“Lei mi leccò senza provare disgusto e prese a godere a sua volta, lasciandosi sfuggire grida acute…”
Le mie calde allieve – Capitolo 10
La stessa sera ero
andato a fare un giro di perlustrazione in vista del programma del giorno successivo e a sistemare i messaggi in vari punti del percorso. Il gioco consisteva nel rintracciare i messaggi lasciati nei vari punti.
Ne approfittai per cercare un son nascondiglio. Lo trovai: si trattava di una depressione del terreno ricco di vegetazione, che sicuramente doveva essere stata scavata dalle acque del ruscello, Ricoperta da erba folta era punteggiata da pioppi e da noccioli e si trovava molto in alto rispetto al percorso previsto. Questo mi offriva la garanzia che qualche ragazzino che si fosse perso nel boschetto non si sarebbe arrischiato ad arrivare fin li.
Quale sarebbe stata la reazione di Rosina? La sua espressione imbarazzata e al contempo divertita mi fece capire che la risposta era affermativa. Sara si sforzava di non sorridermi troppo, rivolgendomi parecchie volte quello sguardo imbronciato e sdegnoso che mi era così familiare e che me la rendeva ancora più desiderabile.
Mentre mi accingevo a mangiare la minestra, intanto che gli altri sparecchiavano, misi a punto il mio piano segreto per il giorno dopo. Le due ragazze sarebbero dovute mettersi in movimento insieme per il lungo percorso e raggiungere direttamente il nascondiglio seguendo il ruscello. Sarebbe stato più sicuro accompagnarle, in vista della possibilità che mi facessero qualche tiro mancino. Decisi dunque che avrei lasciato le mie colleghe nel punto di riunione e avrei seguito le due ragazze sino al nascondiglio.
Le rivelazioni di Mariella e la scoperta della sua relazione con Sara, per non dire dell’atmosfera esplosiva che si era venuta a creare con l’arrivo di Rosina, avevano risvegliato in me il desiderio irrefrenabile di assistere a delle orgette saffiche. Più a mio agio con le mie due conquiste iniziali, decisi di trascorrere con loro una parte della serata, prima che il sonno non mi costringesse a ritirarmi. Mi venne voglia di fare una passeggiatina notturna con loro, in modo da indurle a soddisfare le mie brame di guardone. Da questo punto di vista l’ambiente era perfetto. A parte il centro del paese dove c’era un certo movimento fino a tarda notte, il resto era perfettamente calmo. Le rive del lago erano illuminate, la campagna circostante riceveva solo la luce della luna e delle stelle. Numerosi sentieri si dipartivano dalla strada per risalire a zigzag verso primi boschetti di abeti.
Dopo aver fatto qualche passo udimmo un raglio lontano risuonare dal prato dietro l’albergo. Era l’asinello della proprietaria.
«Ti chiama!», disse Samira a Mariella.
Le due ragazze scoppiarono a ridere simultaneamente. Mi ricordai quanto era successo quella mattina.
«È vero!», dichiarai. «È già innamorato di te!».
« Ehe!», fece Mariella con aria da maschiaccio. Intravidi un punto buio tra due mura di cinta, ma un latrato improvviso mi indusse ad allontanarmi. Bisognava arrivare al folto d’alberi, anche se una situazione più rischiosa sarebbe stata molto eccitante.
Qualche centinaio di metri più in alto ci trovammo davanti allo spettacolo del lago illuminato e potemmo anche vedere il centro del villaggio, i lampioni color arancione si stagliavano contro i vecchi muri di pietra.
Feci fermare le ragazze quando fummo vicino ai primi alberi e le spinsi l’una contro l’altra con una manata sulle natiche. Presi a palpeggiarle mentre cominciavano a baciarsi. Mariella non se lo fece re due volte e si mise in ginocchio davanti a Samira per sbottonarle i jeans.
« Sfilali del tutto!», ordinai io mettendomi alle spalle di Samira, che si ritrovò a culo nudo e in calzini su un terreno tappezzato di aghi di pini. La portai vicino a un tronco leggermente inclinato contro il quale mi appoggiai, attirandola a me in modo che la sua schiena fosse contro il mio petto.
