Una moglie per bene nellÂ’abisso della completa sottomissione (15)

“Quando fui in quella posizione Gaston mi fece mettere nuovamente le mani dietro la schiena e me le ammanettò nuovamente…”

RODOLFO
Quello che avevo visto mi aveva sconvolto. Oltre ogni immaginazione, che
lei lo volesse o no, era stata immortalata in un video porno amatoriale che avrebbe potuto essere messo in vendita chissà dove. Niente sarebbe stato più come prima. Mia moglie si era lasciata trascinare volontariamente sempre più in basso ed io avevo assistito alla sua completa depravazione godendone perversamente. L’inganno progettato da Cosimo con Gaston, una sorta di mentore di quel suo percorso, in quei pochi giorni le aveva fatto provare tutto quello che, in anni di matrimonio, neanche mi sarei immaginato.
La mia dolce mogliettina, era diventata la schiava di Cosimo il nostro vicino di casa ed era solo all’inizio di un cammino masochistico senza ritorno fatto di umiliazioni che sarebbero diventate sempre più laide.

Accucciata dentro la gabbia umiliata aveva subito il degrado di quella pioggia dorata ed era in attesa delle decisioni successive.
“Cosimo è il suo padrone ma per accrescere la sua sottomissione ha deciso che ora EV625 sarà messa in vendita, quindi fra poco potrete iniziare con le vostre offerte” sorrise Gaston.
Restai ammutolito.
Incrociai il suo sguardo. Ora la sua eccitazione si stava sciogliendo nella vergogna più cupa. Se poco prima ero preso dalla rabbia che si mescolava ad una perversa eccitazione nel vederla trattata in quel modo, ora quella proposta mi metteva veramente paura. I commenti del pubblico accrescevano la mia ansia.
Persone sconosciute a cui Gaston e Cosimo avrebbero voluto vendere Mia che ormai chiamavano EV625 si scambiavano opinioni, facevano commenti volgari, descrivevano i particolari sulle curve di quella schiava che sarebbe stata venduta e quella schiava era mia moglie. Avanzavano le richieste più perverse visto che pure lei si era detta disposta ad accettare qualunque cosa le venisse ordinato.
Mia aveva firmato un contratto di completa sottomissione, sapeva cosa faceva nelle mani delle persone a cui si era affidata, ma ci era parso solo un gioco, spinto all’estremo, ma solo un gioco, ma ora era nuda, lercia, con il corpo che puzzava di urina esposta per essere ceduta ad un estraneo.

“Chi acquista questa schiava per quanto se la potrà tenere?” si alzò una voce dalla platea.
Fu Cosimo a rispondere spiegando che lui se ne sarebbe tornato in Italia per una o due settimane e che per tutto quel periodo EV625 sarebbe appartenuta a chi l’avrebbe acquistata.
“Anche se non è da escludere che potrei lasciarla al suo nuovo padrone per una durata maggiore – aggiunse – e sono disponibile a valutare qualunque proposta che possa essere utile per farle provare ancora di più la sua condizione di schiava.”
Una voce che mi sembrò di riconoscere, Jamaal, chiese se il marito avrebbe potuto interferire in qualche modo a qualunque richiesta le venisse fatta.
“EV625 è irrimediabilmente mia – precisò Cosimo – Suo marito ha accettato di lasciarla nelle mie mani e prima di
offrirla a Gaston accettando di vederla trasformata in un oggetto sessuale e non si opporrà di certo alla sua educazione qualunque richiesta le venga fatta.”
Ero annichilito.
“E se la volesse ancora con lui?” chiese ulteriormente Jamaal. La risposta di Gaston fu secca e ancor più brutale: “Quale marito si riprenderebbe una moglie come EV625? In due giorni ha vissuto come una prostituta ed ora si è arresa volontariamente all’infamia della schiavitù sessuale, privata della libertà e costretta all’obbedienza assoluta nelle mani di chiunque la possegga anche lontana dal marito. La sua vita sarà completamente differente sottomessa a delle regole ed obblighi che non avrebbe mai immaginato. Non è più la seria prof che è arrivata a Parigi sotto braccio di suo marito per una vacanza
Anche se le fosse concesso di tornare dal marito in Italia, lei resterà sempre EV625 e ad ogni richiesta del suo
padrone accetterà di rendersi nuovamente disponibile per lui esaudendo ogni richiesta in qualunque momento ed in qualunque posto.”
Quella frase mi spaventò, per la prima volta mettevano in forse il mio legame con Mia, ipotizzando in modo reale la completa disponibilità di Mia a qualunque richiesta di uno qualsiasi di quegli sconosciuti. Mia non sarebbe più stata la moglie di una volta e se anche avesse continuato a vivere con me lei ora sarebbe appartenuta ad un altro, Cosimo nella migliore delle ipotesi, un perfetto sconosciuto se quell’insana asta si fosse completata.

