““Cosa fai qui stasera? Sono rimasta senza la mia slave” comincio a parlare a ruota libera con la speranza che capisca che non voglio provarci, ma solo un po’…”
Venerdì sera, uno a caso. È quasi mezzanotte e io sono appena
stata bidonata. IO! La stronza che mi fotto come schiava mi ha liquidata poco prima del nostro incontro. Le solite menate “Non sei tu, sono io, ma sai… ho conosciuto un tizio…”. Che palle. Una nuova slave che vede un cazzetto moscio passare e perde il senno. Tu ci metti mesi a curarle, addomesticarle, renderle – se non perfette – almeno decenti, e poi alla fine il cazzo di uno sconosciuto ha spesso la meglio. Poco male, la lista di ragazzine che mi vorrebbero come Mistress è ancora interessante, e alla fine, sono solo degli oggetti. Certo, quando qualcuno ti striscia o ti ruba la macchina, per esempio, un po’ ti girano i coglioni, ma alla fine, è soltanto una cazzo di macchina.
“Ehi, fammi un Wild Lady” ordino senza contenere il tono di voce al barman del club. Sono qui da pochi minuti e già AMO questo posto. Tutto è sexy, la musica lounge, le luci bluastre, perfino i bicchieri riflettono una luce meravigliosamente intensa. Di fianco a me c’è un tizio da paura, il classico figone silenzioso e solitario, autoritario e con lo sguardo nero. Se non fossi bisex direi che è che potrebbe essere il mio principe azzurro.
“Ordina un drink, pago io!” urlo all’uomo sulla trentina indicando prima il barman e poi il mio portafoglio dentro la pochette. Mi guarda, che figooo, cazzoooo. Fa un cenno al barman, forse è un habitué, penso. Il ragazzo al bancone gli porge quello che sembra essere un Rhum a giudicare dal bicchiere. Lui lo prende e inclina leggermente il bicchiere a ‘mo di brindisi, senza avvicinarsi. Ma dai su, non sarai mica uno di quelli con la scopa in culo? Metto da parte il malumore per la mia serata buca.
“Cosa fai qui stasera? Sono rimasta senza la mia slave” comincio a parlare a ruota libera con la speranza che capisca che non voglio provarci, ma solo un po’ di compagnia. Magari lo impressiono parlando della mia slave e si incuriosisce. Ma non va esattamente così.
“Ah sì? Io stasera devo testare una nuova candidata. Vieni con me?” Mi cade la mascella credo mentre con quella voce severa ed erotica mi fa questo invito lasciandomi di stucco e con un battito cardiaco accelerato. Insomma, volevo compagnia, ma ecco non pensavo proprio di andare a vedere un figo della madonna sodomizzare una schiava. Beh… quasi quasi. Mi alzo prendendo la pochette per pagare, ma l’uomo fa un cenno al barman che risponde al suo sguardo indicandomi che il conto è già saldato. Mh. Ok. Sto sognando???
L’uomo, che in effetti non so nemmeno come si chiama, si fa strada verso una porta laterale. Siamo in un corridoio ora e camminiamo in silenzio. Avrei molte cose da dire, ma sono abbastanza paralizzata per tutto questo. E a me di solito piacciono le avventure, però…
Arriviamo di fronte a un’altra porta con un piccolo display dove il tizio digita un codice numerico. Si sblocca la serratura ed entriamo. C’è una sala piena di cuscini, non è enorme, ma sufficientemente grande da essere ariosa e sembrare un piccolo open space. Dalle vetrate si vede la città, siamo al primo o secondo piano forse.
Nel tappeto rosso peloso che sta davanti a noi c’è una ragazza in ginocchio. Ha le gambe candide, sembrano liscissime. Le mani appoggiate sulle gambe con i palmi rivolti verso l’alto. Il volto chino, gli occhi aperti. Si è letta bene il copione, niente da dire. La postura non è male, e lei è carina. Capelli biondi, tette piccole ma sode, dei capezzoli rosati delicatissimi sui quali immagino per un attimo i segni rossi che fanno le pinze.
Non c’è nessun rumore fino a quando, il Master?, lo devo definire così?, parla alla bambolina “allora Vittoria, cosa posso fare per te?”. Sorrido a questo approccio fuori dal comune, quasi tutti i futuri padroni pongono la domanda opposta. Resta spiazzata la ragazza nuda in ginocchio che si aspettava il rituale classico. Lui incalza “su Vittoria, non ho tempo da perdere, racconta alla mia amica… “
“Alice!” dico.
