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Livia, epilogo

“Mi carezzava le gambe coperte dai collant mentre mi scopava, gli presi la mano e la portai al seno, strinse il capezzolo tra le dita poi aprì la mano…”

Da settimane cercavo lavoro, economizzavo ogni centesimo dei 5000 euro che
“ benignamente” mi erano stati elargiti quando ero stata lasciata da Maurizio. Ora vivevo in un appartamentino in periferia e nell’esigenza di lavorare mi scontrai con la discriminazione, ad ogni colloquio quando l’esaminatore leggeva il mio nome invariabilmente diceva che mi avrebbe fatto sapere. A volte si scusavano imbarazzati, altre commentavano con battute salaci ed altre ancora facevano proposte. Dopo innumerevoli rifiuti mi fu offerto un posto di cameriera a patto di essere carina con il proprietario. Ero talmente disperata, in banca restavano alcune centinaia di euro, ed a malincuore accettai. Mi portò nel retro del locale, si abbassò i pantaloni e tirando fuori il cazzo disse “ Lecca!” L’idea mi ripugnava e lui mi faceva ribrezzo ma avevo bisogno di quel lavoro così mi inginocchiai ed avvicinai la bocca al cazzo percependone l’odore forte, la sua mano spinse sulla nuca e premette la cappella sulle labbra. Chiusi gli occhi e lo presi in bocca, succhiai e leccai la cappella mentre lui m’insultava dandomi della troia bocchinara, spingeva il bacino bloccandomi la testa e la cappella arrivava fino in gola mi sentivo violentata ma sopportai. Lo tolse di bocca mi fece alzare e piegare su di un tavolo, sollevò la gonna, abbassò il collant e lo slip, la sua mano strinse con forza la natica, mi sputò sull’ano, poi posizionò la cappella sul buchino e spinse con forza violandomi e facendomi male. Mi lamentai “ Mica sei vergine, non fare scene! Chissà quanti cazzi hai preso!” Avrei voluto non essere li, avevo lo stomaco chiuso dalla rabbia, sentivo i suoi insulti e le sue sudice mani toccarmi. Strinse con forza un seno facendomi male e quando mi lamentai disse “ Pensavo fossero finte!” scostò la maglia e infilò la mano nel reggiseno palpandomi. Continuò a scoparmi muovendosi velocemente senza curarsi di me e finalmente venne. Si sfilò, passò il cazzo sulle natiche e mentre mi pulivo e tiravo su slip e collant disse “ Sei proprio una brava puttana, torna verso le 18 e se mia moglie è d’accordo ti assumiamo!” Mi girai di scatto dicendo che non era questo il patto ma lui ridendo replicò “ Anzi non tornare affatto, una come te è meglio non averla qui!” Nel frattempo si era tirato su i pantaloni e mi spinse fuori dicendo “ Sparisci puttana!” L’odiai ma che potevo fare? Denunciarlo o dire tutto alla moglie? Chi mi avrebbe creduto!
Il 21 dicembre, ricordo perfettamente la data, ero in uno stato di prostrazione. L’ostracismo e la cattiveria della gente mi feriva, la notte piansi lungamente senza prendere sonno. La mattina feci una doccia e passando davanti allo specchio mi vidi! Ero alta e slanciata, un seno pieno e sodo, vita stretta, fianchi modellati e tondi, gambe affusolate, pelle bianca e liscia, viso dolce e delicato, occhi grandi e labbra piene ben disegnate. La chirurgia mi aveva trasformata in una bella ragazza ma per gli altri non lo ero.
