““Tesoro, buongiorno! Buona colazione, io parto fra cinque minuti, ci vediamo stasera, ok?” mi dice, dandomi un buffetto sulla guancia e la solita…”
Quando sai come sarà la giornata, non puoi che svegliarti con il
sorriso sul viso, perché sai che avrai quel che vuoi, quel che desideri, quel che aspetti da giorni.
Mi alzo, vado giù in cucina, e mia moglie, come al solito, ha già preparato ogni ben di Dio per colazione, brioches, caffè, latte schiumato e un paio di fette di torta che solo a vederle, mi si spalanca lo stomaco ancora di più.
“Tesoro, buongiorno! Buona colazione, io parto fra cinque minuti, ci vediamo stasera, ok?” mi dice, dandomi un buffetto sulla guancia e la solita strizzata al culo, stringendomi la chiappa così forte che mi fa scoppiare a ridere.
“Grazie, amore, buona giornata al lavoro!” le rispondo, e la guardo allontanarsi, vestirsi e uscire di casa, con le chiavi dell’auto e due minuti dopo sento il rumore del motore dell’auto, che sfreccia via sgommando, e bestemmio, per i segni che sicuramente ha lasciato sul vialetto di casa, come al solito.
Mi riempio la tazza, e inizio a fare colazione, slacciando la vestaglia e lasciando finalmente libera la mia erezione, ma senza occuparmene, senza toccarmi, nemmeno lo guardo, il mio cazzo duro, perché so che poi verrà il suo momento, e il solo pensiero lo fa indurire ancora di più.
Ma è altro quello che mi gira nella testa, è la solita voglia, prepotente, fissa, che ormai da giorni popola ogni voluta del mio cervello, annebbiando persino i pensieri più importanti, e mentre sorseggio quella bevanda scura e aromatica, non faccio altro che guardare fuori dalla finestra della cucina, cercando con lo sguardo quella piccola casupola di legno fra i cespugli di ortensie e le due grandi aiuole piene di dalie, pronte per esplodere con la loro fioritura.
Sono eccitato, lo sono sempre di più, e più guardo quella casetta costruita con le mie mani, più mi si spalanca il culo, quel grosso culo di cui mia moglie va così fiera da vantarsene con le amiche, ma che non immagina nemmeno sia più affamato della sua figa.
Quella casetta l’avevo costruita io, con le mie mani, ed era diventata il mio rifugio, dove costruivo i miei modellini e dove passavo il tempo in completa solitudine, prima che si trasformasse in qualcosa di diverso, nel luogo di perdizione dove davo sfogo alle mie fantasie più recondite.
E anche adesso ci penso, e non vedo l’ora che accada, e mentre ci penso guardo la siepe, ridendo, mentre penso a quel fantomatico passaggio segreto, impossibile da trovare se non lo si sa, creato sotto le fitte fronde delle clematidi e del glicine, inciso sulle tavole dello steccato, come una porticina che da su un mondo magico, ma che serve soltanto al mio piacere, e non solo il mio.
Entra da lì, il mio vicino, in barba alla mia e alla sua consorte, e viene da me, solo da me, sempre da me, con le sue voglie pronte a scatenarsi dentro di me, e io gli do quello che vuole, perché è quello che voglio pure io, e quell’incastro magico ci unisce in segreto, rendendo il tutto ancora più eccitante e irrinunciabile.
Mangio l’ultima brioche, finisco il caffè e salgo a fare una doccia, passando più tempo del solito sotto quei getti d’acqua calda e fumante, lasciando che ogni muscolo del mio corpo si rinvigorisca per affrontare quel che mi aspetta, e infilo anche il sottile doccino nel culo, sciacquandomi per bene anche dentro, poi esco, mi asciugo, e mi vesto, sicuro che manca poco, davvero poco.
Una sola è la cosa, godere, e non vedo l’ora di farlo, tanto che mi vien da ridere, mentre infilo i pantaloni corti, per non riuscire a farci star dentro il cazzo, così duro e dritto verso l’alto che sembra farmi un dispetto, uscendo sempre fuori dallo spesso elastico.
