“Sìììììì…”
E giù con una megasborrata che allagò il canale di Luciana dando un immediato refrigerio a quel culo dolorante, ma in parte colò al di fuori…”
2.
Mamma Matilde si era sforzata di sdrammatizzare per sciogliere il
gelo che era sceso nell’appartamentino del figlio. Ma per alcuni minuti la situazione restava cristallizzata. Luciana era rimasta lì vicino alla porta, come paralizzata, incapace di concettualizzare la situazione che si manifestava dinanzi ai suoi occhi; il fratello Enrico, ancora a letto, nascondeva il volto sotto il lenzuolo, schiacciato dal peso della vergogna.
Matilde capì che non poteva demordere, che da quella situazione si poteva uscire solo andando fino in fondo. Si copriva le sue nudità con il lenzuolo, ma con una mano continuava ad accarezzare la testa del figlio e, rivolgendosi a Luciana, assunse un tono provocatorio sfidando apertamente la sua ipocrisia:
“Dai, Lucy, non restare lì impalata… vieni, vieni qui da noi che ti facciamo posto!”
E, visto che la figlia non si muoveva né rispondeva, cambiò tono e la incalzò polemicamente:
“Sei venuta per fottere con tuo fratello? Bene, accomodati! Se poi io sono di troppo, vi lascio soli, non vi preoccupate!”
A quel punto fu Enrico a rompere il silenzio e, rivolgendosi anche lui alla sorella, disse:
“Dai Lucy, vieni qui, unisciti a noi …. Ora in famiglia non ci sono più segreti …. Su, festeggiamo la riconciliazione familiare!”
Luciana cominciò a muoversi, poi meditabonda si accomodò su una poltroncina. Per scuoterla intervenne ancora la mamma che, stavolta con voce suadente, le disse:
“Ha ragione Chicco …. Su, amore, che male c’è a volersi bene senza nessuna ipocrisia? …. Sapevo di Ale, del tuo ragazzo ….Ma ti capisco, sai …. Tuo fratello è un vero torello … perché non approfittare di questa grazia di dio?”
“Dai, Lucy ….” – aggiunse il fratello – “dai che ci divertiamo ancora un po’ …. E ti assicuro che la mamma è la più dolce maiala che esiste al mondo!”
“Io maiala!” -protestò ridendo Matilde- “e voi due, porcellini?! … Comunque, meglio essere una famiglia di gaudenti che di bacchettoni!”
Le resistenze di Luciana erano ormai cadute, la ragazza aveva cominciato a svestirsi mettendo allo scoperto un corpo davvero attraente: due boccioli piccoli ma ben modellati, due gambe lunghe ed affusolate, un culetto alto e sodo, a mandolino. Tanto che Matilde non potè fare a meno dall’esclamare:
“Uuhhmmm …. Sei uno splendore, figlia mia! … Chicco fai bene a godertela tua sorella! … sarebbe un vero peccato lasciare questo piacere ad altri!”
Enrico commentò a mezza bocca in tono sfottente:
“Parole sante, mamma! … anche perché Ale è un ragazzo dolce e premuroso, ma Lucy ha bisogno d’altro!”
Luciana si era ormai sbloccata e, accennando un sorriso, si infilò nel letto, dal lato opposto alla madre, attaccandosi subito al corpo del fratello. Matilde fece altrettanto e in breve Enrico si trovò ad essere palpato, sbaciucchiato, leccato da entrambi i fronti. Ad un certo punto vide le due donne convergere con la bocca sul suo petto implume e impossessarsi ciascuno di un capezzolo, mentre le loro mani si sfioravano e si incrociavano più in basso, dividendosi l’asta del cazzo sempre più inalberato e i coglioni che velocemente si ricaricavano di sperma.
“Aaahhh ….. che magnificenza!”, esclamò il ragazzo nel pieno dell’estasi, “mi piacerebbe avere due bocche e due cazzi per scoparvi contemporaneamente!”
“Non ce n’è bisogno”, sghignazzò la madre, “basta che ti sforzi di resistere un po’ di più, e ce n’è sia per tua sorella che per me… dai, comincia da Lucy, che ha diritto a mettersi in pari con noi”.
Enrico si girò subito verso la sorella e, dopo averle infilato lestamente la lingua in bocca, l’avvinse per le belle chiappette e, senza troppi preamboli, aprendosi col suo punteruolo un varco nella fighetta di Luciana. La ragazza sottolineò il momento con un sospiro ed un gemito prolungato:
“Aaahhh …. mmmhhhh ….. fratellino …. sììììì …… prendimi come sai fare tu …. sfondami ….. riempimi!!!”
