“Uno di loro però è stato un po’ birichino, infatti, facendo finta di scrivere qualche messaggio al cellulare, ho visto che mi ha scattato qualche foto, …”
Ritorno a casa
Riportai i registri in segreteria e li riposi
nello scaffale usato da me. Mi muovevo con apparente tranquillità, ma nello stesso tempo mi sembrava di essere ubriaca, la testa mi riportava indietro nell’aula dove ancora una volta mi ero lasciata coinvolgere dando uno spettacolo un po’ troppo particolare. Camminai senza guardare chi incontravo ignorando quindi anche i saluti che erano rivolti a me. A qualcuno chiedevo scusa perché ero completamente soprappensiero, altri invece venivano ignorati proprio perché non riuscivo nemmeno a vederli.
In un modo o nell’altro raggiunsi la macchina e partii in direzione di casa mia, rendendomi più tardi conto, quando mi fermai a un semaforo, che le mie gambe erano completamente scoperte. La cosa assurda era che non ricordavo se le avessi scoperte io sedendomi in macchina o se fosse successo inavvertitamente. All’improvviso mi ricordai che ero anche senza mutandine e istintivamente portai una mano sull’orlo della gonna per coprirmi, ma poi pensai che era praticamente impossibile che qualcuno se ne accorgesse e poi, in fondo, la situazione era anche molto piacevole.
Cercai anche la mia vocina che in situazioni simili ci sguazzerebbe felice, ma non ebbi risposta, segno forse che non avevo bisogno di consigli bizzarri.
A casa andai subito in bagno per fare una doccia, pensai di farla fredda per spegnere i miei umori, ma poi, sotto la doccia, con l’acqua che scorreva sulla mia pelle nuda, gli umori che volevo spegnere si manifestavano sempre di più. Così, mentre mi insaponavo e accarezzavo il mio corpo per pulirlo di tutto non potei fare a meno di notare il mio seno ancora dritto e i miei capezzoli che si indurivano sempre di più.
Chi lo sa, forse quella commessa e quel ragazzo avevano ragione, dovrei valorizzare un po’ di più il mio corpo e mettere in mostra qualcosa in più. Se era vero quello che dicevano che le cose belle dovevano essere mostrate, forse dovevo farlo anche io.
Assorta da questi pensieri, mi ritrovai al centro, vicino al negozio dove avevo fatto gli acquisti. Decisi di tornare lì e vedere se ci fosse qualcosa di simpatico da acquistare. Cercai e trovai un parcheggio e mi diressi a piedi, decisa, verso quel negozio.
Non avevo bisogno di cercare qualcosa tra i tanti capi esposti, ma mi diressi direttamente da Silvia, la commessa, che mi accolse con un bellissimo sorriso accompagnato da un “bentornata”.
Mi fermai davanti a lei salutandola e mi guardai intorno, forse poteva esserci qualcosa esposto che facesse al caso mio.
“Vuoi qualcosa di particolare?” Chiese la commessa e lì per lì non feci caso al fatto che mi desse del tu.
“Sì – risposi con un sorriso – vorrei qualcosa che mettesse in risalto il mio corpo, la mia persona.”
“Ho diverse cose che possono andar bene – mi rispose – ma preferisci un vestito, una gonna, delle scarpe?”
La guardai perplessa.
“Non lo so – risposi – credo un vestito, o una gonna e una camicetta, visto che sta iniziando il caldo e forse anche delle scarpe.”
Sorrise e mi strizzò l’occhio, quasi come un segno di complicità. Si allontanò e scomparve dietro una parete dove erano esposte magliette di tutti i tipi e colori.
Riapparve poco dopo con in braccio un paio di capi e un paio di sandali, abbastanza particolari, rossi.
“Ecco – disse porgendomeli – una gonna che metterà in risalto il tuo culetto e le tue gambe, una bella camicetta da portare assolutamente senza reggiseno e un paio di sandali alla schiava che ti staranno benissimo.”
Guardai quei capi senza nascondere la mia perplessità, la gonna, elasticizzata, mi sembrava molto corta e la camicetta era di una stoffa molto leggera e quasi trasparente. Senza parlare poi delle scarpe che avevano dei tacchi davvero vertiginosi.
