““Sei già incazzato, non credo tu possa incazzarti più di così…” sussurrò con voce furba accarezzandomi il cazzo durissimo che svettava nei boxer…”
Il rumore del mare ci cullava dolcemente in quella mattina di inizio
agosto. C’era il sole che sembrava accarezzarci ma non scottava, grazie al leggero vento che lambiva la nostra pelle. Eravamo in pochi in spiaggia: è il bello di arrivare presto. La sera prima eravamo arrivati all’ora di cena sull’isola dopo una giornata di viaggio e, stanchissimi, eravamo andati a letto prestissimo. Per svegliarci, non avevamo avuto bisogno nemmeno della sveglia: alle nove eravamo già a fare colazione sotto un bellissimo pergolato con tavolini di legno e poltrone in vimini. Succo di ananas, un paio di brioches, caffè, una sigaretta. La nostra vacanza sembrava iniziare in quel preciso momento, quando Cinzia raccolse il telo da mare, s’infilò gli occhiali da sole e con un cenno mi fece segno di dirigerci verso la spiaggia. Il villaggio era ancora praticamente deserto, con tutti gli ospiti già immersi nei ritmi vacanzieri. Ma noi, dopo una bella dormita, avevamo voglia di goderci subito quel mare che tanto avevamo sognato negli ultimi tempi. Avevamo attraversato un vialetto incastrato tra siepi fiorite e nel giro di cinque minuti il mare era comparso di fronte a noi dandoci il benvenuto. Era un mare di un azzurro tendente al blu, qualche increspatura all’orizzonte. La spiaggia era quasi deserta, non c’erano più di due o tre persone. Era una spiaggia di sassi nella parte più lontana dal mare, di sabbia fine nella parte più vicina. Tanti ombrelloni erano ancora chiusi, noi non sapendo cosa fare cercavamo qualcuno a cui chiedere. A un certo punto è spuntato dal vialetto da cui eravamo arrivati noi un signore che portava sotto braccio qualche sdraio. Abbiamo chiesto a lui e ci ha indicato un ombrellone giallo sotto al quale c’erano due sdraio dello stesso colore. Nessun rumore, nessuna voce, solo le onde mentre aprivamo le sdraio. Io mi ero tolto la maglietta e mi ero infilato gli occhiali da sole, Cinzia si stava slegando il pareo bianco e si era tolta la maglietta bianca. Era rimasta con un bel costumino bianco: aveva già fatto dieci giorni a casa sua, al mare, per cui era abbronzatissima e faceva un grande effetto. Prese dalla borsa una molletta per legarsi i capelli e poi via con un po’ di olio. Era in piedi, davanti a me che invece di abbronzatura ne avevo pochina, che si spalmava l’olio guardando il mare. Era bellissima e in quel momento me ne rendevo particolarmente conto. Ero come incantato, mentre lei continuava a spalmare con lo sguardo perso verso il blu. Poi si rimise sulla sdraio e chiacchierammo un pochino. Stavamo bene. Stavamo benissimo. Nel giro di un paio d’ore in spiaggia c’era un bel po’ di gente, ma fortunatamente il tono delle voci non era alto e non c’era quel casino che io detesto ogni volta che vado in spiagge affollate. Avevamo fatto due belle nuotate ed era bellissimo, tra un bagno e l’altro, arrostire al sole in dormiveglia. Ad un certo punto mi ero addormentato, immerso nel mio mondo, sonnecchiavo dolcemente cullato dall’unico rumore che mi piaceva sentire, ovvero le onde che a ritmo costante bagnavano la riva. Non so quanto ho dormito, forse mezzora, forse un’ora, fatto sta che mi sono svegliato, chiaramente ho constatato di essermi già in parte scottato, ma Cinzia non era sul suo lettino. Mi sono alzato per fare quattro passi verso il mare, credevo che fosse in acqua a farsi l’ennesima nuotata. Ma non c’era. Ho guardato un po’ più in là, verso alcuni scogli, ma nemmeno lì la vedevo. Continuavo a camminare e sono arrivato a un gazebo di legno e foglie di palma a pochi metri dalla spiaggia: trovata. Era seduta al bancone, lei, il suo costume bianco, la sua abbronzatura, il suo smalto rosso che adoro, il suo sorriso, il pareo allacciato e