I due ragazzi si scatenarono in una chiavata furibonda, che li faceva sudare e delirare. Matilde si rese subito conto che erano ben affiatati e scopavano con sincronismi collaudati. Per partecipare al loro amplesso, accrescere il loro godimento e strapparne qualcuno anche per sé, si attaccò strettamente alle spalle del figlio facendogli sentire la morbidezza e voluminosità delle sue tettone; poi, cominciò a leccargli la schiena con la lingua producendo delle vere scosse elettriche ad Enrico; infine, allungò la mano sulle sue natiche e fece scorrere le sue dita nello spacco fino ad introdurre il dito medio nell’ano del ragazzo.
Enrico, ancorchè assorbito nella travolgente scopata in atto con Luciana, non potè fare a meno di esclamare come un invasato:
“Mamma, mamma …. Così mi fai impazzire!!!”
Al che la sorella, quasi interrompendo lo stato di trance erotica nel quale era piombata sotto i colpi del suo cazzo, si era sporta con il volto dalla spalla di Enrico e aveva cercato di capire cosa stesse facendo la madre. La quale, invece, colse al volo quel movimento per lanciarsi verso la sua bocca e infilarle lestamente la lingua tra le labbra.
Luciana ebbe appena un attimo di sorpresa, poi rispose subito alla sollecitazione ed intrecciò la sua lingua con quella della madre, le mulinarono insieme nelle bocche incollate e si travasarono saliva in abbondanza.
Enrico era stretto in un sandwich da favola, il cazzo inguainato nella figa della sorella, il culo rovistato in maniera sempre più penetrante dal dito della madre, con le belle collinette morbide di Luciana contro il petto e le tettone della madre, rigonfie come due airbag, schiacciate dietro le spalle.
Le due donne si slinguavano lascivamente, i tre corpi sudavano e vibravano come un unico impasto; Enrico, facendosi largo a forza di spalle, piano piano riuscì a sfilarsi da quella morsa e scivolò in basso all’altezza delle fiche gocciolanti e delle cosce di sua madre e sua sorella, le quali, come risucchiate dal loro amplesso morboso, quasi avevano dimenticato la sua presenza. Tant’è che, quando, stordito dall’odore inebriante di quelle fiche infuocate, il ragazzo aveva cominciato a leccarle alternativamente, le due avevano tradotto la nuova fonte di eccitazione in un abbraccio ancora più stretto e appassionato. Enrico percepì in quel momento che l’attrazione lesbica aveva avuto il sopravvento e lo aveva di fatto emarginato; ma la cosa non gli dispiaceva, perché poteva muoversi con più libertà.
Dopo essersi ampiamente abbeverato alle due fiche, si sfilò completamente da quei corpi, scivolò fuori dal giaciglio e si accomodò su una poltroncina ai piedi del letto e si mise a guardare cominciando a segarsi lentamente.
“Mmmm ….”, sogghignò ammirato ed eccitato, “siete adorabili! non sapevo quanto foste porcone!…”
Le due, completamente assorbite nei loro giochi di lascivia saffica, non diedero la sensazione di averlo neppure sentito, comunque non gli risposero neppure quando lui aggiunse:
“Non mi direte che volete fare a meno di questo cazzo! Guardate come si è inalberato!”
Allora Enrico, che non voleva certo concludere la cosa in solitudine o da mero voyeur, si risollevò, si inginocchiò sul letto ai piedi delle due donne e allargò le braccia per accarezzare contemporaneamente le natiche di entrambe, facendo poi scorrere le sue dita lungo il solco fino all’ingresso dell’ano, che cominciò a vellicare, prima delicatamente, poi più brutalmente, provocando finalmente qualche piccolo gemito.
Il cazzo inturgidito reclamava, ma la sua attenzione era ormai concentrata su quei culi che aveva cominciato a violare con le dita. Si spostò dal lato della madre, si chinò e si abbassò sotto le sue chiappone, le dilatò con le mani e si fiondò con la lingua sul foro nero dell’ano, che cominciò a leccare affamato.
