Violagode, capitolo 5: la cagna

“No, non così, vieni più indietro, lascia le gambe a terra…”

Uscita dal bagno raggiungo nuda e scalza la stanzetta al piano terra,
ho in mano il collare con la scritta ANAL QUEEN. In stanza mi aspettano il mio padrone ed il ragazzo, con la telecamera già accesa.
“Rimettiti il collare, troia.”
Eseguo.
“Tu dormirai su questa brandina, da ora in poi sarai una cagna, non ti è concesso parlare, puoi solo abbaiare o mugolare. Chiaro?”
Annuisco, per non parlare.
“Sdraiati con la pancia sulla branda troia. No, non così, vieni più indietro, lascia le gambe a terra.” Il mio padrone sistema un cuscino sotto le mie ginocchia. “Ora ti lego.” Mi lega i polsi fissandoli alla brandina e le caviglie a dei ganci per terra. Mi ritrovo a novanta gradi, semi sdraiata sulla brandina, impossibilitata a muovermi.
Il padrone si china e viene di fianco a me, accarezzandomi con dolcezza la testa mi dice: “Dormirai così, immobilizzata, lurida cagna che sei. Ma non preoccuparti, ogni tanto durante la notte io e i miei amici verremo a controllare che tu stia bene. Ovvio, se qualcuno ha voglia ti infilerà il cazzo in qualcuno dei tuoi buchi, ma so che ti fa solo piacere.”
Io annuisco, poi azzardo un “woof”. Il mio padrone sorride, si china per baciarmi sulla fronte e sussurra: “Ricorda: basta sempre una parola…”
Io sorrido, col cuore pieno di gioia e fiducia.

La notte passa così, vengo svegliata ogni tanto da un cazzo in qualche buco. Io rispondo con un semplice “woof” ogni volta, sperando che mi sborrino in bocca, ho fame e sete ma non dico nulla. Nessuno però mi dona il suo prezioso sperma.
La mattina sono sveglia già da tempo, immobile, devo fare pipì e faccio ormai fatica a tenerla.
Si apre la porta ed entrano il mio padrone seguito sempre dalla telecamera.
“Buongiorno, cagna.”
“Woo…woof”.
Mi accarezza la testa, strofinandola. “Hai dormito bene? Aspetta che ti slego e ti porto fuori a fare le tue cose, cagna.”
Mi slega, attacca il guinzaglio e si muove verso la porta. Io fatico a seguirlo, indolenzita dalla notte passata in quella posizione non comoda. Arriviamo alla porta di casa, la apre. Mi porta fuori così? Sono nuda e col collare. Sì, mi sta portando fuori!
“Vieni qui.” Mi strattona e mi porta a fianco della casa, la strada è lontana e c’è una siepe, ma ho paura che qualcuno potrebbe vedermi. C’è un tavolo con alcune sedie in mezzo al prato ed alberello che fa una bella ombra.
“Su, fai la pipì, cagna.”
Io faccio per mettermi a chinino, non è certo la prima volta che la faccio in un bosco, ma ricevo una violenta scudisciata. “Come un cane, troia! Alza la zampa e piscia.”
Io alzo la zampa, pensando che sarà impossibile farla così, ma la sto tenendo da tanto di quel tempo che in pochi secondi parte lo zampillo dorato, mi bagno entrambe le cosce, sento l’orina calda colare sulla mia gamba.
“Brava, così.” Mi fa lui accarezzandomi la testa. “Ora ti pulisco per bene.”
Torna col tubo da giardino e me lo infila prima nella figa e poi nel culo, l’inserimento fa male mentre lo spruzzo d’acqua fredda è una sensazione che non saprei definire. I miei orifizi rilasciano tutta l’acqua quando il tubo viene tolto. Il mio culo riceve un’altra dose d’acqua, questa volta più copiosa, io comincio a provare piacere, poi esce e di nuovo spruzzo l’abbondante clistere.
“Sei tutta sporca, cagna merdosa.” Mi vergogno in silenzio.
“Ora ti pulisco.” Schiaccia con le dita il tubo così da generare uno spruzzo in pressione e mi ripulisce per bene il corpo.
“Aspetta qui, cagna.” Fa lui, legando il collare ad una gamba del tavolino, poi sparisce in casa.
Torna con una ciotola che appoggia per terra: è piena di latte con dei pezzi di pane dentro.
“Avrai fame, cagna.”
Io abbaio dalla gioia e mi butto con la faccia nella ciotola. Ho una fame e una sete incredibili, comincio a lappare tutto combinando un casino, almeno metà del latte va perso, io lecco finché riesco a raccoglierne. Le mie inibizioni sono azzerate dalla fame e dall’eccitazione di essere umiliata così.
Lui mi pulisce il volto – o meglio, il muso – con uno scottex.
“Torniamo dentro.” Slega il collare e mi strattona riportandomi in casa.

