“Fu come bere un bicchiere d’acqua…”
Ricevetti una sfida da duemila dollari, circa un’ora dopo, era un giocatore
di livello Sei. Indossai l’attrezzatura davanti al mio tutor, il quale, nel frattempo, mi istruiva sul da farsi:
– “Molto probabilmente, un livello Sei, non è nient’altro che un livello superiore a dieci che ha perso una sfida con un livello Sette. Bisogna prestare molta attenzione. In ogni caso sarai tu, a questo giro, ad avere l’handicap.”
La sfida partì con undici scosse, che lo sfidante mi indirizzò nella vagina. Non poteva andarmi meglio, si trattava del mio punto meno sensibile. Poi lanciò il suo primo attacco con altre venti scosse, sempre in vagina. Venne alla sesta scossa. Fu come bere un bicchiere d’acqua. Mi sentivo euforica: avevo ventiquattromila Dollari sul conto e un livello 17. Mi presentai a quell’uomo:
– “Io sono Paula.”
– “Io mi chiamo Andres. Piacere.”
Non mancava molto alla destinazione. Mancava abbastanza. Sull’onda dell’entusiasmo lanciai una sfida a un livello Sessanta. Mandai, su suggerimento di Andres, l’handicap su zone diverse. Andres monitorava i battiti e individuammo nel prepuzio il punto debole dell’avversario, quindi, le ultime dieci scosse le indirizzammo lì. Il mio attacco fu di cinquanta scosse nel sedere, dritto alla prostata, sentivo il cilindro nel mio sfintere, massaggiare la mia vescica, ero ancora bagnata, strinsi i denti. La mossa sembrò cogliere di sorpresa il mio avversario, ma non abbastanza da farlo capitolare. Quando toccò a lui fu un dramma. Quello stronzo mi inviò trenta scosse al clitoride, ma non erano scosse normali, partivano lievi dal basso del sensore e si intensificavano andando verso l’alto. Quel grandissimo pezzo di merda stava simulando egregiamente una raffinatissima, lenta, leccata di fica quale non avevo mai ricevuto in vita mia. Partiva dalle grandi labbra, passava alle piccole e girava attorno al clitoride, senza mai toccarlo. Prima in un senso, poi nell’altro. Lo fece per venti, sublimi, interminabili, scosse. Scommettendo sul fatto che fossi una donna. Poi mi morsicò il clitoride con una scossa. Urlai di dolore, gemetti sullo strascico di piacere. Serrai le gambe, lui se l’aspettava. Mi inviò dieci sublimi stilettate, le prime due nell’ano, per farmi arcuare la schiena e portare il bacino in avanti e poi ancora sotto il clitoride, nella parte inferiore, quella che, di solito, scorre sopra un bel cazzo arrapato quando ti trapana violentemente. Andres si precipitò su di me tentando di allargarmi le gambe, lo pregai di non farlo, che avrebbe peggiorato la situazione. Poi lui avvertì dei gemiti provenire dallo scompartimento attiguo e mi ordinò di urlare, di urlare tutto il mio piacere.
Sul momento non ero certo in grado di interpretare qualsivoglia ragionamento, così urlai come una pazza. Appena Andres riuscì a scardinare la morsa delle mie gambe, godetti attorcigliandomi come un’indemoniata senza nemmeno rendermi conto che le scosse dentro di me erano terminate. Notai qualcuno spiare dall’esterno del nostro scompartimento mentre si stantuffava il membro ancora turgido, le gocce del suo piacere scorrevano come bianche lumache sul vetro che ci divideva. Fui felice di vedere la sua prima, arrivare un’istante prima di me, in questo subdolo gioco in cui vince chi arriva secondo.
– “Come hai fatto a capire che lo sfidante si trovava sul treno?” Chiesi, ansimante, con un filo di voce.
– “L’ho sentito godere. E poi, solitamente, gli sfidanti non sono mai troppo lontani, è il bello del gioco no? Cercare di scoprire e vedere il godimento di chi stai sfidando, il quale fa altrettanto e tenta di mantenere l’aplomb per non essere smascherato.”
– “Ecco perché i luoghi pubblici.”
– “Sì, vero. Può essere.”
– “Diabolico. Super eccitante.”
– “A proposito: sei ricca. Hai 1.320.000 Dollari in banca e sei sessantunesima di livello.”
Trovai che anche questo fatto super eccitante.