Senza che avessi bisogno di parlare, Mariella si mise ai nostri piedi e cominciò a leccare la sua amica mentre io accarezzavo 1’ombelico e i fianchi della mia prigioniera, continuando a osservare il movimento della testa di Mariella. Samira ansimava forte. Le afferrai la gamba destra dal di sotto e gliela sollevai delicatamente, in modo da aprirle bene la fenditura. La coscia piegata contro il seno, agitò il piedino aggraziato sopra il capo dell’altra che infilò la lingua ancora più in profondità nel desiderio sfrenato di placare la propria brama.
Samira aveva ancora le mutandine nella mano sinistra. Gliele presi e le avvicinai alle narici, inspirando il suo afrore penetrante e forte.
«Succhialo!».
Le cacciai gli slip tra le labbra, nel punto più bagnato dagli umori della sua vagina. Lei mi succhio il dito medio avvolto nel tessuto intriso dalla sua secrezione interna.
Mariella, che invece attingeva direttamente alla fonte, gemeva di piacere. Abbassai la coscia di Samira che feci girare verso di me. Questa volta presentava le chiappe all’amica vorace che sicuramente avrebbe avuto qualche difficoltà a indicare le proprie preferenze. Samira mi gemeva contro l’orecchio mentre continuavo a osservare i giochi di bocca di Mariella. Accarezzavo le natiche tonde e le scostavo in modo che la lingua di quest’ultima potesse scorrere liberamente dal base del culo a quello della vagina. Mariella aveva solo l’imbarazzo della scelta ed elargiva baci brucianti ora all’uno ora all’altra.
Appoggiai Samira al tronco e mi misi di lato per vederla meglio, poi estrassi il membro ch’era sul l’attenti e glielo avvicinai. In quel mentre Mariella sollevò la testa, se lo prese in bocca e se lo ingoiò profondamente fino in gola. Lo succhio, poi tornò all’umida figa della sua amica alternando leccate baci a succhiate..
«Continua a divorartela, io, invece, mi farò una sega!».
Samira si chinò un po’ di più e ora i glutei molto aperti mi consentivano di vedere la vulva in verticale e l’ano sollevato verso l’alto. Impugnai la mia mazza grossa e presi a menarmela in fretta, tra l’avida bocca dell’una e il culo profferto dell’altra.
Con un gemito animalesco lasciai andare lo sperma proprio al centro, uno schizzo sulle chiappe dell’una e un altro sulla guancia dell’amica. Quando ebbi eiaculato completamente, Mariella mi prese in bocca il cazzo e me lo ripulì vigorosamente.
Nel profondo silenzio che segue di solito a questo genere di esplosione, Mariella lanciò la propria rivendicazione:
« E io ,allora, devo fare tutto da sola?!»
Ma il suo malumore fu di breve durata perché subito si ritrovò con due sanguisughe, l’una davanti l’altra dietro, che se la passarono dall’uno all’altra con grande foga. Lei scelse la mia bocca per molla re uno schizzo agro accompagnato da un gemito infantile. Il sapore di orina mi invase il palato. Quella porcellina non si vergognava per niente! Ma le perdonai quella trascuratezza tale fu il godimento che provò nel venirmi in bocca.
Giunse finalmente il giorno in cui mi sarei fatto la prima nera della mia vita. E che pezzo di figa!
Una delle femmine fatte meglio e più sexy che esistessero al mondo. Silvia e Barbara se ne andarono, come previsto, dopo la prima colazione. Riunii tutto il gruppo nel salone, e affidai le varie responsabilità ai ragazzi di fiducia. Dopo una buona mezz’ora di camminata raggiungemmo il posto stabilito e allestimmo il “quartier generale”.
Puntai in direzione nord-nord-ovest e mi fermai sopra il segnale più vicino al nascondiglio che avevo trovato, sulla cima di un pendio ben ventilato.
Attesi con ghiotta impazienza l’arrivo della mia selvaggina.
