“Mi fece allontanare dalla chiazza di bile e vomito ancora con la gonna alzata fino al bacino e allungò una mano sulle tette mentre con l’altra tastò la mia…”
Il mattino seguente ci svegliamo presto per essere puntuali all’appuntamento con l’avvocato
C.
Con un occhio osservai Stefania sotto la doccia, con l’altro verificai che le batterie del drone e dalla fotocamera fossero cariche, poi andai anche io in bagno.
Non feci in tempo a rientrare in stanza che mia cognata, indossando solo un intimo viola molto sexy, si avvicinò per sciogliere il nodo dell’accappatoio: “Devo conferire immediatamente con il genio.” affermò prima di prendere il mio cazzo a mezz’erezione in bocca.
La fermai dopo pochi minuti, facendole presente che il tempo stringeva e lei, giocherellando con la saliva rimasta sul glande, espresse la volontà di modificare il terzo ed ultimo desiderio: confessò di essersi tremendamente eccitata nel vedersi fotografata con il viso grondante di sperma e di voler essere filmata stanotte.
Acconsentii e ci tuffammo in una mattina di lavoro incessante: l’avvocato C. fu un osso duro su tanto sul fronte tecnico tanto su quello legale ma alla fine, uscimmo vincitori della prima battaglia.
“Ingegnere, lei è un uomo fortunatissimo: sua cognata è indubbiamente persona squisita quanto lei e la sua signora, oltre ad essere un consulente legale di primo livello. Se non avesse già una carriera e unoi studio ottimamente avviato a Napoli, senza alcun dubbio le farei una proposta di assunzione. Raramente ho incontrato colleghi della sua età tanto preparati e abili.” affermò con tono convinto e senza alcuna minima allusione di sorta.
Salutammo l’avvocato e il suo staff, concordando l’appuntamento per il giorno seguente: “Prima di tornare in tenuta, ho bisogno di fare degli acquisti, va bene?” chiesi a Stefania prima di impostare il navigatore.
Decidemmo di chiamare Valentina per aggiornarla su quanto fatto in giornata, ci salutammo solo quando ebbi parcheggiato: “Non ho capito, che devi comprare?” chiese Stefania con aria stanca.
“Ho dimenticato a casa un adattatore e devo rivedere alcuni rilevamenti fatti con il drone. Mi servono per la relazione che dobbiamo presentare domattina, quindi cerchiamo di fare rapidamente.” Convendo entrambi di dare massima priorità al lavoro senza dover rinunciare a nulla, entrammo nella struttura e iniziai a cercare il negozio di elettronica mentre mia cognata diede distrattamente uno sguardo alle vetrine dei negozi di abbigliamento.
“Tra mezz’ora ci rivediamo all’auto” le bisbigliai palpeggiandole il culo senza alcun pudore. Ovviamente, dovetti attendere Stefania ben oltre il tempo concordato: “Perdonami ma sono sicura che sarai felice di vedere cos’ho comprato …”
Mi fece cenno di salire in auto, poi mi porse prima una busta griffata di una nota multinazionale dell’intimo contenente tre completini uno più sexy dell’altro e diverse paia di autoreggenti: “Queste in microfibra le ho prese anche per la sorellona. Chissà se riesco a convertirla!” affermò sorridendo e riuscendo a farmi avvampare per l’imbarazzo, poi mi porse una seconda busta con un vestitino elegante ma altrettanto provocante e, infine, mi mise sotto al naso la terza e ultima shopper, nera e completamente anonima: “Dato che avevo terminato gli acquisti, sono andata in bagno e, uscendone, ho notato un locale piccolo, con vetrina e porta oscurate. È un piccolo sexy shop, vende giocattoli erotici, costumi e altre porcate.”
Aprii la busta e osservai il contenuto: due mascherine di pizzo, un completino in latex da avvocatessa sexy e un plug anale: “Nel negozio, c’erano una coppia, una signora sulla quarantina, ben vestita, che con le tette di fuori, rifatte in modo fantastico, cercava della lingerie sexy accompagnata da un ragazzo che aveva non più della metà dei suoi anni. In altro angolo, due uomini, entrambi in abito formale, osservavano la selezione di preservativi e di altri giochini per i gay mentre, alla cassa, c’era una cinquantenne, calvo e con la barba che ci osservava a turno.”
