Vibri sorgendo dalle oscure nebbie,
disveli l’arguto, salace viso,Â
dall’ombra si concreta; il seno ansante
tu, protervamente, pinzi con dita
esperte; delle mammelle i coniciÂ
tubercoli, i capezzoli eretizzi;
sfiora la lingua, lieve, li titilla
gioca con essi e li sevizia, torce
la carne, la tortura, dolce penaÂ
è la tua; al petto labbra di fuocoÂ
accosti, teso il tessuto crepita,
di bramosia smania e dal costato,
del displuvio al limite, precipiti
nella valle ombelicale; l’onfalo
contorni in periplo totale; gode
contorta dal torbido lieve tocco
l’umana tolleranza; soffre sotto
l’ardente fiamma che alimenta il fiato,
mentre liquida potenza acquista nelÂ
rapido precipite moto verso
la sorpresa del cinghialesco verro;
s’erge la fiera conturbante zanna,
dalla folta ombra del pelame emerge,
tiene nella tosta forma, s’invera.
Turgida traballa, la mira prende,
d’imbestialita foga si dimena,
scalciando, si protende al bersaglio.
Il fodero dall’alto rapidamente
scende ad inglobare la frenetica
essenza di carne, di nervi e sangue,
in orale servizio si dispone;Â
schiocca la lingua, ribatte il frenulo,
s’arrossa, s’inarca, stramba la barra,
poi con gran foga di getto esplode
fantasmagorica, pirotecnicaÂ
effusione di magmatica puraÂ
           [sostanza.Â
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