“”
“Mario, Gagliardi ha ragione; presentate le domande di separazione e da domani sarete anche ufficialmente una coppia di fatto; per il figlio in arrivo, …”
“Quando pensi di parlarne coi nostri coniugi?”
“Amore, hanno fatto un programma
perfetto; tra qualche giorno vanno via; da quel momento io e te saremo una coppia di fatto; andremo a vivere insieme; ci rivedremo con loro a settembre e comunicheremo le novità . Perché parlarne adesso? Sei cattiva; gli vuoi proprio rovinare le vacanze!”
“Sei un poco più perfido tu; se ne vadano pure con le loro illusioni di conquista; io ho trovato il mio principe azzurro; guai a chi cerca di portarmelo via; dove andremo a stare, quando cominciano gli esami? A casa mia o a casa tua?”
“Hai tanta voglia di tornare al passato? C’è una terza possibilità ; è solo un miniappartamento, discreto, bello, elegante, in centro; ci sto pensando come a un nido d’amore. Non vuoi dare un taglio netto? Non possiamo cominciare insieme da lì?”
“Dipende da quante donne ci hai portato … “
“Molte sono venute a fare sesso; l’amore ce lo porti tu, se vuoi; te l’ho detto, sarà il NOSTRO nido d’amore.
“Non avevamo detto che mi sverginavi in pineta, ora?”
“Si; ma la gioia di averti trovato mi impedisce di ragionare.”
“Io però ho voglia si sentirti sopra e dentro di me … “
Ci avviammo tra gli alberi fino ad una radura che forse avevamo frequentato da giovani; ma i boschi cambiano, in tanti anni; stesi per terra il telo da spiaggia; lui mi guardò con uno sguardo sornione; ricordava bene; colsi lo sguardo strano.
“Scommetto che stai ricordando le rogne di Lea coi genitori quando trovarono gli aghi di pino nelle mutandine … “
“Anche tu hai ricordato, vedo … “
Mi ero stesa sul telo, lui mi raggiunse, si stese al mio fianco e riprese a baciarmi; intanto la mano scivolava verso la gonna che sollevò per accedere allo slip e alla figa; il dito medio entrò a titillare il clitoride.
“Come sai che sono sensibile lì?”
“Diciamo che Paolo parla troppo … “
Mi scoprì del tutto la parte bassa, si chinò sul ventre, spostò lo slip ed infilò la lingua direttamente in figa; mi torsi come tarantolata; mormoravo ‘si amore’ come un mantra ogni volta che lui colpiva con la lingua il clitoride.
“Amore, era questo che volevo da te, che mi mangiassi la figa, che mi succhiassi la vita, che ti abbeverassi alla sorgente del mio amore; sento di appartenerti; ti voglio; sto godendo; attento, sto per esplodere … siiiii ….. godo … amore, vengo … stai attento … veeeengoooooo!”
L’orgasmo fu violento, inarrestabile; sentivo davvero la vita scorrere dalla figa e alimentare lui che la stava succhiando; gli abbassai i pantaloni e il boxer, mi impossessai del cazzo duro come un palo di cemento e lo presi in bocca, lo ingoiai fino all’impossibile.
“Calmati, amore, ti soffochi, così … “
“Ti voglio divorare; ti sei preso la mia vita dalla figa; voglio la tua e la voglio da questo cazzo che da questo momento è proprietà privata e monopolizzata; devi essere mio e voglio sentirti in bocca, in gola, nel cuore, in figa, nel culo, dappertutto!”
“Vuoi fare tutto oggi e qui? Abbiamo la vita davanti; non ti mollo più; voglio succhiare tante vite dalla tua figa; voglio che ti abbeveri al mio cazzo ogni giorno e che mi succhi la vita; ma facciamo tutto con calma; è la prima volta; mi accontento di sverginarti.”
“Mi hai già sverginato; manca solo il cazzo in figa; ma sono tua ormai; e per sempre, maledizione a te che mi hai fatto aspettare tanto … “
“Scusa, chi fu a scegliere la Gilera quella volta?”
