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in macchina

“Sbottonai il bottone principale e tirai giù la cerniera…”

Mi aspettava in piazza. Ogni sera alle 21.00. Io mi preparavo indossando
l’intimo che preferiva, quello rosso con tanti trini delicati. Un paio di jeans, una t-shirt e via. Semplice, come piaceva a lui. Pensavo a come mi avrebbe accolta, con quel sorriso accennato e complice e poi via fuori città verso il nostro angolo nascosto. Avevo voglia del suo membro, di quella cappella grossa e rossa, dalla pelle serica e delicata, del prepuzio prominente da cui sarebbe fuoriuscita una valanga di sperma caldissimo che avrei ingoiato con voluttà. Ci pensavo dal pomeriggio ed ora il momento stava arrivando. Immaginavo alle sue mani sul mio corpo. Mi avrebbe presa sui fianchi, mi avrebbe allargato delicatamente le cosce per possedermi. Ed io mi sarei lasciata prendere come una puledra. Sottomessa ma decisa a far valere la mia femminilità. Era il mio uomo e dovevo farlo felice perchè avrebbe trovato altro, magari da ragazze biologicamente tali. Io non lo ero fisicamente, ma certamente psicologicamente e sessualmente. Potevo competere. Lui mi diceva sempre che:

– le femmine sanno spompinare malamente, tu invece lo fai con passione ci metti l’anima. Si vede che ami il cazzo. Il mio in particolare.

Pensavo a questo mentre scendevo verso la piazza e sorridevo.

Lo vidi subito e mi diressi verso l’auto, alcova dei nostri momenti intimi.

Aprii la portiera e lui mi accolse con un ciao accompagnato da un bel sorriso.

– Ciao

risposi e mi accomodai. Lui mise in moto. Soliti convenevoli sulla giornata e sul lavoro mentre uscivamo dalla città. Poi mi fa:

– ti ho pensato molto oggi

– ah si?

– si, perchè aspettavo di vederti per stare insieme ho molta voglia di te

sorrise malizioso

godetti a sentire quelle parole

– a dire il vero anche io

lui si accarezzò la patta poi la mia coscia risalendo lentamente verso la mia fica. Lasciai fare. Le macchine che ci incrociavano illuminavano per un attimo la nostra intimità. Una scossa elettrica mi arrivo violenta al cervello quando mi toccò la “vagina”.

Si stava eccitando. Allungai la mano verso il pacco, tastai la consistenza ed avvertii chiaramente l’eccitazione del mio uomo. Allontanai la sua mano dalla fica ed appoggia il mio capo sul suo petto.

– ferma che fai?

non risposi ma con la mano iniziai ad armeggiare sui suoi jeans. Sbottonai il bottone principale e tirai giù la cerniera. Infilai la mano a cercare l’oggetto del mio desiderio. Lui guidava attento ma quella mossa inaspettata lo eccitò tantissimo come constati prendendogli in mano il pene duro. Lo liberai dagli slip. Presi a menarlo dolcemente e lentamente. Un movimento che donne conoscono bene per far raggiungere la massima durezza all’arnese prima dell’uso. Quando era ormai pronto scivolai con il capo dal suo petto all’inguine. Le luci delle auto erano come rapidi flash, il rumore del motore, in sottofondo la radio trasmetteva un brano pop. Avvicinai il suo cazzo alla bocca. Stavo scomoda in quella posizione un pò contorta ma erano quelle circostanze che mi facevano impazzire perchè diverse dal solito. La cappella era sulle mie labbra. Con la lingua giocai sul prepuzio umido. Il suo penen aveva un buon sapore di maschio. Schiusi le labbra per accogliere la larga cappella che presi a succhiare delicatamente. Il contatto produsse un suo gemito.

– sei un angelo

mi disse con un filo di voce

Continuai a lavorare la sua cappella, succhiandola e leccandola. Facevo roteare la lingua e poi con la punta cercavo prima il prepuzio e poi il filetto sensibile

– prendilo tutto ti prego

ma non ci pensare nemmeno – mi dissi – voglio godermelo tutto. Continuai così a giocare con la cappella mentre con la mano destra cercai i testicoli. Erano grossi e duri, pieni e gonfi. Il volto sul basso ventre, la sua cappella in bocca, la mano a giocare con i testicoli mentre lui guidava verso il nostro angolo remoto di paradiso. Volevo godesse prima che arrivassimo così sarebbe stato più lungo il piacere quando gli avrei dato la mia fica da sbattersi. Avevo voglia della sua sborra. Così affondai sull’asta, tutto d’un colpo arrivando sino alla base. Allargai la bocca per farlo entrare tutto

– mamma mia

sospirò

– continua ti scongiuro

risalii assaporando ogni millimetro della sua pelle. Era durissimo e vibrava di piacere. Le vene gonfie e dure. Riaffondai ancora lentamente sino ad avere il naso immerso nei suoi peli pubici. Risalii di nuovo e riaffondai nuovamente. Un gioco bellissimo in cui ero esperta. I tempi li decidevo io. Infatti, presi ad andare più veloce. Aumentavo il ritmo degli affondi sempre di più. Mi piaceva molto farlo soffrire. Voleva godere ma quando stava per farlo rallentavo il ritmo o mi fermavo del tutto. Per poi riprendere il gioco lentamente. Così facendo lui mi avrebbe regalato molta più sborra. Ed io ne avevo una voglia assoluta. Così andai decisa a farlo godere. Presi un ritmo sempre più veloce, un su e giù che aiutavo con la mano

– vengo

disse

il suo ventre prese a tremare di piacere. Lo schizzo era vicino. Il primo, quello più violento lo volevo sul viso quindi mi fermai con la bocca e mi scostai lasciando che fosse la mia mano a guidare l’eiaculazione. Bastarono due menate e il getto bollente tanto atteso e desiderato arrivò puntuale colpendomi il naso e il labbro superiore. Liberai il cazzo e mi tuffai sulla cappella a bocca aperta. Denso, pastoso, saporito l’essenza del mio uomo la raccolsi sulla lingua ed ingoiai avidamente sino all’ultima goccia. No. Non liberai subito il soldatino lo tenni tra le labbra continuando a succhiare anche se non aveva più nettare da darmi. Aspettai che perdesse consistenza e solo dopo lo liberai. Lui intanto aveva raggiunto il nostro angolo di paradiso. Fermò l’auto.

– sei stata brava ma adesso però pulisciti il viso che voglio averti.

Non aspettavo altro.

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Trans

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