Vidi passare le prime coppie di ragazzi in lontananza, li vidi fermarsi e trascriversi il messaggio su un blocco di appunti, quindi scomparire nel bosco fitto.
Poi provai un colpo al cuore alla vista di due belle figurette che, come gazzelle, venivano avanti per gettarsi nelle fauci del lupo. Rosina, sempre a cosce nude, sfidava i rovi e le punture di insetto. Era vestita così forse per sedurmi? Che lusinghiere premure! Mi feci vedere e loro vennero verso di me. Mi avvicinai, quindi indicai a entrambe il luogo che avevo scelto.
Dopo cinque minuti di camminata veloce ci ritrovammo sul fondo della piccola depressione. Il
vento ci passava sopra la testa senza sfiorarci. Lo scroscio del torrente era chiaramente udibile. Andammo a vedere il suo limpido turbinare tra le rocce scure o verdi. Avemmo solo l’imbarazzo della scelta per stendere la coperta che avevo nello zaino. Salimmo un po’ più su, alla ricerca di un
tratto erboso circondato da fogliame. Mentre stendevo la coperta loro rimasero immobili a guardarmi. Quindi sedettero e se ne stettero in silenzio.
«Be’, l’ultima volta che vi ho viste nel granaio eravate più in forma! Se sono io che vi blocco, mi allontano per qualche minuto. Non temete, ritornerò starò nascosto nel fogliame, solo per osservarvi, proprio come un guardone. Voi neanche mi vedrete!».
Il pensiero che probabilmente ora si erano già distese l’una accanto all’altra mi eccitava. Continuavo a guardare 1’orologio, sforzandomi di rispettare i dieci minuti che mi ero imposto prima di allontanarmi, Tornai sui miei passi, fui preso dalle palpitazioni allorché intravvidi il grande corpo bronzeo di Rosina disteso sulla coperta, proteso ad accogliere i baci di Sara, che le sedeva a fianco. Le mani sollevate sopra le trecce, se ne stava ferma, con i piccoli seni dardeggianti verso l’alto, L’ombelico, piatto e teso, aveva una lievissima ondulazione ogni volta che una carezza lo sfiorava, Puntellata sulle scapole e sulle natiche la ragazza sembrava tesa da un filo immaginario a causa di quel suo eccessivo inarcarsi, Le reni scavate salivano quasi a soffocarle, in modo suggestivo, la linea della vita. Dal bacino stretto, ornato da quel pube ricciuto, si dipartivano le cosce lunghe da atleta, valorizzate dalla linea slanciata delle ginocchia. Le lunghe gambe e i piedi piccoli erano il coronamento di quella anatomia perfetta.
Capivo perché Sara era pazza di lei. Con quei suoi appetiti sessuali, precocie perversi, il corpo di Rosina doveva mandarla in estasi! La vidi abbassare i palmi sino alla vita che prese a palpeggiare per un attimo, quindi distendersi lentamente per raggiungere con le labbra l’ombelico dell’altra.
Sara aveva ancora addosso la maglietta e la tuta da jogging. In effetti era Rosina che doveva essere consumata, non lei, E quel contrasto accentuava la nudità della fanciulla nera, Sara si chinò e passò in fretta dall’ombelico al pube, L’amica non si muoveva, sembrava fissare il cielo e incarnava cosi il perfetto oggetto del desiderio: quella passività le si addiceva pienamente, non faceva altro che mettere in risalto la grande bellezza delle sue linee, Vidi il mento bianco di Sara scomparire nei ricci peli che prese ad esplorare iniziando dall’alto, Poi Rosina allargò una coscia e consenti all’altra di cacciare il volto più in profondità. I riccioli scuri di Sara ricaddero sul ventre e sulle cosce nere. Per un attimo riuscii a vedere solo il movimento della testa dell’una e l’ondulazione del bacino dell’altra. Mi presi in mano la verga eretta e me la menai con forza. Sara sollevò il capo e, continuando ad accarezzare il sesso dell’amica, si guardo attorno.