Gaston con la mia stupida disponibilità le aveva portato via tutto, vestiti, passaporto, gioielli. Le aveva lasciato solo la fede al dito per sottolineare quello che era diventata “slutwife” una moglie puttana, il collare e la cavigliera a destra, entrambi indicativi del suo status di schiava. Gli orecchini pendenti con la forgia di un fallo in erezione segnavano profondamente la sua dipendenza a fare sesso con chiunque glielo chiedesse. Ormai non avremmo potuto fare marcia indietro, e lei non avrebbe potuto negare di essersi prostituita in quella nostra vacanza parigina e men che meno negare la sua sottomissione dopo aver firmato quel contratto. Tutto era stato documentato in quel malefico video. Mia non esisteva più, la mia dolce mogliettina era diventata solo una schiava, EV625 pronta a divenire la puttana di ogni suo padrone.

Gaston aprì la gabbia e continuò “esci puttana …. chi compera ha diritto di apprezzare la merce…”
Mia uscendo tentò di rimettersi in piedi, ma lui la fermò strattonandola per il guinzaglio ed obbligandola a restare a gattoni. Gaston passò il guinzaglio a Cosimo che la trattenne come un cagnolino passando davanti a tutti. Lei lo seguiva docilmente. Sembrava che quella condizione di sottomissione le appartenesse da chissà quanto tempo e forse realmente trovava eccitante vivere il sesso in quel modo così sporco. non le bastava più di essere trattata come una puttana aveva bisogno di essere sottomessa umiliata.
Cosimo compiaciuto passando tra il pubblico con mia moglie trascinata al guinzaglio invitò tutti ad accarezzarla per cogliere meglio la sua disponibilità : “non abbiate ritegno, per fare la vostra offerta siete liberi di accarezzarla come volete, è raro trovare una signora così bella, ricca e con una posizione professionale importante, trasformarsi in un schiava così docile e desiderosa di essere ridotta in queste condizioni portata al massimo degrado offerta come la più sottomessa delle schiave, trasformata in un animale da sesso”
Ormai era chiaro a tutti che non era una semplice prostituta e questo rendeva ancor più eccitante la situazione.
La spinse verso la terra in modo da tenere il culo verso l’alto, la spinse ad appoggiare le tette al suolo e la liberò dalle catene che ancora le legavano le caviglie. Mia completamente inebetita sapeva benissimo di offrire la vista del suo culetto e del suo sesso, eppure divaricò ancora di più le gambe senza che glielo chiedessero e si lasciò accarezzare. Che squallore e che tristezza, era sudicia, volgare sempre più degradata, umiliata.