Non dissi una sillaba e attesi che completasse il racconto: “Mi stavo avvicinando alla cassa quando rimasi catturata dall’immagine della vetrinetta dei cazzi di gomma: ce ne erano almeno una ventina, di ogni colore, forma e dimensione.
Ero magneticamente attratta da quegli oggetti, in particolare da uno verde acido, lungo 23 centimetri secondo il cartellino informativo, con una capocchia bella larga e con tutta l’asta ricoperta di bozzi ed escrescenze.”
Nel frattempo, ascoltando attentamente le sue parole, vidi le guance di Stefania colorarsi di rosso e avvertii che il mio bastone stava seguendo con doverosa eccitazione il suo racconto: “Avvertii una presenza alla mie spalle, un fresco sapore di menta che cercava di sopraffare un profumo pungente, forse alla cannella: il negoziante aveva abbandonato la sua postazione e mi aveva raggiunto, chiedendomi cortesemente se avessi bisogno di un aiuto.”
“E tu che hai fatto?”
“Gli ho detto che non ero interessata a comprare nessuno di quei cazzi, che ero solo incuriosita dai loro colori perchè mai, prima d’ora, ero entrata in un sexy shop, suscitando la sua risata. Con il suo simpatico accento toscano profumato alla menta mi rispose di essere onorata di avermi tenuta a battesimo, così fece ancora un passettino verso di me e affermò che quella era solo una piccola selezione dei prodotti a catalogo, che aveva anche altri ancora più grossi per soddisfare tutti i bisogni della sua clientela, che era particolarmente esigente. Con la coda dell’occhio, vidi la sua mano passarmi di lato e afferrare proprio il dildo verde: per consegnarmelo, dovette avvicinarsi ancora di più, facendo strusciare la sua erezione prima sulla mia coscia e poi su una chiappa.”
“Hai capito il pelato! E tu che hai fatto?”
“Ho preso quel pezzo di plastica in mano e sono rimasta zitta, pietrificata fin quando non mi ha detto che cazzi come quello esistono anche nella realtà cercando di farmi sentire sempre di più il suo pisello, che effettivamente doveva avere dimensioni simili. Istintivamente, girai lo sguardo alla ricerca la signora con il ragazzo e vidi che stava continuando l’esplorazione del campionario dei completini mentre il suo accompagnatore con una mano le strizzava le tette e con l’altra si accarezzava la patta; allora cercai i due gay, che si erano accomodati su una poltroncina e ci guardavano compiaciuti.”
Presi fiato, cercando di allontanare un turbinio di sensazioni contrastanti tra di loro e le chiesi di continuare: “Ormai aveva preso confidenza e, prendendo la mia mano che impugnava ancora il dildo, si presentò come Renato e mi chiese se avessi intenzione di verificare che effettivamente il suo cazzo avesse le stesse misure di quello in plastica che stavo brandendo.”
Iniziai a distinguere meglio gli stati d’animo che mi facevano battere le tempie: “Che cazzo hai fatto? Non mi dire che…”
Mia cognata, paonazza per l’eccitazione, mi zittì per andare avanti con il racconto: “Presi fiato e gli dissi che dovevo tornare da te, dal mio uomo, così riprese l’oggetto, lo ripose e mi consentì di girarmi, facendo cadere l’occhio immediatamente verso il cavallo dei suoi pantaloni, la cui immagine confermava che avesse un cazzo enorme, lungo e anche largo. “
A quelle parole, tirai un lungo sospiro di sollievo: “L’idea e l’immagine di un cazzo così grosso mi aveva fatto bagnare tutta, sentivo un fuoco incrollabile divampare nella mia vagina e propagarsi fino al cervello, addirittura arrivai a percepire delle gocce sbrodolare dal perizoma lungo l’interno coscia. Per un attimo volsi lo sguardo verso il ragazzino accompagnato dalla signora che, nel frattempo, si era alzata completamente la gonna per permettersi di spompinare il cazzo del suo amichetto. Non mi chiedere come e perché ma, d’istinto, allungai la mano sulla patta di Renato.”