quegli zoccoletti da spiaggia con un po’ di tacco che mi piacevano tantissimo. Stava sorseggiando un cocktail alla frutta pieno di ghiaccio e chiacchierava con il ragazzo che stava in piedi dietro il banco di legno. Ogni tanto rideva, lui forse le stava spiegando qualcosa della spiaggia o forse le stava dicendo cosa c’era nel cocktail. Stavo per andare da lei ma mi sono fermato fuori dal gazebo e tra le tante persone sedute ai tavolini Cinzia, girata, non mi aveva visto. Non so perché mi ero fermato, ma se conoscevo un po’ il mio amore intuivo che non stava semplicemente bevendo un cocktail. No. Per carità, non stava facendo nulla di che, ma la conoscevo bene e quell’atteggiamento, quel sorrisetto, il movimento delle mani, il modo in cui accavallava le gambe mi faceva capire che stava facendo la scema. E poi era troppo spigliata e rilassata con uno che conosceva al massimo da un’ora. La guardavo e nella mia mente da maiale iniziavano a frullare pensieri strani. Ormai la stavo osservando da qualche minuto, poi improvvisamente mi soffermai su di lui che quasi non avevo nemmeno considerato. D’istinto non mi fu simpatico, anzi aveva la classica faccia da presuntuoso bullo che crede di essere il più bello sulla faccia della terra. Era di quel genere un po’ tamarro che non riscuote le mie simpatie: alto, spalle larghe, aveva una canottiera azzurra e un fisico notevole, non da palestrato ma in ogni caso un corredo di muscoli in bella vista. Sulle braccia e sul petto spuntava qualche tatuaggio. Non mi piacque a prima vista e quella sensazione mi infastidì un po’. Ma lasciai fare, lei continuava a ridere alle sue parole e volevo vedere come sarebbe andata a finire. A volte si pensa in base al fantomatico sesto senso, io in quel momento sentivo qualcosa del genere anche se non avevo di fatto nessun elemento per pensare male. Però rimasi lì a guardare e dopo una decina di minuti Cinzia salutò, scese dallo sgabello e tornò verso la spiaggia. Mi colse alla sprovvista e mi vide, io le dissi che stavo giusto cercandola. Mi disse che aveva preso qualcosa da bere e nulla più. Tornammo alle sdraio e a metà pomeriggio, dopo altri mille bagni e mille baci, tornammo nel nostro bungalow. Sul letto, non so chi tra me e Cinzia fosse più caldo. Ci baciammo subito con forza e trasporto, ero durissimo, lei bagnatissima, mi prese in mano il pisello, io sopra di lei, praticamente se lo mise dentro. Fu una scopata fantastica, di quelle che alla fine diciamo sempre “amore, questa è una delle più belle sai?”. Sfiniti, sudati, con il piacere che pulsava ancora nelle tempie, eravamo sdraiati e ancora abbracciati, a farci carezze. Le accarezzavo il sedere, il culo più bello del mondo, lei con la mano sinistra continuava a tenermi in mano il pisello.
“Chi è il tipo con cui parlavi oggi al bar sulla spiaggia?” le chiesi all’improvviso.
“Chi?” rispose lei.
“Quello con cui chiacchieravi oggi in spiaggia al bar”.
“Ah… intendi Fabio?”
“Non so come si chiama” continuai “non so nemmeno chi sia, sei tu che ci parlavi”.
“Sì, si chiama Fabio, lavora nel villaggio, fa il barman in spiaggia e l’animatore… perché me lo chiedi?”.
“Sai com’è, vi ho visti ridere e scherzare così tranquillamente…”.
“Eccolo qui, lo sapevo… non sarai mica incazzato eh?”.
“No, figurati. Semplicemente ho notato questa cosa e te l’ho chiesta, tutto lì”.
“Beh, vorrei vedere, abbiamo solo parlato…” disse lei.
“Sì, avete parlato ma lui faceva l’idiota e tu ridevi come una cretina…” attaccai io.
“Ti dà fastidio? E’ simpatico…”.
“Per me è un tamarro che fa l’idiota e basta”.
“Sì, con due spalle che me le mangerei” chiuse lei ridendo e abbracciandomi per baciarmi.
Aveva capito che quel ragazzo non mi andava a genio e giocava, mi provocava. Mi era tornato duro e lei tornò ad accarezzarmelo, quindi ci spostammo nel bagno del bungalow dove fu ancora amore forte, fortissimo.