Pioveva e grosse gocce scivolano sui vetri come lacrime sul viso e mi resi conto che stavo piangendo. Colta da una crisi di nervi, mi colpì sul volto e mi tirai i capelli con forza urlando. Mi odiavo, volevo farmi male, volevo morire. Credo di essere svenuta perché quando mi ripresi ero distesa sul pavimento gelata, la finestra ancora aperta e fuori era buoi ed aveva smesso di piovere. Percorsa da brividi mi affacciai vedevo le luci degli addobbi alle finestre, la strada illuminata e la gente che freneticamente correva a fare gli ultimi acquisti per il Natale e la tristezza mi strinse in un tetro abbraccio togliendomi il respiro. Il ricordo dei felici Natale passati in famiglia acuì la mia prostrazione. Non volevo vivere quella vita e presi la mia decisione. Mi vestì indossando dei jeans che infilai negli stivali e un maglione girocollo, mi truccai con attenzione, indossai il piumino e presa la borsetta ed uscì. Per un’ultima volta avrei goduto di quella notte poi per me ci sarebbe stata la pace. Camminai smarrita tra gente frettolosa che mi urtava indaffarata, bambini frignanti trascinati dalle mamme e luci dappertutto. Verso le 21 le strade si svuotarono e la pioggia riprese. Entrai in un locale dove si giocava a bingo pensando di fare un’ultima partita in memoria dei momenti passati. Mi sedetti ad un tavolo e la commessa mi consegnò una cartella che pagai pensando che ormai neanche i soldi avevano più importanza per me. C’erano anziani concentrati nel gioco, ragazzi che scherzavano tra di loro, qualcuno declamava i numeri che non segnavo sulla cartellina, pensavo a che vita insulsa e sbagliata avevo avuto quando un signore sui 55/60 anni distinto ed elegante si sedette al mio tavolo. Voltai la testa constatando che c’erano diversi tavoli liberi e pensai quanto fosse inopportuno. “ La prego, so di essere invadente ma stasera non posso restare solo ho bisogno di compagnia di parlare, la scongiuro!” Lui si sente solo? Lui è disperato e chiede aiuto a me? Riprese “ Mi chiamo Aurelio è il primo Natale che passo solo dopo la morte di mia moglie! L’ho vista sola e persa nei sui pensieri, non segna neanche i numeri ed ho pensato che forse anche lei avesse bisogno di parlare con qualcuno!” Aveva gli occhi di chi a pianto molto e dissi “ Sono una trans!” lui per nulla scosso “ Io sono etero ma non vedo questo cosa significhi, siamo due persone sole in cerca di conforto o sbaglio?” Mi lasciò senza parole e riprese “ Posso darle del tu?” Annuì e prese a raccontare della sua vita prima e dopo la disgrazia, che non avevano avuto figli e che era solo, che aveva pensato al suicidio e per questo si era seduto vicino a me per scacciare quell’idea. Chiese di me e non so perché ma gli raccontai la mia storia aprendomi in modo totale e senza riserve comunicandogli che avevo il suo stesso desiderio, porre fine alla sofferenza. Prendevamo le cartelline al passaggio della commessa senza controllarle pur di rimanere li per paura che quel momento magico potesse finire, all’una di notte chiusero e Aurelio si offrì di accompagnarmi a casa ed accettai. Ci avvicinammo ad una grossa e costosa auto, mi aprì lo sportello e gli diedi l’indirizzo. Lungo la strada chiese di rivedermi. “ Se il destino lo vorrà!” risposi e rise “ Non credo al destino!” Eravamo quasi arrivati quando disse “ Livia! Non lasciarmi, ho paura di commettere una sciocchezza!” Quell’uomo così distinto chiedeva aiuto ad una reietta della società così dissi “ Che vuoi fare?” I suoi occhi si