“Poi dissi anche a lei di mettersi a pecorina, le dilatai le due chiappe con le mani e le schiaffai senza preliminari dritto in culo il cazzo lubrificato dalla…”
In mezzo alle galline
Sono nato e vissuto in campagna, almeno
fino a quando non mi sono laureato in legge e, per ragioni professionali (sono avvocato, e piuttosto ben affermato), non mi sono trasferito in città. Ma alla campagna sono sempre rimasto legato e, quando ho potuto, un salto dalle mie parti l’ho fatto con una certa periodicità. Poi mio padre è morta, mia madre è venuta a vivere da me, la casa di famiglia l’abbiamo venduta e le mie gite in campagna si sono rarefatte.
Un giorno sono ricapitato, per ragioni professionali, dalle mie parti e non ho resistito alla nostalgia di rivedere le mie campagne, dove qualche parente ancora ce l’ho. Difatti ho pensato di andare a salutare Vincenzo, un mio vecchio cugino che fa il fattore e che non vedevo da qualche anno. Sono arrivato alla fattoria, ho parcheggiato davanti al cancello e ho chiamato a gran voce Vincenzo. Quasi subito si è affacciata sulla porta la moglie Caterina, una sanguigna contadina sulla cinquantina, con un grembiule da cucina e le mani piene di farina ed ha esclamato:
”Oh chi si rivede, avvocato! Entrate pure, vi preparo subito un caffè. mi dispiace, ma Vincenzo non c’è, è andato in città a risolvere una questione di tasse. torna stasera”.
Non volevo disturbare e ho detto:
“No no grazie, sono di passaggio. volevo solo salutare Vincenzo, vuol dire che passerò un’altra volta”.
Ma lei ha insistito:
“No entrate, per favore. Vincenzo non mi perdonerebbe di avervi lasciato andar via … entrate, vi prendo anche due uova fresche da portare a casa”.
So quanto l’ospitalità sia sacra per i contadini e quindi non mi sono potuto sottrarre. Sono entrato in cucina ed ho subito visto e salutato Concetta, la sorella di Vincenzo, cioè mia cugina, impegnata ad impasticciare la farina. Mentre Caterina preparava il caffè, i miei occhi sono rimasti calamitati dalla vista delle tettone enormi di Concetta che sballottavano mentre lei ammassava la farina. Aveva una gonna a mezzo ginocchio con il grembiule avanti e le coscione aperte, da cui sporgeva un culo largo e sodo, mentre lei si chinava a muovere la farina.
A quel bel vedere il cazzo mi è diventato subito imperioso e, per non lasciarlo a vedere, ho cercato di sistemarlo un po’ con la mano.
Ma, proprio in quel momento, la moglie di Vincenzo si girò per chiedermi quanto zucchero volevo nel caffè e mi sorprese appunto un po’ imbarazzato ad armeggiare sulla patta. Mi fece un piccolo sorriso malizioso, accompagnato da un occhiolino complice, mi diede il caffè e subito dopo, prima che io mi alzassi dalla sedia, mi disse:
“Venite con me, andiamo a prendere due uova fresche, così le portate a vostra madre”.
Feci finta di resistere all’invito:
“Ma no, siete troppo gentili, non voglio darvi altro disturbo”
Ma naturalmente non avrei potuto rifiutare, anche se quelle occhiatine maliziose mi rendevano inquieto. Lasciammo la sorella ad impastare ed io la seguii dietro casa nel pollaio. Entrammo in un vecchio ovile, abbassando la testa per entrare, mentre le mi faceva strada sculettando pesantemente come una giumenta. Caterina non era una bellezza, ma aveva un culo bello grande e due zinnone da vacca … e poi, soprattutto, una faccia ed un’aria da troia. Entrammo nel pollaio dove c’era non molta luce, lei aprì la porticina della stia, io le stavo dietro. Si abbassò per raccogliere le uova sbattendomi in faccia quel culone e mi disse:
“Avvocato!! queste troie di galline mangiano solo e fanno sempre meno uova… se non vi dispiace, aiutatemi a raccoglierle”.
Mi avvicinai e appoggiai il cazzo duro al suo culo. La porca non aspettava altro, difatti subito esclamò:
“Oh avvocato! che bella mazza! aahh no, non vi levate, continuate aaahhh muovetevi un pò… da quanto tempo non sento una mazza così! sapete, quel cornuto di vostro cugino è tanto un lavoratore, ma a letto perde colpi. è quasi un mese che non mi scopa aahh, bello così! sììì!”.
Quella troia me l’aveva fatto ingrifare per bene solleticando i miei istinti più brutali. Le risposi per le rime:
“Ah sì, bella vacca!! Senti il mio cazzo quanto è duro, e come scivola in mezzo alle tue belle chiappone!”
