Premessa: su idea dei miei trombamici Marco e Lele, ho scritto un racconto lungo immaginando un universo parallelo dove sono diverse le nostre età e le nostre esperienze.
Quello che leggerete è pertanto frutto di fantasia… ma anche sognare è bello, a volte, no?
I Vostri commenti saranno comunque graditi.
Lunedì.
La posizione delle lancette della sveglietta sul comodino, fluorescenti nel buio, mi dice che sono le quattro del mattino. Dalla finestrina del bungalow si intravede un cielo ancora nero pece.
Sono qui, in questo letto, con l’ano indolenzito, un gusto inconfondibile in bocca, mentre la piccola stanza sa di sudore e sperma.
Penso a quello che è successo in questi ultimi giorni… già, forse bisogna fare alcuni passi indietro…
E’ metà pomeriggio di un lunedì d’estate quando io, Marco e Lele arriviamo al Camping dove abbiamo prenotato per una settimana di vacanza. Lungo la strada che dal casello porta alla nostra meta abbiamo avuto modo di rifarci gli occhi con centinaia di ragazze, signore e ragazzine in vesti succinte, che con la fantasia sono già lì ad aspettare solamente noi. Ragazze del posto o turiste, non temete! Los Tres Caballeros sono arrivati e sono qui per voi!
Il bungalow assegnatoci non era certamente una suite di lusso, ma comunque carino ed accogliente. Predisposto per una famiglia media, aveva due “locali notte”, uno con un letto matrimoniale e uno con un letto a castello che mi riportò immediatamente alla mente i tempi della naja. Presi nei nostri sogni di gloria, in un attimo avevamo già risolto il problema dell’associazione dei posti letto. Avremmo ruotato una notte per uno nel matrimoniale, tirando a sorte chi avrebbe iniziato, ma con una clausola importante: qualora qualcuno avesse dovuto portare una bella ospite nella nostra “tana”, ogni turno sarebbe saltato e il fortunato, per quella notte, avrebbe goduto della camera matrimoniale. Le condizioni furono immediatamente accettate, e il sorteggio decise che il fortunato (che pertanto su sette notti –salvo ospiti- avrebbe fruito per tre notti del lettone) ero proprio io.
Sistemate in un baleno le loro cose, Lele e Marco si lanciarono a dare un’occhiata alla spiaggia, mentre io, il più ordinato e pignolo del gruppo, dissi loro che li avrei raggiunti di lì a poco.
Aprendo un armadietto, scoprii un piccolo involto scuro nella penombra. Con mia grande sorpresa, vidi che era un paio di autoreggenti dimenticate lì dagli occupanti precedenti ed evidentemente sfuggite alle inservienti delle pulizie.
Le lasciai lì a terra, per gettarle al termine delle operazioni. O meglio, avrei dovuto farlo, ma la curiosità prese il sopravvento.
Quasi per gioco le indossai sulle gambe lasciate scoperte dal costume da bagno, e una calza evidenziò una vistosa smagliatura, che probabilmente spiegava il suo abbandono da parte della legittima proprietaria.
Il contatto della pelle sul nylon era piacevole, e mi dava un brivido. Il brivido che provavo ogni volta che accarezzavo la coscia di una ragazza, ma anche lo strano piacere di essere io a ricevere la carezza.
All’epoca non avevo mai avuto fantasie omosessuali o di travestitismo, ma ammetto che spesso, guardando un video porno, mi ero soffermato su quei cazzi che violavano la protagonista in ogni buco possibile, che venivano leccati, succhiati.
Non solo. Una mia ex, con la quale praticavamo spesso il sesso anale, amava giocare con il mio buchino introducendovi, per una sorta di Legge del Contrappasso, un dito o piccoli oggetti come il flaconcino arrotondato del mascara.