“Hai ragione; perdonami; la preferii alla Moto Guzzi e non sapevo che il cavallo bianco era il tuo; l’altro era nero come il mantello e il cappello; ma ero troppo sconvolta per rendermene conto; per questo mi sento sverginata; sto scopandomi anche quel ragazzo che perse la corsa … “
“Ma quel ragazzo la corsa l’ha vinta, stamane; e tu sei mia ormai, come ho sognato da sempre.”
Mi si era adagiato sopra, aveva diretto il cazzo alla figa e aveva spinto leggermente; sentii la punta entrare in vagina e lo strinsi con tutte le forze, gli girai intorno le gambe e mi aggrappai a lui spingendo energicamente, assaporai ogni millimetro del cazzo che mi penetrava e godetti molte volte, finché la cappella urtò l’utero; l’orgasmo mi prese di sorpresa e mi fece urlare; lui soffocò l’urlo con un bacio e si adagiò sul corpo amato lasciando che la vagina risucchiasse il cazzo.
Ci fermammo così, stretti in un abbraccio inestricabile vibrando ambedue in tutto il corpo, io felice di sentirlo dentro di me, col corpo, col cuore, col cervello; lui godendosi la dolcezza di quell’amore a lungo sognato; avvertì che la vagina riusciva a portarlo all’orgasmo col solo calore della stretta; mi chiese se poteva venire dentro liberamente; gli dissi che ero protetta e che desideravo sentire il suo sperma riempire l’utero, il ventre, l’anima; lui liberò l’orgasmo che esplose dolcemente; io urlai ancora.
Rimanemmo così, languidamente abbandonati l’uno sull’altra, perdendoci nel piacere della scopata e nella gioia dell’amore scoperto e vissuto con gioia e partecipazione; quando ci riavemmo, ci rassettammo un poco i vestiti; usai delle salviette per pulirmi alla meglio e tamponare la figa che colava sperma e umori di orgasmo; lui scosse anche il telo per non lasciare in giro aghi di pino; meglio non creare occasioni di conflitto, prima della resa dei conti.
Decidemmo di tornare a casa, in tempo per la cena e per gli adempimenti familiari; non avremmo voluto e fui tentata più volte di farmi portare al previsto nido d’amore per restarci tutta la notte; ma anche io avevo coscienza che avrei provocato una reazione inutile, visto che a giorni potevamo stare insieme come volevamo; sulla strada del ritorno, lo abbracciai in vita ma stavolta abbassai le mani e raggiunsi il cazzo che sentii rizzarsi.
“Amore, così andiamo solo a sbattere … “
“Tesoro, è mio e lo voglio sentire; tu concentrati sulla strada; non faccio niente ma voglio tenere in mano quel che mi dà gioia; se fossimo in macchina lo prenderei in bocca persino … “
“… e andremmo sicuramente a sbattere!”
I due ‘alternativi’ non demorsero da quanto previsto; alla fine di giugno, Lea si diresse in Puglia, accompagnata da Sofia che le fu vicina per tutta la durata degli esami; trascorreva la mattinata in albergo, al massimo facendo una passeggiata; il pomeriggio lo passavano a letto scopando alla grande; Paolo partì per la riviera romagnola e, sin dall’arrivo, incontrò coppie border line che ne richiedevano le prestazioni da bull; divideva il giorno tra esami e prestazioni sessuali.
Io e Mario non perdemmo tempo; occupammo il miniappartamento e in pochi colpi lo adattammo alla vita comune, sfruttando al meglio gli spazi risicati; mi portai da casa il guardaroba personale, le scarpe, alcuni arnesi da cucina, i libri e i documenti; la mia vita, in pratica, cambiava abitazione e, da perfetta massaia, adattai tutto subito alle mie esigenze; lui prelevò le poche cose che gli interessavano; sospettava, e desiderava, che a settembre fosse Lea ad andarsene a stare con Sofia.