La presi per i capelli, la girai verso di me, eravamo in mezzo alle galline, lei si inginocchiò, mi apri la zip e con un colpo solo ingoiò tutto il cazzo:
“Oh che cazzo bello duro, pulito e profumato… aah quant’è buono, avvocato”.
“Dai puttana, non parlare, succhia e ingoia tutto, che dopo te lo metto dove vuoi tu”.
“Sìì lo voglio, lo voglio prima un poco in bocca, così”.
Vedevo quella vacca in ginocchio sulla paglia sporca come una cagna a succhiare il mio cazzo… mi eccitava che una bagascia 50enne, di aspetto volgare, mi leccava con tanta foga… Intanto le toccavo e stringevo i capezzoli grandissimi:
“Sì avvocato! sì, fatemi male, stringetele forte queste mammelle. sono piene, se le stringete forte esce il latte”.
Non ce la feci più, la feci alzare e cominciai a succhiare quelle grosse mammelle, ciucciandole proprio come un bambino in allattamento … Poi le schiaffeggiai sonoramente il culo, la feci girare e, per agevolare le mie mosse, quella grande puttana si piegò ancora di più e con le mani si apriva le chiappe dilatando al massimo il suo buco nero. Indirizzai il cazzo fremente verso l’ano e penetrai dentro con un colpo solo. Emise appena un gridolino:
“Ahh sì sono una vacca, sono una porca… sì così, avvocato che bella mazza che avete! sì rompetemi il culo su ancora, che vi faccio sbattere anche mia cognata, che è più porca di me”
Mentre la pompavo energicamente avvertii come un fruscìo, mi girai appena e con la coda dell’occhio vidi la sorella di Vincenzo con la mano tra le gambe e la lingua sulle labbra che ci guardava dall’ingresso del pollaio e sbavava di voglia. Si accorse della sua presenza anche Caterina, che subito la apostrofò:
“Eccola la vecchia troia… puttana, che cazzo guardi! Entra, dai, vieni a leccare il cazzo all’avvocato, muoviti puttana, che qui nella stalla ne hai presi di cazzi!”
Lei subito ubbidì, si avvicinò, si abbassò la gonna, si chinò anche lei e disse sorridendo:
“Scusate, ma prima devo fare la pipì… mi scappa!”.
Le rispose la cognata:
“Ebbè? lurida porca dai, piscia sul cazzo dell’avvocato e poi leccalo bene… puliscilo per bene, vecchia puttana!”.
Non credevo ai miei occhi ed alle mie orecchie, ma in effetti la Concetta mi prese il cazzo e se lo infilò in fica; dopo qualche istante sentii un profluvio di liquido caldo che mi inondava il cazzo.
Una cosa simile non mi era mai capitata, ma ebbe l’effetto di suscitare in me un soprassalto ulteriore di brutalità. La feci inginocchiare, le ficcai il cazzo gocciolante in bocca e le feci ingoiare la sua stessa urina. Poi dissi anche a lei di mettersi a pecorina, le dilatai le due chiappe con le mani e le schiaffai senza preliminari dritto in culo il cazzo lubrificato dalla sua urina. La porca un po’ si dimenava, un po’ ululava come un lupo, tra dolore e piacere. La trapanai per bene per tre-quattro minuti, poi, quando sentii che i coglioni mi esplodevano, la feci girare, le feci scoprire il petto e le spruzzai un bel getto cremoso sulle mammelle scoperte e sulla faccia, gridandole:
“Dai cugina, lecca tutto, troia. spalmatela tutta questa crema, che fa bene alla pelle!”
Ma Caterina ebbe un piccolo gesto di stizza:
“Ecchè, tutto quel bendidio solo a lei!”
E si lanciò verso Concetta e si mise a leccarle i rivoli di sperma che colavano sul collo e sul seno. In quel clima mi sentivo porco quanto loro. Dissi ghignando a Caterina che non doveva preoccuparsi, che ce n’era anche per lei. La feci denudare ancora di più, indirizzai verso di lei il mio cazzo come fosse un piccolo idrante e cominciai a pisciarle addosso. La maiala godeva senza freni, ripetendo soltanto:
“Ah sì, avvocato com’è bella calda … aahhh”.
Poi mi accomodai su un piccolo giaciglio e lì, in mezzo alle galline, le due troie si misero ai miei fianchi e, a turno, mi succhiarono l’uccello con grande avidità, mentre io mi trastullavo e mi rilassavo palpando le grosse mammelle e le chiappone di entrambe.
Dopo una mezz’oretta, ci ricomponemmo, le due donne mi consegnarono un cestino con una ventina di uova fresche ed io mi avviai verso la macchina per ripartire.
“Avvocato, è stato un piacere. Vincenzo sarà contento di sapere che siete venuto a trovarci” mi gridò Caterina, mentre la cognata sorrideva e salutava con la mano.
Mi congedai da loro gridando a mia volta:
“Grazie di tutto! ero venuto per lui, ma forse è andata meglio così! salutatemelo caramente!”
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