Una volta entrati vedo gli altri padroni seduti al tavolo a fare colazione. Hanno tutti chi una maglietta, chi una camicia, ma nessuno porta ne pantaloni ne mutande. Il padrone slaccia il guinzaglio. “Accucciati sotto la tavola mentre facciamo colazione.”
Io gattono fin sotto la tavola, in silenzio.
Ogni tanto qualcuno mi allunga sotto la tavola qualcosa da mangiare (pane e marmellata), lo lancia a terra e io lo raccolgo con la bocca. Ogni volta per ringraziare vado a leccare il cazzo di chi mi ha dato da mangiare.
I padroni commentano quanto sono stata troia nel ruolo di cameriera, non sto a ripetervi le parole esatte, potete immaginarle. Sappiate solo che mi riempie di gioia sentirle.
A fine colazione il padrone riattacca il guinzaglio, fissandolo però ad una gamba del tavolo.
“Facciamo un bel gioco, vieni qui cagna merdosa.”
Io mi avvicino a lui.
“Succhiami il cazzo.”
Io mi prodigo in un pompino usando solo la bocca, mi concentro sul bel cazzo, lo sento allontanarsi e io lo seguo centimetro dopo centimetro fino a quando non sento tirare il collare, non riesco ad avvicinarmi oltre. Ho la bocca spalancata ed il cazzo ad un centimetro dalla lingua, ma non riesco a leccarlo. Comincio a mugolare, voglio il cazzo in bocca.
Il gruppo ride, il padrone si allontana e un altro prende il suo posto. Tutti si fanno spompinare per poi negarmi il cazzo. Sono frustrata.
Il padrone slega il guinzaglio dalla gamba del tavolo: “Vieni cagna.”
Mi riporta fuori all’ombra dell’albero, al tronco del quale lega il guinzaglio e mi rimette la gagball.
“Ricordati che sei una cagna. Non hai mani e non puoi slegarti. Ora andiamo a farci un bagno al mare, tu ci aspetterai qui.”
Lo guardo con occhi languidi e lui mi accarezza la testa, “brava cagnolina, quando torniamo giocheremo ancora con te…”

Io rimango sdraiata per terra, completamente nuda, all’ombra dell’albero. Guardo il vialetto d’ingresso con una parte di me che spera di veder tornare i padroni al più presto e un’altra parte che spera di non veder entrare nessuno. Pensa se qualcuno dovesse venire e mi trovasse qui, nuda e col collare, come una vera cagna. Non voglio pensarci.
L’erba del prato è morbida, ma mi da fastidio starci seduta. Provo ad alzarmi, ma qualcosa di forte si è impadronito della mia mente: sono una cagna, non un’umana, quindi non mi alzo in piedi, ma gattono attorno all’albero cercando il punto più freso. Provo anche a dormire un po’ visto che durante la notte sono stata svegliata diverse volte per succhiare un cazzo, prenderlo in culo o succhiarlo dopo che mi ha inculato.
L’aria è calda, non si muove neanche una piccola brezza, mi accoccolo per terra e chiudo finalmente gli occhi. Devo riposare…
“Su bella, siamo tornati!”
Riapro gli occhi e ho di fronte i padroni, mi rimetto al volo a quattro zampe andando verso di loro, se potessi scodinzolerei anche, ma ad un certo punto il collare tira e non riesco a raggiungerli. Sento un mugolio di contentezza uscire dalla mia bocca.
Il padrone si avvicina e mi accarezza la testa, io mi struscio sulle sue gambe.
“Guardate che brava cagnolina.” Ride lui. “Sei proprio affettuosa, meriti un bel premio.”
Mi slega dall’albero e torniamo in gruppo dentro casa.

