“Lei mi guardò, toccò le mie labbra con un dito e sempre con voce morbida ma decisa disse “voglio un aperitivo mio bel cuoco”…”
Una pioggia di prosecco
Lucia quella sera era inquieta, annoiata eppure
aveva voglia di aria: voleva uscire e vivere senza preoccuparsi della mattina dopo, del lavoro, del suo fidanzato, delle sue amiche.. aveva come un nodo allo stomaco e, se non fosse uscita sarebbe impazzita. Mi chiamò che non erano le otto, non aveva cenato ma fuori diluviava e non sapeva cosa fare. Io, suo amico, sempre pronto a dare consigli, mi trovai spiazzato.. era novembre e in quella serata grigia pareva non esserci nulla da fare lì fuori, niente di particolare o interessante. Proposi una serata in pub o in pizzeria, ma non era quello che voleva. Mi disse “andiamo a fare una passeggiata” e io, io ricordo bene quel suo tono di voce, deciso ma timido, quasi sommesso, desideroso di qualcosa che non sapeva nè voleva immaginarsi. Io dissi solo “Si, passo a prenderti”.
Quando arrivai a casa sua il tempo era anche peggiorato, sembrava che il cielo dovesse cadere da un momento all’altro.. tanto che per uscire dalla macchina e suonare il campanello mi ritrovai già fradicio. Salii le scale gocciolando e pensando che forse non era stata una grande idea il darle subito corda.. La porta era socchiusa, la spinsi ed entrai, e ancora gocciolante chiamai Lucia. Lei rispose dal bagno, la sua voce ovattata invitava a vedere come si era vestita per la serata, una voce eccitata e allegra.
Mi accostai al bagno e intravvidi il suo seno allo specchio, mentre sistemava un vestito nero da sera. Il suo seno, così tondo, bello. Due magnifiche colline toscane, perfette, morbide, fresche. Due linee curve semplicemente Belle, come possono esserlo in una statua rinascimentale.. senza imperfezioni e terribilmente ipnotiche. Feci volontariamente rumore, lei si voltò e mi sorrise.. era contenta di uscire, visivamente felice e spensierata. Lei notò lo stato stato dei miei vestiti zuppi e mi chiese subito se fosse peggiorato il tempo.. io le risposi di no, che mi aveva schizzato un’auto ma che fuori si stava benissimo.. il suo sorriso ripagò subito la mia piccola bugia, e non ci pensai più. Mi sporse una camicia, chissà di chi, e un asciugamano ordinandomi di asciugarmi in fretta poichè aveva prenotato al migliore ristorante della città. Io obbedii, e indossai la camicia sconosciuta.. profumava di detersivo e tutto sommato non mi stava male.
Lucia corse a scegliere le scarpe e, passando, mi disse che quella camicia stava molto meglio addosso a me che al suo proprietario.. non mi feci domande e mi godetti la gioia di quella magnifica donna per qualche istante. Dopo pochi minuti uscimmo di casa, lei contentissima e io.. io non avevo ancora idea di cosa mi sarebbe aspettato di li in avanti.
Appena aprimmo il portoncino gli schizzi di pioggia portati dal vento sferzarono i nostri visi, e apparve chiaro che la situazione era davvero peggiorata! La pioggia battente rendeva invisibile il lato opposto della strada e la mia macchina sembrava essere a litri e litri d’acqua di distanza. Lucia si voltò e, con fare di rimprovero mi chiese se fosse stato così anche prima del mio arrivo.. io le risposi che in effetti doveva essere peggiorato d’improvviso ma che potevamo provare ad uscire comunque. Una sua smorfia uccise immediatamente il mio tentativo di recuperare la serata e stava già per intristire il suo viso lucido quando .. una macchina sfrecciò lungo la strada, lanciando quella che sembrò una piscina d’acqua su di noi.
Eravamo completamente e inesorabilmente zuppi, fradici, bagnati come due pesci. Ci guardammo, mentre l’acqua scendeva su di noi come se fossimo sotto una doccia, e io – candidamente – le dissi “vedi, dev’essere quello di prima”. Lei rise, mi guardò sorridendo e scoppiammo entrambi in una seconda risata mentre i suoi seni si intravvedevano ormai bene sul vestito bagnato ed io apprezzavo i suoi capezzoli turgidi. Poi mi mise il braccio attorno al collo e mi chiese di aiutarla mentre si levava le scarpe. Aveva due pozzanghere sotto i piedi, e si abbassò di dieci centimetri buoni dopo aver levato le scarpe. Salimmo le scale, ripromettendoci di trovare un’altra camicia per me e di riprovare ad uscire.
