PROLOGO
“Allora? Sei pronta?”. La voce che proveniva dal salotto la risvegliò dal sogno a occhi aperti. Davanti allo specchio della camera da letto, Morgana si osservò ancora una volta. Lasciandosi andare a un sospiro appena più profondo. “Arrivo, dammi ancora un attimo”, rispose, mentre lo sguardo indugiava ancora un po’ sulla figura che vedeva di fronte. “Sei bella”, pensò, con quel pizzico di civetteria femminile che non guastava mai. Ma sapeva di avere ragione. Non le serviva guardarsi nello specchio per esserne sicura, le bastava farlo negli sguardi degli uomini che incontrava per la strada e che, inevitabilmente, si giravano a guardarla mentre passava, spogliandola con lo sguardo. “Se solo sapessero”, le scappò un sorriso.
Vestita con una maglietta nera e aderente, che poco o nulla lasciava all’immaginazione, i seni grossi che le disegnavano il corpo, i capezzoli decorati dai piercing che deformavano il tessuto, anche lei si sentiva attratta da se stessa. Una gonna, nera anche lei, che la copriva fino a poco sopra al ginocchio. Scarpe allacciate intorno alla caviglia, nere pure loro, che seppure non esagerate slanciavano la sua figura. E poi, il tocco finale, il collare che le agghindava il collo. Nero. Ovviamente. “Morganaaaaa”‘le arrivò la voce impaziente dall’altra stanza. “Nicola è eccitato quanto me. Anzi no, non potrà mai esserlo”, pensò con un accenno di lussuria Morgana. Conscia che di lì a poco, tutto quello che aveva di fronte sarebbe stato stravolto. Via la maglietta, via la gonna. Davanti a suo marito e a quel contadino conosciuto una notte in una chat sarebbe stata vestita solo delle sue scarpe e del collare. E soprattutto, le sue tette, le sue magnifiche, possenti, vigorose, immense, oscene tette sarebbero state attaccate a una macchina per la mungitura delle vacche. A immaginarsi la scena le venne un brivido, mentre la fica iniziò a bagnarsi. “Sì sono una vacca” si rivolse allo specchio prima di girarsi e andare incontro al suo uomo. Il V-day, il giorno della vacca stava per cominciare. E Morgana ebbe quasi un orgasmo solo al pensiero di quello che le sarebbe accaduto di lì a poco.
VERSO LA STALLA
Il viaggio in auto trascorse in un misto di battute e silenzi. Morgana e Nicola erano sposati da una vita e da sempre la passione che provavano l’uno per l’altro, la fiducia, nonché il piacere di provare e regalarsi forti emozioni era stata la base granitica sulla quale avevano fondato la loro storia. Tante ne avevano viste, e tante ne avrebbero fatte ancora. Non c’erano segreti né imbarazzi tra loro, ciascuno sapeva di poter confidare all’altro sogni, desideri, fantasie, senza avere il timore di essere giudicati male. Era il loro gioco. “Sei eccitata, vacca” le disse Nicola, mentre con la mano destra si faceva strada tra le gambe appena dischiuse. “Questa volta ti attaccheremo alla mungitrice come una vacca vera e ti lasceremo così, oscena ed esposta mentre la macchina succhierà e tirerà i tuoi capezzoli. Peccato solo che queste tette non producano più latte. Ma chi lo sa che con il tempo…”. La mano si fece strada tra le gambe, mentre Morgana, il respiro più rapido, si tendeva verso di lui, la mano destra aggrappata al reggimano, la sinistra a stringere sempre più forte la gamba di Nicola. Superarono a bassa velocità un camion, all’autista bastò un attimo per capire cosa stava succedendo e salutarli con un lungo colpo di clacson. “Lo vedi quanto sei cagna? Anche i camionisti ti riconoscono… forse dovrei lasciarti in un’area di servizio al ritorno..”. Morgana, la fica fradicia, rispose con un lamento di piacere. Nicola sapeva come portarla al limite e poi fermarsi, quel corpo che gli aveva regalato negli anni piaceri inconfessabili per lui non aveva segreti. Morgana era il suo Stradivari, un violino di valore incommensurabile, e lui, solo lui, aveva l’archetto giusto per estrarre da lei la sinfonia perfetta. Quando, pochi minuti dopo, arrivarono alla fattoria, Morgana grondava piacere, i capezzoli duri come il marmo, la fica un lago che aveva lasciato un alone sul sedile. Nel cortile, colui che per le prossime ore l’avrebbe usata duramente, strappandole quella dignità della quale una signora bella e rispettata come lei godeva nel suo mondo di tutti i giorni, madre, moglie, professionista. Tutta la sua vita, però, era rimasta chiusa dietro la porta di casa mezz’ora prima. Ora, davanti a quel rozzo contadino, c’era solo un corpo da usare. E far godere. “Scendi vacca” la salutò il contadino, aprendo la porta e agganciando immediatamente un moschettone al collare.
