“Venni sborrandole dentro e continuai a pompare fino a quando sentii che si ammosciava…”
La storia risale a qualche anno fa, più o meno una quindicina,
quando con i miei famigliari ci alternavamo a fare la notte per assistere una parente in coma ricoverata al S. Raffaele di Milano.
Accanto al letto della nostra parente c’era un’altra signora anziana anche lei in coma ed era assistita da una signora sulla cinquantina, Maria, con la quale si era instaurato da subito un rapporto di simpatia. A metà nottata si andava a bere il caffè al distributore, si usciva sul pianerottolo a fumare e si chiacchierava di tutto giusto per fare passare la nottata.
Una sera il discorso andò, forse per un fatto di cronaca, sul discorso dei travestiti e Maria mi disse che le sarebbe piaciuto vederli da vicino perché le sembrava impossibile che fossero uomini ma che il suo ex marito non l’aveva mai accontentata e che ora che era sola non ne aveva il coraggio. Le dissi che se voleva ci saremmo potuti trovare in anticipo sull’orario solito e l’avrei portata nel vialone che costeggia la tangenziale dopo il parco Lambro e glie li avrei fatti vedere da vicino, magari fingendo di chiedere informazioni. Mancò poco che mi saltasse al collo dalla gioia.
Due sere dopo, alle undici e un quarto ci trovammo nel parcheggio dell’ospedale. Dopo un primo passaggio a velocità ridotta per vedere l’ambiente, arrivati alla rotonda prima del ponte, tornammo indietro e ci fermammo vicino a un travone negro con due tette enormi che venne subito verso di noi.
Invece di fingere di chiedere informazioni mi volli divertire e chiesi quanto voleva per un gioco a tre. Sparò la cifra di cento Euro e Maria, già sorpresa dal mio approccio si girò verso di me chiedendomi se stavo facendo sul serio. Dissi al travone che la mia amica voleva vedere la sua dotazione e dalla mini spunto un affare che anche da moscio era impressionante e Maria lanciò un: “Mio Dio come è grosso!”
Il travestito prese la mano di Maria e se la mise sul cazzo e la porca cominciò a menarglielo su e giù mentre si girava verso di me ridendo imbarazzata.
Dissi al travone che la mia amica era un po’ spaventata per le dimensioni e che voleva rifletterci un momento e dopo che la donna ebbe dato ancora un paio di colpi di mano all’uccellone partimmo.
Più avanti, vicino alla cascina, ce n’erano altri e passando davanti a loro mi chiese dove andassero con i clienti e se era vero che se lo facevano mettere nel didietro.
“Sarei proprio curiosa di vederli.”
Tornai indietro e fermandoci vicino ai travestiti dissi loro se davo fastidio se andavo in camporella in quella zona perché in un posto isolato non ci sentivamo sicuri.
“Ma si amore, andate pure e mi raccomando scopala bene.”
Andammo dietro la cascina e mi piazzai in modo da vedere l’ombra dei travestiti e dei loro clienti, attraverso la luce dei lampioni del viale e dissi a Maria che dovevamo fingere di abbracciarci per sembrare veramente una camporella e non fare capire che eravamo dei guardoni.
Quando arrivò la prima macchina vedemmo che appena dopo fermati il trav si abbassava e la sua testa cominciava ad andare su e giù.
“Cosa fanno?”
“Lo sta lavorando con la bocca per farglielo diventare duro.”
Poi vedemmo il travestito mettersi in ginocchio sul sedile e il cliente andargli dietro e cominciare a pompare avanti e indietro.
“E ora?”
“Glie lo ha messo dietro e ora fa avanti e indietro come con le donne.”
Nel frattempo era evidente la sua eccitazione, si era aggrappata al mio braccio e lo stringeva piantandomi le unghie nella pelle mentre io, abbracciandola, le avevo messo una mano sulle tette e glie le stavo palpando.
Avevo il cazzo duro e vista la situazione mi sarebbe spiaciuto andarmene senza essermi scaricato. Abbassai la cerniera e lo tirai fuori, le presi la mano e la posai sul cazzo in tiro e lei cominciò a menarmelo su e giù. Cercai di mandarla giù di testa ma mi disse di lasciarle guardare i due. Dopo che ebbero finito e se ne andarono le misi ancora la mano sulla testa e prontamente andò giù cominciando a pomparlo e a succhiarlo fino a farmi sborrare nella sua bocca.
Mentre andavamo verso l’ospedale mi disse che la cosa l’aveva molto eccitata e che, se io ero soddisfatto, lei aveva ancora tutta la voglia dentro.
“Questa notte vediamo cosa possiamo fare.”
In ospedale vedevo che continuava ad uscire e rientrare freneticamente dalla camera come se stesse cercando qualcosa e verso le due mi disse di seguirla.
Dopo un lungo giro nei corridoi prendemmo un ascensore e ci ritrovammo nel salone della reception, a quell’ora vuoto, e tenendomi per mano mi fece entrare nei servizi chiudendo subito a chiave. Si inginocchiò davanti a me e mi aprì la patta, lo tirò fuori e lo succhiò a lungo prima di alzarsi, togliersi le mutande e dopo avermi fatto sedere sul water, impalarsi sopra il mio cazzo. Come entrai dentro di lei emise un gemito come di animale ferito e poi cominciò ad agitarsi premendo più giù che poteva per farselo entrare il più possibile. La feci alzare ed appoggiare al lavandino e glie lo infilai da dietro tenendola per i fianchi per dare più forza alle spinte mentre lei continuava a gemere di piacere. Venni sborrandole dentro e continuai a pompare fino a quando sentii che si ammosciava. Si girò e lo prese in bocca succhiandomi fuori fino all’ultima goccia.
Mentre tornavamo alla camera mi disse che da quando il marito l’aveva lasciata, più o meno cinque anni, non aveva più fatto l’amore e che era stanca di masturbarsi da sola nel suo letto. Mi diede una palpata al pacco.
“Con questo è tutta un’altra cosa, vuoi mettere?”
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