Una volta in casa il padrone va in cucina e torna con una ciotola piena d’acqua che appoggia a terra: “Devi avere sete, ecco.”
Io sto morendo di sete. Corro, o meglio gattono il più rapidamente che posso, verso la ciotola e comincio a lappare avidamente l’acqua fresca. Sento i miei padroni ridere.
“Ora che hai bevuto, da brava cagnolina, vieni qui e pulisci i nostri cazzi, abbiamo tutti fatto il bagno e siamo sporchi di sale.” È Mario, il padrone di casa a parlare, non faccio in tempo a voltarmi che lo trovo con i boxer da mare abbassati, vado da lui e comincio a leccargli il cazzo sporco e salato.
Tutti si tolgono i boxer e li pulisco uno ad uno.
“Brava cagnolina, eccoti un premio.” Conclude il mio padrone quando anche l’ultimo cazzo è stato pulito, allungandomi un osso di gomma. Me lo mette sotto al naso poi lo lancia dall’altra parte della stanza, io immediatamente sto al gioco e gattono fino all’osso lo prendo con la bocca e glie lo riporto. Lui lo prende dalla mia bocca e mi accarezza con forza la testa. “Che brava. Girati.”
Io mi giro, il padrone mi spinge col muso a terra e allarga le mie chiappe, sento un’estremità dell’osso che comincia a premere sul mio culo, che non è stato lubrificato. Guaisco piano mentre la parte larga con due gobbe dell’osso lentamente si fa strada nel mio ano, fino a quando il muscolo non gli si chiude attorno. Ho l’osso di gomma ben piantato nel deretano e scodinzolo agitandolo nell’aria, tutti ridono. L’osso viene estratto strappandomi un guaito e rilanciato dall’altra parte della stanza: “gioca bella, noi facciamo la doccia.”
I padroni salgono tutti al piano di sopra per fare la doccia, io rimango nella sala con il ragazzo che sta riprendendo tutto. Comincio a giocare con l’osso, lo prendo con la bocca e lo lancio per poi andare a riprenderlo, tutto a favore della telecamera. Dite che sono una stupida? No, sono una troietta eccitata che gioca con una serenità ed un godimento che non ho provato per da anni.
Il primo a scendere è il padrone, mi passa di fianco mentre va un cucina “vieni, bella”, io lascio l’osso e lo seguo gattonando. Mi accuccio sotto al tavolo della cucina mentre lui prepara il pranzo per gli ospiti, ogni tanto fa un fischio e mi allunga qualcosa da mangiare, lo prendo in bocca direttamente dalla sua mano, mentre mangio lui mi accarezza la testa. “Sei una brava cagna, lo sai?”
Il pranzo si svolge come la colazione. Io sto sotto al tavolo mangiando quello che i padroni lasciano cadere, ringraziando poi ogni padrone con un pompino, lecco e succhio fino a quando qualcun altro non lascia cadere qualcosa a terra.
Il pranzo non dura molto, i miei padroni hanno deciso di stare leggeri “nel pomeriggio faremo un bel po’ di ginnastica con questa lurida cagnetta in calore.” Io non vedo l’ora.

Quando anche il caffè viene servito io ormai non resisto più, a forza di succhiare cazzi ne voglio uno in culo e uno in figa al più presto. Rimarrò delusa su questo, infatti il padrone che conduce i giochi ad un certo punto dice: “Ora giochiamo con la nostra cagna, le regole del gioco sono semplici: cazzi in bocca e nel culo a profusione.”
Io sto succhiando il cazzo del superdotato in quel momento, sento che lui mi prende per la coda di cavallo, si scosta dalla tavola e mi tira per i capelli verso il divano. “Comincio io a sodomizzare questa cagna.”
“Sempre tu?” Chiede il suo amico. “La inculo prima io adesso.”
“Non litigate, ragazzi, abbiamo questa troia a disposizione fino a metà pomeriggio, potete usare il suo culo a piacimento.”
Io sono eccitata a sentire queste parole, rimango in ginocchio per terra con la lingua fuori guardando languidamente i miei padroni. Chi sarà il primo a incularmi?
Ci pensa il secondo ospite, mi sbatte a novanta sul divano, mi sputa sul buco del culo, lo allarga con due dita e poi mi penetra senza sforzo.
Io lancio qualche debole guaito di piacere, che viene subito strozzato da un glande che si fa strada nella mia bocca arrivando fino a sbattere in gola. Mi lascio andare ai voleri dei miei padroni, mi inculano sul divano, per terra, mi tirano per i capelli, mi insultano, mentre io mi concentro sul grande piacere di essere usata, sodomizzata, aperta e sbattuta come una bambola sessuale.
Solo durante un’inculata da parte del superdotato mi è scappato di dire “ahi”, il padrone appena sente un verso di senso quasi compiuto mi prende per i capelli e mi da numerose sberle sulla testa: “cattiva, cattiva, se osi parlare ancora smettiamo di incularti!”
Io tento di guardarlo con lo sguardo più supplichevole che mi riesce, per dirgli no ti prego, continuate a farmi godere, non smettete!