MIA
Ormai non potevo fare più nulla, me ne rendevo conto e stavo poco alla volta facendomene una ragione.
Avevo firmato un contratto e avevo detto, in presenza di non so quante persone, che sarei stata a disposizione di chiunque mi avesse acquistata, come se fossi un oggetto, un soprammobile o chissà che cosa, non più una persona, ma al massimo una schiava del sesso su cui chiunque avrebbe potuto accaparrare qualsiasi diritto di natura sessuale. Ma non solo, avevo persino accettato di poter essere punita non solo per un mio errore, ma persino per il capriccio del mio eventuale padrone. Avevo persino detto che volevo diventare un’attrice porno, per film di ogni genere, e credo che quello che stavano girando ora con me ne fosse un esempio abbastanza eloquente.
Dovevo essere pazza, ma anche con quest’ultima convinzione, il mio corpo reagiva eccitandosi.
Forse tra poco sarebbe iniziate l’asta, un’asta in cui l’unico oggetto da vendere ero io e ora, come in ogni asta che si rispetti, mi stavano mostrando ai miei potenziali acquirenti, proprio come un oggetto, e quindi mostravano agli astanti tutti i miei requisiti, il mio corpo e le mie specialità, specialità che comunque in molti avevano già provato sia nella stanza dei buchi che nell’albergo dove mi avevano portata.
Fino ad allora avevo fatto di tutto, avevo succhiato sessi di ogni dimensione e colore, mi avevano penetrata prendendo anche la mia ultima verginità, non solo, avevano anche usato il mio corpo come una latrina su cui poter scaricare la loro urina. Cos’altro mi poteva capitare?
Eppure … eppure eravamo solo all’inizio.
Ora ero lì, in mezzo a quegli sconosciuti che applaudivano ad ogni sconcezza che mi facevano, che ridevano e approvavano quando io dicevo a tutti che ero una troia e che accettavo qualsiasi cosa.
Ero lì con le natiche in aria, inginocchiata coi i seni poggiati su quella melma di urina e sperma, mostrando a tutti le mie nudità più intime. Eppure, eppure allargai ancora le gambe per mostrarmi ancora meglio a tutti. Era diventato quasi un movimento automatico, che sapevo che avrei dovuto fare anche se nessuno me lo aveva chiesto. Sapevo che dovevo mostrarmi ancora di più e ne provavo anche piacere. Provai piacere persino quando Gaston mise il suo piede sulla mia testa facendomi appoggiare il viso su quella melma puzzolente.
Sentii Cosimo che invitava chi avesse interesse al mio corpo di venire a toccarmi, dovunque volessero, li invitava a rendersi conto di che tipo di merce fosse in quel momento lì pronta per essere venduta al maggiore offerente.
Mi sentii umiliata ancora più di quanto non lo fossi ancora, specialmente quando sentii la prima mano poggiarsi sulle natiche, un’altra sulla schiena, quando sentii le prime dita che mi penetravano, scavavano nella vagina e nell’ano, senza nessun ritegno, come se avessero tutto il diritto di farlo … e in effetti avevano tale diritto.
Cosa avrei dovuto fare? Quello era il mio compito, il mio dovere e accolsi quei tocchi come se fosse del tutto naturale e logico che succedesse. Accolsi persino qualche schiaffo anche forte sulle natiche e, anche se avrei voluto scomparire per la vergogna, mi trovai a muovere il bacino accompagnando quelle carezze, mugolando di piacere quando le dita mi penetravano, chiudendo gli occhi per assaporare meglio quei tocchi, anche se frettolosi, ma molto piacevoli.
Uno tra tutti quelli che mi toccavano ebbe un momento di tenerezza, un leggero muovere le dita sul mio corpo e riconobbi il tocco di Rodolfo, aprii gli occhi e lo guardai, incrociammo lo sguardo solo per un attimo, perché qualcuno lo spintonò lontano per fare spazio ad altri che volessero accarezzarmi.
Molti infilavano le dita nella vagina e molti poi le spostavano sullo sfintere, ma molti si limitavano a sfiorarlo. Uno di loro però lo penetrò con forza con due dita facendomi urlare sia per la sorpresa che per il dolore.
Non so chi fosse, ma sentii la sua voce rivolta a Gaston.
“È molto stretto.”
“EV625 è ancora poco abituata alla sodomia – gli rispose Gaston e in quella risposta mi colpì ancora il fatto che oramai non ero più Mia, ma semplicemente EV625 – ma siamo qui anche per dimostrare la sua disponibilità a provare proprio di tutto. Cosa rispondi al signore EV625?”
Non pensavo che Gaston avesse girato a me quella domanda, ma forse lo faceva per aumentare la mia umiliazione, per farmi ammettere quello che io avrei ammesso un momento dopo.
“Sono pronta a soddisfare ogni richiesta – risposi infatti con sottomissione – qualunque cosa vogliate da me e non mi tirerò mai indietro.”
“Prima di essere messa all’asta – riprese Gaston – avrete modo di apprezzare la sua estrema sottomissione dimostrando a tutti voi come accetti e apprezzi senza nessuna titubanza una maggiore dilatazione.”
Si fermò un attimo perché il pubblico approvò rumorosamente quell’affermazione, poi si rivolse a me.
“Ed è quello che vuoi, vero?”
Aprii gli occhi e lo guardai, guardai lui e cercai Rodolfo tra il pubblico, ma non lo trovai.
“Sì – risposi senza indugio, provando quasi piacere ad accettare quello che aveva detto Gaston – sono pronta a tutto, anche a ricevere una maggiore dilatazione, qualunque cosa per il piacere del mio padrone.”