Il sapore amarognolo e l’odore lievemente solforoso del canale lo inebriavano, ma sentì che anche la madre non era certo insensibile al suo lavoro di lingua, a giudicare da come roteava il bacino. Insistette a spingere la lingua interamente dentro il buco, a succhiare ed a sbavare; la madre cominciò ad aprire e chiudere le sue chiappe con ritmo frenetico, poi la sentì urlare:
“Chicco, tesoro di mamma, così mi fa scoppiare l’intestino!…. mmmm …. non resisto!”
E subito dopo rilasciò nella bocca del figlio un rivolo di umore scuro, un piccolo meato fecale che Enrico pasteggiò avidamente.
“Mmmm …. Chicco, cosa mi fai fare?! …. Ma tu sei un demonio, amore mio!”
Per un momento le due donne avevano sospeso l’infaticabile lavorìo delle lingue; Lucy, cogliendo il picco di godimento della madre incuriosita su quel che stava accadendo, si rivolse al fratello:
“Ehi Chicco, cosa le stai facendo alla mamma? …. Guarda che ci sono anche io …”
Enrico si ritrasse un po’ dalle chiappe materne, rifiatò e le rispose:
“Non ti preoccupare, sorellina, non mi sono dimenticato di te!”
Ciò detto, si risollevò, scavalcò i corpi intrecciati delle due donne e si calò dal lato di Luciana, scese con la faccia tra le sue natiche e cominciò a titillare il forellino anale con la punta della lingua. Luciana si mostrò subito molto più reattiva della madre, agitandosi tutta e emettendo gemiti goduriosi ad ogni colpo di lingua del fratello.
“Mmmm …. Chicco … ooohhhhh ….. hai una lingua che è un coltello …. mi apri tuttaaaa!!!”
Il ragazzo continuò a far roteare la sua lingua in quel buco portando in visibilio la sorella, mentre mamma Matilde si era piegata in basso verso di lui e si era impossessata del suo cazzo fremente imprigionandolo nella sua bocca. E pregustava già di trangugiare il getto cremoso di quello stantuffo se non avesse percepito come Luciana invocasse a gran voce di essere inculata dal fratello.
A quel punto l’amor materno ebbe la meglio sull’egoismo delle sue voglie e, sfilato il cazzone del figlio dalla bocca, lo accompagnò con la mano verso la stretta apertura posteriore di Luciana; poi dilatò con entrambe le mani le due chiappette della figlia e incitò il figlio:
“Dai Chicco, su, non vedi come si apre questo bel culetto?… Dai, spingilo dentro, non farla aspettare ancora … sì, falla godere questa troietta di tua sorella!”
E, non appena, con un forte colpo di reni, Enrico schiaffò il suo arnese quasi tutto dentro lo sfintere di Luciana e questa emise un urlo di dolore per lo strappo, Matilde di allungò verso la fichetta della figlia e cominciò a succhiarle prima il clitoride, poi le labbra della fica, facendola sbrodolare in un battibaleno.
I due fratelli-amanti erano letteralmente scatenati. Enrico aveva scopato Luciana tante volte, ma, forse per l’inedito triangolo con la madre, ora la trivellava con una rabbia sconosciuta. Per converso, la sorella si sentiva come squartata da quel cazzo più ingrifato del solito e, anche per effetto dello slinguazzamento della sua fica da parte della madre, delirava di piacere, dimenticando l’enorme dolore che quella furente inculata le provocava.
Non passò molto tempo e, al culmine dell’eccitazione, Enrico emise un urlo da Tarzan:
“Sììììì ….. te lo rompo …… te lo spacco il culo, sorellinaaa!!!… sìììììì…”
E giù con una megasborrata che allagò il canale di Luciana dando un immediato refrigerio a quel culo dolorante, ma in parte colò al di fuori finendo presto nella bocca famelica di Matilde, mescolandosi agli umori rilasciati dalla fica di Luciana.
Esausti i tre si abbandonarono l’uno sull’altro, Enrico sulle spalle di Luciana, Matilde in mezzo alle gambe dei figli, e provarono a rilassarsi e rifiatare. Restarono così a godersi il rilassamento dei corpi per un po’; poi, all’improvviso, Luciana si ridestò e si levò dal letto gridando:
“Oh cazzo!… ma è tardissimo!…. scusatemi, ma a quest’ora sarei dovuta essere già all’università!…”
Enrico guardò l’orologio, erano le 17. Fece una piccola smorfia ed esclamò:
“Eh già …. Chiama quelle troiette delle tue amiche e digli che ti aspettino ….”
Poi si rivolse alla madre e le chiese:
“E tu, mamma, quando hai il treno?”
