La loro casa era chiamata da tutti ‘Il Quadrilatero’.
Chiusa, inaccessibile, come una fortezza.
I pochissimi ammessi conoscevano solo quella che era distinta come ala di rappresentanza: Un ingresso che dava sul pianerottolo, un salotto, un salone che serviva anche come sala da pranzo, due studi preceduti da piccole anticamere.
Le altre porte sul pianerotto:
A sinistra con la targa ‘servizio’: cucina, tinello, camera di servizio, bagno, e dispensa.
A destra nessuna targhetta. Si entrava in un ampio vestibolo, poi quattro camere da letto con altrettanti bagni: matrimoniale, per lui, per lei, per gli ospiti.
L’appartamento occupava tutto il secondo piano.
Al primo piano l’agenzia finanziaria Wordl Business.
Al terzo piano, del basso edificio, una distribuzione analoga al secondo, ma quasi del tutto disabitata. Solo i due studi erano attrezzati di tutto e usati da quelli che venivano chiamati ‘i ragazzi’, specie quando invitavano qualche compagno di scuola.
La famiglia Stein aveva poche amicizie, non riceveva che nelle ricorrenze massime e pochissime persone.
La gente lo aveva soprannominato anche il ‘Maso Stein’, riferendosi ai masi chiusi, perché quegli abitanti erano un blocco, indivisibile, impenetrabile a tutti.
‘Il Quadrilatero’ degli Stein, inoltre, era identificabile con le stesse iniziali delle città che, a suo tempo, avevano formato il Quadrilatero risorgimentale: Verona, Peschiera, Mantova, Legnago.
I componenti della famiglia Stein erano Valerio, Piero, Mikol, Lia.
Valerio, 45 anni, sposato con Mikol attualmente alla vigilia dei 40. L’anno successivo alle nozze erano nati Piero e Lia, una splendida coppia di gemelli, ovviamente eterozigoti, ragazzi precoci ed eccezionali, di vivida intelligenza, che frequentavano con profitto l’ultimo anno di liceo scientifico, in attesa di iscriversi al primo anno della facoltà di economia internazionale.
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Piero e Lia avevano festeggiato solennemente il loro compleanno. Entravano nella maggiore età, secondo le leggi italiane.
Poi il festeggiamento era proseguito nei due giorni seguenti.
Inizio della primavera, tempo di Purim, il tempo dell’allegria, del risveglio della natura, dei sensi.
Diversi nell’aspetto, dolce e delicata lei, atletico e vigoroso lui, erano un’anima sola. Da sempre.
Erano certi che anche le loro anime erano gemelle.
Secondo la concezione cabalista, l’anima, nel momento in cui è creata, viene “spezzata”, divisa in due metà e incarnata in due corpi diversi. Finchè l’uomo e la donna non ritrovano quella mezza parte di anima saranno condannati a reincarnarsi.
Piero era convinto che Lia era la sua ‘bait’, parola che indica tanto casa come donna.
Lia era certa di essere la ‘bait’ di Piero.
Avevano letto insieme il verso di Isaia che dice: ‘Chi Tiferet Adam lascevet ba baita’, cioè la bellezza dell’uomo è riposare nella donna
La donna, secondo la concezione metafisica del loro credo, è il ‘recipiente’ per eccellenza dove l’uomo trova la bellezza e l’armonia in stato di unione totale con lei.
Loro, Lia e Piero, erano le due metà, concepite nello stesso grembo, nello stesso momento. In effetti non si erano mai separate. Né potevano farlo ora. E sapevano che l’elemento essenziale per raggiungere l’unione totale, spirituale ma anche fisica, è il sesso.
Quando le due metà si incontrano, affermano le loro norme, che abbiano intensi e soddisfacenti rapporti fisici.
Fu così che la sera dopo il Purim, Piero andò nella camera di Lia, che l’attendeva in piedi, indossando solo una velata tunica, e gli andò incontro a braccia tese.
Quel momento lo aspettavano da sempre.