“Racconta alla mia amica Alice cosa posso fare per te stasera.”
La ragazzina alza gli occhi e con le labbra serrate prende un foglio che teneva dietro di sé e lo porta in avanti dicendo con questa vocina succube:
“Io.. io qui ho la lista dei miei limiti”.
Il Master non riesce a trattenere una risata e la ferma con una frase strana “Senti Vittoria, sai ballare? Puoi ballare per noi?” il tono è duro, ma l’atmosfera si addolcisce. Mentre Vittoria si alza e inizia a muoversi in modo sensuale, non posso pensare che cazzoooo, è la seconda bidonata della serata?
Il Master si volge verso di me ma rivolgendosi a Vittoria. “Vuoi vedere Vittoria come si farebbe scopare una slave? Guarda, ma non smettere di ballare”. Non afferro il concetto. Slave? Io? Ma prima di poter sfanculare il Master. Io Mistress, mi trovo spinta verso il muro. Le sue mani mi toccano, sentono il mio corpo. Ma che cazzo fai, penso. Non ho il tempo di rispondere. È tutto molto veloce. Mi prende con una mano i capelli tirandoli in una coda verso l’alto. Mi chiude la bocca con l’altra. Mi tiene sollevata sono quasi in punta di piedi. Provo a mordergli la mano ma lui stringe le mie guance con le dita con forza.
“Apriti la camicia” ordina senza alzare il tono. E io? Io sono in apnea in una situazione che conosco bene, ma non in questo ruolo. Mi sbottono velocemente i tre bottoni quasi senza pensare. Il seno si intravede più evidente dal decoltè scoperto. Il Master mi spinge a terra e ora sono a pecora con la sua mano sempre davanti alla bocca mentre sbavo leggermente. Tengo gli occhi puntati su Vittoria. Stai godendo, stronza? Mi sento in balia degli eventi, ma eccitata per questo sconosciuto che si trova dietro di me e la puttanella qui davanti che ora non trema più ma si muove mettendo in bella mostra le curve. Stronza.
Ahhhia. Il Master mi schiaffeggia con un colpo le natiche. I suoi colpi sono forti, assestati con cura ed estrema precisione. Conosco bene questi colpi. Sento la figa bagnata e forse anche lui lo percepisce. Con la mano smette di colpirmi e inizia a frugarmi tra le gambe, poi mi solleva la gonna e me lo infila dentro dopo aver messo un preservativo. Prende i fianchi e mi impala sulla sua asta. Sferza con dei movimenti sicuri, veloci ma abbastanza lenti da farmi sentire ogni centimetro uscire ed entrare con foga nella mia figa. Mi stringe con le unghie il culo e continua a entrarmi nell’anima. Vittoria balla sulla musica del mio ansimare mentre una parte di me gode e un’altra vorrebbe alzarsi e prendere a calci in culo la ragazzina, magari mentre indosso il mio strap on nero preferito. Ma ora a ricevere un cazzo sono io e il ritmo aumenta.
“Posso venire padrone?” lo urlo dentro la sua mano poco prima di scoppiare, perché so che una brava schiava viene solo dopo aver ricevuto il permesso. E io non so più se lo voglio far vedere a Vittoria, come si fa. O se voglio solo godere. Con qualsiasi regola.
Il Master mi assesta un nuovo colpo che sento come liberatorio, ma lo è ancora di più il “Vieni” che mi da il consenso per far scoppiare un orgasmo che mi consuma mentre mi accascio a terra. Il Master non viene, tira fuori l’uccello e si riallaccia i pantaloni. Ma come? Resto a terra per riprendere fiato mentre lui ora è vicino a Vittoria e le chiede se da Lunedì può iniziare a lavorare al club come cubista. Quindi siamo nel suo locale? Vittoria firma i contratti già pronti poco lontano ed esce entusiasta dalla stanza.
Il Master torna da me e mi porge la mano per aiutarmi ad alzarmi, c’è del vino sul tavolo e lui lo versa ancora in silenzio.
“Non potresti mai essere la mia schiava, ma di cosa ti occupi? Magari potremmo lavorare assieme. Io sono Marco e questo posto è mio”.
Non era un venerdì a caso. Quel venerdì fu IL venerdì. Il venerdì in cui passai la notte con Marco a bere vino, a raccontargli che ero da poco diventata commercialista e che sì, mi farebbe piaciuto un sacco gestire la contabilità dei sui locali. Marco era potente, scoprii col tempo che dominava su tutti. E poi è arrivata Nicole. Ma questa è un’altra storia.
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