“Dai, non pensarci – continuò – misurateli e specchiati, vedrai che starai benissimo.”
Guardai lei e quello che mi aveva dato, certo quella gonna mi sembrava davvero molto corta, forse qualcosa che potesse star bene a una ragazzina, ma non a me.
Guardai verso le salette di prova e, quasi senza accorgermene, andai in una di quelle per misurarmi quei capi.
Quando stavo per spogliarmi mi resi conto e mi ricordai che non avevo messo il reggiseno e inoltre non avevo più le mutandine perché le aveva prese quel ragazzo. Non sapevo che fare, se continuare a spogliarmi e provare gonna e camicetta e quindi le scarpe, oppure lasciar perdere tutto e andarmene a casa. Stavo per prendere quest’ultima decisione quando la solita vocina si fece viva di nuovo: “cosa fai? Non fare la stupida, dèi, forza, prova queste cose, nessuno potrà vedere che sotto sei nuda, tranquilla, sono sicura che ti piacerà”.
Forse aveva ragione, forse nessuno se ne sarebbe accorto e poi quei capi potevano anche stare molto bene e li avrei acquistati felice di averlo fatto.
Certo era strano, mi sembrava davvero strano identificare quella vocina non con il mio inconscio, ma addirittura come un’estranea che mi dava consigli di continuo.
Senza pensarci più, mi spogliai e indossai quei capi, cercando di guardarmi a quello specchio troppo vicino.
Come l’altra volta la commessa si affacciò nel camerino e mi invitò ad uscire fuori per guardarmi meglio agli altri specchi fuori che mi avrebbero mostrata tutta intera.
Appena mi specchiai mi resi conto della gonna troppo corta per i miei gusti, era molto su e praticamente a circa 10, forse 15 centimetri dal mio inguine, tra l’altro era elasticizzata ed immaginai la difficoltà che avrei avuto nel tenerla giù. Istintivamente cercai con le mani di abbassare l’orlo inferiore.
“Ma che fai – mi fermò subito Silvia – non puoi allungarla, quella è la giusta lunghezza e devo dire che ti sta d’incanto. Le tue gambe sono uno splendore e non devi assolutamente nasconderle.”
In effetti, guardandomi allo specchio dovevo ammettere che quella gonna valorizzava molto i miei fianchi e anche le mie gambe e la camicetta si abbinava alla perfezione.
“L’unica cosa che manca – continuò – sono le scarpe che ora ti proverai e vedrai il risultato. Un’altra cosa, non abbottonare tanto la camicetta, tienila aperta anche un po’ sui seni, sono molto belli e stanno su che è una meraviglia, magari tante ragazze potessero averli come i tuoi.”
Così fece seguire i fatti alle parole e mi sbottonò lei stessa due o tre bottoni della camicetta, cosa che lasciai fare senza dire nulla.
Poi mi indicò un pouf dove mi sarei dovuta sedere per mettermi quei sandali, cosa che io feci subito dimenticando (?) che ero senza mutandine.
Silvia si accovacciò ai miei piedi per farmi indossare quei sandali, restò per un attimo sorpresa, ma non più di tanto guardandomi tra le gambe, poi, con un sorriso iniziò a mettermi le scarpe allacciano le fettucce attorno ai polpacci.
Si alzò e sorridendomi mi disse: “Complimenti per l’audacia, sei fantastica”.
Mi alzai anche io e mi sistemai meglio la gonna che, sedendomi, era salita ancora un po’, poi mi guardai allo specchio.
Con mia sorpresa mi sembrava di vedere un’altra donna, gambe slanciate e nervose, fianchi e vita da modella e il busto valorizzato dalla camicetta. Dovevo essere soddisfatta, anche se quell’abbigliamento mi sembrava un po’ troppo spinto.
“Sei davvero magnifica!”
Mi disse Silvia sfoggiando forse il suo sorriso più bello.
“Così vestita cadranno tutti ai tuoi piedi, ne sono certa.”