Appena entrata in casa, chiesi scusa e andai in bagno ad orinare; lasciai la porta aperta; poi gli spiegai che era tradizione del mio paese che, quando si traslocava, il nuovo possesso era segnato dalla visita al bagno e, se si accettava la presenza di un altro, si lasciava la porta aperta; adesso mi sentivo padrona dello spazio e lasciavo a lui facoltà di disinvoltura, anche se ero in bagno per scopi non elegantissimi; lui sorrise e si limitò a dire che mi amava in qualunque situazione.
Quasi a dare forza all’affermazione, andando in bagno, mi prese per la mano e mi portò con se; colsi l’intento e gli aprii la patta prima che lo facesse lui, tirai fuori il cazzo e lo baciai a lungo, mentre lui orinava naturalmente.
“Ora sei più che mio marito; non ci saranno limiti tra noi; ci ameremo anche quando faremo la cacca, perché ci apparteniamo.”
Aspettammo la sera per dare una svolta alla nostra vita e ci trovammo ad affrontare, coscientemente, tutti gli imbarazzi delle coppie alla prima notte, da che lato dormi, cosa indossi, che devo fare se ti metti a russare ecc.; facemmo tutto come in un gioco da bambini e ci sentimmo stranamente leggeri, aperti, desiderosi e innamorati; poi facemmo l’amore alla grande, fino alle ore piccole; dovemmo dormire qualche ora, per essere in forma all’apertura della seduta d’esame.
Le settimane degli esami di Stato non furono una passeggiata; le sedute antimeridiane normalmente si protraevano fin oltre l’ora di pranzo e l’uscita della scuola non coincise quasi mai; anche per le presenze alle prove, il dislocamento nel tempo delle classi agli orali fece sì che fossimo impegnati in due settimane diverse; in pratica, avemmo poche occasioni per passare insieme le mattinate.
Restavano disponibili quasi tutti i pomeriggi e, soprattutto, i fine settimana; l’arrivo di un’estate particolarmente calda trasformò presto il nido d’amore in una fornace, che combattevamo con il condizionatore, decisamente sgradito a tutti e due; di fare l’amore prima delle undici di sera, nemmeno a parlarne, per non liquefarci in sudore; riuscimmo però a ‘scappare’ ogni sabato e domenica al mare, in motocicletta.
Nonostante tutto, vivemmo quella prima esperienza di convivenza con grande goliardia, sorretti da un amore che quotidianamente aggiungeva motivi di interesse e di soddisfazione, sia che ci dedicassimo alla lettura degli autori preferiti o da tradurre, sia che usassimo il computer per piccoli lavori, ricerche o semplice curiosità ; sia che semplicemente ci sedessimo a sorseggiare bibite ghiacciate nelle comode poltrone.
La cifra dominante era quella dello stare insieme, di conoscersi, di scavare tra i ricordi per ricostruire ciascuno la vita dell’altro, come se fossimo ragazzini di primo pelo che affrontavano il grande amore della vita; mi sentivo perfettamente a mio agio nella dimensione giovanile; e me ne convincevo soprattutto quando i maturandi del mio corso o quelli del corso di Mario ci invitavano per una birra o per un gelato nel bar centrale della piazza, punto di raccolta di tutti quelli che restavano in città .
Accolti ormai come una coppia di fatto, spesso indicata a modello dagli stessi ragazzi per la loro disponibilità , ‘studiavamo’ le reazioni, quasi a confrontare la nostra vita attuale, quella che avevamo vissuto alla maturità e quella che quei ragazzi testimoniavano; la deformazione professionale e la curiosità naturale ci portavano a individuare, tra quei giovani, le coppiette di riferimento alle quali ci paragonavamo, non uscendo mai sconfitti, tanta era la passione con cui vivevamo la nostra storia.
Dai ‘coniugi legittimi’ non arrivava nessun cenno di esistenza in vita, quasi avessero già cancellato l’esistenza dei rispettivi partner; non ce ne dolevamo; ma una mia amica, avvocato, alla quale avevo confidato la personale vicenda, suggerì presto che due mesi di lontananza senza dare segno di interesse alla moglie / marito avrebbe costituito un elemento fondamentale per la richiesta di separazione, preferibilmente consensuale, che già ambedue preparavamo, dai rispettivi coniugi.