Sapevamo entrambe che ormai la serata si sarebbe conclusa a casa, ma il gioco era interessante. Mentre salivamo le scale, lei appoggiata a me e la mia mano sul suo fianco, notai che il mio membro era divenuto turgido e che si iniziava a notare, attraverso i pantaloni bagnati e ormai completamente aderenti. Realizzavo che stavo salendo a casa della mia migliore amica, bagnato fradicio come lei, e pensai a quella donna in modo diverso. La vedevo per la prima volta come fosse nuda, al naturale insomma, bella e sexy e.. si, terribilmente sexy. Mi piaceva, e questo non era nei programmi.
Entrammo nuovamente in casa dove lei si infilò subito in bagno, da dove sarebbe uscita qualche minuto dopo in accappatoio. Io mi levai le scarpe, i calzini, la camicia e i pantaloni, e lasciai tutto a terra, li all’ingresso. Rimasi in mutande, bagnato, con il pacco ingrossato e ormai ben visibile attraverso i miei boxer bianchi. Le chiesi dove potessi trovare qualcosa da mettermi, e mi rispose che ci avrebbe pensato lei. Nel frattempo le proposi di metter qualcosa sotto i denti e lei mi disse di guardare cosa ci fosse in frigorifero. Avere un cuoco in casa, la sera alle nove a stomaco vuoto ha certamente i suoi pregi, e lei aveva già deciso di sfruttarmi in questo senso.
Cipolle, tartufo, controllai nel congelatore e mezza confezione di gamberetti surgelati mi diede un’idea. Iniziai a mettermi all’opera ma, in mutande un cuoco non accenderebbe mai un soffritto e mi misi a cercare qualcosa da mettere addosso. Trovai un grembiule bianco e lo indossai. Eccomi: un cuoco in mutande, bagnate, eccitato e con l’ispirazione giusta, a casa della sua migliore amica.. la serata iniziava a prendere una piega inaspettatamente interessante e nel contempo pericolosa. Tagliai la cipolla dopo averla lavata, a quarti e poi a strisce sottili per evitare che si sentisse troppo al tatto. Accesi il fuoco, vi posi sopra la padella e – dopo aver scaldato un cucchiaio d’olio – vi versai la cipolla tagliata a soffriggere. Nel frattempo sciacquai i gamberetti in acqua appena tiepida, erano già puliti e sarebbe bastato sbollentarli per qualche minuto. Mentre cucinavo non mi accorsi che Lucia aveva nel frattempo finito di asciugarsi, era rimasta in accappatoio e mi osservava già da un po’, quando mi voltai e la notai.
“Sei qui da molto?” le chiesi notando che il suo sguardo era ancora fermo sul mio sedere, ben visibile attraverso le mutande bagnate. Dopo un attimo, che mi piace pensare lungo minuti, rispose “si, non avevo mai pensato di poter essere attratta dal tuo culo Jason”, aggiungendo subito “ma non ti montare la testa, domattina ritorna Antonio e non ho intenzione di nasconderti nell’armadio”. Trovai strana quella frase, ma non mi soffermai molto a riflettere perchè le cipolle … già, le cipolle stavano imbrunendo, le avevo scordate lì a soffriggere. Levai la padella dal fuoco e, dando a Lucia le spalle e il sedere, grattuggiai un piccolo pezzo di patata sulle cipolle, mescolando e lasciandole poi riposare. Mentre l’acqua per i gamberetti bolliva realizzai che Lucia aveva un ragazzo, Antonio, che avevo indossato e bagnato la sua camicia e che ero – in mutande – nella stessa casa in cui dopo qualche ora sarebbe arrivato. Il pensiero fece appena in tempo a raffreddare il mio stato di eccitazione che Lucia si avvicinò e, con la scusa di una sculacciata data per non averle detto della pioggia, approfittò per tastare il mio sedere sodo e bagnato. Dimenticai ogni altro pensiero e proseguii versando i gamberetti nell’acqua bollente, dove rimasero per appena due minuti. In quei due minuti mi scaldai più della padella e il mio pacco riprese il vigore di prima.
Lucia si sedette sul tavolo, sempre in accappatoio. Aveva i capelli bagnati, arruffati, un viso sorridente e piacevole. Le sue lentiggini, appena percettibili davano ora risalto a quel viso di bambina inquieta dai capelli rossicci. Una bambina di trentasei anni, con un corpo da ventenne e la testa da premio Nobel. Mi accorsi che l’amavo, probabilmente da sempre. Ma che non era mia e forse non lo sarebbe mai stato. Notai molto tardi che era rimasta nuda, sotto l’accappatoio, e che dal suo riflesso su un quadretto in cucina avevo una buona visuale delle sue cosce lisce. Scolai i gamberetti e, dopo aver rimesso la padella al fuoco, li saltai con la cipolla e la patata grattuggiata. Mi voltai in direzione del frigorifero, dove avevo notato esserci una bottiglia di buon prosecco di cartizze. Lei fece finta di chiudere le gambe, mentre una coscia si alzava e restava nuda e le sue braccia si appoggiavano al tavolo su cui sedeva.