Mi guardai ancora allo specchio che mi rifletteva anche lo sguardo interessato di un paio di ragazzi alle mie spalle, uno di quelli fu strattonato da quella che doveva essere la sua ragazza. Mi venne quasi da ridere, così, senza pensarci, dissi a Silvia: “Bene, mi hai convinta, prendo tutto, ma tu non aggiungere altri regali, mi raccomando.”
Si mise a ridere e con lei anche io, quindi andai nel camerino per rimettermi i miei vestiti e dare a Silvia quelli che avrei comprato.
Tornai a casa felice, senza ripensarci su, era stato un bell’acquisto, certo non sarebbe stato facile indossarlo in pubblico, ma non fa nulla, erano cose che mi piacevano e mi convinsi di aver fatto bene a comprarli.
Il giorno dopo, sabato mattina
Mi svegliai di buon umore, dopo una notte in cui avevo dormito davvero profondamente e senza tanti problemi che in genere mi giravano per la testa.
Preparai un bel caffè, la colazione per mio figlio Marco e portai il tutto in terrazza, la giornata era tiepida e piena di sole, niente di meglio che una buona colazione all’aria aperta.
Chiamai mio figlio che venne quasi subito, cosa che mi fece meravigliare perché in genere si sveglia abbastanza tardi. Gli sorrisi e gli indicai dove avevo preparato la colazione.
Sembravamo felici tutti e due, ci scambiammo qualche battuta spiritosa, sul mio lavoro, sul suo studio e sulla sua squadra di pallanuoto.
A questo proposito, tra una battuta e l’altra mi disse:
“Per stasera ho invitato tre miei amici a mangiare una pizza con noi, ti dispiace?”
“Perché dovrei dispiacermi – gli risposi con un sorriso – sono tuoi amici e sono quindi benvenuti, ma chi sono?”
“Sono miei compagni della mia squadra – rispose – sono qui da poco tempo e non conoscono nessuno, ho pensato così di farli sentire meno soli.”
“Hai fatto benissimo – dissi con entusiasmo – così anche noi ci sentiremo meno soli, ordinerò le pizze che credo gli piaceranno e mangeremo qui in terrazza.”
“Ottima idea.” Disse Marco alzandosi e rientrando in casa.
Rimisi a posto il tavolino dopo aver assaporato l’ultimo sorso di caffè e rientrai anche io. Misi le stoviglie nella lavastoviglie e andai nello studio per controllare la posta e per fare una ricerca per la scuola.
Un beep mi fece capire subito che era arrivata una mail e subito andai ad aprire la mia posta elettronica, aprii il sito della posta e trovai la mail in arrivo. Non mi meravigliai vedendo che mi arrivava da quell’indirizzo sconosciuto, credo del mio alunno. Lessi subito la mail.
“Cara prof, innanzitutto volevo ringraziarti per la tua disponibilità di ieri. Non avevo dubbi in merito perché sei sempre stata una donna molto moderna e giovane, una donna dalla femminilità incredibile e di una sensualità che viene fuori da sguardi, movimenti, insomma viene fuori da tutti i pori. La cosa che mi ha più colpito è stata la tua disponibilità e la tua visione moderna della vita, molto differente da tutti gli altri professori. Ma questa mail non deve sembrare come una mail di complimenti che possono nascondere un secondo fine, sappiamo che non avrai nessun sentimento di simpatia o antipatia nel giudicare i tuoi alunni, dei quali mi piace farne parte. Vedi, ormai siamo in chiusura dell’anno scolastico e anche nella chiusura della nostra presenza al liceo, dall’anno prossimo per molti inizierà una nuova vita, entrando a far parte della vita accademica.
Ora, in occasione di questo evento, abbiamo deciso di festeggiarlo nella maniera migliore, con una grande festa, una specie di addio alla vita scolastica e a un benvenuto nell’università. Questa festa si terrà in un locale sul lungomare di Pozzuoli, un locale che sicuramente conosci, perché è uno dei più famosi. Ora saremmo tutti felici se decidessi di averti nostra ospite per quell’evento, ci sarà anche Silvia, la commessa che ormai conosci bene.
Vorremmo che tu potessi risponderci qualsiasi sia la tua decisione, nel caso sia positiva ti manderemo l’indirizzo preciso o ti verremo a prendere per non farti guidare di sera.
