“Era un ragazzo molto brillante ma nello stesso tempo educato, vivace e simpatico ma mai invadente…”
L’incredibile scoperta che avevo fatto al mare (per i dettagli vi rinvio
al racconto “L’inizio, mia mamma, la sorpresa e un nuovo mondo”) aveva lasciato inevitabilmente in me tanti dubbi, interrogativi, sensazioni particolari. Dalla rabbia iniziale per l’idea che mia mamma tradisse senza scrupoli mio padre, ecco la scoperta che mi aveva lasciato di sasso: mio padre era consapevole, consenziente ed anzi era proprio lui a spronarla in queste avventure. Roba da non crederci, anche perché non avevo mai letto né sentito di storie simili. Lì per lì, mi sembrava di aver scoperto una realtà incredibile, quasi folle. Una cosa difficile anche solo da immaginare, una cosa di cui vergognarsi. Avevo sempre pensato alla famiglia come ad un recinto sacro, ad un luogo in cui vige armonia, normalità. Personalmente, prima di quella scoperta, non avevo mai avvertito alcun segnale che potesse far pensare ad una situazione del genere. La mia, come raccontavo, è sempre stata una bella famiglia, serena, in cui i miei genitori sono sempre andati d’accordo. Sì, mia mamma è sempre stata una bella donna, affascinante, fatta bene ma come dicevo nel precedente racconto il suo personaggio non era mai sfociato nella volgarità. Per parlare terra terra, mia mamma, Isabella, era una gran bella donna ma non era mai stata un “puttanone”. Ci sono quelle donne mature che si vedono magari a ballare o a fare la spesa, vestite provocanti, con colori sgargianti e trucco pesante, quelle donne che ti viene da pensare subito che sono in caccia. Così non era per mia mamma, una bellissima donna, sempre curata, sempre ben vestita e in forma ma mai esageratamente sfacciata nel mostrarsi. Strideva, nei miei pensieri concitati in quel periodo, l’idea che mi ero sempre fatto della mia famiglia con la realtà che avevo scoperto, una realtà in cui una moglie e mamma di 47 anni si faceva scopare come una liceale da un giovanotto qualsiasi con il benestare del marito. Non fu un periodo semplice, come sempre accade quando scopri qualcosa di molto particolare e, io avevo 18 anni, non hai gli strumenti e la maturità per poter contestualizzare e capire. Inevitabilmente guardavo i miei con occhi diversi, cercavo di studiarne la nuova veste che avevo scoperto improvvisamente. Non riuscivo però ad essere critico nei loro confronti, non riuscivo a considerarli “pervertiti” o “deviati” proprio perché parallelamente a quel segreto continuavano ad essere una coppia normalissima di genitori perfetti. La mia confusione era aggravata ovviamente da un altro particolare: non potevo confrontarmi con i miei amici, non potevo dirlo a nessuno, non avevo persone intorno a me alle quali chiedere spiegazioni per cercare di capire.
I mesi successivi trascorsero normalmente, io andai all’Università, quindi fui costretto a trasferirmi a circa due ore da casa. Tornavo dai miei ogni venerdì pomeriggio, per poi rientrare nel mio appartamento la domenica sera, in modo da essere pronto per le lezioni del lunedì. Per qualche mese, ammetto, quella scoperta oltre a destare in me tanta confusione continuava a provocarmi un fondo di eccitazione molto sottile, che a volte nemmeno io riuscivo a spiegarmi. Era un’eccitazione molto privata, intima. Mi capitava di farmi seghe pensando come fanno tutti a quella o a quell’altra ragazza, ma mi accorgevo spesso di pensare alla situazione a cui avevo assistito. In quei momenti non provavo attrazione nei confronti di mia mamma, così come non l’ho mai provata. Leggo ogni tanto storie di incesti e cose simili, non so se siano reali ma personalmente l’idea non mi ha mai minimamente sfiorato. No, mi eccitavo pensando proprio alla situazione, alla metamorfosi che può avere una donna di quasi 50 anni, all’atteggiamento con cui l’avevo vista scopare con un ragazzo conosciuto al mare, al fatto che quello fosse un gioco molto intenso tra lei e mio padre. Era il complesso di sfaccettature che mi faceva eccitare e spesso mi trovavo a pensare, a immaginare altre situazioni simili. Negli sms che avevo letto furtivamente quella sera al mare, lei scriveva a lui che quel gioco di corna era successo una decina di volte e allora provavo a pensare a come fossero le altre, a quando fossero successe, con chi. Contemporaneamente, continuavo la mia vita da ragazzo come tutti che studia, si diverte, conosce ragazze, scopa con normale frequenza. Quella scoperta, insomma, mi aveva scombussolato ma non era stato un trauma di quelli che ti condizionano la vita o che ti creano problemi. Era un qualcosa che semplicemente mi portavo sempre dentro.