Capii che mi stava cercando. Feci un passo avanti nell’udire il fruscio dei rami entrambe guardarono nella mia direzione e, dopo avermi visto, iniziarono il loro gioco preferito.
A questo punto Sara fece girare Rosina, afferrandola per una coscia. E la orientò verso di me consentendomi, così, di ammirare la riccioluta intimità della martinicana. Una fenditura convessa e
simmetrica tra due pliche scure, con una striscia di carne rosata al centro. Cominciò ad accarezzarla sopra e sotto, per eccitarla. I seni di Rosina toccavano la coperta mentre le natiche sembravano squadrarmi con impertinenza. Vidi le dita affusolate di Sara infilarsi nella striscia rosata, schiuderla e massaggiarla all’interno. Poi la allargò con entrambe le mani, a mostrarmi l’interno di quella calda ostrica. Il fondo era più rosso e la mucosa brillante si apriva e si richiudeva, a seconda delle reazioni dell’anello elastico che controllava l’accesso alla vagina. Sara mi fece vedere il buco spalancato e nero, l’interno del grembo di Rosina. lo ero rimasto in piedi, le braccia penzoloni, il sesso fuori della patta… Ero ipnotizzato da quel quadro perverso. Sara mi fece cenno di avvicinarmi e così potei inginocchiarmi accanto a loro e assistere al movimento delle sue dita abili, sottili bianche, nella vulva rosea e bagnata orlata di scuro. Poi si scostò di pochi centimetri e, le mani ancora appoggiate ai glutei dell’altra, le fece silenziosa mente capire che ora potevo divertirmi io. Stupito la guardai con aria interrogativa mostrandole il cazzo. Lei mi fece un cenno di diniego con la testa e tirò fuori la lingua agitandola freneticamente. Mi sentivo sconvolto. Mi pareva di sognare. Avrei potuto infilare la lingua in quel cratere roseo e rorido, al centro di quella diabolica figa! Mi chinai, mi puntellai sui palmi badando a non toccare Rosina, tirai fuori la lingua, allungando il capo verso quell’intima fenditura. L’odore che precedette il contatto mi parve inebriante. Aspirai quegli umori africani, pungenti, autentici, brutali. Avrebbe potuto essere nauseante se Rosina non fosse stata così bella! Cominciai a divorare con voluttà le grandi labbra carnose, dopo averle succhiate, tirate, accarezzate, cacciai più in fondo il mio muso avido di sesso, immergendomi in quei succhi lubrichi. La vulva si spalancò e mi avvolse il mento come una maschera di carne. Presi a titillare con la punta della lingua la calda vagina, le pareti interne molli e acri e, dopo averla lavorata ben bene, come un cinghiale irrequieto che grufoli nel terreno alla ricerca del tartufo, mi attaccai al buco del culo celato da un vello folto e ricciuto.
In un primo momento asciutto e duro, l’anello elastico gradatamente si distese, lasciandomi assaporare l’interno carnoso. Sorpreso per la docilità di Rosina, ignaro di quello che stava facendo con Sara tale era la foia che provavo per quell’ano, non esitai a penetrare con tutta la forza della mia lingua quell’ultima difesa. Osservai per un po la mucosa aperta. La stellina carnosa era immutata, ma si era ritratta più in fondo. Alla pelle scura si era sostituita una mucosa chiara. Alzai gli occhi a guardare le mie partners. Sara si era distesa su un fianco e baciava Rosina in volto. D’istinto feci scivolare le dita verso la fenditura aperta: l’interno era caldo. Rosina non fece neppure l’atto di voltarsi. Infilai il pollice della stessa mano nell’ano dischiuso e lo feci entrare fino al metacarpo. Con un movimento a tenaglia presi a massaggiare la sottile membrana che separava i due orifizi… Il bacino di Rosina aveva ripreso a ondeggiare. Mi sentii soddisfatto.
Con il cazzo in mano mi accinsi a prenderla in modo completo, profittando del fatto che le due stavano continuando ad amoreggiare, come un medico che cerchi di distrarre un bambino per potergli praticare un’iniezione senza farsi accorgere.