Crr crr crr….. I tacchi di Morgana risuonavano nel silenzio sull’acciottolato del cortile della fattoria, mentre il contadino , il guinzaglio teso in mano, la conduceva verso la stalla, costringendola a un’andatura veloce. A metà strada, però, si fermò. “Hai le polsiere?” chiese a Nicola. Quando lui le tirò fuori dalla borsa che aveva in mano, il contadino le applicò ai polsi di Morgana, quindi le bloccò le mani dietro la schiena. “Ecco, così le tue mammelle da mucca risaltano meglio” le disse, afferrando con la mano libera uno dei capezzoli che spuntavano sotto la maglietta e stringendolo forte. A Morgana scappò un sospiro, più di eccitazione che di dolore vero e proprio. “Su, forza, vorrai mica passare il giorno qui in cortile, vero?” le disse, dandole una bella sculacciata sul culo e ricominciando a camminare a passo svelto verso la stalla. Morgana, bellissima nella sua figura ammanettata e al guinzaglio, lo seguì docilmente, sotto lo sguardo eccitato di Nicola. Nell’aria, oltre al suono dei suoi passi, solo il frinire delle cicale e il canto ritmato di un cuculo dal bosco lì vicino.
Dopo un primo momento per abituare gli occhi, entrata nella stalla Morgana si ritrovò nel mezzo di una corsia centrale, ai cui lati si aprivano una decina di box destinati a ospitare gli animali. Alcuni erano vuoti, ma da altri spuntavano le teste di diversi cavalli, quasi curiosi dello spettacolo che si presentava davanti a loro. “Ecco, questa per le prossime ore sarà la tua casa, la signora gradisce?” sogghignò il contadino entrando all’interno di uno di essi. Paglia per terra, odore intenso di animale nell’aria, una grande balla di fieno circolare al centro.
Il contadino fece cadere il guinzaglio e si portò alle spalle di Morgana, aderendo con il suo petto alla schiena della donna. Le mani ammanettate di lei potevano intuire il cazzo dell’uomo sotto la stoffa dei pantaloni, mentre il contadino la cingeva da dietro, accarezzando in modo esagerato quelle tette che presto sarebbero state messe a dura prova. “Non credi che la troia sia troppo vestita, Nicola?”. E senza attendere risposta iniziò a slacciare la gonna di Morgana. “Meravigliosa. Sei una vacca meravigliosa” le sussurrò, la gonna ai piedi, le mani ad accarezzare i glutei e poi davanti. “Sei bagnata come la più laida delle puttane, lo sai?”, continuò, mentre le mani frugavano tra le labbra oscenamente fradicie, le dita ad accarezzare gli anelli che la ornavano, il clitoride gonfio di desiderio. La liberò del moschettone che bloccava i polsi, infilò le mani sotto la maglietta e gliela sfilò. Davanti ai suoi occhi avidi di piacere, svettavano quelle tette che sognava da quando la aveva incontrata una prima volta diversi mesi prima. “Perfette. Sono perfette. E tu sei una vacca spettacolare” le disse. Morgana, gli occhi lucidi di desiderio, si mordeva un labbro mentre le mani del contadino vagavano sul suo corpo, la lingua a impossessarsi di un capezzolo, i denti a strizzarlo. “Chi sei?” le domandò a bruciapelo il contadino fissandola negli occhi. “Una vacca. La tua vacca” sibilò Morgana in tono di sfida, mentre le dita dell’uomo le sconquassavano la fica colante desiderio. “Allora, per celebrare questo momento credo sia giusto fare un brindisi propiziatorio” esclamò il contadino, prendendo da un secchiello una bottiglia.