RODOLFO
Nuda tra quel pubblico tra cui il suo futuro padrone, veniva accarezzata, violata nella sua intimità di chi con metodi rozzi e volgari cercava di capire quanto fosse disposto a pagare per avere quella donna a sua disposizione. Ormai era solo un oggetto erotico circondata da una folla che sarebbe stata disposta a qualunque cifra pur di disporre interamente di lei. Le mani correvano sul suo corpo eppure non si ribellava, veniva violata in continuazione cercando la sua intimità, scivolando vergognosamente sul suo culo e dentro di lei.
Il suo culo non opponeva più alcuna difesa a quelle penetrazioni e lei traboccava di piacere. Ora era li davanti al suo padrone era piegata con le braccia tese su quel pavimento lercio e le tette appoggiate al suolo in posizione di sottomissione davanti a quella gente che approfittava del suo corpo.

Cosimo soddisfatto non aveva smesso un istante di insultarla. Mi si avvicinò “Hai fatto bene a lasciarla nelle mani del mio amico Gaston con te avrebbe potuto solo giocare a fare la puttana non diventarlo veramente, ma ormai siamo andati oltre a quanto avrei potuto immaginare. Io me ne tornerò in Italia e la lascerò nelle mani di uno di questi signori e potresti ritornare a casa pure tu lasciandola sola a Parigi per continuare la sua trasformazione”
Eravamo alla follia “Ma è mia moglie, come puoi pensare una cosa del genere. Ci amiamo ed abbiamo fatto tutto questo per gioco e con complicità”
“All’inizio, ma ora le cose sono cambiate, guardala!” mi gelò Cosimo.
Abbandonata alle mani di tutti, divorato dalla perversità di vedere fin dove la sua abiezione l’avrebbe condotta, mi ero avvicinato anch’io trovandola completamente impotente a quei palpeggiamenti.
Incapace di ogni reazione avvicinai una mano alla sua pelle e provando un gusto perfido iniziai ad accarezzarla come gli altri.
Avevo accarezzato il suo sesso senza stupirmi di trovarlo ormai un lago dilatato a quelle continue carezze. Non ero riuscito a soffermarmi oltre, dopo di me altre mani aspettavano il loro turno pronte a scivolare sul corpo di Mia.
Qualcuno mi spinse facendomi capire che altri aspettavano il loro turno e di sbrigarmi ad accarezzarla e senza ribellarmi l’avevo fatto.