spalancarono “ Andiamo a Venezia, sarai mia ospite! Non voglio passare il Natale da solo e credo che neanche tu lo voglia!” Cosa avevo da perdere e dopo un attimo d’incertezza dissi “ Al diavolo! Andiamo!” Rise felice come quando ad un bambino regali qualcosa che desidera. Dissi che prima dovevo prendere qualcosa da mettere!” disse solo “ Tu non preoccuparti!” Durante il viaggio parlammo confidandoci le nostre paure per il futuro. Mi addormentai per la stanchezza ed alle porte di Venezia mi svegliò gentilmente per andare a fare colazione all’autogrill. Andai in bagno ed al mio ritorno sorridendo disse “ Ho prenotato l’hotel.” Chiesi dove fosse e rispose “ Ti ho detto di non preoccuparti, ti piacerà!” A Mestre andammo in un centro commerciale comprò alcune cose per se e un bel completo con camicia e cravatta con delle scarpe in pelle lucida poi disse “ Ora tocca a te!” Giravo cercando cose economiche ma lui intervenne scegliendo per me, fatte le scelte me le passò “ Vai a provarle!” Nel camerino misurai un vestito in lana mohair che arrivava alle ginocchia, un paio di pantaloni elasticizzati e una gonna corta che arrivava a metà coscia. Per sopra aveva preso una camicetta con un volant sul davanti e un cardigan aperto in lana ed una felpa molto graziosa griffata Versace. Quando lo raggiunsi gli dissi che non volevo spendesse tutti quei soldi per me rispose che i soldi erano fatti per essere spesi, Prese la mia mano e mi portò nel reparto intimo e si ripeté la scena, sceglieva per me. Mi passò un bel coordinato reggiseno e tanga, degli slip e con un ghigno scelse un bel body in raso nero con rifiniture in tulle trasparente. Lo guardai male e ridendo rispose “ Te l’ho detto che sono etero convinto quindi tranquilla!” Scuotendo la testa dubbiosa presi due paia di collant. Pagò con la carta di credito. Con il carrello pieno di roba entrammo in un altro negozio e rivolto alla commessa“ Mia nipote vorrebbe provare quel vestito in vetrina!” La commessa ne prese uno della mia misura e mi accompagnò al camerino dove lo indossai, era blu notte, lungo fino ai piedi, stretto in vita e sui fianchi con un spacco sul davanti, corpetto in seta e uno scollo a V sul davanti che lasciava intravvedere la rotondità dei seni. Aprì la tenda e Aurelio sorrise compiaciuto, la commessa ci chiese se volessimo anche le scarpe, Aurelio accettò. Ci propose delle decoltè nere tacco 12 con un plateau di 2 cm allacciate alla caviglia e la pochette abbinata. Non ho idea di quanto spese ma pagò con un sorriso e guardandomi disse “ Sarai bellissima!”
Raggiungemmo l’hotel su un motoscafo Aurelio diede i nostri documenti al concierge ed io mi aspettavo il solito sguardo ironico invece nulla, ci consegno le chiavi ci sorrise, disse che le stanze erano adiacenti ma non comunicanti come richiesto e ci augurò buona permanenza. Possibile non avesse notato che ero una trans? Portarono le valigie nelle nostre stanze ed Aurelio disse “ Ci vediamo verso l’una per il pranzo, ora devo riposare un po’” Si avvicinò e mi diede un casto bacio sulla fronte ed entrai nella mia stanza, restai senza parole abbacinata dalla lussuosità della stanza, sul tavolo un mazzo di rose lusso. Visitammo la città e la sera mi prese in giro quando a cena fui in imbarazzo trovandomi davanti una fila infinita di bicchieri e di posate e non sapendo quali usare. Mi aveva trasportato in un mondo fatto di eleganza e ricchezza a cui non ero abituata. Perchè faceva questo? Non sapevo rispondere a questa domanda.
