“Divino!
In pochi secondi fui nudo, salii le scale ed entrai nella stanza di destra, avvolta in una profonda penombra…”
ATTENZIONE: RACCONTO DI GENERE BDSM SPINTO!
Ero diventato da poco maggiorenne,
6 mesi al massimo, e frequentando una vecchia chat, avevo conosciuto un uomo con cui avevo trovato un grande feeling.
Lui si chiamava Francesco, era un frate, e avevamo organizzato un incontro da lui in pochi minuti di chiacchierata. Le poche parole che ci eravamo scambiati e il suo modo di fare, mi avevano rapito da subito!
Era stato chiaro dal primo secondo: aveva 70 anni, era ancora abbastanza dotato, e voleva un ragazzino che, oltre a farsi scopare da lui e da chiunque lui ordinasse, fosse disposto ad essere torturato.
In cambio non mi avrebbe dato proprio nulla; avrei dovuto annichilirmi totalmente e sarei stato la sua bambola di carne. Non avrei avuto diritti di nessun tipo, e lui avrebbe fatto di me tutto quello che voleva quando voleva.
Accettai immediatamente.
Mentre andavo da lui in macchina, mi prese paura, ma non riuscii a tornare indietro, e in 10 minuti di viaggio, mi ritrovai, quasi in trance, a suonare alla sua porta.
Nel viaggio pensai a mille frasi che avrei portuto dire per rompere il ghiaccio, ma appena aperta la porta non ce ne fu bisogno. Mi disse solo: “Entra e denudati, puttana, poi sali le scale ed entra nella stanza a destra. Ti aspetto li!” E andò via.
Io entrai, e appena lo vidi fui subito pazzo di lui: vestito con solo un paio di boxer bianchi, un po’ più alto di me, un ventre abbondante ma non troppo, con una enorme lunga barba bianca, capelli bianchi anch’essi e due incredibili occhi castani di fronte ai quali mi sentii insignificante. Divino!
In pochi secondi fui nudo, salii le scale ed entrai nella stanza di destra, avvolta in una profonda penombra. La paura era svanita, ero già perso di lui!
Appena entrato presi un sonoro schiaffone in faccia, proprio sulla guancia sinistra, e iniziai a lacrimare. Poi venni girato di schiena e una seria di schiaffi ancora più forti mi arrivarono sul culo. 1, 2, 3… non so quanti furono, ma aveva mani pesanti, e nessuna pietà di me, questo era chiaro…
Io avevo resistito bene, ma quando mi afferrò lo scroto e lo strinse, tirando contemporaneamente verso il basso, lanciai un grido di dolore e piansi… Lui mi girò e mi prese il viso tra le mani dicendo: “È troppo? Vuoi andare via?” – “No, mio Signore!” – “Brava puttana!” E mi sputò in faccia.
“Ora dedicati allo scettro!” E così dicendo mi spinse la testa in basso, e si sfilò i boxer. E li scoprii che mi aveva mentito: era ancora DECISAMENTE dotato!
Il tempo di allargare le labbra, dare qualche bacio e qualche leccata, e mi prese la testa e mi infilò il suo palo fino in gola! Mi sentivo soffocare, ma lui non sembrava interessato, e proseguiva la monta selvaggia della mia bocca. Furono secondi lunghissimi, il trattamento lo ripetemmo molte volte, e più volte ebbi conati da trattenere a stento.
Quando fu soddisfatto, e io finalmente riuscii a guardarmi in giro, vidi una incredibile collezione di strumenti di tortura: manette, fruste di ogni tipo, vibratori, pinze… E quella che sarebbe più avanti diventata la mia gabbia.
Mi prese per il collo, mi sollevò da terra, e mi fece sdraiare su un lettino ginecologico (non seppi mai come se lo fosse procurato).
Li mi legò stretto le caviglie, i polsi, e mi passò una corda intorno al ventre e alle spalle. Si allontanò, e prese un dildo enorme, e lubrificandolo mi disse: “Spero per te che tu sia ben sfondata…”
Stavo per replicare, quando lui, guardandomi dritto negli occhi, semplicemente appoggiò il mostro alla mia rosellina e diede una spinta violenta.
Io gridai di dolore, soffrivo e mi dimenavo senza successo, e lui, per tutta risposta, cominciò a far scorrere quell’arnese gigantesco dentro al mio corpo!
Andò avanti per diversi minuti, mentre io piangevo e urlavo, e quando si ritenne soddisfatto, sfilò quel gigante, e si godette la scena del mio corpo solcato dalla voragine oscena che ormai era diventato il mio culo.
Io mi sentivo stordito dal dolore, e nemmeno mi accorsi che lui era andato a prendere due piccole clip. Si mise ad armeggiare con il mio “seno” e imprigionò i miei capezzoli in quelle morse fino a provocarmi un dolore intenso e costante.
A quel punto, si piazzò tra le mie gambe, mi osservò in quello stato, e poi mi trafisse con il suo scettro!
A confronto del vibratore con cui mi aveva appena sfondato, il suo pur notevole cazzo era piccolo, ma lo avvertii che prendeva possesso di ciò che ormai non apparteneva più a me, ma al mio Signore.
Accompagnò la sua cavalcata dentro di me con una serie di insulti, schiaffi, sputi, torcendomi i capezzoli, e ritmando in modo sempre più intenso la scopata. Ogni volta che era sul punto di venire rallentava un po’ fino a quando non inarcò la schiena un’ultima volta, e scaricò potenti getti di libidine dentro il mio corpo martoriato, accasciandosi su di me.
Quando fu riposato, uscì dal corpo che ormai era suo, e mi disse che faceva una doccia e tornava.
Io rimasi li, legato, sofferente e gocciolante del suo seme, e con i capezzoli stretti dalle clip per parecchi minuti, poi tornò e mi liberò.
Mi fece fare una doccia veloce, mi fece rivestire, e mi accompagnò alla porta; li mi allungò un cellulare abbastanza datato, e mi disse: “Se stata brava. Su questo telefono c’è il mio numero, e non devi usarlo mai. Devi portarlo sempre con te, ed essere pronto per me in qualsiasi momento. Mi hai capito?” – “Si, mio Signore!”
Poi, prima di farmi andare via, aggiunse: “Ora tu appartieni a me, hai dentro di te il seme del tuo Signore, non dimenticarlo! E ora vai, che ho da fare!”
E me ne andai, sapendo che la mia vita non sarebbe più stata la stessa, da ora in poi.
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