Sono stanco. Mentalmente. Tutto il giorno a discutere un contratto. Fa parte
del lavoro, del mio lavoro. Devo dire che è stata più dura di come me l’
aspettavo ma ala fine ci sono riuscito. Il contratto è firmato. Già mi vedo
il capo che gongola al pensiero del profitto e i colleghi che mi guardano
con odio/amore/invidia. Meno male che mi hanno lasciato libero per la
serata. Una bella doccia e poi a cenare in qualche posto. Da solo.
Il River Mountain Hotel è nuovo, aperto da tre forse quattro anni. Grande
come molti hotel qui in estremo Oriente. Migliaia di metri cubi di cemento e
acciaio che fanno a pugni con le baracche fatiscenti e la povertà di paesi
come la Tailandia. Ma io non sono un benefattore, sono un uomo d’affari.
Arrivo, chiudo il contratto e me vado. Torno al mio benessere, alla mia vita
di sempre.
Alla reception non mi danno grandi indicazioni, mi suggeriscono di cenare in
hotel. Al coffee shop hanno messo un piano ed una coppia di cantanti allieta
i presenti. Mi siedo ed ordino una birra. Adoro berla prima di cena. Chiedo
alla cameriera di indicarmi un buon ristorante. Con l’inglese stentato di
chi ha imparato a dire “thank you Sir” prima di capire cosa dicesse, mi
indica un posto. Spinta dal mio sorriso, dalla sua gentilezza e da un
biglietto da un dollaro (almeno non è cara) mi scrive l’indirizzo su un
foglietto. Pago la birra ed esco. Il portiere mi chiama un taxi e mi apre lo
sportello, non senza allungare la mano. Cinquanta bhat (più o meno
tremilalire) bastano a regalarmi un sorriso.
Il taxista bofonchia frasi in un Inglese che solo chi è abituato a queste
latitudini può intuire. Mi sembra che cerchi di mettermi in guardia. Da cosa
però non l’ho proprio capito.
Arriviamo al ristorante e tutto mi è chiaro. Si trova in quella che noi
occidentali chiamiamo food street. Una via piena di bar, ristoranti e
postriboli. Il taxi mi lascia giusto all’inizio della via. Mi incammino
cercando il locale ed ogni passo c’è qualche ragazza che mi tira un braccio
per entrare nel suo locale. Oppure un ometto mi sbatte sotto il naso un
raccoglitore di fotografie. Una sorta di catalogo. Gli inviti per massage,
body massage, sex ecc. si sprecano. In questi casi è buona norma tirare
dritti, se ti fermi sei perso. Per strada ci sono decine occidentali.
Qualcuno con già troppo alcol in corpo. Qualcuno alla ricerca di sesso
particolare. Finalmente mi trovo all’ingresso del ristorante. Non sembra
malaccio, apparentemente il migliore della via. All’esterno tre ragazze mi
si avvicinano, per convincermi ad entrare. Anche se ho già deciso gioco la
mia parte. Oppongo un leggero rifiuto. Queste ragazze hanno un sesto senso,
capiscono quando il no vuole dire no e quando invece vuole dire forse. La
più intraprendente mi prende sotto braccio e mi trascina gentilmente all’
interno. Non è molto grande. Ci saranno venti tavoli nel mezzo ed una
decina su una specie di palchetto. La ragazza mi fa accomodare ad un tavolo
sul palchetto. La posizione è buona, spalle al muro (che è sempre meglio) e
buona visuale del locale.
Ai tavoli vicini pochi tailandesi. Soprattutto occidentali. Dalle parole che
ogni tanto mi atterrano vicino posso capire che la maggioranza è olandese.
Sono seduti mediamente a coppie. Un paio di ragazze ad ogni tavolo. Ragazze
delle quali non voglio neppure conoscere l’età. Qualcuno armeggia dentro le
magliette. Qualcun altro, più audace, ha la mano infilata dentro le
mutandine. La penombra aiuta a nascondersi. L’essere stranieri dall’altra
parte del mondo fa sentire tranquilli e le facce occidentali regalano sicura
complicità. è tutto lecito perché a casa nessuno lo saprà mai. Tutto così
clandestino.
Ordino una birra e “chicken masala” un piatto Indiano che mi servono con
alcune fette di “tanduri” una specie di focaccia, sempre Indiana. Il sapore
è diverso da quello che conosco, più forte e meno speziato, ma comunque
gradevole. Mentre mangio lancio occhiate in giro. Ci sono diverse ragazze,
appollaiate al bancone del bar. Alcune con il viso devastato dagli anni
trascorsi a soddisfare i clienti e nutrirsi di oppio. Alcune che forse non
hanno neppure l’età per capire la differenza tra il bianco ed il nero. Un
campionario di carne da sesso. Pronte ad essere chiamate ad un tavolo.