La notte della vigilia indossai lo splendido vestito che mi aveva regalato, il vestito mi fasciava il corpo, il corpetto mi stringeva la vita ed i fianchi, il seno stretto sembrava volesse esplodere e ad ogni passo lo spacco si apriva lasciando vedere una generosa porzione della coscia. Aurelio mi sussurrò “ Abbiamo sbagliato a prendere questo vestito, ora tutti ti staranno con gli occhi addosso!” Perplessa sorrisi. La serata fu bellissima il ristorante dove aveva prenotato ci servì una cena deliziosa, poi si aprirono le danze e lui mi fece ballare. Quando ci sedemmo un ragazzo della mia età si avvicinò invitandomi. Guardai Aurelio che assentì sorridendo. Ballai con lui e con altri mentre Aurelio mi guardava. A tarda notte rientrammo e davanti alla mia stanza mi ringraziò per la serata augurandomi la buona notte senza chiedere di entrare, mi sentivo come Cenerentola al palazzo reale e lui era il mio principe azzurro. Ero felice per la prima volta dopo tanto tempo.
Il 27 tornammo a Roma, parlammo poco durante il viaggio e quando ci salutammo disse “ Livia, domani sarò molto impegnato ma ti chiamerò lo giuro!” mi salutò con questa frase.
L’indomani attesi la sua telefonata, a sera provai a chiamarlo ma riappese, ma cosa pensavo? Uno come lui con una come me? Si era concesso una distrazione, un diversivo ed ora si era stancato. Mi ero illusa per l’ennesima volta! Il campanello suonò, corsi ad aprire convinta fosse lui invece era la mia vicina che mi chiedeva una cipolla. Alle 23 mi coricai e mi appisolai. Sobbalzai quando il cellulare suonò, era l’una di notte. “ Pronto! Livia? Scusa l’ora ma non volevo che pensassi che mi sono dimenticato di te. E’ che abbiamo lavorato fino a poco fa e non mi sono reso conto che… Scusa!” Quel senso di pesantezza che avevo sullo stomaco sparì istantaneamente, gli dissi di non scusarsi. “ Senti, domani mattina alle 9 hai un appuntamento per un colloquio” mi diede l’indirizzo suggerendo di vestirmi bene e di essere puntuale, chiesi informazioni ma disse di stare tranquilla, “Noi ci vediamo domani!” Dissi che non vedevo l’ora di incontrarlo, mi salutò. Andai all’appuntamento, era un bel palazzo nel centro di Roma , una targa in ottone indicava il nome della società ed il piano. Salì con il cuore in gola, avevo un sobrio vestitino nero che arrivava alle ginocchia, collant neri e stivaletti bassi in camoscio nero. Suonai ed una segretaria mi aprì, dissi il mio cognome disse di aspettare in sala di attesa, la stanza era arredata con gusto, attesi circa 10 minuti poi la segretaria fece ritorno guidandomi ad una porta, l’aprì annunciandomi e si fece da parte e restai di sasso! Dietro ad una grossa scrivania ingombra di fogli c’era Aurelio che vedendomi fece cenno di sedere e disse “ Iniziamo il colloquio!” Non capivo, riposi ad alcune sue domande poi sbottò in una fragorosa risata e disse “Sei assunta! Gina tra qualche mese andrà in pensione, così avrà modo di formarti e darti le consegne! Cominci il 2 di Gennaio se sei d’accordo ” non riposi incapace di farlo“ Ovvio che sei d’accordo!”. Aurelio mi fece visitare gli uffici, io continuavo a tacere “ Ti avevo detto che avevo una soluzione per te! Lavorerai per me contenta?” Mi scossi e lo ringraziai.
La sera uscimmo ed anche nei giorni seguenti continuammo a vederci. Mi disse che per il veglione di fine anno eravamo stati invitati in casa di alcuni suoi conoscenti, dava per scontato che andassi.