D’improvviso, come una staffilata, la voce di Gaston la umiliò di nuovo ordinandole di baciare i piedi di Cosimo che ripreso il guinzaglio la strattonò obbligandola ad avvicinare il volto alla sua scarpa.
Mia alzò la testa cercando pietà ma poi quasi schifata appoggiò fugacemente le labbra dimostrando quanto ormai fosse caduta in basso senza bisogno di cercare altre vie d’uscita.
Non pago Cosimo le chiese di accarezzarsi di nuovo. Priva di dignità le sue mani corsero a cercare il suo sesso. Perdendo il punto di appoggio si trovò completamente distesa sul suolo viscido e lercio. Cosimo le appoggiò quasi con disprezzo un piede sul culo assecondando i movimenti delle mani di EV625. Il suo volto ora era proteso verso le scarpe di chi le stava davanti. “Guardati come ti sei ridotta –sibilò Cosimo – se ti vedessero i tuoi studenti”
Sollevò il piede che le aveva schiacciato sul culo lasciando una netta impronta di fango sulla pelle di Mia. Per tutto il tempo lei non aveva smesso di toccarsi in quello scempio del suo corpo Non sembrava altro che una cagna in calore pronta ad ogni richiesta ance la più oscena. “lecca cagna lecca” e quella scarpa era davanti al suo viso “Ti ho detto di leccare le scarpe del signor Cosimo e poi di tutti e vedi di pulirle bene”.
Era una schiava ormai pronta a qualunque richiesta le venisse imposta dal suo padrone, ma quello era troppo, almeno credetti.Sorrisi malevole si stamparono sui volti degli astanti. Cosimo le spinse il piede verso il volto di Mia che anziché retrarsi appoggiò di nuovo le labbra baciando la scarpa ed un istante dopo fece scivolare la sua lingua sul cuoio.
La sua umiliazione sembrava essere pari all’eccitazione che continuava a darsi con le mani sdraiata a bocconi su quel suolo lurido. Alzò il volto e dalle labbra un filo di saliva si allungava alla scarpa che aveva davanti. Il supplizio continuò e si formò una fila per farle subire un’ennesima umiliazione.

