——————————————————–IL SECONDO GIORNO———————————————————
Caro Diario,
Inizio seriamente ad avere paura…
Mentre sono seduta in macchina ho tutto il tempo di riflettere indisturbata…
Sulla scommessa, su di cio’ che sto facendo e, su ME STESSA.
Come ho fatto a trascinarmi da qualcuno cosi’ squallido e stupido ancora non capisco.
LEI mi e’ seduta accanto, rozza e aggressiva anche al volante.
Fino a pochi secondi fa, non ho potuto evitare che lo spettacolo delle sue estremita’ brune e burbere alle prese con l’accelleratore mi distogliesse piu’ volte dal libero fluire dei pensieri :
Quell’ uso compulsivo del pedale, quando le fa inarcare il piede, rivela un tallone navigato e un polpaccio teso e vigoroso, che asseconda perfettamente le sue maniere e crea un cosi’ delizioso contrasto strano, quasi ammaliante, con il tipo di calzature che porta, un paio di ballerine rosa dall’ aspetto appiccicoso e frivolo.
Poi uno scossone mi riscuote.
Un’ altra frenata brusca.
Mona abbaia insulti contro un ragazzino dall’aria sonnolenta, colpevole, a quanto pare, di aver attraversato passando sulle strisce impedendo alla Scrofa di fare lo stesso.
E allora finalmente, libera da quell’incantesimo in cui mi sembrava di essere sprofondata, posso pensare.
Hai presente quando ieri ti ho raccontato che dopo ore passate a sorbirmela e’ successo come… come un qualcosa?
Non riesco ancora adesso a spiegarlo bene….
Quel racconto orrendo, quella storia subdola ascoltata durante il massaggio, non e’ stata la discussione dello scorso Lunedi’, quando, per ogni scemenza detta non potevo evitare di fare facce e sentir salire il disgusto:
Discutere implica un’analisi… o un qualche tipo di polemica perlomeno, mentre io ieri, Mona, l’ ho subita.
Boccheggiando, col mio viso fra le sue mani e i suoi occhi nei miei ho accettato passivamente tutto cio’ che le andava di raccontarmi.
E’ come se stando li’ al buio, chiusa nel suo studio e in balia solo della sua voce avvolgente, mi fossi lasciata convincere ad aprire se non una porta, uno spioncino verso qualcosa di sinistro e recondito.
Qualcosa che, lentamente, sta cominciando a insinuarsi in me.
Solo oggi, al risveglio, ho realizzato con crescente panico quanto sia lei che la sua storia, tanto squallida da essere quasi banale, mio malgrado siano ancora… nella mia testa.
Dopo una notte strana, passata ad alzarmi continuamente accaldata e tesa e senza poter smettere di pensare al suo racconto, ho scoperto di non riescire neanche a fare colazione: ancora adesso ho lo stomaco chiuso e mi sento tremendamente ansiosa.
E’ come il principio di un brutto sogno… come se fossi tornata una studentessa, come se oggi dovessi dare l’esame piu’ importante della mia vita e per qualche strana ragione io l’ avessi scordato.
E come, se una parte subconscia di me lo sapesse, e in fondo in fondo, tentasse disperatamente di avvisarmi…
– Dove stiamo andando di preciso? –
– Oh insomma! E rilassati’ Cara! Guarda! Ecco il parcheggio… lo vedi? E’ un supermercato piu’… piu’ fornito ecco… e’ neanche a un quarto d’ora di macchina, a piedi impieghiamo lo stesso tempo per andare in quello solito. –
“Piu’ fornito…”
Nonostante il caldo veste un Blazer di Camoscio.
Austero, pretenzioso, di almeno due taglie piu’ grosso e che da l’illusione di nascondere al di sotto un paio di spalle notevoli. Immagino serva a rendere meno grottesche le proporzioni che i suoi seni enormi danno al corpo, ma assolutamente fuori luogo per il caldo di Agosto.