Il 31 dicembre entrammo in una villa poco fuori città, avevo lo stesso vestito di Natale lui era in Smoking. Mi presentò ad un numero infinito di persone, scherzava e parlava, spesso veniva trascinato via da signore sofisticate e elegantissime che gli giravano intorno come mosche intorno al miele, mi sentivo inadeguata e mi isolai infuriata. Quando finalmente salimmo in auto per tornare a casa chiese se mi fossi divertita e persi il controllo. “ Mi hai trascurato tutta la sera, avevi sempre altre donne intorno ed era evidente che ti piacevano. Mi avrete anche preso in giro. Ma la cosa peggiore è quando ti sei strusciato addosso a quella maggiorata tutta rifatta mentre ballavate. Ci mancava poco che vi metteste a pomiciare davanti a tutti. E poi sei sparito, dove sei stato? Con quella sicuramente!”. Quando mi zittii avevo gli occhi pieni di lacrime. Era esterrefatto poi scoppiò in una risata “ Sei gelosa?” lo colpì sulla spalla “ No! Brutto cretino stronzo è che sono innamorata di uno che manco mi vede e a cui faccio perfino schifo!” mi zittì improvvisamente comprendendo l’enormità della mia frase, in quel momento avevo capito di essere innamorata e di non avere speranze. Aveva sempre detto “ SONO ETERO CONVINTO, TRANQUILLA!” mai una volta aveva tentato di baciarmi, stringermi o toccarmi. Il suo braccio mi cinse le spalle “ Ma ti rendi conto che potrei essere tuo padre?” risposi che non m’importava.“Forse abbiamo bevuto troppo, calmiamoci e ne riparliamo domani!” disse ed io lo odiai con tutta me stessa “ Non sono ubriaca, ho bevuto solo coca cola. Non essere ipocrita, io ti faccio schifo, ti do il voltastomaco. Se fossi una ragazza normale non ci penseresti due volte. MI ODIO E TI ODIO!” Presi la maniglia dell’auto e cercai di aprirla ma mi bloccò “ Ma sei scema? Da quando ci siamo conosciuti non c’è stato giorno che non ci siamo visti o che non siamo sentiti al telefono, ogni minuto libero lo passo con te e pur di averti vicino ti ho anche assunto, cosa significa per te?” freddamente risposi “Che ti faccio pena!” abbassò lo sguardo e scosse la testa “ Ho paura!” interdetta dissi “ Paura di che?” Calò il silenzio poi “Paura di perderti! “ replicai “Perché dovresti perdermi se neanche stiamo insieme!”. Stavolta fu lui ad esplodere“ E va bene, cazzo, mi lascerai perché sei giovane e bella e perché io sono vecchio “ gli misi un dito sulle labbra e dissi “ Baciami stupido!” Fu un bacio dolce ed intenso. Per la prima volta sapevo cosa voleva dire baciare la persona amata. Quando ci staccammo eravamo senza fiato,“ Ed ora?” era come un ragazzo alla prima sua esperienza, impacciato e timido. “ Ora andiamo a casa!” A casa preparai del thè e seduti sul divano parlammo di noi e di cosa fare tenendoci le mani “ Non so come potrò reagire vedendoti nuda! E se… “ finì la frase io “Provassi disgusto?” assentì e riprese dicendo “Così vedo una donna ma quando sarai nuda invece!” Lo strinsi a me premendo il seno al suo torace, accostai le labbra alle sue e lo baciai mentre con la mano gli carezzavo la gamba. Continuando a baciarlo spostai la mano sulla patta e premetti il palmo in una sorta di carezza. Non era eccitato! “Dobbiamo solo provare!” sussurrai. Continuai a massaggiarlo baciandolo sulla bocca e sul collo, poi abbassai la zip intrufolai la mano dentro e scostato l’elastico dello slip lo toccai. Era caldo, ma ancora rilassato, lo sbottonai, gli tolsi le scarpe ed i calzini poi i pantaloni e gli slip. Abbassai la zip del mio vestito e lo feci scivolare a