Quando si furono conclusi i lavori, con l’ultima seduta delle commissioni, per l’attribuzione dei risultati, eravamo già sul piede di partenza; non dovetti nemmeno acquistare la tuta per la moto, che era indispensabile, vista la distanza che dovevamo coprire; quella di Lea, rimasta quasi intonsa per anni, mi calzava a pennello e ci servimmo di quella per realizzare il sogno della vacanza in Dalmazia a bordo della Moto Guzzi di lui.
Il viaggio fu lungo e stancante; dovemmo di necessità dividerlo in due tappe per non azzardare velocità ‘al limite’ in autostrada; pernottammo in Slovenia, appena oltre il confine con l’Italia; incontrammo diversi episodi di divertente fastidio, dagli sprazzi di pioggia alla polvere sollevata nei campi dalle folate di vento, dalle file di camion alle follie di qualche automobilista; più volte, in cuor mio, pensai con nostalgia alla macchina; ma subito dopo ne ridevo e mi divertivo anche nelle rogne.
Il fastidio maggiore fu la lunga coda alle frontiere, considerati anche i giorni in cui viaggiavamo, 1 e 2 agosto; ma Zara alla fine apparve quasi come una meta agognata, l’oasi nel deserto; io che vivevo per la prima volta una simile esperienza, non esitai a qualificarla ‘avventurosa ed esaltante’; ne ricavai una fanciullesca esaltazione come di un viaggio nell’ignoto o alla fine del mondo, caratteristico dei giochi infantili.
Un altro impatto violento e particolare fu quello con la location; Mario aveva scelto una località a sud della città , dove era famoso un campeggio per naturisti, senza avvertirmi; me lo disse solo all’arrivo e mi avvertì che si poteva cambiare destinazione anche all’ultimo momento; ma io, ormai nello spirito goliardico di venti anni prima, preferii affrontare anche quest’altra prova, per la quale non temevo affatto di essere inadeguata.
Un certo sgomento mi prese quando vidi girare tra gli alberi del campeggio uomini e donne nudi, con membra talvolta non tali di essere esposte, ma tutto con una dignità ed una disinvoltura che finirono per incoraggiarmi; parcheggiammo la moto dietro al bungalow affittato, scaricammo il poco bagaglio che avevamo portato, in vista di un mese di nudità quasi totale, e prendemmo dimestichezza con l’ambiente che non aveva niente da invidiare a monolocali in città .
Mario, mentre ci liberavamo dei vestiti, non resistette alla tentazione di accarezzarmi stringendomi da dietro; il cazzo si rizzò autonomamente tra le natiche e lui si prese un primo rimprovero perché, in quelle condizioni, non avremmo potuto girare nudi; lui promise che avrebbe tenuto a freno la voglia e uscimmo per esaminare la spiaggia, di ciottoli marini dalle forme più imprevedibili; ero felice come una bambina e sceglievo quelli che più mi incuriosivano.
Mi resi conto solo allora che, tra le altre cose, potevo mettere a prova la mia conoscenza delle lingue; Mario aveva già fatto esperienze multinazionali e sapeva che il dialogo era ben altra cosa dall’insegnamento; mi lasciò fare perché approdassi alla convinzione da sola; gli era sufficiente, al momento, sapere che era lì con la donna amata, ammiratissima da tutti perché veramente bella e da guardare.
Per colmo, dovemmo riconoscere entrambi che brillavo non solo quando mi esponevo con tutte le forme eleganti e aggraziate; ma addirittura, colpivo di più l’interesse soprattutto maschile quando ero costretta, per andare in paese o per muoverci a fare un piccolo turismo, a indossare un bikini assai ridotto e a ‘coprirlo’, con vezzo assai femminile, con un pareo di seta disegnata ma assolutamente trasparente; lui si abbandonava ad ingenui gesti di possesso per dire che quella donna lo amava.