Mi sfilai il costume e provai a scattarmi una foto col telefonino, rimanendo impressionato dal risultato; le gambe non erano tornite come quelle di una ragazza, ma il sedere che sovrastava le balze nere di pizzo delle calze era assolutamente gradevole alla vista. Arrotondato, sporgente e glabro di natura, poteva passare per quello di una ragazza dalle gambe muscolose, magari una sportiva.
In una strana eccitazione presi una spazzola per capelli dal bagno e ne leccai il manico come se fosse stato un piccolo pene; poi, mettendomi a quattro zampe sul lettone, provai ad inserirlo piano nel mio buchetto. Spinsi, vincendo la resistenza dei muscoli anali, fino a che l’ebbi tutto dentro di me, poi piano piano iniziai a farlo entrare ed uscire. Mi fermai, ripresi il telefono e mi scattai un’altra foto tendendo il braccio dietro di me; Questa volta il primo piano delle mie natiche le mostrava separate dalla spazzola, il cui manico era saldamente conficcato dentro di me, e sotto di loro, tra le cosce ornate di pizzo, si intravedeva il mio sesso rigido come un bastone di legno. Già, ce l’avevo duro come non mai, e riprendere il movimento di dentro e fuori di quell’oggetto nel mio sedere, quel sedere che vedevo sullo schermo del telefono, non faceva che eccitarmi ancora di più.
“Allora, arrivi o no?… Ma che cazzo…?!! Che cazzo fai??”
Le parole di Marco, rientrato senza che me ne accorgessi, mi gelarono il sangue.
Mi voltai su di un fianco, rosso di vergogna, per essere stato sorpreso in quel frangente e in quell’abbigliamento.
“Io… no… cioè… non sono mie… le ho trovate…”
“Cazzo Luca, ma non sapevo che avessi di questi vizi…” mi canzonava Marco.
“No, ti ho detto che non sono mie… le ho trovate in un armadietto…”
“Ok, ok, e poi? Immagino che ti siano saltate addosso e si siano fatte indossare… come la spazzola che ti è entrata in culo da sola e tu stavi cercando di tirarla fuori”
Non sapevo come spiegare, non sapevo COSA spiegare. Aveva pienamente ragione. E la mia reputazione era distrutta per sempre.
“No, hai ragione… io le ho trovate e le ho volute provare”
“E già che c’eri provavi anche questa” aggiunse toccando la spazzola tra le mie natiche.
Arrossii abbassando il viso, ma così facendo mi caddero gli occhi sul suo basso ventre. Il costume non nascondeva una discreta erezione la cui causa non potevo essere che io, in quell’atteggiamento così osceno.
“Se avessi saputo che ti piaceva il cazzo ti ci avrei fatto giocare prima” Marco continuava a canzonarmi, evidenziando con la mano la sua dote attraverso il costume.
Guardandolo in viso, cattivo, risposi a tono: “Non mi piace il cazzo… e non ci ho mai giocato, se è questo che intendi” e lui, per tutta risposta, si abbassò il costume sfoderando un cazzo duro e teso che per poco non mi colpì sul viso.
“Dai, non dire che non ti piace…” e mi pose una mano sul capo, cercando di avvicinare il mio viso a quel bastone di carne. Aveva ragione, quel sesso rigido mi affascinava, come e più di quelli dei video porno. Era lì, lo vedevo muoversi, ondeggiare… ne sentivo l’odore… e quando arrivò a sfiorare le mie labbra non opposi resistenza.
Lo baciai. Lo baciai di nuovo. E poi aprii leggermente le labbra per far entrare la cappella nella mia bocca.
“Visto che avevo ragione? Vedi che ti piace?”
Era vero… mi piaceva quella grossa fragola che riempiva la mia bocca, sentirne la pelle vellutata sulla lingua, sentire che spingeva per entrare più a fondo e dietro di lei la dura asta di Marco.
Stavo facendogli un pompino, il mio primo pompino.