terra restando in reggiseno, slip e collant. Feci una maliziosa giravolta su me stessa per farmi ammirare e lo baciai sulle labbra “ come ti sembro?” dissi e lui mi attirò a se, ci baciammo ancora poi mi chinai sul cazzo, passai la lingua velocemente sulla punta scoperta, gli succhiandogli le palle. Portai le mani dietro la schiena sganciai il reggiseno e lo tolsi poi posi il cazzo tra i seni massaggiandolo e leccandogli la cappella. Cominciò ad inturgidirsi, lo feci scivolare in bocca, muovevo la testa e sentivo crescerlo in bocca. Aveva un sapore buono e di puliti, la mano si posò sulla nuca dettando il ritmo. Quando lo ritenni pronto mi alzai “ Andiamo in camera!” Lo guidai come una mamma guida il suo bambino. Lo spinsi sul letto e lo ripresi tra le labbra muovendo la testa in un andirivieni lento e profondo. Ora i cazzo era duro come il marmo, l’eccitazione era al massimo e chiesi “ Vuoi?” fece di si con la testa, presi del lubrificante lo passai sul suo cazzo masturbandolo per qualche secondo ancora poi abbassai il collant, scostai lo slip e mi misi cavalcioni su di lui. Impugnai il cazzo posi la cappella sulla mia passerina e mi calai facendolo scivolare dentro. Entrò con facilità, lo sentì sospirare, mi muovevo in un sali e scendi lento e profondo. Mi carezzava le gambe coperte dai collant mentre mi scopava, gli presi la mano e la portai al seno, strinse il capezzolo tra le dita poi aprì la mano serrando il seno con forza. Cominciò a muoversi lui spingendosi più a fondo possibile. Lo sentivo scivolare dentro di me, sentivo la pressione della cappella in pancia, mi carezzava gambe e fianchi, stringeva i glutei divaricandoli. Ero travolta dall’emozione e dalla felicità, mi voleva non lo disgustavo, pochi istanti dopo lo sentì gonfiarsi dentro di me, aveva gli occhi chiusi e si agitava e scuoteva poi un’ultima spinta fortissima e fui piena del suo piacere. Lo tenni dentro di me fino a che non sguscio fuori ormai rilassato e mi distesi vicino a lui. Attesi qualche secondo poi chiesi “ Allora come è andata?” si girò verso di me “ E’ stato bellissimo! Ma tu sei venuta?” Sorrisi e gli dissi che andava bene così. Trascorremmo qualche minuto in silenzio, lui mi carezzava sulla pancia sfiorando l’orlo dello slip senza mai scendere e mi carezzava dolcemente i seni poi disse “ Alzati e togli lo slip, devo, voglio vederti!” Lo accontentai ed abbassai lo slip esibendo il mio pene. Mi guardò, “ Pensavo peggio!” aggrottai le sopracciglia “Pensavo lo avessi grosso e duro invece è piccolino e moscio, quasi un portachiavi!” e rise, presi la sua camicia e gliela tirai sul viso fingendomi offesa. Mi attrasse a se e mi baciò poi strofinò il cazzo sulla mia gamba e sentì che stava riprendendo vigore “ Ancora?” dissi e lui “Ho mesi di arretrato, devo mettermi in paro!” Risi contenta lo toccai ma lui stavolta mi girò e senza troppe cerimonie mi penetrò nuovamente . “ Devo toccarti?” chiese ed io “ Se vuoi, se ti fa piacere ma a me non importa!” Mi carezzò sui fianchi, allargò le natiche e spinse con forza poi porto la mano al seno e lo serrò con le dita. Lo incitavo sfottendolo e ridacchiando, punto nell’orgoglio mise più energia nello scoparmi “ Ora si che ti sento!” mi fece distendere sulla schiena, mi penetrò nuovamente e affondò il viso tra i seni mordicchiandoli. Non so quanto durò il nostro gioco so, so che dissi “ Non resisto più!” e mi lasciai andare bagnandomi lo slip, fremendo ed emettendo suoni di piacere. Prima che lui venisse io godetti un’altra volta.