Compreso che era una tendenza diffusa, definire un angolo e appartarsi in pace, facemmo la scelta e ci sistemammo in un punto molto vicino al limite estremo dell’acqua; piantammo l’ombrellone e ci stendemmo al primo sole, per noi; ci proteggemmo immediatamente perché c’erano almeno quaranta gradi e io specialmente avevo la pelle sensibile; cominciammo a ricevere e ricambiare saluti prevalentemente con cenni della mano, sorrisi e qualche tentativo in inglese.
Non mi ci volle molto per cogliere sguardi accesi di desiderio; mi rivolsi all’amato e gli chiesi con lo sguardo cosa desiderasse; lui lasciò intendere che la coscienza di avere per sé quelle forme perfette mi lasciava anche spazio per un minimo di esibizionismo e mi scoprii a desiderare di stimolare l’attenzione dei maschi che ronzavano sulla battigia per guardare il profilo del mio culo perfetto, disegnato da un angelo con un compasso divino.
Quando decidevo di espormi oltre il limite, mi stendevo supina e divaricavo le gambe; la figa si proponeva allora in tutto lo splendore delle grandi labbra aperte, del clitoride quasi sempre ritto per l’eccitazione, dei seni duri e pieni; più di una volta scherzammo che di quelle grazie l’unico che poteva godere fino alla consunzione era lui; gli ribattevo puntualmente che anche la bella mazza barzotta, sempre al limite dell’erezione, era il suo amato giocattolo sessuale.
Inevitabilmente, i discorsi ci eccitavano al punto che dovevamo correre sotto la doccia per raffreddare gli spiriti bollenti, non solo per la temperatura climatica; nei gabbiotti male riparati, ci infilavamo sempre insieme in un solo spazio e la doccia diventava l’occasione per palparci con immensa lussuria; stranamente, ero io a spingere di più per rendere il risciacquo un’ulteriore occasione per masturbarci reciprocamente; avevo sempre almeno un orgasmo; lui si limitava a rimanere eccitato a lungo.
Nel mese di soggiorno, passammo intere giornate a crogiolarci al sole, limitando gli intervalli al tempo necessario per andare al punto di ristoro per prendere quasi sempre panini e birra con cui sopperire alla fame e rimandare alla sera il momento per amarci come ragazzini mentre cenavamo scambiandoci dolcezze, effusioni e baci intensi, continuamente; eravamo ormai oggetto di invidia per la maggior parte degli utenti che vedevano in noi l’immagine dell’amore.
Per tutto il tempo, scopammo alla grande con la voglia degli amanti che si sono appena incontrati; lo facevamo sempre di notte nel bungalow, al ritorno dalla cena e da seratine graziose a passeggio per le viuzze della cittadina o in bar compiacenti con buona musica; ma più volte, assaliti dalla voglia, lo facemmo all’aperto, tra gli alberi, scegliendo pompini e pecorine che rendevano più agevoli le scopate; abbandonai ogni riserva e mi godetti il cazzo fino in fondo; Mario si innamorava di più ogni volta.
Fu quasi doloroso, abbandonare il campeggio dove per un mese ci eravamo sentiti come Adamo ed Eva nel paradiso perduto; appena fummo lontani solo qualche centinaia di metri dal cancello d’ingresso, lo costrinsi a sostare in un punto di visione panoramica; scendemmo dalla moto, lo abbracciai con amore, appoggiai la testa sulla spalle e fui scossa da singhiozzi; lui non ebbe bisogno di capire; si limitò a suggerire che quel sogno era solo un frammento della realtà .
Mi giurò che potevamo ancora e sempre vivere momenti di esaltazione amorosa della stessa intensità , se non maggiore; tra i singhiozzi, gli confessai che non erano lacrime di dolore né di rimpianto, ma di felicità per il paradiso che avevamo sfiorato e che speravo di trovare ancora nella vita futura; fu quasi naturale prometterci che avremmo fatto il possibile e l’impossibile perché la gioia di quei giorni fosse il motivo conduttore della vita insieme; Mario aggiunse la chiosa.