Gli amorazzi adolescenziali sarebbero impalliditi di fronte a quanto stava per realizzarsi.
La lunga vestaglia di Piero, aperta davanti, era l’unico suo vestimento, e dai lembi spuntava più che evidente la sua virilità, il suo desiderio.
Sollevò la sorella come una piuma, la depose sul letto, con un gesto deciso, ma non violento, che aveva tutto il significato d’un rituale, le strappò la tunica, da cima a fondo, e si inginocchiò di fronte a lei. Le dischiuse delicatamente le gambe, si chinò a baciarle il grembo, a lambire i riccioli neri del pube. Insinuò la sua lingua saettante nella vagina della ragazza che cominciò a sussultare, sempre di più.
Poggiò le belle gambe tornite sulle sue spalle, si alzò lentamente.
Lo spettacolo incantevole del giovane palpitante sesso di Lia lo eccitava al massimo. Il suo fallo era impaziente. Lo portò vicino all’ingresso di quel nido di felicità, della ‘bait’, lei, la casa, il recipiente.. e fu accolto come un liberatore.
La voluttà fu travolgente, il difficile era impedire che la manifestazione della loro appassionata intesa attraversasse i muri della camera.
Sospiri, gemiti, affanni. Il soffocato raggiungimento degli orgasmi.
Quanto era rimasto represso in loro, per anni, esplose ripetutamente.
Il piacere e la commozione rendeva sempre più impazienti i loro baci, l’unione dei loro corpi.
Lia rideva e piangeva, mentre il suo grembo, avido, si beava di quella meravigliosa invasione e del balsamo che si spandeva in lei.
Non sapevano quanto tempo fosse trascorso quando si alzarono, andarono sotto la doccia, insieme, l’uno passava la mano bagnata sul corpo dell’altro, mentre l’acqua tiepida compiva il rito della purificazione dopo l’amplesso.
Poi tornarono a letto, e presto ci sarebbe voluta un’altra purificazione.
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Quel mattino i ‘ragazzi’ non s’erano fatti vedere, stavano ancora dormendo.
Mikol aprì cautamente la porta della camera di Lia. Guardò dentro. Il letto era in ordine, i vestiti della ragazza ripiegati, sulla poltrona.
Rimase per un attimo perplessa.
Alquanto turbata, preoccupata, inquieta, andò alla porta di Piero; in silenzio, senza fare rumore. Aprì piano’
Si, i ‘ragazzi’ dormivano ancora. Abbracciati, nudi, col volto estatico!
Riuscì a richiudere piano. Corse in cucina, si gettò sulla sedia.
Una ridda di pensieri turbinava nella sua mente.
Voleva essere indignata, furibonda. Non ci riusciva. Anche lei aveva conosciuto il piacere paradisiaco di giacere tra le braccia del fratello. Non lo poteva dimenticare. Era stato bellissimo, sopravanzato solo da quello insuperabile che aveva conosciuto con Zaccaria, il padre.
Vinta la sorpresa, improvvisa ma non impensabile, cercò di analizzare l’emozione che l’aveva invasa.
Si, era turbata, ma perché?
La risposta le venne dal grembo.
Piero aveva preferito Lia. Perché non lei? La considerava vecchia, brutta, sfiorita?
Andò di colpo nella sua camera, dove il letto era ancora disfatto. Si spogliò completamente, si guardò nello specchio, da tutte le parti. Si chinò per vedere se il suo seno fosse cadente, aprì l’anta dell’armadio affinché potesse vedere anche la sua schiena riflessa nella toletta, il suo sedere, le sue gambe.
No, concluse, mi si potrebbero dare dieci anni di meno.
Si ammirava.
Guarda che personale, che tette alte e sode. Il ventre è piatto, le natiche sono anche esse dure come il marmo e rotonde come una pesca, con tanto di solco vellutato. Non un accenno di cellulite. I neri capelli, lunghi, scendevano a confondersi con i riccioli corvini del pube. Gambe snelle, ben tornite.