L’indomani mattina era il primo dell’anno, mi svegliai presto e preparai la colazione e la portai in camera da letto svegliandolo con un bacio. Fatta colazione mi prese tra le braccia e volle fare nuovamente l’amore. Quando finimmo gli dissi che se continuava così presto avrei dovuto prendere dei ricostituenti. Propose di uscire ma preferì restare a casa. Guardammo un film parlammo e facemmo ancora l’amore.
La mattina successiva di buon ora mi alzai feci piano per non svegliarlo e avevo appena indossato il collant quando si svegliò “ Dove vai?” chiese “ Al lavoro! Dimentichi che oggi è il mio primo giorno?” , “ Resta con me, telefono e gli dico che inizierai il 7 gennaio!” Scossi la testa “ Nessun favoritismo per favore!” Mi truccai, infilai un vestito e gli stivali poi mi chinai su di lui sfiorandogli le labbra e presi la borsetta “ Aspetta ti accompagno” disse scossi la testa “ Ci vediamo stasera Ok?” mi lanciò un bacio si girò sul letto e si rimise a dormire. Sorrisi divertita! La giornata corse via veloce, Gina mi imbotti d’informazioni e finalmente alle 18 ci salutammo, uscì insieme a lei dal portone ed Aurelio era ad aspettarmi accanto all’auto. Si avvicinò salutò Gina e mi diede un bacio leggero sulle labbra. Gina sgranò gli occhi e lui le sorrise Andiamo a cena fuori?” chiese risposi che volevo andare a casa. Mi portò alla sua villa in una bella zona residenziale, un giardino grande e curato. “ Stessa camera o camere separate?” sorrisi “ Dormo con te mi sembra ovvio!” Mi guidò nella camera da letto e vi trovai le mie cose “ No si può ogni giorno fare un trasloco! Ho dimenticato qualcosa?” Lo abbracciai e “ Il necessario per truccarmi, il profumo e la bigiotteria ma non importa!” Così cominciò la nostra vita di coppia e furono mesi bellissimi. Mi presentò a conoscenti ed amici, alcuni malignarono ma non c’importò molto.
Sapeva che desideravo tornare a visitare il mio paese ma che non mi era possibile. Una domenica usciti per una gita riconobbi la strada che conduceva al mio paese natio, “ Non starai andando al mio paese?” rispose seccamente “ Si!” Lo pregai e lo supplicai di tornare indietro, arrivai anche ad urlare e mettere il broncio ma non ci fu verso. Parcheggiò nella piazza principale, scese dalla Maserati ed io mi rifiutai di scendere “ Se fai così ci noteranno!” disse e fui costretta a seguirlo. Entrammo nella chiesa e disse “ Squallida e deprimente!” ancora irritata risposi “ Io ci sono stata battezzata e ci ho fatto la comunione!” fuori riconobbi i luoghi dove giocavo a pallone ed i ricordi tornavano alla mente uno dietro l’altro e li narravo Poi disse “ E’’ora di pranzo!” e mi trascinò dentro una locanda. Rabbrivì quando vidi mia cugina avvicinarsi al nostro tavolo, lavorava li come cameriera. Tenni la testa bassa in modo che i capelli lungi mi nascondessero alla sua vista. Aurelio ordinò e lei si allontanò, in quel momento lo odiavo per quanto lo amavo. Tornò con le bevande e gli antipasti, avevo lo stomaco contratto da nervosismo e confidai ad Aurelio l’identità della cameriera. Quando ci portò il caffè Aurelio disse ” Signorina lei si ricorda di Livia?” lei mi scrutò con attenzione “ Mi spiace! No” Aurelio aggiunse “ Eppure dovrebbe riconoscerla, è sua cugina!” Mi scrutò con attenzione e poi spalancando gli occhi disse “ Con che coraggio torni qui! Non ti vergogni?” A quelle parole la paura divenne l’ira “ Di cosa dovrei vergognarmi? Voi mi avete cacciato via, voi vi rifiutate di comprendere preoccupati solo delle chiacchiere! Di cosa mi dovrei vergognare!” La discussione si animò e le voci si alzarono facendo si che in molti si