Mi guardo allo specchio, la maglietta aderente veste alla perfezione il mio torso muscoloso, le spalle larghe, le braccia forti e quei due pettorali gonfi quasi come i miei glutei, che osservo voltandomi di lato, ringraziando tutte le ore di palestra che Laura mi costringeva a fare da prima del matrimonio, per quella curva sui lombi che rende il mio culo sporgente, alto, rotondo, così gonfio che quando agito i fianchi, vedo i pantaloncini muoversi come un paio di sacchetti pieni d’acqua.
Scendo giù, esco sotto al portico, ma dalla parte davanti, col telefono a portata di mano, e mi accendo una sigaretta, aspirando forte, mentre l’eccitazione dell’attesa sale, e quando sono all’ultimo tiro, prima di fumarmi il filtro, il segnale arriva, con un bip.
Apro il messaggio, è sempre il solito, è il nostro segnale, e rido, col cuore che batte a mille, e lo sento pulsare persino sulle vene del cazzo e dello sfintere, guardando quella faccina a forma di faccia di maiale, rosa, col sorriso.
Schiaccio il mozzicone sul posacenere di porcellana, poggiato sul tavolino di fianco, proprio sopra lo stemma di una nota marca di whisky, e corro in casa, chiudendo la porta a chiave, due giri, non si sa mai.
Porto il telefono con me, esco dal salotto nel giardino sul retro, poi attraverso di corsa il sentiero, cercando di non scivolare su quelle lastre di pietra grigia, ognuna di una forma differente, che porta alla casetta, nascosta quasi del tutto da quelle due grandi aiuole e dal grande albero di ippocastano, che con le sue fronde la tiene ombreggiata e fresca.
Entro, faccio posto sul tavolo, apro appena una delle finestrelle e mi accendo un’altra sigaretta, perché sono troppo eccitato, troppo su di giri, e mi appoggio al grande tavolo, riempiendo tutta l’aria di cerchi di fumo, carezzandomi, sfiorando appena i miei capezzoli turgidi, la mia erezione sotto i pantaloncini, aspettando che lui arrivi.
L’avevo pensata bene, e quel passaggio segreto si apriva direttamente davanti all’entrata sul retro, dove una porta senza maniglia, che si apre solo a spinta, lasciava entrare solo chi era a conoscenza di quel secondo passaggio segreto, e infatti, quando sono quasi alla fine della sigaretta, vedo quella porticina aprirsi, piano, cigolando appena, e poi compare lui, attorniato dalla luce del sole che ora brilla in alto nel cielo, inondando la sua bellezza mascolina e virile.
Entra, lasciando che la porta si chiuda lentamente dietro di lui, e rimane lì fermo, a guardarmi, un paio di secondi, e io faccio lo stesso, sorridendo in modo malizioso, in silenzio.
Più ci guardiamo e più il desiderio aumenta, più lo guardo e più lo voglio, con quella canottiera bianca dalla quale escono peli ispidi e corti, un po’ neri come la pece e un po’ bianchi, come i suoi capelli corti e la sua barba perfetta, con quei jeans larghi, sfilacciati sulle caviglie, e logori sulla patta, sulle tasche, e guardo quelle braccia forti, quei bicipiti scolpiti, gli avambracci pelosi, le mani grosse e grandi, pronte ad agguantarmi, mentre i suoi occhi si incontrano coi miei, e le sue labbra carnose e sottili si lasciano inumidire dalla sua grossa lingua, con un gesto che lo fa somigliare ad un leone affamato.
Si avvicina, io resto fermo, immobile, le mani poggiate dietro di me, sul tavolo, e si ferma a pochi centimetri da me, senza togliere gli occhi dai miei, e sento il suo odore, il suo profumo misto di maschio e quello strano sapone per la doccia che sua moglie compra sempre, al profumo di sandalo, che mi pervade il naso accendendo ogni mio ormone, poi le sue mani si infilano sotto la mia maglietta, sventolante fuori dai pantaloncini, e mi toccano la pelle del ventre, salgono su, sui miei pettorali, e li stringono forte, prima che quelle grosse dita si riuniscano intorno ai miei capezzoli, strizzandoli così forte da farmi gemere.
Non parliamo, non c’è bisogno di parole fra di noi, basta il nostro sguardo, e sento il suo respiro sul viso, caldo, al profumo di menta, colpa di quell’olio che mette sulla barba, che diventa sempre più profondo, affannoso, ansimante, animalesco, e quel suono mi eccita da morire, guardando quel bestione eccitarsi come me, mentre non smette di torturarmi i capezzoli, ormai grossi e gonfi come due piccoli cazzi.