MIA
Le umiliazioni non avevano fine e si susseguivano senza sosta. Ora avrei dovuto baciare e leccare le scarpe dei presenti o, almeno, di quelli che volevano provare l’esperienza di vedere una seria signora nel degrado più assoluto. Era un’umiliazione che non potevo immaginare in nessun modo e credo anche di non essere smentita se penso che pure buona parte di quelle persone avrebbero immaginato una cosa simile.
Ma la mia situazione non mi permetteva di essere schizzinosa né tanto meno mi permetteva di poter rifiutare quell’altra mortificazione, così iniziai a baciare e a leccare la punta delle scarpe di quanti erano in fila per guardarmi in quell’ulteriore offesa.
Chiudendo gli occhi e cercando di trattenere il disgusto che provavo leccavo quelle scarpe tra le risate e gli insulti dei presenti.
All’improvviso una voce mi fece sussultare e mi fece fermare, Jamaal stava dicendo qualcosa in francese, una frase di cui capii subito il senso e ne ebbi paura.
“Se la mia sarà l’offerta maggiore posso prostituirla a mio piacimento senza alcun ritegno nelle vie più malfamate della città?”
Questo era il senso delle sue parole e in quelle mi fecero rabbrividire principalmente quelle che suonavano: “faire le trottoir” e “mettre a l’abattage”, cioè “fare il marciapiede” e “mettere al macello” intendendo forse qualcosa di molto più umiliante che battere il marciapiede, infatti aveva accennato alle strade più malfamate di Parigi.
Gaston e Cosimo si guardarono mentre io restavo in attesa col capo chino. Gaston fece un cenno a Cosimo che si rivolse a me.
“Rispondigli tu EV625.”
Ancora quel tuffo al cuore, ancora una domanda così particolare rivolta a me, ancora una volta avrei dovuto accettare qualcosa di offensivo, di vergognoso, ma che comunque avevo già accettato firmando quel contratto.
Mi vidi vestita da troia ancora più laidamente di quanto non mi avessero vestita in quei giorni, mi vedevo battere i marciapiede, mi vedevo salire in una macchina e fare sesso a pagamento con degli sconosciuti o magari dietro un angolo buio di un vicolo di Parigi. Era degradante, umiliante, è vero, ma il mio corpo rispondeva in maniera differente a quanto ci si potesse aspettare e persino la mia voce seguì il richiamo del mio corpo.
“Il mio padrone potrà fare di tutto – risposi senza pensare – potrà esibirmi e farmi prostituire come e dove lui lo vorrà, l’ho accettato perché anche questo è quello che voglio.”
Jamaal rise, così quelli che gli erano più vicini, abbassai il capo in segno di remissione. Ci fu un attimo in cui cercai di non sentire nulla, di assentarmi almeno per qualche secondo, volevo ritrovare me stessa, ma era sempre il mio corpo che invece reclamava ciò che mi si chiedeva e si eccitava sempre di più mano a mano che venivo umiliata e alla vergogna prendeva il sopravvento un’eccitazione strana, particolare, un qualcosa che mi prendeva non solo il basso ventre, ma tutto il corpo e sentivo che la mia vecchia educazione svaniva senza possibilità di ritorno.
Poi uno strattone, leggero ma deciso, mi misi a quattro zampe così come mi avevano messa uscendo dalla gabbia e appunto verso la gabbia mi stavano portando. Il pavimento appiccicoso, quella melma di sperma misto a urina e quei preservativi che schiacciandoli versavano sul pavimento il loro contenuto mi davano nausea, ma non potevo e forse non volevo protestare, loro godevano nel vedermi in quello stato e per questo godevo anche io.
Camminavo a testa china guardando il pavimento, cercando di evitare i punti più luridi, poi, quando arrivammo alla gabbia alzai il capo e lo vidi. Vidi all’interno della gabbia un grosso cane nero, forse un meticcio che era steso nella gabbia con il muso appoggiato alle zampe anteriori e che, appena mi vide, si sollevò in piedi occupando gran parte della gabbia guaendo e scodinzolando.
Ebbi una tale paura di quel bestione che scivolai e finii stesa a terra su tutto quel lerciume. Mi ritrovai così ancora più sporca e appiccicaticcia di quanto non lo fossi prima.
“Hai paura di Dick? – mi disse Cosimo – ma non devi, è molto buono e affettuoso ed è anche un buon compagno.”
“Ora alzati – continuò facendo seguire il comando da un leggero strattone – fatti guardare dagli acquirenti, anche se così sudicia, sei sempre una bella donna e chi ti acquisterà sarà molto soddisfatto.”
Portandomi al guinzaglio tra gli spettatori, quasi come un perfetto battitore d’asta, invitava tutti ad ammirare il mio corpo.
“Guardate EV625 – diceva camminando e tirandomi dietro di lui – ammirate questa splendida donna, una volta seria professoressa universitaria e ora pronta a diventare la schiava di colui che offrirà la cifra più alta. Ammirate le sue lunghe gambe, dritte e tornite, questi seni così sodi da tenersi su spontaneamente, per non parlare delle natiche anch’esse sode e lisce. Ammirate come la sua bellezza rimane intatta anche dopo essersi rotolata in quel miscuglio di urina e sperma. Notate il suo viso, la sua bocca, i suoi occhi verdi. Anche così ridotta nessuno mai penserebbe che una simile donna, altera e seria, sia in realtà una troia e una cagna pronta e disponibile per qualsiasi umiliazione. Fino ad ora ne avete osservato come abbia accettato senza protestare di essere messa in gabbia, essere usata nel glory hole anche con passione, infine avete visto come anche il lerciume o l’essere stata usata come latrina non l’hanno affatto bloccata. Come una schiava che si rispetti ha accettato tutto quello che le è stato imposto. Ma non abbiamo ancora finito. Immaginate solo cosa potrebbe fare una schiava così a totale disposizione di uno di voi.”
Camminavamo in cerchio attorniati da tutti quegli uomini gaudenti, avevo il capo chino e gli occhi bassi, mi sembrava di essere diventata un animale in vendita in una fiera di paese. Sembrava tutto così irreale, tutto così assurdo e strano, mentre tutto era reale, tutto appariva proprio come era realmente. Ero in una fiera ed ero io che venivo venduta.
Girammo ancora un po’, poi ci fermammo proprio accanto a mio marito.
“Mi sembra che a tua moglie piaccia essere trattata in questo modo – gli disse Cosimo – e sarà ancora peggio dopo che l’avrò venduta. Il suo degrado e la sua umiliazione saranno il mio piacere non vedo l’ora di ritornare in Italia con lei per mostrare a tutti i nostri conoscenti che puttana è diventata la seria professoressa per bene”.
“Ma tutto questo è assurdo – iniziò mio marito – tutto questo è inaccettabile, è …”
“Ma sei ancora in tempo almeno per evitarle, in mia assenza, di cadere nelle mani di qualcuno più perverso di me – lo interruppe Cosimo – partecipa all’asta.”
Senza aspettare alcuna risposta, mi strattonò ancora per il guinzaglio e ci dirigemmo verso un altro angolo anch’esso in penombra, illuminato da una fioca luce che scendeva dal soffitto.
Ricordo ancora con terrore quello che vidi e quello verso cui ci stavamo incamminando. C’era la statua di un fauno di dimensioni quasi umane, forse in legno, con le braccia allargate davanti a sé protratte a cercare una presa che non c’era. Il suo corpo era in posizione seduta su uno scanno, con le gambe strette quasi a determinare a sua volta un possibile posto a sedere. Saltava all’occhio il sesso eretto che occupava il centro di quel sedile.
Ho ancora nella testa e nella memoria gli applausi e le grida di tutte quelle persone che si trovavano nella sala e il mio terrore nel vedere quella scultura che sembrava una di quelle che avevo visto a Pompei durante una visita agli scavi. Con la sola differenza che questa che era davanti a me era di dimensioni quasi umane, le altre erano molto più piccole e quel membro in erezione era davvero spaventoso.
Gaston mi prese per il collare e mi obbligò a restare inginocchiata vicino a quel fauno che sembrava mi guardasse con un sorriso che non aveva nessun bisogno di essere interpretato.
Fui girata verso quel pubblico che si spellava le mani per gli applausi. Cercai mio marito che vidi comparire con fatica facendosi largo tra quella gente. Lo vidi fermarsi, guardare la statua e me. Dalla sua espressione capii che dovevo avere un’espressione a dir poco terrorizzata.
Abbassai lo sguardo e attesi in silenzio il mio destino.