Solo allora Matilde si rese conto che il tempo era volato.
“Oh Dio!…. parte tra 35 minuti …..”
Si levarono di corsa anche loro due e si precipitarono in bagno a rinfrescarsi, mentre Luciana si era già rivestita in fretta e furia ed era già dall’uscio, pronta a lanciarsi giù per le scale. Giusto il tempo di raccomandare a sua figlia di rientrare in tempo in collegio (l’orario fissato era per le 20, e le suore erano piuttosto fiscali), e in pochi minuti anche Matilde e suo figlio erano pronti per uscire e correre alla stazione.
Ci arrivarono in tempo solo perché Enrico guidò la sua Yaris usata come fosse una Lamborghini. Alle 17.38 il treno ripartì puntualissimo. Matilde ebbe appena qualche secondo per abbracciare il figlio prima di salire in carrozza e per sussurrargli in un orecchio:
“Chicco, sei stato un amore …. anche Lucy ….. me ne torno a casa felice!”
Ed Enrico di rimando:
“Torna presto, mamma, che lo rifacciamo di nuovo in tre!”
Per tutto il viaggio di ritorno Matilde non fece altro che ripensare e rivivere le immagini e le emozioni di quella straordinaria giornata che le aveva rivoltato come un guanto il mondo dei suoi affetti. Ad Enrico era stata sempre legata in maniera speciale, ora lo sentiva ancora più suo, lo desiderava. Luciana era stata per lei una scoperta, non la immaginava così spregiudicata e goduriosa. Ma era stata una scoperta piacevole.
Quante sorprese! Troppe sorprese per una giornata sola! Non poteva certo sospettare che non erano ancora finite.
Il treno arrivò in perfetto orario, alle 20.50, ma ad attenderla non c’era nessuno, del marito neppure l’ombra. Matilde se ne meravigliò; un comportamento, quello di Pietro, assolutamente inconsueto.
Telefonò a casa, non rispondeva nessuno. Chiamò sul cellulare, risultava staccato. Sulle prime era rimasta contrariata e stizzita, poi cominciò a preoccuparsene. Intanto, aveva preso del tempo prezioso e l’autobus di collegamento col centro era già partito. Si sentiva perduta, quando le si avvicinò un giovanotto che la riconobbe e si offrì di darle un passaggio in macchina.
Era un ragazzo che conosceva, un certo Gianni, che per la verità non le era particolarmente simpatico, un tipo un po’ manesco che aveva lungamente corteggiato sua figlia Luciana e del quale si raccontavano in paese bravate e ribalderie di ogni genere. Data la situazione non potè rifiutare e salì a bordo della sua Opel Tigra.
“Oh signora Matilde, come mai tutta sola a quest’ora? Lo sa che non è prudente per una donna come lei?”
L’accoglienza e il tono del giovane ebbero l’effetto di metterla subito in un certo qual disagio, anche perché, senza pudore, Gianni si mise a fissare le sue gambe e le ginocchia scoperte dalla gonna che, sedendosi, era un po’ risalita. Rispose un po’ fredda e frettolosa:
“Aspettavo mio marito, mi meraviglia molto che non sia venuto. Comunque grazie, Gianni, della tua cortesia. Sai, ho fretta di arrivare a casa e vedere cos’è successo …”
“Ahah … cosa vuole che sia successo? …. Che il signor Pietro, approfittando dell’assenza della moglie, si è concesso un po’ di svago …. Che vuole, a quell’età qualche piccolo capriccio per una fighetta giovane si comprende ….”
Matilde trasalì dinanzi al ghigno sfottente ed a quell’insopportabile tono confidenziale del ragazzo e reagì stizzita:
“Scusa, Gianni, come ti permetti di parlarmi in questo modo? Ti prego, non essere insolente e non mancare di rispetto a me ed a mio marito…”
Per tutta risposta, il ragazzo continuò a ridacchiare e, allungando una mano sulle sue ginocchia, le rispose:
“Non si arrabbi signora Matilde, sono cose che succedono, anche se io il signor Pietro non lo capisco, con una donna come lei a disposizione …. Le fiche mature sono molto più piacevoli di quelle acerbe!…. ahahah !!!”