“Possibilmente anche con un figlio nostro, quando la situazione sarà stata chiarita … “
“Si, amore, anche un figlio; lo voglio e lo avremo, tutto nostro!”
Rientrammo a sera tarda nel nostro nido d’amore ed avemmo appena il tempo per imbastire una cena a panini e birra, prima di crollare addormentati per la stanchezza, pieni di felicità e di tormento per i dubbi sul futuro; ci svegliammo puntualmente quando la sveglia ci tirò giù e fummo pronti per essere puntuali all’appuntamento della riunione plenaria degli insegnati per il nuovo anno; incrociammo gli amici di sempre e, soprattutto le colleghe, mi assalirono per chiedere delle vacanze.
Poco dopo comparve anche Paolo, decisamente abbronzato e in piena forma; immediatamente gli si formò intorno il capannello dei giovani professori ansiosi di conoscere i particolari piccanti di quella crociera di sesso a cui aveva accennato prima delle vacanze; il vocio si interruppe quando entrò il preside che aprì la sessione e illustrò le linee di insegnamento per il nuovo anno; a seduta avanzata, entrò, cercando di non farsi notare, anche Lea; qualcuna osservò che in strada l’aspettava Sofia.
Esaurita la riunione e andati via la maggior parte degli insegnanti, rimase il capannello dei ‘fans’ di Paolo ancora assetati dei racconti piccanti che aveva promesso; intorno a me si affollarono le giovani colleghe che avevano intuito, dall’abbronzatura e dal viso raggiante di felicità , che avevo qualcosa di interessante da rivelare; bastò l’espressione ‘campo nudisti in Dalmazia’ per scatenare stupore, invidia e gioia insieme; feci scorrere alcuni filmini girati in vacanza.
Quando comparvero la motocicletta e noi due in tuta, un ’ooohh’ generale fu inevitabile, segno che in qualche parte del cuore di ciascuno quel sogno era ancora vivo; molti sguardi si rivolsero a Mario e le gomitate di intesa si sprecarono; le riprese dei paesaggi furono decisamente interessanti, ma le immagini di me sulla spiaggia di sassolini completamente nuda scatenarono inevitabilmente commenti accesi ed entusiastici; qualcuna delle più giovani ammiccò alla figura di Mario nudo con chiara invidia.
Paolo, da perfetto esibizionista, era troppo compenetrato nella parte del grande conquistatore per rendersi conto che sua moglie stava sbattendo in faccia l’esperienza che lo condannava alla taccia di ‘cornuto’ visto che era andata via, in moto, fino in Dalmazia, con un maschio la cui dotazione era oggetto di malcelato desiderio delle ragazze più accese; Lea neanche guardò la scena, presa com’era dall’incombenza di comunicare a Mario la sua decisione; poi ruppe il ghiaccio.
“Io non torno a casa con te; anzi, meglio, ti lascio per sempre … “
“Grazie a Dio; lo speravo, con tutto il cuore; separazione consensuale?”
“Ah, temevo che mi facessi obiezioni … “
“E perché? Marina, mi fai il favore di mostrare qualche foto alla moglie che finalmente mi lascia libero?”
Marina girò il monitor del telefonino e Lea si trovò in faccia i due nudi sullo sfondo del mare.
“Zara, Dalmazia, due giorni fa, un paradiso d’amore!”
Lea rimase sbigottita.
“Quindi mi avevi già sostituita?”
“Tu mi hai sostituito un anno fa e non ti ho mai chiesto conto … “
Una bidella avvertì Lea che una signora chiedeva di lei.
“Va, Lea, la padrona ti chiama e la schiavetta deve obbedire, lo sai! Marina, la signora mi lascia la casa; torniamo al nido o andiamo ad occupare l’appartamento che ora resta solo mio?”
“Vivete già insieme?”