I suoi occhi mi fissano, profondi, la sua lingua si muove lenta e incessante fra le sue labbra, inumidendole, poi si avvicina, e le poggia sulle mie, e io le spalanco subito, lasciando che quella grossa lingua entri nella mia bocca, intrecciandosi con la mia in una danza maschia e appassionata, e gliela mordo, gliela succhio, la sposto per liberare la mia e spingergliela in gola, lasciandolo senza fiato, mentre si eccita ancora di più, grugnendo, e stringendo forte le mani sul mio petto, fino a quando passo all’azione, dandogli quel che vuole, e prendendomi quel che voglio io.
Lo faccio appoggiare al tavolo, al posto mio, con quel culo grande e grosso coperto dai jeans consunti, e ci poggia le mani, poi lo limono ancora una volta, con le mani intorno al collo taurino, e tocco quel corpo possente, robusto e forte come un macigno, dalle spalle sulla larga schiena, scendendo fin sui fianchi, e tornando su, sul suo petto forte e muscoloso come il mio, con quei peli appena spuntati che mi solleticano i palmi delle mani, ma non tanto quanto i suoi capezzoli, eccitati e turgidi, grossi come i miei mignoli.
Ci guardiamo, dritti negli occhi, con scintille di desiderio e lussuria che brillano sempre più forte, mi sorride, si lecca di nuovo le labbra, e io scendo in basso, accovacciandomi davanti a lui, strusciandogli la faccia sul pacco, annusando forte l’odore del cazzo che si sente attraverso la spessa stoffa sbianchita della patta, poi sbottono il primo bottone, solo con le labbra e i denti, facendolo aprire in un lampo, e sempre coi denti afferro il cursore della zip, facendolo scendere, aprendo quella patta molto lentamente, ascoltando i suoi respiri profondi, e tenendo sempre gli occhi immersi nei suoi.
Lascio i lembi dei jeans appena aperti, strusciando il naso sul suo pube, irto di peli ispidi come il petto, rasati da qualche giorno e appena cresciuti, trovando la base di quel cazzo enorme, ancora moscio, come piace a me, annusando il suo odore, che si mescola con quello di resina del legno intorno a noi, e del fumo di sigaretta, ormai dissolto nell’aria, mentre quel mostro di carne virile inizia a gonfiarsi, facendosi spazio fra la stoffa e mostrandosi ai miei occhi.
Le vene pulsano, si gonfiano, riempiendo di sangue ogni millimetro di quel cazzo, grosso, largo, con un lembo di prepuzio racchiuso intorno al glande, a formare una rosetta di pieghe sulla punta, dove subito ci infilo la punta della lingua, muovendola lentamente, allargandole fino a sentirla sbattere contro la cappella, e poi iniziò a muoverla in tondo, spingendo un po’ di più, così da far spostare indietro quel cappuccio morbido, fino a scoprirla del tutto, raggiungendo il suo contorno sporgente, e solo allora spalanco le labbra del tutto, prendendola in bocca, e piano piano arrivo fino al pube, sentendo pizzicare le labbra da quei peli cortissimi.
Lo tengo fra la lingua e il palato, sentendo perfettamente il suo calore, il fluire del sangue e il pulsare del suo cuore sulle labbra, mentre lui sospira e ansima profondamente, a bocca chiusa, tenendo la testa verso il basso, col suo solito sorriso compiaciuto.
So che gli piace, e io continuo, massaggiando e succhiando delicatamente quel grosso cazzo, assaporando il suo caldo gusto salato e leggermente amarognolo, mentre si gonfia, avanzando nella mia bocca fino a premere contro il palato con la cappella, strusciandoci contro mentre avanza verso le tonsille, ingrossandosi talmente tanto che inizio a far fatica a contenerlo.
I suoi rantoli e i suoi mugugni profondi di piacere aumentano, e il suo cazzo diventa troppo grosso per tenerlo ancora tutto in bocca, così lo lascio uscire, lentamente, assecondando il suo ingrossarsi, fino a quando è così grosso e duro che fra le labbra e sulla lingua mi ci rimane solo la cappella, che continuo a leccare con gusto, tutta intorno, sulla punta, e sul frenulo, che so farlo impazzire.