***
La vacanza proseguì benissimo per qualche giorno. Erano giornate fantastiche: sveglia a metà mattina, mare, barca, immersioni, aperitivi insieme al tramonto, cenette, scopate da urlo, baci e carezze. Tutto perfetto. Tutto perfetto tranne quel Fabio che continuava a girare intorno a Cinzia. Sarà perché ero prevenuto, però vedevo che ogni volta che lei andava al bar lui era subito lì, oppure non mi sfuggivano i sorrisi che le lanciava la sera mentre cenavamo. Notavo tutto questo ma non c’era alcun problema, tutto filava benissimo e non ci facevo nemmeno caso. Fino al quinto giorno in cui eravamo lì. Ci eravamo svegliati come sempre, come sempre colazione e poi spiaggia. Il pomeriggio, però, io avevo deciso di andare a fare un’escursione nell’entroterra con le jeep, mentre Cinzia aveva deciso di rimanere nel villaggio, preferendo il sole e il relax. Ero tornato verso le 19 ed ero andato subito nel bungalow, ma non trovandola ero andato in spiaggia. Arrivo alla fine del vialetto prima della spiaggia e la vedo davanti a me, a circa 30 metri, ma non era sola. Era sdraiata sul suo lettino e sul bordo del lettino era seduto quel Fabio. Stavano chiacchierando. Quella visione mi diede un po’ fastidio. Ma non potevo tirarmi indietro a quel punto. Fu così che andai verso di loro, lentamente, fino a quando Cinzia mi vide e mi fece un cenno di saluto. Mi chiede come era andata l’escursione e poco dopo mi presentò Fabio. Stretta di mano, i rispettivi nomi, poi cinque minuti di chiacchiere di circostanza sul villaggio, sul tempo, sul mare. E lui se ne andò, dicendo che doveva andare a preparare l’animazione per la serata. Si stava allontanando, noi due eravamo in silenzio, quando Cinzia come un fulmine a ciel sereno, senza nemmeno guardarmi, appena dopo essersi accesa una sigaretta mi disse:
“Mi piace. Ho voglia di farmelo”.
***
Lì per lì ci ero rimasto. Dopo quelle parole Cinzia aveva continuato a fumare la sua sigaretta e c’era stato un minuto di silenzio. Aspettava un mio commento, forse, che non tardò ad arrivare.
“Dici sul serio?” le dissi.
“Secondo te scherzo?” mi rispose.
Ancora un minuto di silenzio di tutti e due. Avevamo giocato spesso, sì, ma una frase così perentoria non me l’aveva mai detta. Non mi guardava, guardava il mare. Non scherzava, diceva sul serio. Non sapevo bene cosa dire, l’unica cosa che però sentivo era il mio pisello che diventava duro. Come sempre, la adoravo quando faceva la furba. Ma stavolta lo faceva in modo diverso. Pensavo a quello che avrei voluto o dovuto dirle. Mi uscì soltanto un banalissimo
“perché?”.
Fece un altro tiro di sigaretta, per poi spegnerla nel posacenere del tavolino sotto l’ombrellone. Diede un altro sguardo al sole che piano piano scendeva all’orizzonte, guardando noi e la nostra spiaggia ormai deserta.
“Perché mi piace, mi fa bagnare solo a parlarci” rispose tutta d’un fiato.
Non l’avevo mai sentita così lucidamente infoiata. Sarà stato per questo, o forse perché quel tipo fin dall’inizio non mi era piaciuto: ero geloso, di una gelosia perfida che dal cervello al pisello si trasformava in eccitazione bestiale. La mia ragazza, la mia fidanzata, il mio amore che mi stava dicendo a chiare lettere che uno stronzo conosciuto pochi giorni prima le faceva perdere la testa. Volevo capire, sapere. Stavo per elaborare ancora una domanda, ma lei sembrò precedermi.
“Mi piace, è figo, ci sa fare, siamo in vacanza…” mi disse accarezzandomi dolcemente una gamba. Lei era seduta, io in piedi. “Se proprio lo vuoi sapere avrei voluto farmelo oggi e ci sono andata vicina, ma non mi andava di fare una cazzata senza di te, senza dirtelo, senza coinvolgerti”.
La testa mi scoppiava, sentivo le guance caldissime. Lei continuava ad accarezzarmi. Mi uscì quasi d’istinto una domanda a bruciapelo.
“E se ti dicessi di no?” le chiesi con un tono fintamente piccato.
“E se ti dicessi che me lo faccio ugualmente, che tu sia d’accordo o meno?” rispose con voce ferma.
“Potrei incazzarmi” le risposi confuso.
“Sei già incazzato, non credo tu possa incazzarti più di così…” sussurrò con voce furba accarezzandomi il cazzo durissimo che svettava nei boxer.
Non capivo più nulla. La spiaggia era deserta, il tramonto sempre più dolce. In mezzo alla spiaggia, mi fece scivolare i boxer alle caviglie, si posizionò davanti a me, impugnò il mio pisello e lentamente mi fece una sega, guardandomi negli occhi. Poi me lo prese in bocca, stavo scoppiando di eccitazione mentre lei mi faceva un pompino in mezzo alla spiaggia, fregandosene di chiunque avrebbe potuto vederci.
“E poi prima di farmelo volevo presentartelo, volevo farvi conoscere, volevo che sapesse chi è il mio fidanzato…” disse di nuovo, sempre più infoiata.
Stavo scoppiando e non ci misi molto: dopo pochi minuti quattro o cinque potenti schizzi di sperma le inondarono la bocca. Le ginocchia mi tremavano. Ero felice.
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