Insomma, cosa ho meno di Lia?
E sono sicura che nessuno potrà mai dare a Piero quello che posso darli io: siamo una sola carne. Potremmo esserlo ancora di più.
Questo pensiero la fulminò: potremmo esserlo ancora di più’ lo trasformò lentamente, con un sorrisetto che le aleggiava sul volto, in lo saremo!
Si rivestì, tornò in cucina, cominciò a preparare la colazione nel tinello.
Tra poco Sara, la colf, sarebbe tornata dal mercato.
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Lia, ancora stordita e beata, si svegliò. Guardo l’orologio. Era tardissimo. Si alzò senza far rumore, raccolse i resti stracciati della sua tunica e sgattaiolò lestamente nella sua camera. Ancora doccia e poi, più allegra che mai, andò in tinello. Mikol era lì.
Baciò la mamma.
‘Ciao mamma.’
‘Hai fatto tardi questa mattina’ tuo fratello, inoltre, ancora non si è visto’ Hai dormito bene?’
‘Ho passato una ottima notte!’
‘Si vede! Siedi, cara, fa colazione, e non mangiare molto, il pranzo non è lontano”
Lia iniziò a sbocconcellare una fetta biscottata, versò il caffé nella tazza. Aveva un’aria un po’ trasognata, lo sguardo sperduto nel vuoto.
Mikol era in piedi, vicina alla credenza.
Indossava la solita vestaglia, quasi sempre semiaperta, dalla quale si intravedeva la sottana. Lei era un po’ tradizionale in materia, ma a poco a poco stava adeguandosi alla moda attuale: niente sottoveste! Quella mattina, infatti, s’era infilata solo un paio di leggere mutandine, non di quelle aderentissime che a volte andavano a ridursi a una fastidiosa strisciolina tra le grandi labbra. Seta rosa, con ricami al bordo e al centro.
L’orgoglio di poter andare in giro senza reggipetto, con un paio di splendide tette, appena sobbalzanti al suo muoversi e camminare, le faceva quasi protendere il petto, per evidenziarlo, per provocare, forse inconsciamente, per sfidare. Era come se dicesse: ‘guarda un po’ cosa posso ancora sfoggiare’!
In quel momento, in pantaloncini e t-shirt, entrò Piero.
Si avvicinò a Mikol, l’abbracciò stretta, la baciò sul collo.
Fu una stretta eccezionale, particolare, carnale.
Mikol sentì ‘tutto’ del suo baldo figliolone. Se ne compiacque. Scosse appena la testa pensando che quel bambinone, però, aveva preferito Lia!
‘Siamo sexy, eh, mamma?’
E nello sciogliere l’abbraccio scese con la mano a sfiorarle il sedere.
‘Non fare lo spiritoso, Piero! Tu hai certamente ben altre pollastrelle per le mani, che non una vecchia gallina. Va, siedi a tavola che ti servo la colazione.’
‘Altro che vecchia gallina, ma’. Sei più ruspante che mai. E poi, anche se fosse? Quale miglior brodo?’
Lia bevevo il caffé, con la testa bassa, nascondendo un risolino canzonatorio.
Mikol si avvicinò a Piero, che era seduto a fianco a Lia, e si chinò per versargli il caffé. La scollatura lasciava intravedere le belle tette, che secondo il parere del ragazzo dovevano essere sode e vellutate come una pesca matura. Malgrado la notte passata, e la scrupolosa mungitura cui si era prodigata Lia, quello spettacolo era eccitante, gli occhi avevano trasmesso il messaggio al cervello che, a sua volta, lo aveva inviato al sesso che non restava insensibile. Sarebbe stato troppo sfrontato infilare una mano nella vestaglia per una bella palpata, ma la mano, cauta e nel contempo insistente, si rifece sulle robuste chiappe materne.
Mikol versava il caffé molto lentamente. Peccato che la tazza fosse così piccola!