Fino ad aprile dell’anno dopo, quando sempre dentro di me si fece largo un’idea altrettanto incredibile. In quei mesi avevo conosciuto Matteo, un ragazzo abruzzese che studiava nel mio stesso corso universitario. Fin da subito con lui fu una bella amicizia, un’amicizia normalissima come ce ne sono tante. Si studiava insieme, la sera ci si divertiva, frequentavamo la stessa compagnia, parlavamo di esami e di ragazze, di calcio e di futuro. Era un ragazzo molto brillante ma nello stesso tempo educato, vivace e simpatico ma mai invadente. Avevamo molta sintonia, potrei dire che in università Matteo divenne in poco tempo uno dei miei migliori amici, se non forse il migliore, tanto che dopo un paio di mesi decidemmo che l’anno successivo avremmo cercato un appartamento in cui vivere insieme. Ad aprile, appunto, in occasione di un week end in cui dovevo tornare a casa dai miei, pensai che Matteo potesse accompagnarmi. Lui tornava a casa molto più raramente, perché si doveva fare almeno 5 ore di treno, quindi spesso nel fine settimana stava da solo in città, mentre tanti tornavano dai genitori. Gli proposi di venire con me a casa, tra l’altro stavamo studiando per un esame imminente. Sarebbe stato un week end tranquillo, gli avrei fatto vedere i luoghi in cui ero nato e cresciuto, avremmo studiato e saremmo tornati la domenica sera insieme. Lui fu ben contento della proposta e accettò, così come furono contenti i miei genitori per la possibilità di conoscere di persona il nuovo amico di cui avevo parlato spesso in casa. Il venerdì sera, quindi, salimmo insieme sul treno e in un paio d’ore fummo a casa. Arrivammo per cena, le presentazioni, una bella mangiata tutti insieme e poi io e Matteo decidemmo di uscire. Fu un bel fine settimana, il pomeriggio del sabato andammo con mio padre ad una mostra di arte moderna in una città vicina, il sabato sera tutti in pizzeria. Nulla di che, insomma, ma un fine settimana di relax in un clima molto gioviale. Domenica mattina io e Matteo ci svegliammo tardi, avendo fatto tardi la sera prima in un locale della zona, quindi il pranzo e nel pomeriggio iniziammo a organizzarci per ripartire visto che avevamo il treno poco dopo le sei di sera. Non successe granché fino a quando, mentre i miei e Matteo erano in cucina a bere il caffè e a chiacchierare, io dovetti andare in camera mia a prendere una cosa.
Prima di arrivare alla porta di camera mia, passai davanti a quella della camera matrimoniale dei miei e, pur camminando velocemente, l’occhio si pose sul cellulare di mia mamma attaccato alla presa di corrente per ricaricarsi sul suo comodino. Mi bloccai e sentii un brivido. L’ultima volta che avevo sbirciato in quel telefono avevo scoperto qualcosa di incredibile. Pensai che non fosse il caso di farmi gli affari altrui, pensai che controllare il telefono di un’altra persona è una cosa scorretta. Non so cosa, ma qualcosa mi spinse ad entrare in camera e a prendere in mano il cellulare. Non era cambiato nulla, anche stavolta nessun codice di ingresso. Con il pollice incerto, cliccai ancora sui messaggi ricevuti ed inviati. Lessi con attenzione gli ultimi, risalenti alla sera prima quando eravamo tutti in pizzeria. Erano messaggi che mia mamma si era scambiata con mio padre. Lei a lui: “Ma sbaglio o Matteo mi sbrana con gli occhi?”. Lui a lei: “No, non sbagli. Questo qui se ti prende ti disintegra ah ah ah”. Lei a lui: “Scemo. Però è carino forte, in una situazione diversa……”. Lui a lei: “Troia. Domani ti metti il maglione rosso stretto? Ti fa due tette!” Lei a lui: “Pervertito” seguito da uno smile. Lessi immobile e sussultai. Cioè, mia madre e mio padre si scambiano messaggi scherzando su Matteo, un mio amico di vent’anni? Fu una botta forte. Volevo leggerne ancora ma non potevo stare in camera ancora, dovevo tornare in cucina. Andai in bagno a sciacquarmi il viso, volevo calmarmi un attimo. E ripensavo a quei messaggi, al gioco tra i miei genitori che si spingeva anche a fantasie, seppur scherzose, su un mio amico che era venuto a casa con me. Ero offeso da una parte, ma ecco sempre quella punta di eccitazione maledetta. Mi sembrava davvero uno scherzo e, a parte gli scherzi, credevo fermamente che mai si sarebbero spinti ad una cosa del genere. In ogni caso, sono persone molto intelligenti e responsabili. Ma il solo fatto che avessero pensato a una cosa simile mi sconvolgeva.
Non successe nulla dopo, se non che osservai attentamente il modo in cui mia mamma salutò Matteo. Non fu nulla di che, un abbraccio e due bacini di cortesia, una cosa che non mi avrebbe fatto alcun effetto se non avessi letto quei messaggi, ma avendoli letti il solo contatto fisico tra loro due mi colpì molto. E poi, a mandarmi nel pallone, notai che davvero lei aveva indossato un maglione rosso abbastanza stretto, piuttosto accollato ma che effettivamente stringeva le sue tette facendole risaltare non poco. Prendemmo il treno e chiacchierammo del più e del meno. Dopo un po’, eravamo quasi arrivati, Matteo mi chiese: “Tua mamma quanti anni ha?”. “47”, risposi io. “Non li dimostra, è in formissima” rispose lui. “Cazzo fai, ti ingrifa mia mamma?” gli chiesi io con tono scherzosamente arrabbiato. “Ma no, era solo per dire che a 47 anni è ancora un gran bel donnino” mi disse, quasi a giustificarsi. Ridemmo insieme, in modo simpatico e per niente malizioso. La sera, però, quei messaggi, quei due bacini e quel complimento innocente di Matteo a mia mamma tornarono ad occupare la mia mente prima di dormire. Mi accorsi che ce l’avevo durissimo e mi dovetti fare una sega. Mi feci una doccia, mi rimisi nel letto e pensai che due settimane dopo avrei potuto invitare ancora Matteo a casa. Era un pensiero matto, non ne comprendevo nemmeno io il motivo, non sapevo cosa avrei voluto, cosa sarebbe successo. Mi venne quasi da ridere e mi addormentai. Ma dopo dieci giorni, chiamai i miei: “Ciao ma, va bene se viene ancora Matteo questo week end a casa?”. “Certo tesoro, figurati nessun problema è un piacere!”.
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