Il primo viene nel culo, sento che affonda con pochi colpi poi si ferma godendo il calore del mio sfintere e le contrazioni che faccio per rendergli più piacevole possibile la sborrata. Estrae il cazzo dal mio buco e me lo da pulire mentre io mi metti a chinino come una brava cagna. Sento lo sperma colare dal mio buchetto.
I tre rimanenti eccitati da questa scena si mettono in fila e ripetono il tutto con mio grande piacere.
Quando ho pulito il quarto cazzo è il padrone a prendermi per i capelli e sbattermi a terra a quattro zampe, con il muso vicino alle numerose gocce di sperma per terra: “Guarda il casino che hai combinato, brutta cagna, hai sporcato il pavimento.”
Senza aspettare ulteriori ordini apro la bocca ed estraggo la lingua più che posso, lui sempre con la presa salda sui miei capelli mi usa per pulire per terra, io lo assecondo lappando tutta la sborra da terra al meglio che potevo.

“Giriamo la chiusura del video da cagna.” Fa lui mentre gli altri tornano a farsi una doccia dopo la gangbang.
Vengo messa a chinino, col collare e guinzaglio tenuto dal mio padrone. La telecamera parte dai residui leccati di sperma da terra, sale sul mio corpo per poi allargare riprendendo me e il mio padrone.
“Allora, Anal Queen, come è stato fare la cagna per quattro padroni?”
“Posso parlare?” Sussurro guardandolo negli occhi. Il padrone annuisce con benevolenza. Mi schiarisco la voce: “È una sensazione unica, non avevo mai fatto un giochetto di sottomissione così.”
“Ti sei immedesimata?”
“Oh, sì, a quattro zampe e col collare provavo un senso… come dire… di ubbidienza, mi sentivo schiava e allo stesso tempo protetta.”
“Ti si addice il ruolo da sottomessa.”
“Direi proprio di sì!” Rido mentre mi tolgo un po’ di sperma che ho ancora sulle labbra.
“Sei stata una brava cagna, dovremo rifare questo gioco altre volte.”
“Non vedo l’ora!”
Saluto i miei ammiratori con un grande sorriso ed un gesto della mano. Finiscono le riprese.

Mi viene concesso di riprendere la posizione eretta e di indossare le decolté col tacco, ma non di rivestirmi ne tantomeno di pulirmi o togliermi collare e guinzaglio, che dondola fra le mie tette.
I due ospiti scendono rivestiti, entrambi con una sacca da viaggio. Mi salutano prima di partire stringendomi la mano e con due baci sulle guance.
“Complimenti Viola, sei stata fantastica.” “Una delle migliori scopate della mia vita.”
“Grazie.” Arrossisco. “Mi avete fatto godere come non mai.”
“Mario, organizza presto un altro gioco con questa splendida signorina.”
Si salutano tutti, poi gli ospiti partono.
“Se vuoi andare a farti una doccia e rivestirti.” Io vado, quando scendo ho rimesso la mia gonna corta (sempre senza mutande) e la canottiera leggera, senza reggiseno. Ho deciso di tenere il tacco alto, le scarpe da ginnastica non si addicono ad una troia come me.
Il mio padrone è seduto al tavolo che parla con Mario. Quando arrivo entrambi mi salutano calorosamente.
“Sono già le sei, possiamo offrirti un aperitivo prima che tu riparta per Milano?”
“Volentieri, dopo due giorni che mangio e bevo solo sperma e avanzi lanciati per terra ci sta qualcosa di buono!”
I due ridono, anche io mi unisco alla loro risata contagiosa.
“Sei fantastica.”

Mi portano in un bagno sulla spiaggia, prendiamo una bottiglia di champagne e ci vengono serviti dei deliziosi aperitivi a base di pesce crudo e verdure. Passiamo una piacevolissima oretta insieme commentando il weekend lungo appena trascorso.
“Non so come dirvelo, ma per me è incredibile. Voglio dire, neanche vi conosco, ma siete stati in grado di instaurare un feeling perfetto. Mi sono sentita così bene ad essere usata ed umiliata da voi. Per non parlare di…” Silenzio.
“Di?” chiede il mio padrone.
“Dell’orgasmo che mi hai dato quando mi hai torturato.” Mi lascio andare sullo schienale della poltroncina di vimini. “È stato il più grande orgasmo della mia vita, e non lo dico così per dire, è la verità. Se ci ripenso sento ancora qualche onda di piacere muoversi dentro di me.”
“Mi fa piacere.” Risponde lui. “Cara Viola, stai scoprendo un mondo nuovo, un mondo che è sempre stato dentro di te ma nel quale forse non ti sei mai avventurata veramente.”
“È così.” Ne sono sicura. “La servetta e la cagna che avete usato questo weekend sono una parte di me. Sono contenta che sia venuta fuori. Non ho mai goduto tanto.”