Tornando in cucina, Mikol non sapeva come giudicare quel modo di agire del figlio. O in quel modo voleva distrarre l’attenzione da lui e Lia, oppure era un vero e proprio mandrillo, che non poteva stare senza mettere le mani addosso alla femmina che gli era vicino, indipendentemente da chi si trovasse a portata di mano.
Comunque, niente male. Era uno che sapeva dove e come toccare.
Mikol si rivolse ai ragazzi.
Vado a fare una telefonata.
Andò in camera sua, abbastanza su di giri. Eccitata.
Chiamò il marito al telefono, sul diretto.
‘Valerio, devo dirti una cosa. Sei solo?’
‘Si, sono solo, di che si tratta?’
Gliela buttò lì, di colpo, e rimase in attesa della reazione.
‘Ho sorpreso Piero e Lia, nudi, abbracciati, che dormivano nello stesso letto’.’
Un attimo di silenzio.
Poi la voce di Valerio, senza la minima emozione.
‘Hai visto che ti combinano i gemelli!’
‘Tutto qui?’
‘Veramente ‘tutto lì’. Ormai, hanno fatto tutto loro!’
‘Lo sapevi?’
‘Che cosa?’
‘Che.. insomma che’ che scopavano tra loro?’
‘Perché, tu li hai visti mentre”
‘No, non mentre, ma due giovani, nudi, abbracciati, nello stesso letto”
‘Beh, anche se lo hanno fatto non sono i primi né saranno gli ultimi!’
‘Si, ma sono”
‘Un maschio e una femmina: due baldi esemplari i nostri figli!’
‘Non dici niente? Non pensi di fare nulla?’
‘Mikol, lasciami riflettere. Tu non far comprendere che sai. Ne riparliamo. Ciao.’
‘Ciao.’
La conversazione venne interrotta.
Mikol rimase seduta, sul letto, vicina al comodino.
In effetti, stava meditando, non le era ben chiaro se fosse indignata e sconvolta, per l’accaduto, o non, invece, rosa dall’invidia e piena di gelosia verso Lia. A dire dalle contrazioni del ventre, dal ricordo delle mani di Piero, si doveva propendere per invidia e gelosia. Si, Lia aveva avuto ciò che lei più o meno inconsciamente bramava, era stata preferita a lei!
Lo specchio, ora, mostrava una Mikol diversa: mascelle serrate, labbra strette, quasi esangui, espressione fredda, decisa.
Fece un profondo sospiro, si alzò.
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Valerio, dopo aver abbassato il ricevitore del telefono, si compiacque con lui stesso per aver saputo non rivelare quanto la comunicazione della moglie aveva suscitato in lui.
Piero e Lia nudi, abbracciati, nello stesso letto.
Ma guarda un po’ cosa faceva la sua bambina!
In effetti, però, Lia non era bambina da parecchio tempo.
Lui ne aveva seguito sempre più attentamente l’evoluzione, della mente e soprattutto del corpo. Era una donna, molto bella, bellissima. Una vera bambolina, con un personalino incantevole, gli occhioni scuri, languidi, i lunghissimi capelli neri (come la madre), le labbra appena carnose, un petto da modella e un fondo schiena da far impazzire.
Era una donna fantastica, sua figlia, un bocconcino prelibato.
Ed ora, guarda un po’, quel fustacchione di Piero se la godeva. Chi lo avrebbe detto!
Era vero che i gemelli stavano sempre insieme, ma lui non immaginava fino a quel punto.
Certo, era una coppia meravigliosa.
Lei un fior di ragazza e lui un giovane atletico.
Insieme, ne era sicuro, facevano faville!
Non gradiva molto, però, immaginare la piccola Lia vigorosamente stantuffata da quell’ariete di Piero. Comunque, Piero doveva proprio bearsene. Anche Lia, però, con quello che il gemello poteva somministrarle, non se la passava male.
Pensare a Lia, al suo seno, al suo culetto, a come doveva sussultare durante l’accoppiamento, lo aveva eccitato.
