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L’ho visto nascere

“Sono passati alcuni anni…”

L’ho visto crescere
Il campanello ha suonato, guardando dallo spioncino non
si vede nessuno nella traiettoria visiva, solo al margine inferiore si intravedono capelli biondi e ricci.
Con un sorriso a trentadue denti il padrone di casa apre la porta.
– Buon giorno Mattia, sei bello come il sole.
– Mamma ha fatto il caffè, vieni.
– E tu, mi inviti?
– Sì, sì, zio Mario.
Abbiamo fatto la conoscenza di Mario, un trentino direbbe Montalbano riferendosi all’età e non alla provenienza, e Mattia due anni e mezzo che deve allungare il braccio per arrivare a suonare il campanello. Abitano sullo stesso pianerottolo di un palazzo nel centro storico. Mario si infila la vestaglia e preso per mano da Mattia entrano nell’appartamento di fronte.
– Che profumo di caffè!
– Vieni, vieni Mario, sono in cucina.
– Buon giorno Aurora, bella come sei non potevi che generare il Sole.
– Che adulatore raffinato, peccato che non sei interessato al genere.
Una bella risata di entrambi e si siedono a sorseggiare il caffè con Mattia che si è incuneato tra le gambe dell’uomo.
Una crono storia sulle due abitazioni ci dice che sono appartenute a due famiglie benestanti. In una hanno vissuto i nonni di Mario e nell’altra i suoceri di Aurora.
Per frequentare l’università Mario è andato ad abitare con i nonni e vi è rimasto anche dopo che si è laureato e i nonni sono morti. Con il matrimonio Aurora viene ad abitare l’altro appartamento e i suoceri si trasferiscono in una casa di campagna.
Mattia è stato concepito prima del matrimonio ma le cose tra i due sposi non vanno bene, si comincia da subito a parlare di separazione che avviene dopo la nascita del bambino e Aurora con il neonato Mattia rimangono nell’appartamento.
– Dopo il tuo caffè Aurora, il mio week-end non può che andare alla grande.
– Hai qualche appuntamento galante Mario?
– Si con questo giovanotto (e si porta a sedere il bambino su una gamba). Peccato che quando lui sarà cresciuto io sarà vecchio. (E fa il solletico al bambino che riempie la cucina con la sua contagiosa risata a cui partecipano anche i due adulti).
(Dopo una pausa ………….)
Aurora, se Mattia dovesse scoprirsi gay, tu cosa faresti.
– Certo che ci vai giù proprio leggero, la domanda giusta per un sabato mattina davanti a un caffè.
– Ma tu lo sai che per il cinque per cento della popolazione, e c’è chi dice anche il dieci, è vero?
– La tua presenza qui Mario è la prova che io non ho pregiudizi, ma non ho capito il tuo modo di chiedermelo.
– Che modo.
– Hai detto “scoprirsi gay”
– Ed è così Aurora. Lo so che tutti, o quasi tutti quelli che non sono gay, credono che essere gay è una scelta. Ti assicuro che non è così, nessuno è gay per scelta. Ti accorgi che alcuni tuoi comportamenti sono diversi dai tuoi compagni e quando hai le prime vere pulsioni sessuali, a differenza degli altri, che indirizzano il loro desiderio verso una ragazza, tu provi interesse per uno del tuo stesso sesso.
Non hai vicino nessuno a cui chiedere. Avrai anche inviato messaggi che gli altri non sanno cogliere o fingono di non capire, per la paura di non sapere come affrontare la questione. Salvo poi, quando ti sei sputtanato, o come si dice adesso “fatto coming-out”, dire: Ma sai, già da piccolo …..
– Fermati, fermati amico mio e, visto che sei scottato fino all’osso, fammi un po’ di lezione, aprimi gli occhi e dimmi quando dovrei accorgermi dei primi segnali.
– Scusami Aurora, scusami tanto, non vorrei aver usato toni drammatici ma tieni in mente che la cosa più impegnativa per uno che si scopre gay, è accettarsi. Le diversità esistono, lo è il colore della pelle, la religione e la cultura, la fisicità e i canoni estetici, il sesso e l’orientamento sessuale, ma nessuna diversità deve essere usata come condanna. Chi ti sta intorno e ti vuole bene, questo deve fare, aiutarti ad accettarti. Una volta che questo è avvenuto, essere gay non è una cosa terribile.

Sono passati alcuni anni.

È sabato sera e Mario, quasi cinquantenne e affermato docente in una prestigiosa università inglese, sta in un noto pub gay di Londra e si intrattiene con Tony, un amico che, ruotando gli occhi a periscopio, si è accorto di un bel boy biondo e dice.
– Al banco c’è un bel boy che da un po’ guarda fisso dalla nostra parte. Guardalo Mario, che ne dici?
– Sì Tony, hai ragione, è giovane e bello, e a guardare, guarda, ma per me è tutto troppo.
– Per me no, vado al banco e gli offro da bere.
Mario che è rimasto seduto li vede parlottare e dai gesti e le occhiate che gli vengono rivolte capisce che stanno parlando di lui. Infatti dopo poco Tony guida il giovane al tavolo e dice.
– Il boy ti conosce, sa chi sei. Viene dalla tua città.
– Posso anche io sapere chi sei tu?
– Mario se non mi trovi nei tuoi ricordi non ha senso farmi riconoscere.
– Sembri deluso ma sono dodici anni che non metto piede in Italia. E siccome tu hai più o meno venti anni, l’ultima volta che ti ho visto potevi avere sette o otto anni. Il tuo cambiamento è totale.
– Hai ragione è difficile che tu possa ricordarti di quel bambino e ritrovarlo in me. Io ti ho riconosciuto subito perché non sei per niente cambiato.
– Grazie del complimento che però non mi aiuta a ricordare.
– Ma è la verità, dubito che sia invece altrettanto vero quello che dicevi a me.
– E cosa ti dicevo.
– Non lo dico per vanità, ripeterò le tue parole e, se neanche quello ti aiuto, ne sarò deluso, più ancora lo sarò pensando mia madre, vorrebbe dire che ti sei dimenticato anche di lei.
– Zitto. Non parlare. Come ho fatto a non accorgermene subito, le somigli così tanto. Ti dicevo che eri “il Sole, figlio dell’Aurora” e lo sei anche adesso Mattia.
Fatti abbracciare. Sono felice, felice, felice anche se mi sorprende trovarti in un posto come questo.
Mario stringe a se il giovane che invece non si ferma all’abbraccio e congiunge la sua bocca a quella dell’uomo dei suoi sogni.
Tony, resosi conto di essere di troppo, saluta e li lascia soli.