Andai in bagno a disarmarmi e lavarmi, mentre Andres scrutava il radar della sua applicazione.
Quando ritornai al mio posto, Andres mi fece notare che sul mio telefono era arrivata la segnalazione che mi autorizzava, avendo raggiunto e superato il limite minimo di due orgasmi giornalieri, a spegnere l’apparecchio e rinunciare a qualsiasi sfida mi venisse lanciata. Andres, con lo sguardo fisso sullo schermo del suo telefono, esclamò:
– “Ad accettare… Non a lanciare!”
– “Ok. Ma per oggi penso proprio di essere esausta. Troppe emozioni in una giornata sola… Soldi… Orgasmi… Oh mio Dio!”
– “Non ci credo!” Esclamò, urlando, Andres.
– “A cosa?” Chiesi, preoccupata.
– “C’è Il Biondo! È qui… Su questo treno. C’è il Biondo! Capisci?”
– “No!”
– “Ti dico che è un livello mille e paga mille, lo stesso suo livello, come quello che hai appena sfidato, solo che lui è Mille. Capisci? MILLE!”
– “Non si può pulire quel vetro?” Dissi, guardando il disegno della viscida scia che le lumache, che avevano raggiunto la loro ineluttabile destinazione gravitazionale, avevano lasciato sul vetro dello scorrevole.
– “Lascia stare il vetro. Guarda me.” Disse Andres.
– “Ho la passera indolenzita. Mi fa male dappertutto. Ho squirtato l’anima. Sono completamente esausta e quasi completamente disidratata. Io ho sete… E tu hai idea di cosa sia un livello Mille?”
– “C’è Il Biondo in treno. Non ti capiterà mai più nella vita.” Disse, assorto, riprendendo il filo di chissà quali pensieri interrotti.
Non mi aveva neanche ascoltato.
– “Il Biondo mi polverizzerà. Te ne rendi conto? Mi lascerà lì, per terra, secca come un ramo di lentisco nel deserto del Kalahari.”
– “Sei già venuta più volte, dovresti resistere…”
– “Appunto. Proprio per quello. Sarebbe il mio quarto orgasmo in un paio d’ore. Te ne rendi conto? Io, quattro orgasmi, li ho avuti negli ultimi sedici anni.”
– “Ma lui paga mille di handicap. Tu te ne rendi conto? Dobbiamo essere bravi lì… E poi ci dev’essere sotto qualcosa di strano. Nessuno arriva a mille colpi senza venire… C’è qualcosa di strano.”
– “E cosa?”
– “Non lo so. Lui è uno spocchioso. Nessuno osa sfidarlo, ovvio. Ormai sarà parte dell’apparato dirigenziale. È sicuro di sé, supponente, perfino arrogante. Perdere con lui significa rovinarsi.”
– “Molto incoraggiante. Grazie.”
– “Se saremo bravi nei mille colpi preliminari e sfruttiamo la sua strafottente presunzione, penso che potremmo anche avere una piccolissima possibilità.”
– “Piccolissima?”
– “Infinitesimale.”
– “No grazie! Mi godo i miei soldi.”
– “Un milione moltiplicato per mille fa un miliardo.”
– “Mi basta il milione, e avanza. E poi non ho un miliardo da pagare, se perdo.”
– “Lui gioca alla pari: tu paghi un milione, lui paga un miliardo. Fino ad un’ora fa mangiavi panini al Mc Donald per risparmiare. Fra un’ora potresti comprartelo, il Mc Donald.”
– “Non sfiderò quella specie di automa. Quello non viene mai.”
– “Ma tu hai il coach migliore del mondo.”
– “E saresti tu?”
– “Certo che sì” Scoppiammo a ridere insieme.
– “Beh… Hai un certo talento, devo riconoscertelo.”
– “Grazie. Allora? Che si fa?”
– “Ci sono treni che passano una sola volta nella vita… vero? Si dice così no?”
– “Già… Più o meno…”
– “E questo è uno di quelli…”
– “Più treno di questo…” Si guardò attorno.
Decisi di sfidare Il Biondo perché, da buona viaggiatrice quale sono sempre stata, ho sempre considerato il viaggio, e non la meta, la ragione stessa del mio viaggiare. La libertà non come il fine di una vita che valesse la pena di essere vissuta, ma l’unico mezzo per viverla.
I soldi, come soldi e basta.
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