Quasi quasi saliva subito a casa e lasciava alla pregevole esperienza di Mikol il compito di farlo rientrare nella indispensabile pace per applicarsi seriamente al lavoro del suo studio.
Una telefonata lo distolse, per il momento, da quel pensiero, ma anche mentre riusciva a rispondere a tono, ai quesiti che gli venivano posti, dinanzi agli occhi restava la bella Lia, nuda e’ pronta’ su un comodo letto.
Quella sera, in casa Stein, i letti ebbero il loro da fare.
Lia e Piero proseguirono nel loro viaggio nell’Eden della voluttà.
Mikol e Valerio sembravano insaziabili, ma’
Valerio aveva gli occhi chiusi e s’illudeva di possedere Lia’
Mikol si agitava come non mai, in un orgasmo fuori serie, e lavorava di fantasia immaginando di avere in lei Piero, il frutto del suo grembo.
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Aveva elaborato un piano, e poneva la massima cura nel condurlo a termine.
Ci doveva essere una preparazione, ma non doveva durare troppo a lungo. In sostanza, una specie di sondaggio per accertare la ricettività e la disponibilità di Piero.
Dimostrarsi particolarmente attenta e affettuosa, anzi amorevole e premurosa. Essere prodiga di manifestazioni concrete: abbracci, baci, carezze. Provocarne altrettante. Mantenere un atteggiamento cautamente seducente, stuzzicante, invitante, provocatorio. Curare l’abbigliamento: sexy ma non volgare. Stimolarlo con la sapiente esibizione delle sue grazie’
Piero non si mostrava insensibile.
Gradiva le carezze e i baci, li ricambiava sempre più audacemente. L’abbracciava standole alle spalle, brancicandole il seno, carezzandolo, soffermandosi sui capezzoli e nel contempo facendole ben sentire, al posto giusto, che il suo vomere di carne ben si adattava al solco tra i glutei di lei.
Ogni tanto dava anche una sempre meno fuggevole carezze al pancino della mamma, scendendo fino a percepire i riccioli che le ornavano il pube, là dove le gambe si riunivano.
Mikol era convinta di essere gradita, forse anche concupita come lei sempre più smaniava per lui.
Pensò che il vecchio trucco della crema da spalmare sulle spalle poteva valere anche questa volta.
Quando?
Ecco.
I ragazzi andavano alla scuola pubblica statale, e il sabato era giorno di lezione. Valerio al mattino del sabato andava fuori per i suoi adempimenti religiosi. Sara passava prima per il mercato e non si faceva vedere che a mattinata inoltrata.
Si trattava di trattenere a casa Piero.
Cominciò dal venerdì, quando lui tornò a casa dopo la scuola.
Gli disse che lo vedeva un po’ pallido. Gli pose la mano sulla fronte. Nel pomeriggio si presentò a lui col termometro (che aveva già fatto salire a 37,5), gli sbottonò la camicia, gli carezzò il petto, mise il termometro nell’ascella del giovane, non prima però di essersi resa conto della consistenza del folto ciuffo di peli che stava sotto braccio di Piero.
Attese qualche minuto, tolse il termometro al figlio, lesse la temperatura.
‘Eh, si, c’è qualche decimo’ lo dicevo’ sarà meglio che tu ti riguardi’ domani rimani a casa, Lia porterà un mio biglietto al preside.’
Si chinò sul figlio, lo baciò sulla fronte, sulle labbra. Lo guardò con tenerezza. Uscì dalla camera.
Piero era un po’ stupito da tutto quel traffico. Lui la febbre non se la sentiva proprio, ma un giorno di vacanza non gli dispiaceva.
E fu sabato mattino.
L’abitudine di svegliarsi sempre alla solita ora, i rumori di coloro che si apprestavano a uscire, Lia che andò a chiedergli come si sentiva e dargli il bacio del mattino’ insomma, Piero era seduto sul letto, e accolse con piacere il caffé che gli portò la mamma non appena Valerio e Lia chiusero l’uscio di casa.