Con quel grosso affare davanti, perdo ogni ritegno, come al solito, e più so che lui desidera la mia bocca, più io desidero quel cazzone, e lo prendo con una mano, stringendolo per bene dalla base, e me lo infilo di nuovo in bocca, anche se solo per metà , iniziando a succhiarlo e a menarlo, a leccarlo e insalivarlo, scatenando tutta la voglia che tenevo dentro da giorni.
Lui bofonchia qualcosa a labbra strette, ma ride, carezzandomi la testa con la grande mano, mentre io mi scateno su quel cazzone, succhiandolo e ingoiandolo, con un rumore quasi ridicolo, che si mescola alla grande coi miei gemiti a bocca piena, e il suo respiro affannoso, poi anche l’altra sua mano finisce sulla mia testa, e io so quello che devo fare, fermandomi e lasciando che sia lui a sbattermelo fino in gola, a ripetizione, sempre più veloce, facendomelo scendere oltre le tonsille, fino a togliermi il respiro, farmi esplodere la bocca di saliva, e finire col tossire, allontanandomi dalla sua presa.
Gode, ride, sotto quei folti baffi brizzolati, mentre mugugna a bocca chiusa, e mi guarda, che cerco di riprendere in bocca il suo cazzone, spalancando le labbra e cercando di afferrarlo con la lingua, ma gioca con me, dondolandolo e allontanandolo dalle mie fauci, fin che l’ho vinta io, e riprendo di nuovo a succhiare con forza ogni centimetro di quell’uccello, che inizia a grondare nettare come un rubinetto che perde.
Allargo la patta dei pantaloni, scoprendo il suo scroto, e subito prendo in mano quei due coglioni grandi e tondi, sodi e duri come due ciottoli di fiume, sentendoli addirittura sfrigolare per quanto velocemente si stavano riempiendo, e quel pensiero mi fa scatenare ancora di più con la bocca e la lingua su quel pisellone enorme, fino ad ingoiarlo e tenerlo in gola per almeno un minuto, in apnea, lasciandolo uscire solo quando lui grugnisce, così forte che di sicuro si sente anche fuori in giardino, ma me ne frego, tanto a casa non c’è nessuno, e sua moglie, dall’altra parte della staccionata, di sicuro aveva ben altro da fare, e sicuramente nemmeno immaginava che il marito fosse lì con me.
Dopo quei due colpi di tosse, aver raccolto la saliva che mi colava agli angoli della bocca con le dita e spalmata per bene sulla sua cappella, riprendo a colpirla con la lingua, raccogliendo in avanti il prepuzio e girandola dentro ad esso, facendolo grugnire di nuovo, come un bestione, un animale in calore, tanto che a quel punto mi prende, mi solleva e si sposta, scaraventandomi sul tavolo, dove mi spinge fino a farmi poggiare col torso e la faccia.
Lo so che mi vuole, so bene cosa vuole, e so come lo vuole, così lo lascio fare, perché è quello che voglio anche io, e lo voglio così tanto che non appena mi abbassa i pantaloncini, muovo veloce gambe e piedi, fino a liberarmene.
Il mio grosso culo è davanti ai suoi occhi, finalmente, e lui grugnisce, sospira, agitandolo con le mani, prima di mettersi a schiaffeggiarmi le chiappe, poi me le allarga, sospirando più forte e ridendo, quando vede il mio ano, palpitante, caldo, profumato, che non vede l’ora di ricevere le sue attenzioni, e non mi delude, non aspetta altro, abbassandosi dietro di me e ficcando la sua bella faccia fra i miei glutei, muggendo forte e solleticandomi la pelle sensibile con la barba e i baffi.
Sembra un toro impazzito, con il suo grosso naso che si fa posto fra le chiappe e struscia sul mio buco del culo, con forza, annusandomi pesantemente, prima che le sue labbra si appoggino al mio sfintere e inizino a succhiarlo, schioccando, a colpi, fino a farlo schiudere appena, così da infilarci dentro tutta quella grossa lingua senza fine, che inizia a ravanarmi dentro.