Versò un po’ di prosecco in due bicchieri, uno lo porse a Nicola, l’altro lo tenne per sé. “Alla nostra. E, soprattutto, alla vacca” il brindisi del contadino. Poi, rivolgendosi a Nicola: “Però, non credi che anche la vacca abbia diritto a bere? Ovviamente nel modo più confacente per lei…” rise. E mentre Nicola sorseggiava rapido il vino, troppo eccitato dalla situazione che si presentava davanti ai suoi occhi per gustare davvero il contenuto del bicchiere, il contadino si portò davanti a Morgana e, lentamente, versò un po’ di prosecco sui suoi splendidi seni. “Assaggialo così, il sapore è molto migliore” disse a Nicola. I due, un seno a testa, iniziarono a leccarla avidamente, prendendole in bocca i capezzoli, ciucciando, mordendo, tirando gli anelli. “Hai ragione, ha un gusto decisamente più buono” rispose Nicola, mentre con la mano accarezzava il culo della moglie, stringendo quei glutei sodi, infilando un dito fino a raggiungere quel buco che tanti cazzi, e non solo, aveva omaggiato nel corso degli anni. “Toh, ora tocca a te brindare” disse il contadino, versando un po’ di prosecco in una ciotola per cani. “Vacca o cagna non c’è differenza. Sempre una bestia sei. Su, in ginocchio e bevi tutto” diede uno strattone al guinzaglio, obbligando Morgana a mettersi in ginocchio sulla paglia. Le prese le mani e ancora una volta gliele amanettò dietro la schiena, poi le abbassò la testa fin dentro la ciotola, costringendola a bere. “Mi ricordo la tua lingua dall’ultima volta che mi hai succhiato il cazzo. Faceva miracoli. Vediamo ora come te la cavi a lappare come una cagna. Forza, bevi”. Morgana, sempre più eccitata dalla situazione, la fica pulsante di desiderio, la mente ormai totalmente calata nel suo ruolo, iniziò a bere rumorosamente. “L’hai addestrata bene, Nicola, bravo” rise il contadino. “Ne vuoi un altro po’?”. E prima che Nicola potesse rispondere, versò ancora un po’ di prosecco sulla schiena inarcata e tra i glutei di Morgana, che ebbe un brivido intenso. Nicola si inginocchiò dietro di lei, iniziò a leccarle un po’ la schiena, poi però presto si spostò sul suo culo, leccandolo, poi allragando il solco con le mani, infilando la dita nel suo culo e tra le labbra della fica. “Oddio, che bello” riuscì a mormorare per un attimo Morgana, prima che la mano del contadino tornasse a spingere la sua testa all’interno della ciotola, costringendola a finire di leccare il prosecco. “Magari se fai la brava alla fine, dopo che ti avremmo munto e ci saremmo svuotati dentro di te, potremmo farti anche assaggiare la bottiglia. Dove la vorresti? In fica o culo?” la provocò il contadino, mentre con le sue mani forte e dure stringeva forte i capezzoli. Morgana stava impazzendo di piacere, tre quelle mani, la lingua del marito e, soprattutto, quella scena degradante. Sapeva che, se i due avessero continuato con quel trattamento ancora per un po’, l’orgasmo non sarebbe tardato. Ma Nicola, che conosceva benissimo sua moglie, sapeva quale fosse il limite invalicabile, prima che il piacere che la stava travolgendo superasse un punto di non ritorno. Lei. del resto, era lo Stradivari. Ma il violinistra era lui. Ed era lui che decideva il ritmo della sinfonia. Così, un attimo prima che l’orgasmo scuotesse Morgana, con un cenno di intesa i due si fermarono all’improvviso. “Noooo” il lamento disperato di Morgana che invase la stalla. “Rilassati vacca, la giornata è appena cominciata. E prima che tu possa godere, ne devono succedere di cose” la promessa di Nicola. Morgana stava ancora respirando profondamente, quando il contadino la afferrò nuovamente per il guinzaglio, costringendola ad alzarsi. “Forza vacca, che ora comincia il divertimento”. Il volto arrossato e bagnato di prosecco e sudore, una ciocca dei suoi capelli biondi stampigliati sopra l’occhio destro, Morgana si sollevò a fatica, sotto il tiro del guinzaglio. Sui capezzoli un po’ di paglia, incollata dal vino, si avviò verso la balla di fieno al centro del box, le tette protese in avanti dalle mani ammanettate dietro la schiena, la camminata da giumenca selvaggia pronta a essere domata. Chiunque, a vederla in quel momento, così bella e maesotsa, avrebbe potuto provare un solo desiderio: possederla a fondo, senza concederle, e concedersi, tregua. Quando passò accanto a Nicola, il marito non seppe resistere e le mollò una sberla sul culo. “Ahia” urlò Morgana, che però accelerò il passo. Quando arrivò davanti alla balla di fieno, alta quasi come lei, Morgana si aspettava di doversi girare appoggiandosi con la schiena, invece il contadino la spinse di faccia verso il fieno. “Prima io e tuo marito dobbiamo scaldarti un po’, non credi?”. E così facendo, aiutato da Nicola, provvide a legarle entrambe le braccia ai lati della balla, così che qualche minuto dopo Morgana si trovò bloccata, come fosse in croce e leggermente piegata con il busto in avanti. I seni, schiacciati contro la paglia, le trorturavano dolcemente capezzoli e pelle, le spighe e gli steli che pizzicavano a ogni minimo movimento. Lo stesso per il clitoride, che sfregava eccitandola oltre misura. “Oddio, così non resisterò a lungo”, pensò Morgana, che nostalgica del piacere negatole poco tempo prima, iniziò leggermente a sfregare le parte più sensibili contro la paglia. Vista da dietro, la gambe leggermente aperte che le scarpe nere, allacciate a intreccio sopra le caviglia, rendevano ancora più slanciata, il culo sodo e ben disegnato che sporgeva, le braccia tese bloccate al livello dei polsi, i capelli biondi che si confondevano con il giallo della paglia, Morgana era un invito a cedere alla lussuria più sfrenata.