La mamma sedette sul letto. In vestaglia, come al solito semiaperta. Sotto era nuda. Già, doveva ancora fare la doccia.
A Piero era già capitato di dare una sbirciatina al boschetto pubico materno, ma mai di averlo sotto gli occhi come adesso. Era bellissimo, e quando Mikol si muoveva, per prendere la tazzina dal comodino, o lo zucchero, e rimettere tutto a posto, l’esibizione si estendeva alle cosce semidischiuse, alle grandi labbra, fino al roseo incarnato delle piccole labbra.
L’arnese che Piero chiamava la sua ‘lancia’, si dichiarò subito pronto per essere in resta, e non fece nulla per nasconderlo del tutto.
Mikol lo guardò, maliziosa.
Messaggio trasmesso, risposta ricevuta.
Si alzò.
‘Piero vado a fare la doccia. Ho la sensazione che la pelle della schiena sia alquanto disidratata. Ti dispiace se, poi, ti chiamo per farmi spalmare un po’ di crema?’
‘Vuoi che vengo adesso?’
‘No, caro, ti chiamo io.’
Non passò molto tempo.
Mikol dalla sua camera chiamò Piero.
Era sul letto, bocconi, col lenzuolo che le copriva appena il sedere, schiena, cosce, gambe, scoperte, i lunghissimi capelli sparsi tutt’intorno.
Piero era col solo pantaloncino del pigiama.
Si fermò un momento, sulla porta.
Perbacco che visione.
E chi lo immaginava che la mamma fosse uno schianto di femmina di quel genere.
Si avvicinò al letto.
‘La crema è nel vasetto rosa che sta sul comodino.’
Piero lo scoperchiò, prese un po’ del gel, lo mise su una mano, la stropicciò lentamente con l’altra, si chinò su Mikol, cominciando dalle spalle.
Che pelle liscia, serica.
Scendeva lentamente, in lunghe carezze che facevano fremere la donna. Piero sentiva la pelle che sembrava muoversi. Vivere.
Era arrivato al lenzuolo. Lo saltò, passo alle cosce.
Erano morbide e sode nel contempo.
Mikol le divaricò appena, lui si inserì tra esse, sempre cospargendole d’un sottilissimo strato del cosmetico che di quando in quando prendeva dal vasetto.
I pollici s’infilarono sotto al lenzuolo. Poi le mani. Sentì i glutei della madre irrigidirsi e pian piano rilassarsi a mano a mano che lui proseguiva nel suo massaggio.
Ormai il lenzuolo era abbassato del tutto.
Quello era lo splendido sedere della sua mamma. Caspita se era bello e attraente. Appetitoso, gli veniva il desiderio di morderlo.
I pollici erano entrati nel solco. Era caldo, umido. Ecco, quello era il buchetto’ voleva vederlo’ senza smettere il massaggio, passando e ripassando coi pollici su quel bocciolo incantevole, volle vederlo, scostò le natiche’ che bello’ e laggiù c’era lo scuro dei riccioli che ornavano il sesso’
La sua ‘lancia’ gli stava perforando i pantaloni!
Aveva la voce roca.
‘Mamma’ voltati’!’
Mikol non se lo fece ripetere, si mise sul dorso, con naturalezza.
Tette al vento, pube in mostra.
Spettacolo incantevole.
Stimolo irresistibile.
Si abbassò, baciò la donna tra le gambe che si aprirono, la sua lingua cercava golosamente, senza sapere bene cosa. Incontrò il palpitare del clitoride, il sapore della linfa che colava dalle piccole labbra. Penetrò, girò. Le mani della donna stringevano la testa di lui, premendola sul pube. Poi, una mano di Mikol si allungò verso il pigiama di Piero, gli afferrò il fallo che era prepotentemente uscito dall’apertura, ma l’eccitazione del giovane era tale che quel semplice tocco provocò una violenta e incontenibile eiaculazione che la donna si affrettò a raccogliere nel lenzuolo.