Pronte ad essere toccate, baciate, usate, lasciate. Poche parlano Inglese in
modo decente, ma tanto a nessuno importa nulla di parlare.
Chiamo il cameriere per ordinare un’altra birra e del riso. La musica si
alza di volume ed alcune ballerine improvvisano unno spettacolo sulla
passerella. Si muovono male, improvvisando una danza che non vuol dire
nulla. Forse qualcuno può trovare il tutto eccitante, io lo trovo patetico.
Il riso è veramente buono, penso di finire la birra ed andarmene. Non amo i
postriboli e non amo molto in genere il sesso falso e squallido di queste
latitudini. Vedo entrare una ragazza. Non sembra come le altre. Alta,
slanciata, con una gonna normale ed una giacchina senza maniche che copre un
seno enorme, almeno per la media locale. La sua eleganza, i suoi modi, il
suo incedere, tutto stona con l’ambiente. Ma si vede che è di casa, le altre
ragazze la salutano, così come i camerieri. Dice qualche cosa al barista,
che fa un cenno verso di me con la testa: lei si gira ed i nostri sguardi si
catturano, malgrado la penombra. Accenna un sorriso al quale non rispondo.
Distolgo lo sguardo e mi rimetto a mangiare, finendo il mio riso. Però
quello sguardo mi ha turbato.
“buona sera, come stai?” lei è arrivata li da me, è davvero bella, elegante.
“bene grazie” cerco di essere distaccato, so bene come vanno queste cose.
“sei solo?”
“si, e tra poco me ne vado”
“perché? Non è male qui, possiamo fare due chiacchiere”
“se vuoi, ma tra poco me ne vado comunque”
Si siede e di rito le offro da bere. Mi sorprende per due cose. Per come
parla Inglese, corretto e chiaro, e per il fato di ordinare un succo di
arancia invece di liquori costosi.
La guardo, la gonna scopre appena il ginocchio ma la giacca scollata mi
regala la vista di un seno sodo e tondo, scolpito. I suoi modi sono gentili
e parla con gentilezza, forse la voce un pochino profonda. Il viso un poco
dure ma bello, armonioso. Se fosse un uomo sarebbe bellissimo. La vista
delle sue tette e la voglia di non essere solo mi fanno ordinare un’altra
birra. Pochi minuti e siamo più amici. Lei si avvicina tanto che ne posso
sentire il profumo sulle labbra. Mi invita ad una altro tavolo, dove ci sono
delle poltroncine. Accetto e ci spostiamo. Mi siedo su una poltrona ad
angolo, comodo e rilassato. Lei si avvicina tanto da essermi contro. Meno
male che c’è l’aria condizionata. Le passo un braccio intorno al collo e lei
poggia la testa sulla mia spalla. La musica è forte ora, la mia mano scivola
vero il seno. La sensazione della sua pelle mi da un brivido. Lei solleva la
testa, si volta e mi bacia teneramente su una guancia. Io la bacio sulle
labbra. Ci stacchiamo un momento, fissandoci, poi il bacio diventa più
denso. La mia lingua cerca la sua. Intanto non resisto e con una mano mi
impadronisco del suo seno. Lei mi poggia una mano sulla gamba e piano la fa
scorrere, annullando lo spazio tra la sensazione di eccitazione e la
conferma di esserlo.
Restiamo così per quasi un’ora. Tra un bacio, qualche parola, una palpata ai
seni e la voglia di scoparla che aumenta di continuo. Mi conosco. Il mio
autocontrollo è inversamente proporzionale all’eccitazione. Posso essere
freddo e calcolatore ma quando la mente si annebbia per la voglia di sesso
divento debole. La carne vince e la mente segue. Però forse il corpo gode.
“Ti va di restare insieme stanotte?” normale epilogo, anche se più dolce del
consueto
“no, scusa, ma non mi va..” Cerco di spiegarle che non amo il sesso a
pagamento e che siamo in Tailandia, cioè sottindendo che il rischio è
elevato
“non ti preoccupare.. sono sana e pulita, mi controllo, e non voglio
soldi.” mente, almeno per i soldi, non voglio crederle. Non posso non
crederle.
“ah, dimenticavo di quanto sono bello.” la butto sul ridere, ultima spiaggia
per rifiutare ma lei non molla
“non scherzare, mi piaci, ho voglia di te, poi se vuoi puoi farmi un
regalo.. Dopo” troppo furba, lo dice e intanto la sua mano mi convince.
Usciamo dal locale, dopo aver pagato un conto che penso sia sbagliato,
troppo poco. Lei ferma un taxi ed andiamo in hotel. Sul taxi ci comportiamo
come due innamorati. Mi piace davvero e la desidero, sempre più
intensamente.