E poi quella giacca dal color ocra rancido mi riporta alla mente l’immagine delle piante fetide nascoste sotto lescarpette da bimba.
In tinta con le calzature indossa anche una gonna cortissima. una cintura… per un orologio da polso!
Quando prima ha sbottato, divaricando le cosce sudate, mi e’ sembrato addirittura di vederle un angolino di labbro.
Che Scrofa!
-Su scendi… CARA!-
Siamo arrivati.
E’ tutt’altro che grazioso il modo in cui il suo deretano si schioda dal sedile.
Io, invece, non riesco a non pensare quanto il mio corpo sembri esile paragonato al suo.
Prima di salire in macchina mi ha costretto a cambiarmi.
Avrei potuto rifiutarmi… ma in quel caso avrei rotto i patti e perso.
– Ecco a te, CARA, un paio di sandali da schiava con un tacco accettabile, una mini-gonna in denim e una maglietta senza spalle di color giallo limone. Immagino che tu possa andare a metterli in bagno.-
Non e’ nulla di particolarmente osceno… pero’ e’ abbastanza da farmi sentire incredibilmente scoperta e a disagio, visto che disolito sono una ragazza che si sente a suo agio in vestiti scuri e, anche in estate, seppur leggeri il piu’ coprente possibile.
Mentre esco dalla vettura incespico: la minigonna e’ davvero cortissima e anche la magliettina senza spalle mi mette a disagio.
Mi guardo intorno.
C’e’ un’ aria diversa dal supermercato in cui vado di solito.
Vicino all’entrata, dopo il parcheggio posso vedere un cimitero di scatole di cartone e bottiglie di birra spaccate.
All’entrata, un omino col pizzetto, piu’ largo che alto che dovrebbe interpretare il ruolo della guardia di sicurezza discute con un gruppo di zingari in maniera pateticamente condiscendente.
Mona si fa strada con passo energico fra auto e rifiuti puntando dritta verso le porte scorrevoli.
Io la seguo e, detesto ammetterlo, per una volta sono rassicurata dalla sua disinvoltura.
Fra il marciume dei liquidi rancidi raggrumati sul cemento e i suoi talloni, c’e’ solo il sottilissimo spessore delle viscide ballerine.
Siamo quasi arrivate quando veniamo fermate.
-Ciao belle signore!-
Mi volto.
Dall’ultima fila di auto scendono tre neri. Sono letteralmente piu’ scuri del cemento.
Uno e’ grasso e muscoloso gli altri due scheletrici e alti.
Tutti e tre sono in canotta, sudati e gongolanti.
-Mona che…-
Mi volto verso di lei instintivamente.
Forse, lo faccio sperando che la sua rudezza possa bastare ad allontanare gli individui.
Mona, invece, sembra caduta in trance. Perfettamente sull’attenti si tiene letteralmente sulle punte delle scarpette glitterate come una brava ballerina.
I tre la circondano e, a turno, le afferrano la nuca rudemente per estorcerle un avido bacio.
Fra i gemiti, le mezze risatacce e i vari movimenti di braccia che dalle carezze alla gambe vanno a finire sotto la gonna, io sto in silenzio, imbarazzata e allibita.
All’ ultima passionale pomiciata, Mona inarca una gamba e uno dei bruti, con divertimento, coglie l’opportunita’ per afferrargliela facendola crollare a terra sulle ginocchia, prostrata.
Quei polpaccio abbronzato che prima, durante la guida, sembrava cosi’ vigoroso, e forte, fra quelle mani robuste e nere non pare altro che un pallido fuscello del tutto inerme.
Inginocchio, obbediente, la Scrofa prima cosi’ rude si fa carezzare il viso, ansiosa di baciare tutte le mani che la sua bocca piena sembra riuscire a cogliere.
Sotto i Jeans dei neri, cominciano a vedersi rigonfiamenti impossibili.