Provai una gradevole sorpresa nel sentire il mio sesso infilarsi senza ostacoli nella scura conchiglia e assestarvisi in maniera confortevole. Rosina si lasciò sfuggire un gemito che poteva significare tanto stupore quanto piacere. Accennò a girare il capo e questo mi consentì di vedere il suo profilo. Sara la prese per il mento riavvicinandola al proprio volto e l’altra la lasciò fare. Col basso ventre contratto per il godimento, andavo e venivo lentamente nella vagina profonda. Zaffate acri salivano alle mie narici a ogni movimento che facevo: il sesso di Rosina aveva un odore molto forte durante l’amore e questo non faceva che aumentare la mia eccitazione.
«Chiedile se le piace», dissi a Sara.
«Certo che le piace. Continua, continua così…».
Il volto di Sara era scomposto per l’eccitazione. Spostava lo sguardo dal mio uccello turgido che penetrava la sua amica al volto di costei che sicuramente doveva essere contratto per il piacere che provava. La sua violenza verbale mi sorprese quando cominciò a dirle:
«Ti piace, eh, porcona? Ti piace farti fottere vero? Non me lo avevi detto, eh? Che ipocrita eri con tutte quelle tue arie da santarellina. Ma il cazzo ti piaceva, eh? Ti va di farti fottere dall’insegnante di ginnastica, vero? Gianni ti piace, vero? Ha un bel cazzo, grosso come quello dei negri del tuo paese eh? Non è questo che ti piace… brutta troia?».
Rosina si limitava a rispondere con gemiti bassi, scuotendo la testa secondo il ritmo che imprimevo alle sue natiche.
«Su, avanti, girala!», mi incitò Sara. Per la seconda volta presi la nera dal davanti ma questa volta di faccia. Mi ero accucciato con le natiche sui talloni, le ginocchia divaricate e la pompavo vigorosamente, dopo essermi messo le sue gambe sopra le spalle.
Sara si era tolta la tuta da jogging e si era sistemata sul viso dell’amica. Vidi le grandi labbra sopra di Rosina entrare in azione contro la conchiglia umida che le stava sopra. Sara si serviva anche della mia immagine e soprattutto di quella del mio uccello che penetrava come un pistone impazzito il ventre della sua amante, per lanciarsi in un godimento prolungato. Abbatteva le natiche sul volto di Rosina e osservava il mio cazzo mordendosi le labbra.
Cercai di trattenermi al massimo ma anche per me lo spettacolo che le due ragazze mi offrivano era troppo forte!
Mi ritrassi bruscamente da quel ventre bruciante e avvicinai il membro appiccicoso alla bella bocca di Sara, che lo inghiotti immediatamente. Le presi la testa tra le mani e le assestai dei colpi di maglio sino in fondo alla gola. Poi sentii dei fremiti violenti per tutta la verga e subito dopo esplosi nella sua gola delicata, fino all’ultima goccia.
Lei mi leccò senza provare disgusto e prese a godere a sua volta, lasciandosi sfuggire grida acute.
Vidi che il viso di Rosina era tutto bagnato.
Compresi che la mia pisciatrice si era di nuovo dimenticata di tutto nell’attimo dell’orgasmo. Per fortuna il ruscello non era lontano…
Arrivai all’ora di pranzo in ritardo, seguito a poca distanza dalle mie due complici. Mariella mi sbirciava con espressione maliziosa mista a rimprovero. I suoi grandi occhi brillanti sembravano ignorare la gelosia. Mi venne voglia di avvicinarmi a lei per stringermela al petto. Se le altre fanciulle avevano fascino, con lei, però, provavo un senso di affinità, tutt’affatto particolare. Anche se le ero infedele, per me era la mia musa libertina, colei che mi incitava sempre ad andare più avanti.
Prendeva il piacere con piacere e, addirittura, il piacere degli altri. Con quei suoi sorrisi interiori era come se lei indovinasse l’avvenire. Che altro, ancora, mi avrebbe mostrato e insegnato?
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