Guaisco, ansimo, gemo, tenendomi con le mani ai bordi del tavolo, e lì capisco che ho fatto bene a inchiodare le gambe al pavimento, così da saperlo ben stabile sotto di me, e lo lascio mangiarmi il culo, sollevandolo appena e inarcando la schiena, allargando le gambe e mettendomi in punta di piedi, per poter darglielo meglio, e sentirlo slinguarmi a fondo ancora di più.
Lo vuole, come lo voglio io, me lo mangia, come piace a me, e le sue mani enormi mi tengono strette le chiappe, mentre mi scopa con la sua lingua, mi riempie il culo di saliva e poi lo succhia, aspirando così forte da schioccare, e farmelo gonfiare, così tanto che riesco a spingerlo in fuori, facendoglielo afferrare coi denti, e ridere, esultando, ben sapendo quanto lo fa impazzire quel giochetto.
Dopo avermelo succhiato e schioccato per almeno una decina di volte, schiaffeggiandomi le chiappe, soffiandoci contro, esultando con grugniti e muggiti da vero toro, si alza, lo sento abbassarsi i pantaloni, e sputarsi sulla mano, ansimante, eccitato come una bestia, e finalmente lo sento colpirmi il culo col suo cazzone duro e bollente, come fosse una clava, su una chiappa e poi l’altra, per poi lasciarcelo in mezzo e avvicinarle strette, muovendolo avanti e indietro, ridendo, su di giri come non mai.
Rido anche io, ansimando, impaziente di averlo dentro di me, ancheggiando appena a destra e a sinistra, mentre lui continua ad eccitarsi sempre di più, strusciandomi la cappella contro il buco del culo, morbido, gonfio, bagnato, che rilasso e dilato, cercando di catturare quel bestione, ma lui aspetta ancora, giocando in quel modo per vedermi soffrire aspettando di averlo dentro di me.
Sputa di nuovo, lo sento raccogliere più saliva possibile in bocca, e poi la fa colare dalle labbra, sulla spacca del mio culo, e la sento colare, calda, viscida, verso il mio ano, dove scavalca il muscolo gonfio e le sue spire pulsanti, precipitando direttamente dentro di me, e un suo dito, quello medio, come al solito, finisce dentro dopo di essa, spingendosi a fondo, con forza, e muovendosi in tondo, prima che lo tiri fuori, per ripetere di nuovo gli stessi gesti, con lo stesso dito e con quello dell’altra mano, alternandoli per poi infilarmeli dentro assieme, e tirandoli verso l’esterno, così da spalancarmi il buco del culo, sputandoci di nuovo dentro.
I suoi respiri forti e affannosi mi riempiono le orecchie, mescolandosi coi miei gemiti, mentre mi preparo, sollevandomi con le spalle, e inarcando per bene la schiena, poggiando le mani sul tavolo e allargando le gambe piegando appena le ginocchia, con lui che continua a rovistarmi nel culo con quelle dita, più tempo del solito, grugnendo con enorme piacere mentre mi allarga il culo.
Ne ha quattro di dita dentro di me, quando sputa di nuovo sul palmo dell’altra mano e si spalma rumorosamente tutta quella saliva sul cazzo, poi me le sfila via, e subito sento la sua grossa cappella spingere contro il mio sfintere, con forza e decisione, sprofondando dentro di me, annientando la forza delle mie fibre anali e facendosi strada nelle mie viscere.
Mi entra dentro tutto, in un colpo solo, lento ma deciso mi affonda dentro fino a quando i suoi coglioni si scontrano coi miei, e solo allora grugnisce e ansima, profondamente, con un vocione irriconoscibile, e le sue mani scivolano dalle mie chiappe lungo la schiena, fino a fermarsi sulle mie spalle, mentre inizia a muovere il bacino avanti e indietro, lentamente.
Lo sento uscire dal mio ano, sento ogni parte di quel cazzo strusciarmi contro le viscere e lo sfintere, ogni vena, ogni arteria, ogni centimetro bollente di pelle di quel cazzo che esce da dentro di me, fino a sentire il contorno del glande premere contro il muscolo, da dentro, e lui arretra ancora, giusto quel che basta perché mi strappi il buco del culo, uscendo fuori.
Ci sputa sopra, di nuovo, e di nuovo me lo spinge dentro, aumentando appena la velocità , ma arrivando ancora fino a pizzicarmi la pelle delle chiappe coi peli del pube, e sbattere di nuovo il suo scroto contro il mio perineo, ma non rimane fermo così a lungo.
