gambe, in alto. Lo conoscevo, quel cespuglio ricciuto, ma non lo avevo mai sfiorato. Ora potevo farlo.
Con una mano tenni sollevata la camicia e poggiai l’altra, lievemente, cautamente su quella morbida lanosità. Era una sensazione sconosciuta, meravigliosa, sembravano riccioli di seta, lievemente crespi. Li carezzai leggermente, poi con una pressione appena maggiore, finii con l’appoggiare la mano, aperta, muoverla’ sentii il turgore delle grandi labbra’ guardai mamma. Era immobile, supina, il respiro non era mutato. Il medio s’intrufolò’ era un caldo delizioso, umido’ si mosse’ incontrò una delicata protuberanza’ che fremette al tocco’ mamma cambiò ritmo di respirazione’ si mosse appena’ aprì alquanto le cosce’
Ero in preda a una eccitazione spasmodica. Poggiai il lembo della camicia sulla sua pancia e mi chinai a guardare’ Il sesso di mamma! Incredibile, ero a pochi centimetri dal sesso di mia madre’ mi chinai, riverente, con devozione, e lo baciai’ aprii la bocca’ la lingua si fece strada’ percepì un caldo umido e lievemente acidulo’ mamma si mosse’ oddio’ forse stava per svegliarsi’ ricoprii tutto, in fretta, misi a posto le coperte, spensi la luce, uscii’ mi precipitai nel bagno’ non ne potevo più’ ero eccitatissimo’ dovetti scaricarmi’ assolutamente’ ma la cosa non mi appagò. Anzi ero irritatissimo, e così rimasi, nel mio lettino, a lungo, e non ricordo quando riuscii ad addormentarmi.
Fu il rientro di papà a svegliarmi, anche se cercava di non far rumore. Andò nel bagno, poi nella sua camera. Mi alzai, andai a origliare.
Mamma s’era svegliata, stava parlando.
”una cosa strana’ ho sognato’ ho sognato che mi stavi baciando, Giulio”
‘Anche poco fa ti ho baciata, sulle labbra, e ti ho destata”
” non, non era sulla bocca che mi baciavi’ era bello’ ma è durato pochissimo”
Dovetti tornare al bagno!
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Quella sera mi offrii io di portarle le gocce.
‘Come l’altra volta’ ‘ dissi- ‘e poi vengo a spegnere la luce!’
Non solo accettò con piacere, ma aggiunse anche che la volta precedente aveva avuto una notte ‘piacevolissima’.
Pensai che se avessi aumentato un po’ la dose’ sarebbe stato meglio, avrei avuto una maggior sicurezza di movimento. Mi dissi che ero ‘curiosissimo’, ma non aggiunsi, come avrei dovuto, che ero in preda a infinite congetture, e che il mio pisello sembrava impazzito.
Ne misi trenta di gocce, e aumentai la quantità di acqua.
Quando entrai nella sua camera, come di consueto stava leggendo. Lasciò il libro, mi sorrise, si mise a sedere. Mi stava cadendo tutto dalle mani. La camicia da notte era bianca, leggera, quasi inesistente, di quelle che si abbottonano davanti, completamente, solo che il primo bottone ad essere regolarmente nell’asola era quello sullo stomaco! Il resto era aperto, quasi spalancato. Una visione che mi paralizzava.
‘Vieni pure avanti, Dario”
Mi avvicinai lentamente. Prese il bicchiere, mi ringraziò, lo pose sul tavolo da notte. Mi chinai per il bacio di rito, ma gli occhi frugavano nella generosa scollatura. Lei mi carezzò il volto, e mi sorrise incantevolmente.
Tornai a sedere in cucina, mi misi a sfogliare il libro guardando ansiosamente l’orologio, attesi mezz’ora, e mi sembrava un secolo. Con passo leggero andai nella sua camera. Era semiseduta, col capo abbandonato sul cuscino, incorniciato dai bei capelli neri, e il libro sul grembo, ancora tra le dita. Dormiva beatamente.
Presi il libro, le mossi le mani. Dovevo farla sdraiare meglio, aggiustarle la coperta. Ma ero attratto tormentosamente dal suo seno, da tutto.
Abbassai lentamente la coperta, fino a piedi. Uno spettacolo stupendo, meraviglioso. Era come se fosse nuda e lievemente appannata. Il triangolo nero del pube era visibilissimo, mi ipnotizzava. Fu facile sbottonare i pochi bottoni e aprire del tutto la camicia.