In quel preciso istante, le pulsazioni alle tempie arrivarono alle stelle e la pressione sanguigna crebbe esponenzialmente: “Anto, un demone si era impadronito di me e guidava la mia mano lungo la patta, alla ricerca di un zip per liberare quell’enorme bastone di carne: probabilmente, superava i 23 centimetri del dildo e sicuramente aveva uno spessore superiore, una cosa mai vista prima. Non aveva un’erezione vigorosa come il tuo cazzo ma ne ero attratta, desideravo prenderlo in bocca e sentirlo dentro di me.”
Deglutii e, cercando di mantenere il controllo, rimasi in attesa che concludesse di narrare la sua esperienza: “Renato, davanti a tutti, mi disse che potevo ciucciarlo ma solo dopo che si fosse messo un preservativo, dato che chissà quali malattie poteva prendere nella mia bocca e così feci: mi consegnò un cappuccio delle dimensioni adatte, lo srotolai e lo presi in bocca, infilando tre dita nella mia figa bollente. Mi sono fatta scopare la bocca, in preda a conati di vomito e a un’eccitazione devastante, per cinque, forse dieci minuti, accettando che lui e i due ricchioni apostrofassero me come zoccola e te come becco. Sentivo la sua cappella enorme spingere contro l’ugola, sentivo la mia testa muoversi al ritmo imposto dalla sua mano pesante e dalle dita nodose.”
Meccanicamente, cercai di immaginare la scena, provando un misto di eccitazione, rabbia e sensi di colpa: “Solo quando i conati divennero incontrollabili, estrasse quell’arnese dalle mie labbra: mi disse che avrebbe pensato lui a pulire, che ci era abituato perché non ero la prima troia ciucciacazzi che veniva messa a dura prova dalla sua verga. Mi fece allontanare dalla chiazza di bile e vomito ancora con la gonna alzata fino al bacino e allungò una mano sulle tette mentre con l’altra tastò la mia pucchiacca, bollente e gonfia. Preceduto da una risata fragorosa, si accovacciò per guardarla e sostenne che le mie labbra erano talmente rigonfie da sembrare un panino da farcire con una salsiccia e, una volta alzatosi, così fece.”
Giocherellai nervosamente con le mani, freneticamente le faci correre lungo il volante e attesi: “Mi spinse delicatamente contro il muro e mi strappò la stoffa del perizoma: pochi secondi dopo, mi sollevò una gamba e avvertii il suo alito fresco e profumato a pochi millimetri soffiarmi dentro le narici e il suo cazzo elefantiaco sfondarmi la fica. Era talmente largo da farmi lacrimare, forse di piacere o forse di dolore, lo spingeva tanto in profondità da sentire la capocchia sconquassarmi l’intestino ma poco minuti, incurante se avessi raggiunto l’orgasmo o meno, lo tirò fuori, lo liberò dal profilattico e sborrò miseramente contro la parete.”
“Renato, con il cazzo mezzo moscio ancora fuori dai calzoni, si diresse verso il bancone da cui prese dei fazzolettini e delle salviettine imbevute per farmi dare una sistemata, iniziando a battibeccare con la coppia gay, che lo sfotteva per la scarsa tenuta del suo arnese. Mi ricomposi, pagai quello che hai visto nella busta e lo salutai, mentre la signora si stava facendo scopare il culo dal suo toy boy.
Sono ritornata in bagno, ho gettato il perizoma in un cestino e, infine, ti ho raggiunto e raccontato il tutto.”
Bianco: per pochi secondi vidi solo un lampo bianco accecarmi, bianco come la schiuma che avrei fatto colare dalla bocca, bianco come lo sperma di Renato. In silenzio, allacciai la cintura di sicurezza e misi in moto l’auto.
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