“-Va bene…umpf, stai attenta, torna…pres…to-
Quando la sua lingua torna sul clitoride di Lorena sono già fuori…”
Cari amici vi propongo un insolito caso, questa volta metto alla vostra
attenzione un insolito documento. Il diario di mia sorella quando aveva l’età di sedici anni. Io per la cronaca ho sei anni meno di lei e il diario racconta le sue esperienze giovanili in un’estate di quindici anni fa. A quel tempo i miei genitori avevano appena divorziato e mentre io più piccolo ero in vacanza con la mamma, lei era al mare con mio padre e la sua compagna di allora nella casa di famiglia.
Il diario era dimenticato in un armadio che nel tempo aveva trovato una collocazione in cantina. Quando lo ho trovato protetto da una cinghia di cuoio rosa e una serratura violabile con la leva di una moneta pensavo a un qualcosa di adolescenziale tutto cuoricini, gattini e smancerie mielose. Ben altro è invece il suo contenuto; come vedrete continuando la lettura. Ho cambiato alcuni riferimenti geografici e alcuni nomi, per ragioni ovvie. Anche qualche pagina eccessivamente prolissa è stata omessa insieme ai più marchiani errori grammaticali, ma il succo è intatto.
Estate 2005 Da qualche parte al mare in Italia.
Che noia. Certo stare in questa villetta con papà e la sua geisha è stata sicuramente una scelta migliore dell’andare dalla zia con mamma e mio fratellino. A parte il controllo più stretto mi sarei dovuta occupare anche del marmocchio: sai che palle. Ma anche qui non è tutta una meraviglia. Per quanto papà e Lorena cerchino di fare i genitori, sono innanzitutto amanti. Passano ore chiusi in camera e io nel silenzio del pomeriggio posso contare i loro gemiti e i loro orgasmi. Ovviamente sono sempre stanchi e questo comporta poche uscite; a volte faccio dei giri, ma la sera è off limits, figuriamoci la notte. Speriamo con il tempo allentino la guardia, sono solo tre giorni che siamo arrivati.
Mi aggiro per casa, una corrente d’aria ha socchiuso la porta della camera da cui sento provenire rumori inconfondibili. Mi affaccio e finalmente attraverso il riflesso dello specchio del guardaroba riesco a vederli; Lorena è a cavalcioni del suo uomo e cavalca con impegno, mi pare di vedere la lingua del genitore penzoloni come i cani per la goduria. Pare che se la godano un mondo, poi nel movimento di lei si avverte un cambiamento. Infatti poche battute dopo si inarca propendendo le sue zizze, anche papà è arrivato e sborra con un barrito lamentoso: e bravo papa!
La scena mi ha ovviamente eccitata, mi sento come una tigre in gabbia, penso di gettarmi sul letto e sditalinarmi come sempre. Ma il pensiero mi fa soffrire, non è la solita eccitazione, è vera voglia, vero desiderio da donna. Vedere Lorena con il viso stravolto per il cazzo che la chiavava mi ha aperto un abisso di desiderio e curiosità. Sono bella, giovane, in qualunque momento posso soddisfare i miei desideri: come voglio, quando voglio, quanto voglio. Quel pensiero placa un poco il bruciore che mi divora. Vado in camera, mi infilo il bikini più ridotto che ho, poi un paio di calzoncini trasparentissimi. Se mi vedessero uscire così anche al mare, storcerebbero il naso. Ma quando butto lì un: -Ciao esco, vado in spiaggia-
Intravvedo dal solito spiraglio che hanno ricominciato e il fatto che lui abbia la faccia fra le cosce di lei non consente grande dialogo.
-Va bene…umpf, stai attenta, torna…pres…to-
Quando la sua lingua torna sul clitoride di Lorena sono già fuori. Scendo verso la spiaggia, ripenso ai miei battaglieri propositi. In teoria è facilissimo trovare da scopare, basta avere determinazione, ne avrò a sufficienza? O tutto finirà in un tuffo in mare?
Da una macchina che procede a passo d’uomo cola una striscia di bava; il sesso sarebbe immediato, il vomito visto l’aspetto del guidatore altrettanto. Meglio lasciare perdere. Una coppia mi viene incontro, lui mi timbra le tette con lo sguardo e quando passo anche le chiappe. Intuisco la gomitata della ragazza nelle costole e ridacchio.