Ti ringraziamo fin da ora, i tuoi alunni dell’ultimo anno.”
Devo dire che mi aspettavo sicuramente una mail dai miei alunni e da quell’alunno in particolare, ma me lo aspettavo diversa, forse con i toni della prima mail oppure con i toni che aveva usato verbalmente con me in classe, invece dovevo dire che mi era sembrata una lettera molto gentile e anche consapevole del ruolo alunno/insegnante, tranne forse che per il tu usato nei miei confronti. Comunque trovai quella mail una cosa molto gentile che potevo o non potevo accettare, ma che, dati appunto i suoi toni, erano certamente da considerare positivamente e quindi fattibile.
Comunque decisi che gli avrei risposto positivamente nel pomeriggio.
Il pomeriggio
A pranzo mio figlio mi dette la conferma per la venuta a cena dei suoi amici. Risposi che non c’erano problemi, che prima di sera avrei ordinato le pizze in modo di farle arrivare in tempo.
Finimmo di mangiare e rimisi a posto la cucina e mi preparai un caffè che presi con tranquillità seduta sul dondolo della terrazza, quindi decisi di rispondere alla mail e di preparare il terrazzo e me stessa per la serata.
Tornai quindi nello studio e accesi il computer poi entrai nella mia posta elettronica e iniziai a scrivere il messaggio.
“Vi ringrazio per aver pensato anche a me in una festa così importante per voi, l’occasione per festeggiare appunto il vostro addio al periodo scolastico e entrare in quello della vita. Molti andranno all’università e molti altri inizieranno anche a lavorare, cosa che è molto importante, appunto come inizio di una nuova e più importante vita. Sono molto onorata e con molto piacere vi dico che accetto con gioia il vostro invito. Mi farete sapere voi il giorno e l’ora in cui ci sarà questa festa. M.D.A.”
Lessi ancora una volta il mio messaggio, come era mia abitudine, poi premetti il tasto di invio.
Ecco, pensai, questo è fatto, ora pensiamo alla serata.
Per il giardino mi feci aiutare anche da mio figlio, in modo da finire di pulire più presto, quindi mi dedicai alla mia persona. Feci una doccia rinfrescante e che mi togliesse di dosso la polvere accumulata durante la pulizia della terrazza, poi tornai in camera mia per scegliere i vestiti.
Guardai un po’ tutti quelli che avevo, non sapevo se mettere una gonna lunga o normale, misi sul letto un vestito lungo e lo guardai.
“Ma che vuoi mettere – ecco ancora la vocina – tanto vale che ti vesta da suora.”
Risi per il paragone e decisi che aveva ragione, quindi scelsi un vestito quasi a metà coscia.
“Ma vogliamo valorizzare il tuo corpo – rieccola – o lo vogliamo sacrificare? Hai giusto comprato quello che serve.”
Guardai il vestito sul letto, quindi guardai l’armadio, ritornai a muovere lo sguardo tra il letto e l’armadio, poi mi decisi, rimisi a posto quel vestito e presi la gonna corta che avevo comprato ieri, una camicetta senza maniche che mi piaceva molto, uno dei perizomi che mi aveva consigliato Silvia e le scarpe col tacco alto.
Decisi che quello sarebbe stato il mio abbigliamento, ricevendo anche un “brava” dalla vocina.
La sera
Devo dire che la mise che avevo indossato ebbe un successo strepitoso, persino mio figlio ne rimase affascinato facendomi i complimenti. Gli amici di mio figlio (sono tre) non mi toglievano gli occhi di dosso, specialmente quando, senza volerlo (davvero) mi stava cadendo una fetta di pizza e per non farla cadere a terra mi si è aperta la camicetta facendo uscire un seno allo scoperto.
Rimisi a posto la camicetta con calma e, con un sorriso, chiesi scusa per l’incidente.
Persino il ragazzo che mi aveva portato le pizze rimase alla porta a guadarmi, e mi aiutò a portare in cucina i cartoni delle pizze. Oltre alla mancia gli regalai un bel sorriso.
Tagliai a fette triangolari le pizze in modo da poter assaporare tutti i gusti, misi le fette nei piatti di portata che misi su un carrello e quindi le portai in terrazza.