Subito mi stringe di nuovo le spalle con le mani, e il suo bacino aumenta via via il ritmo dei suoi movimenti, e quel cazzo mostruoso inizia a pomparmi nel culo con forza, come un pistone, come fa sempre, facendo sussultare le mie chiappone, e il rumore delle sue terga che sbattono contro il mio culo, e quello del suo cazzo fradicio che mi sconquassa l’ano, si uniscono ai nostri grugniti, ai miei gemiti e i suoi sospiri ansimanti, mentre non ha intenzione di cedere con quei colpi forti e veloci.
Le sue mani si spostano dalle mie spalle al mio collo, stringendolo senza farmi male, ma tenendomi saldo in modo da farmi inarcare la schiena ancora di più e colpirmi ancora più forte nel culo, facendomi quasi urlare, ma si preoccupa che non faccia troppo rumore, coprendomi la bocca con una mano, e lo sento ridere, mentre tiene perfettamente il ritmo coi suoi lombi, stantuffandomi il culo a tutta birra.
Ride, continua a ridere, facendo quei strani versi da animale, mentre si scatena dentro di me, poi le sue mani scendono sulle mie scapole, mi passano sotto le braccia e mi afferrano per il petto, tirandomi su, contro di lui, e mi bacia il collo sudato, me lo lecca fino all’orecchio, rallentando finalmente i suoi movimenti.
Quella tregua non dura tanto, però, solo il tempo di girarsi, assieme a me, senza togliermi il cazzo da dentro, e mettendosi al mio posto, poggiato allo spigolo del tavolo col culo, e io davanti a lui mi piego, verso il basso, poggiandomi con le mani sulle ginocchia, poco prima che ricominci di nuovo a incularmi di brutto, tenendomi per i fianchi per non perdere l’equilibrio.
Piegato in quel modo, sento quel mostro sbattere direttamente contro la mia prostata, ormai grande come un melone, e i suoi continui colpi mi sfondano il culo, e le mie urla non fanno altro che implorarlo a darmene ancora, a darmelo tutto, sempre più forte, perché è quello che voglio, che desidero, con tutto me stesso, prendere quell’enorme cazzone nel culo più forte e più a fondo possibile, godendo come una vera cagna.
Di colpo lui si ferma, tenendomi le mani sui fianchi più morbide, e allora ci penso io a prendermi quella mazza nel culo, muovendolo su e giù, in tondo, avanti e indietro, scopandomi così forte che lui grugnisce e ansima come un toro senza fiato, mentre ride, guardandomi, e mi schiaffeggia le chiappe, mentre mi impalo sul suo cazzone, godendo come un maiale, sempre di più, ma non appena accelero di brutto, strusciando le chiappe sul suo pube, mi blocca, mi tiene fermo un secondo, con tutto quel bestione dentro, e poi ricomincia lui, a montarmi come si deve, come un vero stallone, pompandomi forte tutto il suo cazzone nel didietro, mentre ruggisce come un leone, stringendo i denti e scatenando tutte le sue forze.
Ormai il mio ano è sfatto, madido, gonfio, e gli si avvolge attorno al cazzo seguendo i suoi movimenti, sbrodolando tutta la saliva che ha sputato per lubrificarmi, e facendo un rumore forte, ridicolo, che però eccita sia me che lui, e allora accelera ancora, più forte, più deciso, più violento, come piace a lui, e come piace a me, mentre urlo, gemo e guaisco, con il cazzo che gocciola e la prostata che mi sta per esplodere.
Quando lo sento ansimare più forte, più veloce e più profondamente, capisco che è il momento che tanto aspettavo, e lui continua a pomparmi sempre più forte, fino a quando si ferma di colpo, aspetta un solo istante e mi manda via dal suo pisellone, con una spinta sulle chiappe con entrambe le mani, velocissimo.
Capisco, mi volto, mi abbasso, e come un fulmine spalanco le labbra e glielo prendo in bocca, serrandole un paio di centimetri sotto la cappella, e con la mano gli prendo i coglioni, strizzandoli con decisione, mentre lui usa la mano alla base di quel cazzo enorme, caldo, succoso e bagnato, smanettandosi furiosamente, e urlando a bocca aperta, fino a quando viene, tremando come una foglia, rischiando di perdere l’equilibrio, tanto che mi prende la testa con l’altra mano, tenendomi fermo col suo cazzone in bocca, mentre mi spara dentro fiotti di sperma a ripetizione, come una mitragliatrice ad acqua.
