Chi ha letto i miei racconti ormai sa come, nella mia mente di ragazzino, qualcosa un giorno abbia scatenato quel virus chiamato Lucy. Forse lo choc di quell’esperienza mi ha aperto nuovi orizzonti. Forse, invece, Lucy era stata sempre presente, e gli accadimenti di quel giorno l’hanno solamente risvegliata
In ogni caso mi piace, spesso, tornare con la fantasia a quel giorno e immaginare cosa sarebbe successo se, come nel film Sliding Doors, un piccolo particolare avesse cambiato le cose con un inevitabile effetto domino da allora fino ai giorni nostri.
I tre erano ben decisi a vendicare l’umiliazione imposta al loro “capo” un paio di giorni prima, quando l’avevo affrontato per difendere Lele, un compagno di classe oggetto di atti di bullismo perché sospettato di essere omosessuale. Forti come ogni vile quando si sente protetto dal “branco”, mi avevano trascinato in quel magazzino della scuola e, mentre due mi tenevano fermo, il terzo mi colpiva con il pene eretto sul viso.
“Se ha difeso il frocio, è frocio anche lui!”dicevano per umiliarmi, mentre quel membro virile mi veniva strusciato sul viso e io a stento trattenevo la mia rabbia. Ma anche una strana sensazione.
Mi sembrava di essere in uno di quei filmetti porno che mi capitava di vedere, ma stavolta ero nei panni della protagonista femminile, quella su cui si accaniscono i comprimari maschili con quei cazzi che vengono di volta in volta succhiati e leccati prima di penetrare i caldi buchi della ragazza.
E mentre i tre si davano il cambio, io cercavo di scacciare dalla mia mente quei pensieri assurdi, ma più ci provavo e più quelli tornavano a stuzzicarmi. “Chissà cosa si prova ad avere un cazzo in bocca? E chissà che sapore ha lo sperma?”
Non lo immaginavo, ma almeno a quest’ultima domanda avrei conosciuto presto la risposta. Infatti quello che, dei tre, stava masturbandosi davanti al mio viso, eiaculò in caldi schizzi perlacei che mi colpirono sul volto entrandomi anche in bocca.
Bestemmiai, per quell’affronto, ma mi accorsi che in realtà i miei tentativi di ribellarmi non erano così convincenti. Uno contro tre non dico che avrei potuto liberarmi, ma i due che mi tenevano non dovevano fare troppa fatica, tant’è vero che anche loro presero a masturbarsi per schizzare il loro sperma su di me, mentre Gianni, il loro boss, mi spalmava quel liquido su tutto il viso usando il proprio membro come un pennello.
E io… io inaspettatamente godevo. Mi ero venuto nei pantaloni, ma grazie al cielo non lo avevo dato a vedere ai tre.
Tornai a casa, fortunatamente mia madre non c’era e non sarebbe rientrata fino al tardo pomeriggio.
Mi sdraiai sul letto a pensare, ma tutto mi riportava a quell’unico concetto. Avevo goduto, Mi avevano sborrato in faccia e avevo goduto.
Presi dal mio nascondiglio segreto una rivista porno, di cui ricordavo un servizio, e iniziai subito a scorrere quelle pagine. Un travestito o per meglio dire una bellissima shemale molto femminile alle prese con due uomini dai cazzi monumentali. Come vidi quelle immagini il mio membro tornò a ergersi prepotentemente, ma l’eccitazione derivava chiaramente dall’immaginarmi nei panni della bella mulatta cazzuta. Ero lei, che succhiava un cazzo… ero lei, che si faceva sfondare il culo, ero lei, coperta di sborra dalla testa ai piedi. Mi spogliai, e iniziai a masturbarmi, per poi decidere che non era abbastanza. Volevo di più, volevo sentirmi femmina, anche se dotata di un cazzo duro e svettante.
Indossai un paio di calze di mia madre e un suo paio di mutandine e mi guardai allo specchio. Escludendo la parte superiore del corpo, grazie alla scarsità di peli, l’immagine poteva sembrare quella di una ragazza con un culo davvero degno di nota, rotondo e liscio.
Così abbigliato andai in cucina, e presi dal frigo una carota. La succhiai come se fosse stata un cazzo, uno di quei cazzi che solo poco prima mi venivano sbattuti sul viso per umiliarmi ma che in realtà mi avevano fatto scoprire un piacere perverso.
E poi… poi decisi di fare il grande passo.
Scostando le mutandine, accostai l’ortaggio al mio buco del culo e spinsi.
Anche per le ridotte dimensioni della carota, non provai un vero dolore, quanto una sensazione di fastidio per quel corpo estraneo che mi risaliva il retto piano piano, ma anche un’eccitazione perversa ad immaginare che fosse un vero cazzo a penetrarmi in quella maniera contro natura. Già … ma cos’è contro natura? E cos’è, invece, naturale? Cos’era quel mio sentirmi femmina, quel desiderio di omaggiare un cazzo di maschio con la mia bocca, di farmi possedere analmente?
Il mio sesso iniziava a stillare gocce sempre più abbondanti di precum, che raccolsi con una mano per leccarle, assaporandone il gusto amarognolo, mentre l’altra mano aveva preso a muovere la carota dentro e fuori dal mio culo.
“Sì… sì… nel culo… prendimi nel culo…” vaneggiavo come rivolgendomi ad un amante reale, mentre ormai affondavo violentemente quel simulacro di fallo nelle mie profondità rettali.
E venni… venni di un godimento mai provato prima, prolungato dagli spasmi del mio sfintere che, lentamente, espelleva quel corpo estraneo che mi aveva fatto scoprire nuovi piaceri.