I seni sodi si intravvedevano e così uno dei capezzoli, turgido e ancora umido. Presi il prosecco e levai il copritappo, fissando ora quei bellissimi occhi verdi. Lei spostò lo sguardo in basso, in malcelato finto imbarazzo, e mi chiese con voce dolce che menù le avrei dedicato in quella serata. Avevo cucinato infinite volte per Lucia, quasi sempre per festeggiare i suoi compleanni o fidanzati, mai con quell’aria piccante e fortemente erotica.
Mi avvicinai a lei, mentre il mio membro si faceva spazio tra me e l’elastico uscendo definitivamente dai boxer e, sempre fissandola, promisi una sorpresa tripla. Lei mi guardò, toccò le mie labbra con un dito e sempre con voce morbida ma decisa disse “voglio un aperitivo mio bel cuoco”. Senza proferire parola, capendo a quale pericoloso gioco stessi partecipando, stappai il prosecco continuando a perdermi in quegli occhi magnifici. Avvicinai la bottiglia alla sua bocca, dalle labbra non molto carnose ma dal colore rosa vivo, e lei ne bevve un sorso lasciando spandere alcune gocce che le scivolarono addosso giù dal collo.
Il cuore iniziava a pompare più forte, l’eccitazione saliva e io avrei voluto baciare quella magnifica donna subito. Avrei voluto raccogliere quelle gocce con la lingua e annaffiarle i seni, bere l’intera bottiglia dalle sue cosce. Ma non potevo, in quel gioco io ero lì per un motivo: ero il cuoco e non avrei potuto distrarmi dal prepararle la più intensa cena della sua vita. La guardai, sorrisi e promisi un secondo sorso di li a breve. Tornai dalle mie cipolle, ormai rassegnate ad avere poche attenzioni in quella serata particolare di metà novembre, e con qualche giro di mestolo diedi loro modo di accogliere una buona annaffiata di prosecco, a fiamma più alta.
Anche io bruciavo sempre più intensamente, dentro, e il desiderio aumentava di minuto in minuto. Afferrai il tartufo fresco e iniziai a grattuggiarne alcune scaglie su un piatto, quando Lucia si avvicinò e, delicatamente avvicinò la sua bocca morbida al mio orecchio. Mi morse delicatamente, poi sussurrò “vediamo se sai restare concentrato”, prese il prosecco e iniziò a versarlo molto lentamente sul mio corpo. Sentivo il vino frizzante scendermi lungo la schiena, dove subito ebbi un brivido. Mentre cercavo di proseguire nell’affettare il tartufo sentii un secondo brivido quando lei versò dell’altro vino, questa volta sul mio petto e da li scendeva copioso lungo tutto il corpo. Il grembiule bianco, ormai trasparente, aderiva quasi completamente e lasciava intravvedere i pettorali e il mio membro ormai in fuga dai boxer. Fu allora che lei iniziò a bere su di me, appoggiando le labbra prima sul petto, poi su un capezzolo ciucciando avidamente il sapore di prosecco. Poi scese ancora scostando il grembiule, lentamente, mentre io cercavo di mantere il controllo. Versò ancora vino, questa volta senza limitarsi. Io grondavo ora vino frizzante, lungo tutto il corpo rivoli scorrevano ed ero ormai alla sua mercè.
Morse i miei boxer e aiutandosi con un dito li scostò, arrivando a bere il prosecco che era ormai giunto sul mio inguine. Io fremevo ed ero ormai in balia della mia signora, mentre le mie mani si appoggiavano al lavello e dentro di me iniziavo a rinunciare alla cena. Fu allora che Lucia bevve una goccia di prosecco mentre scendeva dal mio scroto. Io ebbi un altro brivido, questa volta di piacere, lei mi guardò per un momento con i suoi occhioni verdi, diede un dolcissimo bacio al mio glande e si rialzò.
Mentre si allontanava ordinò di finire di cucinare, che aveva fame ma non era ancora ora di tartufo. Io presi fiato e capii che la mia passione era appena iniziata. Bevvi un sorso di prosecco e mi rimisi al lavoro, mentre Lucia fece cadere la cintura dell’accappatoio, e si mise a cavalcioni sulla sedia lasciando ben visibile la sua vagina depilata tra le cosce aperte e vogliose.
…
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