Quando il primo colpo arrivò sul culo, Morgana si lasciò andare a un piccolo grido, mentre il cervello riceveva scosse di piacere che provenivano dal corpo che sfregava sulla paglia. “Aaah” erano gli unici suoni che le sfuggivano di bocca, mentre alle sue spalle Nicola e il contadino si divertivano a prendere a sberle quel culo che, colpo dopo colpo, iniziava ad arrossarsi sempre di più. Quando, dopo qualche minuto, il contadino senza preavviso infilò la sua mano tra le gambe, la trovò ancora più fradicia di piacere. “Questa vacca sembra che si sia pisciata addosso da quanto è bagnata. Controlla anche tu”. Nicola, poté solo annuire quando sostituì la sua mano a quella del contadino. “Lo sapevo di avere sposato una vacca. E tu, lo sapevi di essere così porca e senza limiti? Di poterti eccitare a questo livello legata in una stalla, in mezzo a cavalli che tra un po’ inizieranno a sentire il tuo odore? Forse dovrei affittarti a questo contadino di tanto in tanto, non trovi?” la umiliava a parole Nicola, mentre la mano la masturbava sempre più velocemente tra le gambe. Nel silenzio, si sentiva solo il suono della mano che affondava nella fica fradicia, lo sciaquettio degli umori di Morgana sempre più copiosi, i suoi sospiri di piacere. “Sììì, sono una vacca, sono solo una troia indecente” si mise a urlare Morgana, il respiro veloce, il corpo che strusciava quasi rabbioso sulla paglia, alla ricerca di quel dolore che le regalava ancora più piacere. “E cosa dobbiamo fare di te, vacca?” le ripose Nicola che aveva smesso all’improvviso di masturbarla per riprendere invece a schiaffeggiarle il culo. “Cazzooo, voglio il vostro cazzo, per favore datemi cazzooo” quasi ululò tra un grugnito e l’altro Morgana.
“E allora cazzo avrai, puttana. Ma dove e come vorremo noi” le disse Nicola. In pochi istanti lui e il contadino la liberarono delle corde, per poi metterla in ginocchio davanti a loro. “Forza troia, facci vedere quanta voglia di cazzo hai”. Alternandosi tra i due, Morgana iniziò a succhiare i cazzi del marito e del contadino, segandoli velocemente, affondando la bocca sui membri tesi. “Mmmmhhhh” era il solo suono che proveniva dalla sua bocca, mentre passava da un cazzo all’altro, affondandoli il più possibile in gola. A un certo punto, il contadino la afferrò per la testa e iniziò a dare ritmo alla scopata in gola, provocando conati di tosse a Morgana. “Cosa c’è? Sono troppo ruvido per te? Abituati, perché ho appena iniziato a farmi strada nella tua gola”. E giù ad affondare, mentre Nicola, portatosi alle spalle di Morgana, con una mano le strapazzava rudemente i capezzoli e con l’altra la masturbava furiosamente. Morgana era come impazzita, le mani a stringere le cosce del contadino, un po’ a controllarne l’impeto quando il cazzo si infilava troppo in gola, la fica ormai fuori controllo che colava senza limite. Ma, ancora una volta, poco prima di raggiungere l’orgasmo, Nicola e il contadino si fermarono. “Bastardi, fatemi godere” protestò tra i singulti Morgana, mentre i due la riattaccavano alla balla di paglia, ma questa volta con la faccia rivolta verso di loro.
