Me lo immaginavo che non erano normali quegli sguardi, quelle frasi sospese, quel suo arrossire dopo nemmeno un secondo da che il discorso virava su qualcosa di “spinto”.
Ci avevo pensato, più di una volta a dire la verità, a come sarebbe stato averla tra le mie mani per qualcosa di più che un cameratesco abbraccio.
Eppure era decisamente troppo giovane, così fresca nei suoi 20 anni, così visibilmente inesperta nel saper trattare con la malizia di una donna adulta.
Mi sentivo continuamente i suoi occhi addosso, non appena mi giravo, avrei saputo perfino indicare dove si trovava, pur non vedendola.
Mi pesava e mi stuzzicava, insieme, quell’attesa di capire cosa volesse e dove volesse arrivare.
L’occasione si presentò una sera a casa di una cara amica, avevamo fatto una cenetta tra donne, una cosa informale.
L’ambiente lo conoscevo bene: io e la padrona di casa eravamo state insieme tanto tempo e per qualche periodo avevo abitato lì, poi la cosa era finita fisiologicamente ed adesso era rimasta una bella amicizia.
Eravamo al caffè quando alla mia ex arrivò la telefonata della sua attuale compagna che le chiedeva di andarla a recuperare in autostrada a causa di un guasto alla macchina.
Inutile dire che la frase che ne seguì fu: “voi rimanete qui tanto io ci metterò un bel po’, semmai date una sistemata”.
Nemmeno a dirlo, dopo due secondi che la padrona di casa era uscita, mentre cominciavo a rassettare, eccotela a 20 cm, che faceva finta di affaccendarsi.
“mi dai una mano a lavare i piatti?”.
Fece cenno di si con la testa, a vederla così sembrava una bambina con i tacchi della mamma tanto si dava da fare per mostrarsi una donna fatta.
Asciugava le stoviglie senza alzare gli occhi, le guance rosse, lo si vedeva da lontano un km che era imbarazzata.
Parlavamo del più e del meno fino a che non mi era scappata una battuta abbastanza maliziosa sulla sua maglietta scollata.
In effetti ha un seno che farebbe invidia a molte.
Arrossita, balbettante, per stemperare la situazione le chiesi se poteva lavarli lei, per favore, i piatti, cosicché potessi andare a cambiarmi le scarpe.
Tornando l’avevo trovata completamente piena d’acqua, la scena aveva un non so che di comico, ma la colpa era stata decisamente mia: mi ero dimenticata di dirle del rubinetto dell’acqua calda difettoso.
Aveva la faccia di un gatto che ha combinato un guaio.
Le avevo proposto di cambiarsi, in camera di Miriana, la mia ex, una t-shirt c’era sicuramente.
Aveva accettato di buon grado e ci eravamo avviate, lei davanti ed io dietro che la guidavo per i fianchi.
Una volta arrivate in camera, la bimba cominciava a scaldarsi, con un odore che avrebbe mosso gli ormoni ad una morta.
Le avevo preso il cambio e mi ero seduta sul letto, aveva fatto cenno di andare a cambiarsi in bagno, poi ci aveva ripensato.
Due seni da paura, sodi, alti che potevano essere solo merito della sua freschezza.
Ai miei complimenti, ora ero io a scaldarmi, arrossiva di nuovo ma si sedeva sul letto insieme a me, davanti a me.
Alla voce del lupo di cappuccetto rosso che le diceva “che capezzoli grandi che hai”, si era lasciata andare ad una risata rispondendo che il lupo non poteva saperlo.
Detto fatto, le facevo uscire un seno dalla fascia, adesso il suo respiro era affannoso ed io mi sentivo come una tigre davanti alla preda indifesa, e lei era assolutamente indifesa.
“ed ora come la mettiamo?sono proprio grossi come credevo, sono rosa e sono molto carini”
lei tentava un impacciato tentativo di abbassarmi la maglietta per fare altrettanto,impossibile non aiutarla, piccola creatura inesperta.
Ripresa la calma, la distendevo sulla schiena, le scoprivo il petto, cominciando a farle vedere cosa vuol dire succhiare.
tremava, qualcosa mi diceva che non le fosse successo molte altre volte.