Lei era li, semiseduta, completamente nuda, con le tette provocanti, una lieve e sensuale pancetta, il lieve rialzo del pube, il prato scuro che nascondeva il sesso, le cosce tonde ma non grasse, le gambe’. Deglutivo a fatica.
Mi chinai a baciarle un capezzolo. Era tumido, carnoso’ da quanto tempo non lo succhiavo’ anzi non lo ricordavo nemmeno’ Cominciai timidamente, poi sempre più audacemente, risolutamente mentre la mano corse istintivamente a frugare in quei riccioli neri. Mi sembrava che s’aprissero, quasi invitandomi a proseguire. No, le cosce s’erano effettivamente divaricate, non molto, ma quel tanto che suggerì alla mano di intrufolarsi, al dito di cercare, di titillare, di proseguire’ trovò l’orificio caldo, umido, mieloso, della vagina’ la vagina di mia madre’ e vi si introdusse, ebbi la sensazione che si contraesse’.
Ero agitato e nel contempo impaurito, poteva svegliarsi’ ma no’ le avevo dato trenta gocce’
Lasciai la tetta’ chinai la testa tra le sue gambe, le scostai di più, mi allontanai per ammirare la fonte della mia vita, la porta del paradiso’. Era rosa’ palpitante’ emanava un profumo inebriante’. La lingua lambì’ sapore delizioso’ una vera e propria ambrosia, bevanda celestiale’ e più la lingua lambiva più ne distillava’ Entrò, la lingua, il più profondamente possibile, girò tutt’intorno a raccogliere quel miele soave’ Avvertii i sobbalzi del suo grembo’ seguitati, ancora, molto’ le sue gambe stringevano la mia testa, ne accompagnavano il ritmo’ sentii che era scossa da lunghi e incalzanti sussulti, e dopo uno che mi sembrò strano che non la svegliasse, rimase inerte’ le labbra dischiuse, il volto incantato, un lieve sorriso sul volto’ niente di più’ seguitava a dormire.
Le mani mi tremavano, non fu facile abbottonarle la camicia, tirarla giù dolcemente, coprirla con la copertina, spegnere la luce’ e mi precipitai nel bagno’.
E’ naturale comprendere che non riuscii a dormire. Era prestissimo quando andai in cucina. Poco dopo, ancor prima che papà fosse rientrato dal turno, mamma mi raggiunse, in vestaglia. Si avvicinò a me, seduto al tavolino coi libri aperti, mi carezzò la testa, mi baciò sulla nuca.
‘Studi troppo, Dario’. Hai una faccia!’
‘Dormito bene ma’?’
‘Non bene, ma benissimo. Ha uno strano effetto quel tranquillante che prendo la sera, suscita certi sogni, certe sensazioni, e mi sembra di viverle nella realtà.’
Ebbe come un brivido, e andò a preparare la colazione. Un cucchiaino le cadde per terra, si chinò a raccoglierlo, ponendo in evidenza la spettacolare curva della sue natiche. Incantevoli!
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Evidentemente quelle ‘sensazioni’ si ripercuotevano anche durante il giorno. Mamma era spesso allegra, canticchiava, mi circondava di particolari attenzioni, era più che premurosa e particolarmente espansiva con me. Si preoccupava della mia salute, mi guardava in un modo insolito, indugiava in abbracci e tenerezze che non facevano altro che portare all’estremo la mia eccitazione.
Decisi di passare a quaranta gocce, doppia dose, e’. bè’. l’intenzione c’era, e già ne pregustavo, rabbrividendo, la realizzazione’ anche se non mi nascondevo i rischi: sia della dose forse eccessiva, che delle possibili conseguenze e del come cancellare le tracce di quanto avrei fatto.
Comunque, il piano proseguì.
Era meravigliosamente affascinante, quella sera. Gli occhi le brillavano, le labbra sembravano più tumide e rosse del solito, e il suo sguardo era seducente. Indossava la camicia rosa che avevo veduto distesa sulla poltroncina ai piedi del letto. Evanescente, cortissima, che si fermava con un unico bottone quasi all’altezza dell’ombelico.
Era una esaltazione del seno, non certo una copertura. E le tette apparivano in tutta la loro opulenza.
Le lasciai, come al solito, il bicchiere sul comodino, le sorrisi, si mise seduta e mi porse la guancia per essere baciata. Profumava deliziosamente.
Contai lentamente i minuti che trascorrevano, guardai l’orologio, almeno mille volte. Ora, sicuramente, dormiva, e doveva dormire più profondamente del solito, data la dose.