I ragazzi continuavano a guardarmi, io sorridevo mentre mettevo nel mio piatto una fetta e mi andavo a sedere sul dondolo. Lì seduta mi resi conto che avevo le cosce completamente scoperte e il perizoma poteva essere anche lui visibile, pur nella penombra della terrazza.
Sentii due dei ragazzi che parlavano tra di loro, non riuscii a capire tutto, ma sicuramente sentii queste parole: “che bel culo” e “ci passerei una notte almeno”. Comunque sono stati molto attenti ed educati e certe cose se le dicevano in privato. Uno di loro però è stato un po’ birichino, infatti, facendo finta di scrivere qualche messaggio al cellulare, ho visto che mi ha scattato qualche foto, continuando ancora un po’ dopo.
La serata era calda e mio figlio aveva messo un po’ di musica dolce, senza esagerare col volume, pensai che si stessero divertendo tutti.
A distanza di tempo, posso però dire che quella sera ebbi l’impressione che quei due ragazzi commentassero su di me in modo da farmi sentire i loro commenti, anche se venivano espressi sottovoce e coperti dalla musica, fatto sta che quelle cose se le dicevano quando io ero più vicina a loro, a meno che non le avessero detto anche più pesantemente quando ero lontana.
Ebbi anche la certezza che l’uscita di seno (o di senno?) sia stata ben notata, perché tutte le volte che chinavo il busto avevo addosso sei occhi pronti a cogliere il momento in cui un mio capezzolo (o entrambi) fossero ben visibili. Non so se poi quegli occhi fossero sei o otto. Tra l’altro, quando mi sedetti sul dondolo, gli altri si sedettero proprio di fronte a me e io, non so perché, iniziai ad accavallare e scavallare le gambe con indifferenza, restando in qualche momento (per poco però) con le gambe leggermente aperte.
Dopo la seconda volta che avevo accavallato le gambe uno di loro ha preso il suo cellulare e ha aspettato un nuovo scavallo, cosa che è successa poco dopo e per qualche altra volta, restando tra uno scavallo e un altro per qualche secondo con le gambe leggermente aperte. In quei momenti quel ragazzo pigiava qualcosa sul cellulare e io credo che abbia fatto un bel po’ di fotografie. Sul dondolo c’era penombra, ma con i nuovi cellulari immagino che il perizoma si sia visto o immortalato per bene. La serata comunque andò avanti più o meno in quel modo fino a quando non mi venne in mente di sedermi su uno di quei pouf bassi che avevo in terrazza, con la conseguenza di dover tenere in alto le ginocchia, ben unite ma con i piedi leggermente aperti. Un sorriso mi venne spontaneo vedendo quei ragazzi che mi guardavano con occhi stralunati.
Lì la luce era maggiore e anche le mie gambe erano bene illuminate. Credo che gli scatti siano riusciti a superare la trasparenza del perizoma. Penso che sia così anche perché ho notato che sorridevano e si davano leggere gomitate tra di loro. Complice il bicchiere bevuto, li ho lasciati fare e non ho chiuso i piedi per coprire il mio inguine.
Ora non so se avrei dato tutto quello spettacolo senza quel bicchiere di vino che mi hanno voluto far bere. Proprio per quel bicchiere di vino, forse un po’ troppo forte per la mia resistenza, iniziò a farmi girare la testa e a farmi sentire sempre più assonnata.
Dovetti scusarmi con loro e ammettere che la testa stava diventando sempre più pesante e che sarei dovuta andare a letto prima di addormentarmi davanti a loro.
Sono ragazzi intelligenti e responsabili e capirono subito che sarebbe stato meglio se la serata finisse lì, così ci salutammo e andai a letto.
Come previsto, mi bastò poggiare il capo sul cuscino per prendere sonno immediatamente.
La mattina dopo mio figlio mi ha salutata con un bacio e mi ha detto “buongiorno mammina sexy”, l’ho guardato in maniera interrogativa e gli ho chiesto se gli avesse dato fastidio il mio abbigliamento di ieri, mi ha risposto semplicemente con un “no, anzi” e si è fiondato sulla colazione.
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