Il tempo di legarla, e le mani ripartirono all’attacco del suo corpo: tra una che stringeva una tetta, tre dita nella fica ormai spalancata, sberle sul culo, dita infilate in bocca, insulti e umiliazioni verbali, i due non concedevano un attimo di requie a Morgana, che gli ultimi minuti viveva sul confine vicinissimo dell’orgasmo, senza mai però riuscire a oltrepassarlo. Il silenzio nella stalla era rotto solo dai suoi sospiri e singulti, dalle urla quando una sberla più violenta le colpiva la fica, il culo o una tetta, dagli insulti verbali che Nicola e il contadino le rivolgevano. “Volevi cazzo? Eccolo!” le disse il contadino, infilandosi in un colpo tra le sue cosce, una mano a torcerle il capezzolo destro. “Aaaaaah sìììì” urlò Morgana, per poi, pochi istanti dopo, lasciarsi sfuggire l’ennesimo grugnito di frustrazioe quando il cazzo le scivolò nuovamente fuori.
“Basta divertirti, cosa credi? Sei qui per essere munta, vacca, non per essere scopata”, le parole di Nicola furono il la a un nuovo cambio di posizione. Slegata ancora una volta, le gambe pesanti per la tensione erotica, la fica in fiamme eppure insoddisfatta, Morgana fu trascinata con il collare fino a un cavalletto al centro del box. “Su, mettiti comoda che ora iniziamo a far sul serio” le disse il contadino facendola abbassare con il busto oltre il cavalletto. A novanta, il culo bello all’aria, le tette due gonfi meloni che puntavano verso il basso, Morgana era uno spettacolo tanto eccitante quando indecente. Per completare l’opera, il contadino le fece divaricare le gambe, legando entrambe le caviglie ai lati del cavalletto. “Sei pronta, vacca?” le chiese Nicola infilandole senza fatica un dito nel culo e iniziando un lento su e giù. “Sì”, fu la flebile risposta di Morgana. Uno schiaffo forte sul culo la fece sussultare. “Le vacche non parlano. E tu, ora che hai le tette attaccata alla mungitrice non sei più una persona, ma una vacca. Hai capito?”. Morgana restò in silenzio e un altra sberla la fece gemere. “Non ho capito la tua risposta. Come rispondono le vacche?” insistette Nicola. “Muuuuu” fu la risposta.
Nel frattempo, il contadino si mise all’opera per collegare la mungitrice ai seni di Morgana: dopo avere acceso la macchina, il cui ronzio invase la stalla, prese una tettarella, attaccata a un cilindro metallico a sua volta collegato a un tubo e la posizionò sul capezzolo destro, quindi ripeté l’operazione con quello sinistro. “Aaaaaah” si lasciò sfuggire Morgana, sentendo i capezzoli aspirati dalla macchina. “Ecco fatto, ora sei una mucca a tutti gli effetti” le disse soddisfatto il contadino. Per un po’, i due si limitarono ad assistere allo spettacolo davanti a loro. Morgana, le mani aggrappate ai bodi del cavalletto per sostenersi, piegata a 90, le gambe divericate, le tette attaccate ai due tubi, i capelli biondi a coprirle il viso, era uno spettacolo ad alto contenuto erotico, come confermavano i cazzi dei due uomini in piena erezione.
“Ti piace sentire i capezzoli stimolati in questo modo, troia?” chiese Nicola avvicinandosi alla moglie e strizzandole un seno. “Forse dovrei portarla qui più spesso, così che in breve tempo la vacca possa tornare a produrre latte” si rivolse quindi al contadino, che si segava lentamente gustandosi lo spettacolo. “Che ne pensi, sei d’accordo vacca?”. “Muuu” rispose Morgana, ormai calatasi nella parte. Nicola tornò a posizionarsi alle sue spalle, si inginocchiò e incominciò a leccarle avido la fica fradicia, infilando allo stesso tempo un dito nel culo. Due falangi entrarono senza fatica nel buco, mentre la lingua si muoveva rapida tra le labbra riportando la donna al vertice della passione. “Sei così bagnata che fatico a bere tutto, ti piace eh?”. E quando all’improvviso Nicola le diede una sberla sulla fica fradicia, fu come se la mano avesse colpito una pozzanghera d’acqua. “Hmmmmm” fu il solo suono pronunciato da Morgana, sempre più vicina al tanto desiderato orgasmo.