RODOLFO
Avevo visto mia moglie strisciare in quella fanghiglia e abbassarsi a baciare i piedi dei suoi potenziali acquirenti sentendomi mancare quando alzando il viso aprì la bocca scivolando con la lingua scivolare sulle loro scarpe.
Ora la guardavo quasi con distacco. Offerta nella sua degradante vergogna alla vista di tutti mi sentii umiliato pure io alla sua offerta nel propormi di partecipare all’asta.
Comperare la libertà di mia moglie?
Sarebbe stata la sua vendetta, vedere Mia degradata, umiliata fatta precipitare in un abisso senza fondo ed io partecipare alla sua messa in vendita come una schiava dell’antica Roma.
Era pura follia quello che mi stava suggerendo. Ero comunque tentato di farlo pensando che in quel modo avrei acquistato la sua libertà e magari avremmo potuto fuggire da quello che stava diventando un inferno.
Davanti alla statua lui la fece nuovamente inginocchiare.
Il corpo segnato dallo sporco che le scivolava con quella scritta sopra il suo sesso ormai illeggibili “a vendre” costretta a restare in ginocchio davanti quasi fosse una divinità da adorare.
Fu ancora Cosimo che inchinandosi verso di lei la spinse ancora una volta a divaricare le gambe agguantandole il sesso facendole emettere un verso di piacere. Immaginavo la vergogna il ribrezzo di sentirsi addosso anche le mani di quell’uomo che aveva sempre evitato ridotta ad un semplice oggetto esibito a quel pubblico.
Mi girai mentre Gaston le imprigionava nuovamente i polsi dietro la schiena con le manette.