A pochi passi dal lungomare noto qualcosa di interessante: un bel tipo carica una macchina, una biondina cerca di infilare nell’abitacolo rovente una bimba sofferente per il caldo con la prospettiva di una coca-cola.
Ciao salutami…non sento il nome e, telefona quando arrivi.
Un bacio e finalmente la peppia si leva dai coglioni con la micropeppia.
Lui fa un poco di stretching prima di aprire il cancello. Mi piace, avrà trent’anni, vecchissimo in teoria, ma voglio farmi smerigliare la ciornia da un uomo possente come quello, spero con esperienza e da come ha salutato entusiasticamente la moglie andare via, anche con una voglia arretrata. Somiglia vagamente ad un attore, ma non è dei più noti e non mi ricordo il nome.
Sono come in trance, faccio il giro e risalgo la via dalla parte dell’ingresso; lui con un lungo tubo di gomma annaffia i glicini della pensilina sopra l’ingresso. Mi affaccio, metto in mostra il seno e mi faccio notare.
-Scusa, sono tutta sudata e muoio di caldo, posso rinfrescarmi con la gomma? –
La reazione è un misto a quella fra chi assiste a un’apparizione mariana e la conferma di un tris al gratta e vinci.
-Certamente vieni, entra pure-
Dio che figo che è, però ho dato fondo a tutta la mia sfacciataggine. Se lui glisserà non credo avrò il coraggio di insistere.
Non accade. Quando cerco di bere dal tubo, lui fa quasi una smorfia indignata. Ha ben altro in frigo, fresco e appetitoso.
Quando siamo dentro ho come un calo di zuccheri, ormai la situazione è interamente nelle sue mani, posso rilassarmi e attendere gli sviluppi. Mi sono messa sull’amo come un’esca volontariamente.
Vengo pesata e misurata dai suoi occhi. Mi vengono rivolte domande su età, indirizzo e attività, cui mento come un serpente. Lui sembra credere o lo vuole alla mia età di diciannove anni, alla maturità appena conseguita e via così.
Mi cinge la vita e mi attira pianissimo verso di sé, mi bacia, farfuglia qualche cosa, lui è agitatissimo io anche di più: capisco che chiede una specie di permesso.
Io mi stacco per offrirgli una visuale completa del mio corpo e dico pianissimo.
-Mettimi nuda-
Ho un ricordo confuso del seguito, del resto non è che avessi molto addosso. Mi ritrovo in camera sua con le gambe intrecciate su suo culo, lo bacio e mi godo il suo cazzo e i suoi commenti estasiati. Godo, mi torco quando cambia ritmo e mi succhia i capezzoli. Poi il lamento sommesso conclude la lunga sborrata con cui mi allaga la figa. Ovviamente senza protezioni, ma chi ci pensa? Non ho raggiunto l’orgasmo, ma dall’unico rapporto mesi prima con Aldo. Quello in cui sono stata frettolosamente sverginata, intercorreva la distanza fra la Terra e Plutone. Oggi sono stata scopata e amata, non inforchettata da un cazzo timoroso e pieno di dubbi sul prima, sul dopo e sul presente.
Lui appena rimessosi mi rivolge la domanda di prammatica, cioè se mi fosse piaciuto e se avessi goduto. Sui gionali della parrucchiera si dice sempre che sono domande da non porre mai, ma di certo gli uomini non leggono quelle riviste e quindi sono sempre lì a farle. Rispondo altrettanto ovviamente di sì, e lui intuisce di no, questo conferma che qualcosa di donne capisca.
Vuole fare bella figura, così dopo un po’ di coccole appoggia la sua faccia sulla sua figa e comincia a leccarmi. Penso a mio papà poco tempo prima, questo aggiunge eccitazione, sento che dal profondo qualcosa inizia a salire. Comincio a vibrare, stendo le gambe, poi le stringo per ostacolare i suoi movimenti, è una mossa masochistica ma ormai l’orgasmo è innescato.
Dio che strillo devo aver cacciato, quando l’onda si placa mi pare di sentire l’eco. Lui con le labbra impiastricciate di me mi guarda facendo la ruota.
Ci baciamo, gli umori presto si confondono e spariscono. Ora è il turno del mio amante di godere, mi gira, mi mette a pecorina e messosi in ginocchio dietro di me dopo una breve manipolazione me lo caccia nella figa. Mi pare di essermi come sbloccata, non so se riuscirò a venire con la solo penetrazione questa volta, ma non credo che mi verrebbe negata una leccata supplementare. Al pensiero godo…
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