Arriviamo e fortunatamente nessuno ci ferma. Negli alberghi, quelli “buoni”
non vedono di buon occhio queste cose, ma lei è elegante e forse ciò mitiga
la situazione.
Appena entrati in camera, la abbraccio. La spingo contro il muso e le
afferro le tette. La bacio e lei si lascia trasportare. Le slaccio la giacca
e gliela sfilo. Voglio baciarle le tette. Dure e sode. Sono talmente
eccitato che non mi sfiora l’idea che siano rifatte. Anzi, quella carne così
soda mi accende ancora di più la fantasia. Le infilo la mano sotto la gonna
e lei mi ferma. Vuole andare in bagno a lavarsi. Io mi spoglio, forse ho
bisogno di lavarmi anch’io. Esce dal bagno con ancora la gonna addosso, è il
mio turno per il bagno. Quando torno nella stanza lei è seduta allo
scrittoio. Io sono nudo e il desiderio è evidente. Mi avvicino, mi chino per
baciarla e lei si lascia scivolare contro di me. Voglio godere delle sue
tette prima. Le afferro e le strizzo. Mentre la sua bocca scivola sul mio
cazzo ormai duro e pulsante. Sento la sua lingua e le sue labbra. Le sento
come se fossero una seconda pelle. Poi mi prende il cazzo tra le tette e le
muove su e giù, mentre la bocca non si stacca quasi dalla mia cappella. Mi
fa impazzire. Cerco di sollevarla ma lei fa resistenza. Continua con le
tette poi con foga si lascia cadere dalla sedia, inginocchiandosi e
prendendomi in bocca completamente. Perdo il controllo, la sue mani guidano
la mia erezione verso la sua bocca. Le sue labbra mi esplorano tutto il
ventre. Si inchina di lato e con la punta della lingua mi scorre il cordone,
poi la sacca e finisce fino sul buco del culo. Una sensazione assurda.
Brividi che si sovrappongono ai brividi. La voglio, voglio entrare in lei,
scoparla fino a farla svenire. Ma sono troppo eccitato. La mia mente è più
lenta del corpo. Godo. Una fontana di me e di lei. Il mio succo è tanto
copioso che un poco le cola dagli angoli della bocca. Le tengo la testa
contro di me. Voglio che beva tutto, voglio godere ancora, di più. Passata l
‘ondata di quel primo orgasmo mi rilasso, sdraiandomi sul letto. Lei mi
accende una sigaretta, ne prende una e viene a sedersi sul letto. Mentre
fumo le carezzo le tette. Le dico parole dolci, non la vedo più come prima,
cioè al ristorante. Lì era una puttana, raffinata ma sempre puttana. Adesso
è una donna, una creatura splendida. Un corpo da godere e far godere. Mi
sento in colpa, lei non ha avuto nulla. Mi sollevo per baciarle i seni, i
capezzoli scompaiono a turno dentro la mia bocca. Con la lingua disegno dei
cerchi tutto intorno. Poi le bacio le tette, le lecco, mi fanno impazzire.
Voglio leccarle la fica. Ne voglio sentire il sapore e l’odore. Le infilo le
mani sotto quella maledetta gonna ma lei mi ferma , mi abbassa sul letto e
si sdraia sopra di me. Posso baciarle le tette e con le mani frugo come un
matto per alzarle la gonna e prenderle il culo. Ci riesco a metà, è come se
non mi volesse permettere di prenderla. Di forza la giro ma appena la lascio
per scendere verso il suo piacere, come una gatta si divincola e mi riprende
il cazzo in bocca. So che non posso resisterle molto, sento la mia erezione
diventare sempre più intensa. Provo quasi dolore. La allontano e questa
volta le sollevo la gonna di forza. Le afferro le mutandine, strette e dure
da far paura, faccio fatica, devo proprio essere quasi violento ma gliele
sfilo.. UN CAZZO! La mente è persa. Mi aspettavo una fica bagnata e
invitante. Mi trovo davanti un cazzo, piccolo forse poco più lungo del mio
dito indice e non molto più grosso, duro come un sasso che punta verso di
me. La sorpresa mi sconcerta ma lei (lui o chi cazzo sia) si ributta con la
bocca sulla mia mente. Quasi inconsciamente glielo prendo in mano, tra le
dita per meglio dire. Comincio a sbatterlo su e giù. Finalmente la sento
godere. Continuo a pensare a lei, cioè lui, non lo so più cosa come se fosse
una donna. Continuo a menarle quel cazzo e piano vedo che lei si abbandona.
Ho la tentazione di prenderlo in bocca. Ormai la voglia, il desiderio, la
birra e tutto il resto hanno annullato le mie inibizioni. Mi avvicino piano,
come per sentirne l’odore. Poi lo bacio. Poi con la lingua lo scorro per
tutta la lunghezza. Alla fine lo prendo in bocca. Una sapore nuovo, una
sensazione nuova. Piano piano sento il suo sapore attanagliarmi la mente. Mi
piace. Non capisco più nulla. Succhio avidamente e lei si strizza le tette.