avvicinassero per ascoltare e guardare, sentivo pronunciare il mio nome maschile. Aurelio chiese il conto e quella disse che voleva solo che sparissi. Aurelio estrasse dal portafogli una banconota da 500 euro che gettò sul tavolo aggiungendo “ Niente regali, Resto mancia!” Poi con dolcezza disse “ Andiamo cara, lasciamoli nella loro mestizia!” Una piccola folla si era assiepata davanti al locale. Qualche risatina e qualche insulto accennato a me e ad Aurelio. Lui sorrideva sicuro e serafico verso di loro. Arrivati all’auto vidi una figura avvicinarsi, quella sagoma era inconfondibile, mi paralizzai. Aurelio chiese cosa avessi e sussurrai “ Mamma!”, qualcuno l’aveva avvisata. Restammo fermi in mezzo alla piazza, mamma si fermò davanti a me, mi guardò disgustata, scosse la testa e “ Come osi venire a gettare vergogna e disonore su di noi, non sei mio figlio, ci copri di vergogna, vattene!?” Mosse velocemente il braccio colpendomi con forza sul volto. Non reagì, non parlai, non ne avevo la forza e dalla folla si alzarono voci di compiacimento e condivisione, sputò in terra e girandosi soddisfatta del suo agire fece per allontanarsi. Ma fu Aurelio a dire “ Ma che genere di persone siete? Lei non è degna di essere chiamata madre. Una vera madre aiuta e sostiene i figli, ha un cuore che batte per loro ed è disposta a tutto perché siano felici. Si vergogni!” fece una breve pausa “ Sa cosa ha passato Livia in questi ultimi anni? Ovviamente no! Importante è l’onore e il giudizio delle persone, se vostra figlia rischia di morire che vi frega!” Mia madre lo guardava con gli occhi sgranati e carichi di odio “ Chi sei tu?” disse e lui “ Sono il suo compagno pensare che volevo invitarvi alla nostro matrimonio.” Scosse la testa disgustato e rivolto a me “ Sempre che tu lo voglia!” Ero attonita, sconvolta e sorpresa ma gli presi la mano e la strinsi con forza. “ Andiamo cara!” disse tranquillo aprendo la porta della Maserati e facendomi salire poi rivolto alla piccola folla “ Continuate a vivere nella vostra mediocrità e nella vostra arretrata stupidità!” poi rivolto a mia madre “ Signora stia tranquilla per il futuro di Livia, sono ricco, molto ricco a lei penso io, non ha bisogno di voi!” Salì e parti lentamente sfidando gli sguardi delle persone. La guancia ancora mi bruciava ma ero felice lo stesso.
Il 5 settembre ci siamo uniti civilmente, ora sono una signora e sorrido pensando a quanto è strana la vita, Ora vado al lavoro con mio marito, sono la sua segretaria e non intendo smettere anche se potrei e lui vorrebbe. Tutto è cominciato per gioco, ho conosciuto un uomo orrendo che ha saputo leggermi dentro che per divertimento mi ha cambiato in quella che sono e gliene sono grata. Ho passato momenti difficili e tremendi e per un lavoro sono arrivata a prostituirmi. Avevo deciso di farla finita ma proprio nel momento peggiore ho incontrato Aurelio che mi ha ridato speranza e donato il suo amore che io ricambio con tutta me stessa. Oggi sono felice e realizzata, i miei genitori non si sono fatti ne vedere ne sentire e penso che mi odino. Tornerò presto al paese e sfiderò quelle menti ottuse ed aride costringendoli a rispettarci.
Grazie per la pazienza che avete avuto nel leggere la mia storia, tantissimi aneddoti avrei voluto narrarvi ma per questioni di spazio ho dovuto eliminarli ma chissà forse un giorno li trascriverò.
Daniela

Disclaimer! Tutti i diritti riservati all’autore del racconto – Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell’autore.
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Trans

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