“E tu non hai vissuto insieme per due mesi? Io ho un piccolo vantaggio; se non mi sono sbagliata, tra poco avremo anche un figlio … “
“Un figlio!!!!???? Oh, mio dio, a questo punto …?”
“Cosa ti aspettavi? Il cuckold che piange perché la schiava ha seguito la mistress?”
“Insomma, non sono riuscita a scalfirti?”
“Non sei felice con la tua compagna? Mi dispiace; io sono al settimo cielo, con una donna straordinaria, che mi ha ama e che mi darà un figlio; adesso la mia vita è piena e assestata!”
Paolo, che si era allontanato col corteggio dei suoi ammiratori, tornò e si rivolse alla moglie con aria imperativa.
“Andiamo a casa!?!?”
“Si, certo; adesso ognuno va a casa; tu vai alla tua e te la godi in pace coi tuoi cuckold; io vado via con l’uomo che amo, ancora non so se al nostro nido d’amore o all’appartamento di cui potrebbe disporre; Mario, se per te è lo stesso, preferirei il nido che sappiamo solo nostro; prima di entrare nell’appartamento dove vivevi con la slave, mi piacerebbe facessi dare una rinfrescata, per renderlo più nostro. Ti turba?”
“No, amore mio; nostro figlio nascerà nella nostra casa; e non importa se è il mini che abbiamo eletto a nido d’amore o l’appartamento dove vivremo la vecchiaia … “
“Grazie, lo so che posso contare sul tuo amore … sempre.”
“Che cazzo state inventando? Tu sei mia moglie e se non vieni via con me chiamo la polizia … “
Fu il nostro collega di diritto, che lavorava anche in uno studio di avvocati, a frenarlo.
“… che ti porta immediatamente dentro per minacce e violenze, con la nostra testimonianza; tu ti sei allontanato dal tetto coniugale per due mesi, il primo giustificato e il secondo ingiustificato; tua moglie ti ha comunicato che da due mesi vive separata da te e con un compagno nuovo al quale faccio le mie congratulazioni perché ha scelto una donna meravigliosa; se ti azzardi a muovere un dito contro, le chiedo l’onore di rappresentarla e giuro che ti faccio trasferire sull’Aspromonte per comportamento incompatibile con la dignità di un insegnante.
Inoltre, ti denuncio per minacce e violenze; le faccio ottenere l’immediata separazione legale e l’accesso al divorzio; Marina è una gran donna, libera ed autonoma; tu ti prendi le corna che ti sono state restituite e te le porti a casa tua; avrai tempo per piangere sul latte versato e sugli errori di una patta troppo facile ad aprirsi; ragazzi, sono orgoglioso di voi; avete avuto il coraggio e il buonsenso di realizzare il sogno di tutti noi, il campeggio in moto, in un campo nudisti, con la più bella del liceo; io c’ero, non dimenticatelo; e finalmente ho visto la Moto Guzzi vincere sulla presunzione dei galletti imbecilli; bravo Mario.”
“Mario, Gagliardi ha ragione; presentate le domande di separazione e da domani sarete anche ufficialmente una coppia di fatto; per il figlio in arrivo, poi, possiamo solo preparare una festa grande; scusami Marina, ma ti invidio tanto, per la vacanza, per Mario, per il figlio; sii felice; te lo meriti dopo avere sopportato un caprone per tanti anni … Perché piangi?”
“Nicla, temevo di essere giudicata male per avere fatto questa scelta … “
“Ma sei scema? Ti voglio bene; tutti ti vogliamo bene; e vogliamo bene a Mario; sembrava dovesse essere un giorno di lutto, per l’imbecillità di Paolo e di Lea; invece è un giorno di gioia per la vostra gioia e per la felicità che portate anche a noi; stai serena, amica mia; la vita è tua e goditela.”
Si abbracciarono.
“Grazie, Nicla; è bello sentire l’affetto degli amici; grazie, Gagliardi; fammi avere il modulo e te lo firmo; se il caprone fa obiezione, hai la mia delega a farlo sbattere in Barbagia ad imparare la differenza tra sesso bruto e amore vero.”
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