Matilde restò per qualche momento frastornata, contrariata dall’insolenza del ragazzo e dalle sue sconce avances, ma anche dall’insistito riferimento ad una possibile scappatella del marito. Guardò con il fuoco negli occhi lo screanzato che le aveva dato il passaggio, tentò con uno strappo di allontanare le sue manacce dalle ginocchia, ma il giovanotto era nerboruto e, continuando a guidare con la sinistra, affondò ancora di più la sua mano destra dentro le cosce della donna fino a lambirle l’orlo delle mutandine.
“Ma …. Sei proprio un maiale degenerato! … lasciami stare …. Accostati e fammi scendere!”
Matilde aveva stretto le cosce e cercava di divincolarsi per sfuggire alla presa di Gianni, il quale, invece, imperterrito e trasfottente, continuava a ridacchiare ed a spingere sempre più in fondo la sua mano:
“Lasciarti qui di notte in mezzo alla strada?! Non sia mai detto! … sarei davvero uno stronzo! …. Non ti agitare, ti porto dove vuoi….. a casa?…. o magari a fare una bella sorpresa al tuo bel maritino?”
Matilde era più che turbata, in balìa di quel malintenzionato che la molestava così sfacciatamente e la martellava con quelle sarcastiche illazioni su suo marito. Dalla collera passò all’implorazione:
“Ti prego Gianni, lasciami andare …. Sono stanca, voglio solo andare a riposare”.
“Ma certo, signora!” replicò il giovane col suo tono irridente, senza mollare la presa, anzi sfregando freneticamente le dita sulle sue mutandine e cominciando a stimolarle il grilletto “la porto a casa … ancora pochi minuti e siamo arrivati!”
Ma la fica di Matilde non obbediva alla sua volontà di resistere e, per effetto di quelle insistenti stimolazioni, presto le mutandine cominciarono a bagnarsi. Al che Gianni esclamò trionfante, passando dal ‘lei’ al ‘tu’:
“Oh, mia cara signora, mi fa piacere vedere che non sei più incazzata con me!…. mmmm ….. sìììì …. dai, rilassati e lasciati andare ….”
Matilde fremeva ancora di rabbia, ma quel bastardo ci sapeva fare con le mani e l’aveva portata sull’orlo dell’orgasmo. Cominciò a gemere e sospirare, strinse ancora di più le cosce, ma stavolta non per ostruire l’ingresso a quelle dita sacrileghe, bensì per accompagnare gli spasmi vaginali sempre più incontrollabili. Poi, d’un tratto, esplose in un urlo a stento trattenuto:
“Mmmmm ….. aaahhhhh ….. sei un diavolo …… mmmm…. porcooooo!!!!”
Gianni raccolse nelle dita i suoi effluvi e si portò la mano al naso:
“Mmmmm …. Che bello l’odore della tua fica! … Ho sempre pensato che eri una bella gnocca matura …. Ma non sapevo ch eri tanto porcona! …. mmm …. Brava, ora rilassati, goditi questo momento! …..”
Accostò la macchina in una piazzola, prese una mano di Matilde e la portò sul suo pacco bello ingrossato:
“E ora non pensi che anche questo poverino ha diritto ad un po’ di soddisfazione?”
Matilde era ancora in trance per la forte, inaspettata eiaculazione, e non ebbe neppure il tempo di fare mente locale alla situazione che Gianni aveva già tirato giù la zip dei jeans, cacciato fuori il suo uccellone ingrifato e, facendole abbassare di forza la testa verso il suo bacino, gliel’aveva ficcato in bocca:
“Ora da brava succhia, succhia ….. mmmm ….. dai, succhiamelo, mia bella troiona!”
Quel Gianni era spregevole, ma Matilde non sentiva più la forza della volontà, e meccanicamente si mise a pompare quel cazzo nerboruto e, con sua stessa meraviglia, lo fece con tanta foga che in quattro e quattr’otto si ritrovò la bocca allagata di sperma lattiginoso. E, come la peggiore delle puttane, lo ingoiò con avidità.
Poi si risollevò e, appoggiando la testa allo schienale e restando ad occhi chiusi, sentì che il giovanotto ripartiva a tutto gas esclamando:
“E brava la signora Matilde! Aaahhh che mignottona!…. Ora siamo pari ….. ti porto a casa!”
Pochi minuti dopo Matilde uscì dalla macchina di Gianni senza salutarlo, e si diresse verso casa come un automa. Era ancora stravolta, confusa, una giornata così intensa, scioccante, non l’aveva mai vissuta. Aprendo la porta e vedendo la sua casa immersa nel buio e nel silenzio, fu presa dallo sgomento: dove era finito suo marito Pietro?
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