MIA
Gaston mi fece girare con le spalle al pubblico, così, inginocchiata davanti alla statua del Fauno sembrava quasi che lo stessi adorando, come se fosse un dio, come se fosse il mio dio al quale rivolgevo le mie preghiere.
Quando fui in quella posizione Gaston mi fece mettere nuovamente le mani dietro la schiena e me le ammanettò nuovamente.
Io restavo in silenzio, lasciavo che mi facesse di tutto, ma ormai cosa potevo fare? Ero nella situazione in cui avrei dovuto subire di tutto e non mi sarebbe stato possibile nemmeno una piccola protesta. A volte il mio carattere mi portava a ribellarmi, ma c’era sempre quel qualcosa nel mio corpo che me lo impediva, qualcosa che si trasformava in insana libidine, che mi faceva bagnare sempre più.
Così non protestai quando Gaston mise una mano sulla mia schiena, anzi assecondai il movimento inchinandomi in avanti, per quanto potesse permetterlo la mia posizione di donna genuflessa. Non dissi nulla anche quando sentii che mi stava cospargendo l’ano di un qualcosa di freddo, forse un gel, indugiando sullo sfintere e spingendo anche le dita all’interno.
Non dissi niente, anzi mugolai addirittura per il piacere, piacere che proveniva dalla parte stimolata e che mi arrivava fin nel cervello.
“Sei proprio una viziosa – disse Gaston dopo aver tolto la mano dalle mie natiche asciugandole con un panno bianco – ma adesso devi fare onore alla tua fama. Sappiamo in cosa sei più abile, quindi datti da fare.”
Capii subito che avrei dovuto usare la mia bocca per soddisfare qualcuno e infatti pensai che fosse così quando mi prese per il collare, ma invece di farmi girare verso il pubblico mi avvicinò alla statua e spinse il mio viso quasi a contatto con la verga di legno.
“Vedi di bagnarlo bene – mi disse ancora accarezzandomi i seni e stringendomi i capezzoli – è per il tuo bene.”
Non ricordo con precisione cosa pensassi in quel momento, forse per l’eccitazione dovuta a quella strana situazione, o al fatto che stessi per dare spettacolo a quel pubblico che voleva vedermi sempre più umiliata e sottomessa, fatto sta che iniziai a leccare quel glande di legno e tutta l’asta.
In quella posizione la vidi per quello che era, una verga enorme, lunga e larga, di lontano la sua lunghezza camuffava la sua larghezza e viceversa, ora invece mi rendevo conto di come fosse enorme.
Cercai di prendere la cappella in bocca, ma per farlo dovetti aprire molto le mandibole e le labbra e, quando riuscii a prenderla, uno scroscio di applausi accompagnò il mio successo.
Cercai anche di prenderlo in bocca di più, accompagnando i miei tentativi con mugolii di piacere che vennero apprezzati da quanti riuscivano a sentirli.
Certo era una cosa strana a vedersi e forse anche di più a farla, ma il mio corpo rispondeva anche a quella stimolazione muovendo il mio capo su quel fallo enorme come se fosse quello del mio migliore amante.
Poi, all’improvviso, Gaston mi fermò, mi fece allontanare il capo da quel fallo e lo guardò.
“Sei stata brava – disse con soddisfazione – vedo che lo hai insalivato molto bene. Ma ora passiamo ad altro.”

RODOLFO
Completamente abbandonata alle carezze di Gaston si era lasciata cospargere il suo culetto con un gel piuttosto denso, non solo ma aveva finito per assecondare i movimenti di quei massaggi; solo quando emise dei gemiti soffocati capii che le dita di Gaston stavano sprofondando dentro di lei.
Sembrava completamente persa ormai entrata nel suo ruolo di schiava sottomessa. Sapere che avrebbe dovuto accettare ogni richiesta anche la più umiliante e più oscena rendeva il tutto ancor più eccitante sia agli spettatori che anche a me.
Seguendo i gesti fin troppo eloquenti di Gaston Mia ormai inesorabilmente sottomessa si abbandonò al suo volere. Allibito la vidi aprire la bocca e avvolgere quel pene di ebano facendo scivolare le labbra su quell’asta tra gli schiamazzi di tutti. Ma anche il suo corpo la stava tradendo e più sprofondava nella vergogna più si lasciava andare in una profonda eccitazione.

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BDSM

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