La situazione, era di quelle paradossali, lei, avrebbe voluto essere in qualsiasi altra parte del mondo, l’importante, era che non fosse li, invece, come sempre accade nella realtà , lei, era dove non avrebbe voluto.
Il treno viaggiava al solito ritmo scandendo lo stesso rumore, aiutando il sonno: era il momento del ritorno dal lavoro, un abitudine di tutti i giorni, cinquanta minuti da pendolare.
Obbligo, necessità , abitudine giornaliera.
Di solito, erano sempre le stesse facce, ma, quel giorno, uno sciopero aveva sconvolto tutti e tutto.
Lei, si era ritrovata a prendere un treno messo a disposizione dalle ferrovie dello stato che neanche la portava fino a casa, infatti, a metà strada del suo percorso, era dovuta scendere e salire su un bus pieno di ragazzi di ritorno dalle scuole superiori.
Con i suoi trenta anni si era improvvisamente sentita vecchia, cercò un posto a sedere inutilmente, il bus partì facendola sbilanciare, dovette appoggiarsi alla prima cosa solida a portata di mano e, la prima cosa, fu lui.
Uno sguardo imbarazzato mentre chiedeva scusa, gli occhi s’incontrarono.
Lo guardò di soppiatto, mentre il bus si stipava stringendo i già stretti spazi, pur non volendo, i corpi si toccarono.
Il ragazzo continuava a guardarla, aveva uno sguardo enigmatico, sembrava sorridesse, sicuramente gli occhi sprizzavano vita, lo ritenne anche normale, visto che al massimo poteva avere una ventina d’anni.
‘ Dieci anni meno di me’ pensò.
Una fermata dopo, lo spazio non esisteva più, era un accavallarsi di anime strette come sardine e fu alla ripartenza che cominciò il suo calvario.
Il bus fece perdere di nuovo l’equilibrio a molte persone, lei, ormai, era preparata, si era subito abituata a quel fermo e riparti: non si stupì quando sentì qualcuno appoggiarsi al suo corpo, era capitato anche a lei qualche fermata prima, si stupì invece molto, quando, senza frenata alcuna, qualcuno le aveva messo una mano sul sedere e la teneva come se fosse normale.
Giro leggermente il capo per capire, i movimenti erano quasi impossibili, ma, la testa riusciva a rotearla quanto bastava per vedere e capire.
Incontrò di nuovo lo sguardo del giovane, nei suoi occhi vide passione, forse sfida, poi, si stupì ancora di più quando la pressione della mano aumentò incuneandosi tra le pieghe della gonna.
Improvvisamente avvampò diventando rossa, non era un errore o un contatto casuale, il ragazzino cercava proprio lei.
Non le era mai capitato di essere importunata pubblicamente, aveva letto tante volte di queste situazioni, ma, una cosa, era leggerla, una cosa viverla.
La mente cercava di trovare una via di fuga che non facesse scalpore, quando il ragazzo azzardò arrivando all’inizio dello slip, lei, ancora non aveva trovato una via d’uscita.
‘ Porco Giuda, sono una donna sposata!’ pensò, mentre sentiva la mano che continuava la sua esplorazione.
Quel pensiero le rimase in gola.
Fece mente locale su suo marito, immaginò cosa sarebbe successo se fosse venuto a sapere di quel ragazzo che toccava le sue intimità .
Il bus arrivò a una nuova fermata e niente cambiò, ormai troppo pieno per fare salire altre persone, l’autista, fece solo la finta di frenare, in realtà frenò, ma non aprì le porte, fece il gesto sconsolato verso gli avventori in aspettativa e ripartì.
In tutto quel breve tempo, lei, era letteralmente sconvolta, il ragazzo, approfittando della frenata, si era avvinghiato a lei facendole sentire la sua eccitazione evidente, si posizionò deciso tra i suoi glutei pieni trovando un contato indecente e cominciò a mimare un amplesso, la mano, nel frattempo, aveva spostato leggermente la piccola stoffa sotto la gonna e un dito, subito seguito da un altro, aveva varcato il suo concetto del pudore, si trovò a sudare e pregare che nessuno vedesse, che nessuno capisse quello che stava succedendo.
‘Mio Dio…’Il pensiero seguiva le dita e il movimento ondulatorio ormai indecente del ragazzo.
Sentiva l’alito caldo sul collo tanto erano vicini.
Maledì il suo modo di vestire sempre con gonne: ‘Se almeno avessi messo un paio di calzoni…’
Non capiva questo suo modo di reagire, anzi, di non reagire, si dette la scusa della vergogna, dell’imbarazzo…
Quando per aiutare il ragazzo nella sua opera di piacere, allargò le gambe per facilitarlo nel suo fare, si rese conto di essere partita di testa, sentiva il suo fiore pieno di rugiada sotto l’attacco delle dita che s’impossessavano sempre più di lei.
‘ Che vergogna, che vergogna’Penso di se stessa, mentre il suo corpo seguiva i movimenti nascosti ma decisi del ragazzo.
‘Speriamo finisca presto…’
Pensò a dove erano arrivati con il viaggio, si accorse che mancavano ancora diversi chilometri prima della sua fermata, se non avesse fatto qualcosa, sarebbe arrivata all’orgasmo molto prima, quell’idea, in concomitanza con quello che continuava a farle il ragazzo, la terrorizzò;
‘ Come farò a stare zitta, a non muovermi quando succederà …’
La disperazione aumentò quando sentì una seconda mano appoggiarsi al suo corpo, inizialmente, all’inizio della gonna, poi, anch’essa risalire sulle cosce fino a raggiungere l’altra ben posizionata in lei.
Aprì nervosamente gli occhi che aveva chiuso con i suoi pensieri e s’accorse del ragazzo bruno che ammiccava al ragazzo dietro di lei, un cenno d’intesa e il sandwich, era fatto.
Sentiva le gambe cedere sotto quel doppio attacco alla sua intimità .
Alla fermata dopo, tra saluti e arrivederci, lei, esplose in silenzio in un orgasmo devastante.
Incuranti del suo pudore e del suo piacere, i ragazzi continuavano a frugare in lei, ognuno cercando di rubare la scena principale all’altro, si sentiva una preda remissiva piegata ai loro giochi infantili.
Continuò a essere toccata ancora per un paio di fermate, poi, sentì una mano staccarsi da lei percorrendo il percorso inverso e capì che uno dei due era arrivato a casa, mentre lei, era arrivata ben oltre.
Aprì gli occhi di nuovo dopo averli chiusi per diversi minuti, il moro davanti a lei, portò le labbra vicino al suo orecchio e sussurrò;;
– Calda e disponibile, dovrebbe prendere più spesso questo bus, sarebbe un bene per tutti…
Lo guardò scendere e ebbe un attimo di dispiacere per quel vuoto d’intimità che ormai aveva accettato e apprezzato;
– Non si preoccupi, io scendo molto più avanti. Disse l’attore principale del gioco, spingendo deciso il suo vigore fisico contro le sue natiche, mentre la mano imperterrita continuava a solcare il terreno ormai smosso e fertile.
Lei chiuse di nuovo gli occhi e lasciò che il mare cominciasse a sbattere contro le rocce fino a placare il suo tormento e non li riaprì neanche quando sentì un altra mano aggiungersi alla vecchia.
Le venne in mente un famoso film che lei amava da sempre ‘Un tram chiamato desiderio’ e finalmente si sentì la protagonista principale…
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