Un mese dopo
In casa di Mario c’è un’attività febbrile, tra qualche ora arriva all’aeroporto Aurora, la madre di Mattia. Una grande rivelazione, che lei ignara, riguardante la vita di suo figlio, la attende. C’ è voluto un mese perché Mattia si decidesse, ora è arrivato il momento di dire a sua madre che è gay e ha chiesto l’aiuto di Mario.
La sua vita sessuale è stata fin dall’inizio, parecchio ingarbugliata e incerta, senza orientamenti ben definiti, si è sentito inizialmente attratto da entrambi i sessi, maschi e femmine. Poi crescendo il suo orientamento si è spostato verso i maschi. Da sempre sa che ci sono persone come lui, con orientamenti diversi e uno di questi è proprio Mario. Lo seppe da sua madre quando, ragazzo, le chiese.
– Mamma, tu e papà non state più insieme, perché non sposi Mario? Vuole bene a te e a me e anche noi gli vogliamo bene.
– Mattia, il bene è una cosa, l’amore è un’altra, insieme all’amore ci deve essere l’attrazione e Mario non è attratto dalle donne.
– Mamma che vuol dire.
– Non so spiegartelo meglio.
– Se non è attratto dalle donne, allora è attratto dagli uomini?
– Mattia ci sono persone che hanno desideri diversi e non lo fanno per loro scelta. Ma si scoprono diversi.
– E chi te lo ha detto.
– Me lo ha detto proprio Mario.
Mattia avrebbe voluto farselo spiegare meglio direttamente da Mario ma non ebbe modo di farlo perché subito dopo uscì dalla loro vita andando a vivere a Londra e i contatti, anche quelli telefonici, in breve si interruppero.
Mattia è andato all’aeroporto a prendere sua madre e la sta portando a casa di Mario senza che lei lo sappia. L’accordo è che quando sono al portone lui apre con la sua chiave e suona al citofono. Così quando l’ascensore si ferma al piano, la porta dell’appartamento di Mario è aperta, lui è sulla soglia e dice:
– Benvenuta Aurora.
– Mario, quanto tempo.
Ma subito dopo l’espressione della donna passa da gradita sorpresa a diffidenza e si chiude in difesa.
– Questo che significa?
– Entra Aurora, entra, c’è tempo per le spiegazioni.
– Quando vi siete rivisti, e come è che mio figlio sta in casa tua.
– Mamma ho incontrato Mario per caso un mese fa.
– E non me lo hai detto. Ci siamo sentiti al telefono tante volte. È un complotto?
– No Aurora, nessun complotto. Ricordati chi sono stato. È vero che non vi ho più cercati, che ci siamo persi ma mai dimenticati. Mi consideravo di famiglia “zio Mario”.
Così intimidisci tuo figlio.
– E perché mio figlio avrebbe bisogno, con me, di un intermediario.
– Mamma fin ora non ho avuto il coraggio di dirti una cosa che condiziona tutte le scelte della mia vita. Stavo scegliendo di allontanarmi da te per non dirtelo. È stato Mario, incontrandolo, che mi ha convinto a farlo, ci è voluto un mese per convincermi, e gli ho chiesto di essere presente.
Ti ricordi mamma quando ero piccolo e ti chiesi perché non sposavi Mario? Tu mi dicesti che non basta l’amore ci vuole l’attrazione e Mario non era attratto dalle donne, Mamma neanche io lo sono. Sono attratto dagli uomini.
– Ed è per questo che sei qui?
– L’ho creduto per tanto tempo, ma incontrandoci ho capito che c’è amore ma non c’è attrazione. Per Mario è stato evidente subito, io ci ho impiegato un po’ di tempo, avevo costruito tanti castelli in aria, troppi.
– E perché sei rimasto.
– Perché vedo in lui il padre che non ho mai veramente avuto. Mi capisce fin in fondo perché siamo simili. Vorrei che tu mamma, se anche non mi capisci, mi accettassi.
– Figlio mio, anche se una mamma non comprende il disagio, la diversità di suo figlio, li avverte. Ha paura che questa diversità possa farlo soffrire e scatta immediato l’istinto di volerlo proteggere, difenderlo da tutto e da tutti. Ho palesato anche in Mario un possibile pericolo e ho reagito sbagliando, lui è dalla tua parte e può aiutarti. E se anche non ti potrò comprendere non smetterò mai di amarti. Vivi la tua vita e se questa ti fa felice lo sono anche io.
Grazie Mario
E si abbracciano.

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Bisex, Gay

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