Io, seguendo il piano che avevo escogitato, indossavo shorts e camiciola aperta; calzavo sandali.
Feci piano nell’entrare nella sua camera.
Aveva lasciato cadere il libro sul pavimento. Non era più seduta, ma stava placidamente sdraiata, col bellissimo volto incorniciato dai capelli. Le labbra semiaperte.
Mi chinai su lei, le labbra erano irresistibili, le sfiorai piano. Sentii che tremavano. Il bacio si fece più audace, la lingua saettò inquieta s’intrufolò. Incontro la sua lingua calda e mobile.
Tirai giù la coperta, del tutto, sbottonai quell’unico bottone. Mi tirai su per ammirare la sua favolosa bellezza. Il seno, il grembo, le gambe. Lasciai cadere per terra gli shorts, avevo un’erezione straordinaria. Mi sdraiai accanto a lei, su un fianco. La carezzai dappertutto, a lungo, baciai una tetta, ciucciai i capezzoli, uno per volta. Erano lunghi e duri. La mano, intanto, era scesa tra le sue cosce che erano abbastanza dischiuse, cercavano, mie dita, s’inoltravano’ sentirono il caldo del suo sesso, il fremere, la mielosità che andava lentamente distillando da lei, il grembo che sussultava’
Non ne potevo più. Sante gocce che mi permettevano la realizzazione del sogno carezzato da sempre. Il suo grembo sussultava, ma il resto era immobile. Le grandi labbra mi sembravano più piene del solito, i peli erano alquanto irti’
Il mio pisello stava impazzendo’
Mi sollevai, lentissimamente riuscii a scostare maggiormente le gambe. Mi inginocchiai tra esse. Il suo sesso era lì, di fronte a me’ delicatamente dilatai le grandi labbra. Eccolo i paradiso che desideravo, il ‘ritorno’ che anelavo’.
Con infinita cautela, presi il glande e lo portai a contatto di quell’orificio rorido e pulsante’ Una cosa inimmaginabile’ Il bacino di lei s’era mosso, s’era arcuato’ mi veniva incontro’ M’ero ripromesso di penetrare appena, solo un po’, e di restare fermo’
Niente da fare, mi sembrò di essere risucchiato in lei, inghiottito, e sentii il glande battere contro la cervice uterina. Era come se me lo baciasse. Non avevo la forza di ritrarmi, ma dovevo farlo. Ci provai’ fui risucchiato ancora’ e poi ancora’ fin quando la natura, l’istinto, impose il suo ritmo, e tutto si trasformò in una irrefrenabile cavalcata, con spinte sempre più decise. Ero preoccupato per il momento in cui dovevo ritirarmi, e cercare di raccogliere in qualche modo il frutto di quella incredibile scopata. Il piacere e l’attenzione che dovevo mettere non mi avevano fatto rendere conto che il grembo di mia madre sembrava impazzino, sobbalzava, il suo volto era estaticamente trasfigurato, un lungo gemito sortiva dalle sue labbra’ ebbe dei sussulti quasi convulsivi, incontrollati’ la sua vagina mi stava mungendo impetuosamente’ dovevo ritrarmi, altrimenti’ Improvvisamente le sue gambe si intrecciarono sulla mia schiena, e mi strindero a lei’ stava guidando il mio ritmo incalzante’ oddio’ non ne potevo più’ ma non potevo ritirarmi da lei, mi stringeva, forsennatamente, e quando con violenza il mio seme bollente la invase’ dalla sua bocca sortì un lunghissimo oooooooooooh! E le sue gambe si serrarono perfino con maggior forza.
Incredibile! Non solo avevo scopato mia madre, ma l’avevo invasa col mio seme!
Giacqui su lei, quasi senza forte. I nostri respiri erano affannosi.
Sentii le sue mani carezzarmi la schiena, salire su, prendermi il volto’
La guardai’. Mi guardava con occhi sfavillanti’
Avvicinò la mia bocca alla sua, mi fece sentire la sua lingua che, avida cerva la mia, e intanto la sua vagina si contraeva e strizzava le ultime gocce di me’
Già, le gocce’ Eppure la dose era stata doppia.
‘Dario, tesoro’ sei sempre il mio bambino’ più delizioso che mai”
La guardati, sbalordito, allibito’
‘Ma” e le gocce?’
Mi carezzò il volto e sorrise.
‘Dopo la prima volta che’. che mi hai baciato’ le ho sempre buttate’. Ma vieni qui, amore mio’ resta così’ in braccio alla tua mamma, come quando, piccino, ti addormentavi sul mio cuore”
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