Togliendomi il cazzo dalla bocca, si sdraiò sul letto invitandomi a riprendere l’opera, e io mi misi a succhiarlo devotamente a quattro zampe, con ancora la spazzola ben infissa nel mio culo.
Fu così che ci sorprese Lele. Aprì la porta e vide il mio culo ingombro della spazzola di legno, mentre più davanti mi riempivo la bocca del mandrino di Marco.
“Ma che cazzo fate, brutti ricchioni??”
Fermando il pompino, mi voltai verso la porta senza però avere il fiato per una sola sillaba.
“Niente, è che Luca ha avuto una bella idea per movimentare le nostre serate di vacanza… non è vero?”
“No, io…” ma non riuscii a continuare, dal momento che mi fece girare nuovamente il capo verso il suo sesso che pretendeva le mie carezze orali.
Sentii la mano di Lele che, afferrata la spazzola, aveva preso a muoverla estraendo e reintroducendo il manico dentro al mio culo che ormai si era abituato a quell’intruso.
“Bella idea! Bravo il nostro Luca!” prese a sfottermi anche il nuovo arrivato, mentre io avevo ripreso a succhiare il pene dell’altro, non solo per obbedire alla sua richiesta, ma anche per un’inaspettata voglia che sentivo crescere in me; e così non mi accorsi quasi del fatto che Lele aveva estratto completamente il manico della spazzola dal mio buco rilassato e ci stava appoggiando qualcosa di diverso, di più grosso, di caldo.
Feci per urlare di dolore quando Lele entrò in me provocandomi fitte di dolore lancinante all’ano, ma la bocca era otturata dall’altro cazzo. Ero inculato da un cazzo vero e ne stavo succhiando un secondo. Un paio d’ore fa fantasticavo di scoparmi tutte le ragazze del paese, ora invece ero io ad essere scopato come una zoccola, presa davanti e dietro da quei due tarelli.
E mi piaceva.
Già, perché con mia enorme sorpresa, non c’era più dolore, non c’era più umiliazione. C’era solo sesso. Solo godimento. Per loro due ma anche per me.
Presi a muovere i fianchi incontro al cazzo che mi sodomizzava e a succhiare l’altro con più foga, fino a che le mani di Marco sul mio capo mi spinsero ad ingoiare il suo cazzo fino all’elsa.
“Aaaaahhh… Godo… Sììì… Bevila, bevila tutta, puttana!”
Sentivo i suoi schizzi che mi riempivano la bocca, che mi scivolavano lungo la gola, mentre da dietro anche Lele mi artigliava le natiche e mi dava gli ultimi colpi fortissimi prima di riempirmi di sperma anche l’altro ingresso.
E venivo, venivo anche io. Senza toccarmi. Godevo di quella doppia scopata passiva come e più delle mie abituali scopate attive avute con le ragazze.
Quella sera, al tavolo di un locale, parlammo liberamente di quanto accaduto.
Mi era piaciuto? Lo ammetto. E molto. Ma era piaciuto anche a loro. E rivelare quanto avvenuto sarebbe stato controproducente per tutti. Per me prima di tutto, che sarei stato bollato come “frocio” per tutta la vita. Ma anche per loro, primo perché comunque anche loro avevano fatto sesso con un uomo (anche se da attivi) e poi perché la cosa avrebbe potuto comunque avere sviluppi positivi per tutti e tre.
Arrivammo quindi ad una conclusione. Quello che era successo – o che sarebbe successo – nella vacanza sarebbe stato un segreto tra noi tre.
Avremmo potuto fare ancora sesso insieme, ma per volere comune. Soprattutto io non sarei mai stato obbligato né ricattato. Anzi. Il matrimoniale (“…sempre salvo ospiti!” si affrettò a dire Marco) sarebbe rimasto mio per tutta la settimana.
In quel mentre passavamo davanti ad un negozio di abbigliamento cinese, di quelli cheap, e l’idea balenò all’unisono nelle tre menti….