Gode, gode ed il suo corpo vibra. Mi stacco sa lei, voglio scoparla ma non
so come. le afferro le caviglie e la sollevo, così che posso leccarle un
poco il culo, posso scoparla solo da lì e non voglio farle male. Lei mi
aiuta, prima con le mani, ad allargalo, poi con un dito e poi.. Mi vuole.
Sempre tenendole le gambe sollevate mi avvicino. Lei si ribalta all’
indietro, cosi da sollevare il bacino, le punto il cazzo contro il culo e
comincio a spingere piano. Non è difficile. Poche spinte e sono dentro.
Comincio a spingere con ritmo lento poi mano a mano che le pareti si
rilassano sempre più forte. Mi aggrappo alle sue tette e la scopo così. Lei
cerca di trattenere i gemiti mordendosi le labbra. Mi sento padrone del suo
corpo. Prendo in mano il suo affare e lo meno con violenza. Ci siamo quasi.
Io impazzisco quando sento il suo sfintere stringermi. Come risucchiandomi.
Gode lei per prima. Uno spruzzetto. Proporzionato al suo piccolo cazzo. Io
le godo dentro. E non mi fermo. Mi piace, mi piace troppo. Dimentico tutto,
che lei è un lui o quasi, che io non l’ho mai fatto prima. Tutto scompare
avvolto dal desiderio e dalla voglia di rifarlo. Frenesia, frenesia dei
sensi.
Mi lascio andare sul letto. Il mio corpo ancora in preda a piccoli sussulti
di piacere. Mi rilasso.
“è la prima volta per te?” la sua voce rompe quel silenzio quasi irreale che
segue ogni amplesso intenso
“si, e non lo avrei mai creduto possibile”
“a molti uomini come te piace, cercano quello..”
“ma io ero convinto che tu fossi una donna..”
“è quello che sono, dentro di me sono donna, fuori lo sono a metà”
“si ma ancora non riesco a crederci.”
“però tu sei diverso.”
“cosa intendi?”
“dolce e poi. nessuno lo aveva fatto prima.”
“ti giuro che non me lo sarei immaginato neppure io di farlo”
“lo so. Ti è piaciuto?”
“non so cosa dirti.. si mi è piaciuto molto, una cosa unica.. Come te”
“e te..”
mi carezza le gambe e poi ancora più su. Sdraiata al mio fianco, per un
attimo provo fastidio ma quando si solleva e mi bacia ripiombo nel mio stato
di incoscienza sessuale. Come donna è fantastica, come uomo non lo so ma lo
sa lei. Erano anni che non avevo un rapporto così intenso ed eccitante. Ma
lei è diversa. Come se conoscesse i segreti del copro e della mente.
Si riveste ed arriva il momento che più odio al mondo. Lei non fa nessun
accenno, mi guarda ed aspetta. Prendo il mio portafoglio e cerco una
banconota da 50 dollari. Gliela porgo e lei la prende. Lo sguardo dolce di
prima se ne è andato, osserva il mio ciondolo. Una stringa di cuoio al quale
è appesa una medaglietta in argento. Il simbolo dello JING e dello JIANG.
“me la regali” mi chiede
“è un ricordo, della mia prima volta in Cina.. ci sono affezionato” è quasi
vero, in realtà sono molto geloso delle cose che mi compro
“ti prego, lo vorrei tanto..” Mentre lo dice me lo sta già sfilando
“va bene, ma per favore, non buttarlo. tienilo”
“sempre con me.”
Mi regala un ultimo bacio e se ne va.
Mi infilo nella doccia, l’acqua che scorre sul mio corpo mi rinfresca le
idee oltre che la carne. Mentre mi asciugo, disteso sul letto sento i
rimorsi salire. Il timore di malattie, le paure di contagio e tutto il
campionario delle mie paure. Mi addormento così, tra i rimorsi ed il
desiderio intimo di rifarlo un giorno.
Il mattino prima di uscire dalla stanza vedo una busta a terra. Un messaggio
penso. La raccolgo e la apro. Dentro la mia banconota da cinquanta dollari.
Un sorriso mi si dipinge sul viso. In fondo, forse, il mondo non è così
brutto.
Sono passati quasi 6 anni. Sono stato altre volte a Bangkok ma non l’ho mai
più incontrata. Ho ancora nel portafoglio quella banconota. Non ho mai più
voluto spenderla. Unica testimone di qualcosa che non tornerà mai più. Ma se
qualcuno di voi passa da Bangkok ed incontra una donna con una medaglietta
in argento con il simbolo dello JING e dello JIANG, vi prego, siate gentili
e portatele il mio saluto..
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