Una decina di schizzi, come sempre, che uno via l’altro mi riempiono la bocca, con una pressione tale da sembrare proiettili, caldi, abbondanti, gustosi, e io ingoio, li mando giù uno dopo l’altro, dopo averli sparsi per la bocca con la lingua, gustando quel sapore dolce, stringendo quei coglioni enormi con la mano per spremer fuori tutto il suo succo, fino a quando smette, non ce la fa più, ride e ha il fiatone, ma ancora trema, a colpi, instabile su quelle gambe muscolose, godendosi la mia lingua che ripulisce ogni traccia di sborra da quella cappella bagnata e da quel prepuzio soffice, che subito dopo la ricopre, facendola sparire.
Mi fermo, sazio del suo sperma, ma desideroso di godere anche io, e mi alzo in piedi, preparandomi per godere come piace a lui, e lui si abbassa al posto mio, guardando il mio pisellone gonfio, duro, grondante di nettare, che subito prende in mano, leccandolo come un gelato, assaporando e ingoiando il mio nettare, e guardandomi negli occhi, mentre mi pizzica la pelle del cazzo coi peli dei baffi e della barba.
Qualche minuto, solo qualche minuto in adorazione del mio batacchio, poi apre la bocca, tira fuori la grossa lingua, e con una mano mi mena il cazzo, mentre con l’altra strizza i miei coglioni, fortissimo, facendomi gemere, mentre io lo guardo dall’alto, strizzandomi forte i capezzoli e lasciandomi accompagnare al solito orgasmo esplosivo.
Qualche minuto, soltanto qualche minuto del suo splendido lavoro di mani, con quelle manone grandi e sapienti, che mi lavorano cazzo e scroto alla grande, con la sua lingua grossa e saettante che gioca col mio frenulo, ed esplodo, gli sborro in bocca, in faccia, lo colpisco persino in un occhio.
Arrivo quasi a batterlo, sul numero di schizzi che partono come razzi dalla mia cappella, un po’ li vedo scomparire direttamente nella sua gola, e gli altri li vedo schiantarsi sui peli della barba, sulla punta del naso, su quel viso maschio da maiale perverso, e gemo, ansimo, mi tengo con le mani al tavolo dietro di me, cercando di non svenire per l’intensità di quel piacere bestiale.
Lui ingoia ogni goccia di sborra che esce dal mio cazzo, giocando poi con la lingua sulla cappella fino a farmi piegare in due per il piacere, e lo allontano, a malavoglia, fino a quando decide di lasciare la presa e alzarsi in piedi, davanti a me.
Ci baciamo, con passione, con maschia passione, annodando ancora le nostre lingue al sapore di sperma, mentre lui cerca di rimettersi il cazzo nei pantaloni, e di abbottonare la patta di quei jeans.
Dopo quel bacio tremendamente virile e fradicio, mi sorride, mi da una carezza sulla guancia, e si volta, se ne va, spingendo quella porticina segreta e sparendo dalla mia vista.
Rimango lì, ancora qualche minuto, frastornato, ansimante, zuppo di sudore e sperma, cercando i miei pantaloncini sul pavimento, e rimettendomeli addosso.
Torno in casa, sfinito, ma soddisfatto, e prendo una birra dal frigorifero, uscendo poi con le sigarette nell’altra mano, sotto al portico davanti casa.
Cinque minuti dopo, il telefono fa uno dei suoi soliti bip, così lo afferro e lo sblocco, guardando la notifica arrivata sulla parte superiore dello schermo.
“Sei la mia droga, non posso fare a meno di te, grazie per il piacere che mi regali, alla prossima volta. Sono pazzo di te, rotto in culo, stammi bene, e preserva quel didietro per il mio bestione, ok?” e due labbra rosse a forma di bacio concludono il messaggio.
Rido, mentre ancora il buco del culo mi duole per quell’assalto selvaggio, ma sono soddisfatto, mi sento bene, finalmente la mia voglia è saziata, e tutta la sborra che ho in pancia non fa altro che farmi sentire ancora meglio.
FONTE:https://talesfrompornokaos.tumblr.com/
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