Tornati a casa rifiuto di entrare per rinfrescarmi, è ormai tardi e devo guidare fino a Milano. Mi salutano anche loro con una stretta di mano e due baci sulle guance. Quando il padrone si avvicina per baciarmi dentro di me sento muoversi qualcosa, è forse la speranza che mi saluti con un bacio passionale, ma lui rimane distaccato. Unica piccola nota negativa di tre giorni meravigliosi.
Mi ridanno le mutande che rinfilo lì in mezzo alla strada senza alcun pudore, mi invitano a guardare ogni tanto il mio account sul sito porno dove compariranno nei prossimi giorni i video.
Risalgo in macchina, imposto il navigatore, mi metto gli occhiali da sole e parto, con il cuore pieno di contentezza. Che weekend!

Poco dopo Bologna mi fermi in un autogrill, sono stanca e devo andare in bagno.
Nonostante siano ormai le otto e mezza c’è ancora luce fuori e l’asfalto del parcheggio è rovente, in grande contrasto con il freddo dell’autogrill. Appena entrata mi godo il fresco per qualche secondo, indecisa se bere o no un caffè: mi sveglierebbe per guidare fino a Milano, ma se lo bevo così tardi poi non dormo. Chi se ne frega, lo prendo.
Torno con la tazzina ed un bicchiere d’acqua ad un tavolo su cui è appoggiato un giornale, lo sfoglio mentre sorseggio il caffè. Quando alzo gli occhi noto che dal tavolo di fianco due uomini mi stanno letteralmente fissando, non distolgono lo sguardo da me, per essere precisi dal mio seno.
Guardo verso il basso e vedo che la canottiera bianca lascia largo spazio all’immaginazione: i miei capezzoli sono dritti come chiodi per il freddo dell’aria condizionata, ben in evidenza sotto il tessuto leggero.
Alzo lo sguardo e gli sorrido. Poi finisco anche il bicchiere d’acqua e vado in bagno.
Mi guardo allo specchio: ho il viso stanco, ma radioso, i capezzoli sono lì in bella mostra. Non so, mi sento strana. Forse dovrei mettermi il reggiseno, così non va bene. Sì, non va bene. Pensando questo mi chino e mi tolgo anche le mutande, che metto nella borsetta. Ecco, così sono perfetta.
Esco e cammino a testa alta fino alla macchina, consapevole dei diversi sguardi sul mio seno e del piccolo segreto di non avere le mutande.

A casa disfo la valigia, fra l’altro il vantaggio di fare i weekend di orge sadomaso è che non sporchi i vestiti penso fra me e me mentre tolgo i quattro o cinque vestitini puliti e li rimetto nell’armadio.
Eccolo lì: un sacchetto di tela grezza sul fondo della valigia. Lo raccolgo e lo apro, estraggo il collare ANAL QUEEN.
Mi avvicino allo specchio che ho in camera e mi guardo appoggiando la scritta sul mio collo.
Tu sei pazza. Cosa hai fatto? Ti rendi conto che sono maniaci? Anzi, per fortuna lo sono stati fino ad un certo punto, ma cosa potevano farti? E quei video? Sei sicura che li pubblicheranno senza volto? E se qualcuno ti riconosce? Un collega, il tuo ex marito… i tuoi figli!?
Eppure… non sono mai stata così me stessa come in questo weekend. Stai zitta e goditi la vita, stupida bigotta.
Allaccio il collare, mi spoglio nuda e mi sdraio sul letto, masturbandomi e concedendomi un lento e prolungato orgasmo.
Rimango per qualche minuto in silenzio, in ascolto dell’eco di tutti gli orgasmi avuti negli ultimi giorni.
Con le ultime forze tolgo il collare, lo rimetto nel sacchetto e ripongo il tutto nel cassetto a fianco del vibratore.
Da domani si torna alla vita normale.
Forse.

Disclaimer! Tutti i diritti riservati all’autore del racconto – Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell’autore.
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BDSM

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