Mona ansiosa bacia quelle aree con febbrile reverenza mentre uno le mette le mani nella borsa e, senza fretta, fruga finche’ non trova quanto basta.
Poi, conclusa l’operazione, un paio di braccia forti la rimette sull’attenti.
-Gleida!… Questa tua nuova amica… non cel a presenti?-
Sussulto.
-Lei e’ Lucia, ma no Rashid, non e’ ancora… dalla nostra… –
-Capito… capito… ti serve mano?-
Cenno di intesa.
-Si effettivamente avremmo bisogno di un bel po di braccia forti per portare i pacchi… Che fortuna eh cara?!-
Dall’entrata fino alla cassa e’ tutto un paradosso… un incubo!
Le uniche braccia che portano i pacchi sono esili e palliducce.
Le mie!
Dopo neanache una corsia le buste sono riempite di schifezze che Mona e i suoi nuovi amici mi comandano di sbattere dentro.
Dietro di me, a separarmi dall’uscita e impedirmi di tornare indietro sembra essersi formata una nuova creatura che ha l’aspetto di una donna florida dalle gambe nude e possenti e protuberanze nere che convergono tra queste.
Mi segue fra risa rumorose e commenti volgari e ogni qualvolta mi indica prodotti che mi costringono a chinarmi la sento emettere i fischi piu’ sguaiati che abbia mai sentito.
Cogliere il susssurro complice di Mona rivolto agli altri “…dopo … dopo” mi preoccupa seriamente.
Poi usciamo al parcheggio, dove ora il sole sta tramondando.
I gentiluomini hanno pagato alla cassa con parte dei soldi presi alla Cara Gleid…Mona mentre se ne stava in ginocchio.
Io sono a pezzi sia per aver dovuto trascinare quattro pesanti buste da sola lungo tutte le corsie, sia per il costante spettacolo offerto dalla lascivia della mia vicina e l’averlo mandato giu’ senza dir nulla.
Mi dirigo verso la nostra macchina stravolta…
– No non ti preoccupare Rashid faccio io…-
Sbadiglio e mi consolo al fatto che fra pochi secondi saro’ li’ nel letto con l’unico uomo che amo.
-Hey!-
Mona accoccolata fra i passeggeri scuri di un furgone lercio mi sventola luccicante le chiavi dell’auto una volta che sono arrivata fin a li.
-Cara Rashid ci ha invitato a passare po’ ti tempo con loro.-
Mi avvicino con l’idea di strapparle le chiavi di mano.
-Eh no… io adesso torno a casa, ne ho fin sopra …
-Cara, se io vado tu rimarrai qui da sola, e no, non ti lascero’ le chiavi della mia auto.
Non voglio che torni a casa con quel tuo maritino bianco e perfettino.
Tu hai bisogno di uscire dalla tua insulsa comfort-zone, di stimoli un po’ piu’ ostili… – La mano di uno dei neri le accarezza il seno, un’altra il collo. – o-ostili… ostili sissi’ e… tribali… mmm… e-e poi vorrebbero conoscere anche a te Rashid, Tarik e Jamil. Quindi o sali in macchina… o tornerai a piedi e perderai la scommessa. Chiaro!?
Non ho avuto scelta capisci?!
Abdoull quello grosso e grasso sfila il montone alla scrofa appena si chiude la porta dell’appartamento, mentre a me, della scrofa, toccano le ballerine rancide e brillantinate.
“La povera donna” essendo cosi’ florida, a chinarsi le si infiammerebbe la schiena dice.
Cosi’ mentre Rashid spintona Mona verso l’unica camera da letto io finisco intontita e rigidamente seduta al centro del divano sfondato che c’e’ nell’entrata.
Ti giuro quell’odore e’ stato come se mi entrasse in testa e per quasi un minuto mi sono sentita… una macchinetta.