Le allargai i jeans, infilando una mano e toccando, con i polpastrelli delle dita, il lago che si stava allargando tra le sue gambe.
Facendole inarcare il bacino la spogliai del tutto, lasciandole solo le mutandine, fradice.
Cominciai a baciarla dagli slip, dapprima piano, poi sempre più voracemente;
gemeva e si contorceva.
Le baciavo la bocca e nel frattempo esploravo con le dita quel buchino stretto che aveva in mezzo alle gambe, possibile fosse vergine?possibile non avesse mai avuto esperienze ne’ con uomini ne’ con donne?eppure sebbene piccola rispetto a me aveva comunque 20 anni.
Allargava le gambe e poi, quando approfondivo un po’ di più le dita, le richiudeva pudica ed allo stesso tempo, però, curiosa.
Avevo le mani completamente piene del suo miele, glielo facevo assaggiare e poi, una volta ripulita, tornavo a cercare di preparare quella passerina al suo, forse, primo rapporto.
La feci girare e mettere a carponi, iniziai a leccarla e a penetrarla con la lingua, le mutandine, appena scansate, cominciavano a dare noia, così le sfilai via.
Presi a tentare di allargarle quella fenditura, lussuriosa e grondante di umori, facendo entrare ed uscire prima una, poi due, poi tre dita.
Intanto inumidivo con la saliva il buchino del suo culetto, non sapevo cosa avrei fatto di lì a poco ma volevo essere sicura che fosse pronta ad ogni cosa che le sarebbe potuta succedere.
Gemeva e belava dal piacere ma quando tentai di violarle il sederino mi chiese di aspettare. Era evidente che la cosa le piaceva, visto quanto si era dilatato anche soltanto con un po’ di saliva.
Mi ero fermata un secondo, la guardavo così, a quattro zampe, piena di liquido lattescente che le usciva dalla piccola fica.
Era arrivato il momento.
Allungai una mano verso il comodino, come ho già detto sapevo tutto di quella casa, e ne estrassi un vibratore nemmeno troppo grande.
Miagolò un “fai piano” ma contrasse i muscoli, per fortuna me ne accorsi in tempo altrimenti le avrei fatto male.
La feci rimettere supina, le allargai le gambe, accessi il massaggiatore e glielo appoggiai sul clitoride, venne quasi subito, quasi in preda agli spasmi.
Le asciugai la fighetta fradicia: volevo che non sentisse male ma che lo sentisse si.
Cominciai a farle entrare dentro il fallo di plastica, un po’ piagnucolava e un po’ si mordeva le labbra.
Dovevo fare forza, era strettissima, ogni centimetro dovevo ritirarlo fuori e riempirlo di saliva ma quel faccino, che faceva trasparire il dolore che provava ed allo stesso tempo la voglia, mi riempiva di fuoco dentro.
Ad un certo punto le dissi: “adesso trattieni il respiro” e con una mossa un po’ più forte lo feci passare quasi tutto.
Le scese una lacrima, le chiesi se dovessi fermarmi ma, quasi implorando, mi chiese di continuare, che sarebbe passato.
Cominciai a farglielo scivolare dentro, su e giù, finche non fu abbastanza allargata, le chiesi se se la sentiva di tornare a gattoni, disse di si.
Tolsi il dildo.
Lo accesi e cominciai a farglielo passare tra le labbra della vagina, poi sul clitoride e di nuovo lì.
Lei godeva e continuava a chiedermi di continuare.
Cominciai a morderle le grandi labbra da dietro, continuando, davanti, ad usare il vibratore fino a che non glielo rimisi dentro, acceso.
Le passai davanti, obbligandola a leccarmi la passera piena di voglia.
Venni mentre stava succhiandomi il clitoride.
Le accarezzai la testa, lei venne poco dopo.
Le tolsi il giocattolo che custodiva dentro di se.
Mandai un messaggio alla mia ex chiedendole dove fosse, la risposta fu perfetta: “rimaniamo a dormire qua a questo punto, rimani pure a dormire e, se ne hai bisogno, ricordati che i giocattoli sono tutti nel cassetto”
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