Rialzatosi, Nicola non le concesse tregua e, puntato il cazzo durissimo tra le sue labbra, la infilzò in un colpo solo, infilandosi nel suo corpo senza trovare nessuna resistente. Anzi, così come avveniva con i capezzoli prigionieri della mungitrice, il suo cazzo fu quasi aspirato dalla fica vogliosa della moglie. Contemporaneamente, il contadino si posizionò davanti a Morgana, le afferrò una ciocca di capello e le alzò la testa, fino a che la sua bocca fu davanti al suo cazzo. “Apri la bocca e succhia, troia”. E senza aspettare altro iniziò a scoparle la bocca, con colpi sempre più profondi del cazzo che, tra rivoli di saliva e mugugni, iniziò a farsi sempre più strada nella bocca di Morgana. Il rumore della macchina che aspirava, il suono del cazzo che entrava e usciva sempre più veloce dalla fica, i lamenti di Morgana quando il cazzo del contadino si infilava fino nella sua gola per ritardarne ogni volta di più l’uscita, costringendo la donna a fasi sempre più lunghe di apnea.
Per alcuni minuti furono quelli gli unici suoni che provenivano dalla stalla. finché, dopo l’ultimo colpo violento di Nicola che quasi la sollevò da terra, Morgana esplose, finalmente, in un violento orgasmo, che dalla fica si propagò al cervello e da lì nuovamente tra le sue gambe, facendole quasi perdere i sensi. “Aaaaaaaaammhhhhhh oooddddmmmmhhhmmiiiooo”iniziò a urlare Morgana, la bocca sempre più piena di cazzo, mentre alle sue spalle Nicola, aggrappato ai suoi fianchi, continuava a martellarle la fica senza rallentare il ritmo.
“Aaaaaaaaaaaaaahhhhh” continuò Morgana, mentre un secondo orgasmo le fece cedere di colpo le gambe, le contrazioni della fica a provocarle scatti violenti dei nervi. “Godi vacca, te lo sei meritato” la prese a schiaffi Nicola, mentre il contadino, afferratole la testa ai lati, intensificava a sua volta il ritmo della scopata della sua bocca. “Sei nata per prendere cazzo, puttana, e allora prendilo” la insultava il contadino, mentre sputo, saliva, muco, bava, colavano dalla sua bocca?
I due, vicini a loro volta all’orgasmo, intensificarono il ritmo, con Morgana, a sandwich tra i due, usata senza ritegno. “vengoooooooodddiioooo” urlò annunciando il terzo orgasmo, i capezzoli in fiamme, la fica sfondata, la bocca invasa di cazzo. “Anche iiiioooooo. Ti sfondo la gola puttanaaaa” urlò a sua volta il contadino che, afferratala ancora più saldamente per i capelli, inziò a sborrarle a fondo in bocca per poi estrarre il cazzo e completare l’opera sulla faccia. Pochi istanti e fu Nicola a cedere al piacere, inondandole la fica di sperma. “Sììììììììì” fu il grido stridulo con il quale Morgana annunciò l’ennesima venuta. Poi, devastata, stravolta, senza forze, si accasciò sul cavalletto, la faccia piena di sperma, i capelli incollati, rivoli di liquido bianco che le scivolavano giù per le cosce. “Magari la prossima volta a farti ripulire invito un mio amico che ha un amico a quattro zampe che apprezza molto le cagne umane” la umiliò ancora il contadino, pulendosi il cazzo tra i capelli di Morgana. “Hhhmmmm” fu la sola reazione di Morgana.
Pochi minuti e il contadino, spenta la macchina, la liberò dalla mungitrice. Intorno ai capezzoli, gonfi, durissimi e ultra sensibili, come testimoniò l’urlo con il quale Morgana cercò di difendersi quando il contadino glieli prese tra le dita sfregandoli, il segno della macchina. “Attenta a non mostrarli in giro, la gente potrebbe pensare che hai passato la giornata a farti fare succhiotti alle tette” rise.
Mezz’ora più tardi, mentre tornavano in auto verso casa, Nicola guardò la donna seduta al suo fianco. I capelli ancora incrostati di sperma, i capezzoli gonfi che si intuivano sotto la maglietta, Morgana dormiva, esausta. “Ti amo” le sussurrò piano, il sole che tramontava alle loro spalle.
THE END?
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