Al mio fianco si siedono svelti gli altri due neri. Uno accende la tivu’ davanti a noi e l’altro si volta verso di me…
Non mi piace come mi guarda e men che meno come si guardano gli uni con gli altri… ma dio! Quell’odoro di piede e chi sa altro mi tiene ferma e mi rende desideriosa di qualcosa che non riesco a capire.
Il nero sorridente inizia a passarmi le mani lunghe fra i capelli e sulla nuca.
Non riesco a oppormi! Dai miei occhi cominciano a scendere lacrime: sono cosi’ stanca e vulnerabile che non mi riesce di alzare un mignolo.
Sento una sensazione di calore nella pancia piu’ il suo tocco si fa deciso.
Tarik, il mano lunga, non ho avuto il coraggio di guardarlo in faccia, ma so che ha il sorriso di un gatto che gioca col topo.
-Jamil lei piange… sfilare tu i sandali e fai massaggio ai piedi…-
“Oddio!” se fa lo stesso lavoro che fa l’altro sul mio scalpo… potrei impazzire…
Due mani forti, scure, calde, mi avvinghiano i piedi lunghi e pallidi in un abbraccio caldo e sicuro.
Un pollice scuro risale la scanalatura della pianta del piede con una tale forza che non capisco piu’ nulla.
-Jamil prendi qualcosa di rilassante anche per occhi ha bisogno di massaggio…
Il nero si alza a cercare qualcosa e le mie dita dei piedi cominciano sgradevolmente a perdere sensibilita’ e calore… fremono per essere avvolte rudemente ancora una volta,
Una voce lascivia prega che Jamil si sbrighi a trovare quello che sta cercando.
Il nero pero’ non cerca un disco… o uno sterio, ma sta frugando nel Blazer della Scrofa che e’ stato buttato a terra pochi minuti fa.
– Eccolo!-
Posa su un mobiletto davanti a noi quello che non e’ altro che lo smartphone dell’arpia.
Jamil ci smanetta febbrilmente finche’ non lo trova… me lo sbatte davanti agli occhi.
E’ un video, un montaggio.
Le scene cambiano in frazioni di secondo mentre una spirale trasparente appena registrabile continua ad avvilupparsi verso il centro come un boa con la sua preda.
Guardare altrove e’ impossibile.
Sono clip di bellissime donne dalla pelle bianchissima mentre hanno intercorsi con muscolosi uomini di colore.
Mi sento strana.Messa sull’attenti. Pronta a tutto.
Tarik mi legge quasi nel pensiero e interrompendo quel massaggio cosi’ piacevole, mi cinge le guance portandosi a lui il mio viso,le mie labbra…
Forse possso ancora oppormi… forse… o forse lo voglio quanto lui.
Mentre le nostre labbra sono a pochi centimetri di distanza il miracolo accade,
Lo schermo che mi rintontiva cade delle mani di jamil finendo in pezzi.
Io mi ritrovo lucida o quasi.
Mi rimetto le scarpe in tutta fretta e mentre Tarik goffamente rimprovera Jamil prostrato per terra nel miserabile tentativo di aggiustare quel maledetto affare, io mi do alla fuga.
Al freddo della sera, chiedendo informazioni a passanti sporadici e diffidenti, alla fine identifico il mio condominio!
E’ mezzanotte adesso, Caro Diario, sono 5 minuti che sono rientrata, mio marito dorme e prima di farmi vedere in camera da letto faro’ 2-3 volte la doccia. Non voglio pensare a quello che avrebbe potuto succedere, ma solo a quello che non e’ sucesso e che ho la fortuna di avere…
E se domani Mona dovesse dichiararmi sconfitta… anche se non ho infranto nessuna regola… Be’ ben venga!
Sono una ragazza felice che dopo oggi a capito piu’ che mai di non deve dimostrare niente a nessuno.
Ma le docce che Lucia doveva fare, da due cominciano a diventare molte di piu’…
FINE DELLA SECONDA PARTE