Ora Piero era disteso accanto a lei, ansante.
Mikol gli carezzava il sesso che s’era ripreso immediatamente.
Gli mise una mano sotto le spalle, lo tirò dolcemente su lei, alzò le ginocchia, condusse il glande paonazzo vicino alla sua palpitante e bollente vagina, si fece penetrare fin quanto poté, e cominciò lei la più voluttuosa delle danze del ventre, che la stava conducendo a un orgasmo sconvolgente, mentre mungeva voracemente il robusto capezzolone del figlio che la invadeva deliziosamente.
Erano avidi, incontentabili, e solo i limiti della natura, che esistono anche per l’esuberanza dei giovani e l’ingordigia delle mature, li costrinsero a giacere, affranti.
In quel momento Sara bussò alla porta di casa.
Piero corse nella sua camera.
Mikol indossò una vestaglia e andò ad aprire.
‘Buon giorno signora’ Come sta? Ha un’aria strana’ incantata”
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Valerio aveva deciso di andare con Elia a fare quattro chiacchiere. Era un suo vecchio amico, un compagno di scuola.
Erano seduti al loro bar preferito. Avevano ordinato due spremute di pompelmo fresco.
Valerio fece un lungo respiro.
‘Elia, tu che ne pensi dell’incesto?’
Elia era abituato alle domande strane dell’amico. Ogni tanto gli balzava in testa qualcosa e ti chiedeva il parere su argomenti strampalati.
‘Che vuoi che ti dica, Valerio, l’attrazione sessuale, e il conseguente rapporto, sono cose naturali. I sessi sono fatti per unirsi. Tu lo senti quando lei è in calore, e lei si accorge bene quando tu sei eccitato, al solo vederla, al sentirne l’odore, il suono della voce. Questa è la natura, il resto lo abbiamo detto noi, gli uomini, tanto per darci una regola. Ed è una regola ipocrita, permettimi, perché il nostro codice, se lo leggi bene, non punisce quello che viene definito incesto, ma il modo in cui esso avviene. Infatti, l’articolo 564 del codice penale, bada bene, dice che ‘chiunque, in modo che ne derivi pubblico scandalo, commette incesto’. è punito..eccetera eccetera.’
‘Quindi se la cosa avviene senza sollevare pubblico scandalo”
‘Non interessa alla giustizia.’
‘Ho capito.’
Valerio pensò, dentro di sé, che l’essenziale era che tutto restasse nell’ambito del Quadrilatero, del ‘Maso Stein’.
Elia lo aveva rassicurato.
Sorrise appena, quando nella testa gli balzò il vecchio modo di dire goliardo, nel giudicare una ragazza giudicata idonea a’ incondizionato servizio: ‘est scopanda’.
Si, Lia apparteneva sicuramente a quella specie.
Ergo, quindi, bisognava procedere.
Lui non sapeva che a quell’ora, di quello stesso giorno, Mikol aveva già provveduto in merito, logicamente con la controparte a lei congeniale.
Però ci pensò un po’.
A me tira pensando a Lia, alla splendida femminuccia, chissà se a Mikol tira pensando a quel fusto di Piero.
Si a Mikol ‘tirava’. E come!
Il problema era sempre ‘quando’, ‘dove’!
Ma si. La domenica lo studio restava chiuso (in verità lo era anche il sabato), erano chiuse anche le scuole. Lui aveva sempre una scusa per pregare Lia di aiutarlo a riordinare qualche scartoffia, era anche una scusa per fare apparire la ‘paghetta’ come qualcosa guadagnata. Lia non era insensibile ai soldi. Chissà cosa ne faceva.
Doveva pensarci su.
Trascorse la settimana.
Il sabato successivo, a cena, Valerio chiese a Lia se l’indomani fosse disponibile ad aiutarlo a studio, per qualche ora. Forse era meglio al mattino’
Lia si dichiarò pronta. Lei alle nove sarebbe stata bella e preparata.
Mikol guardò Piero di sottecchi.
Piero annuì impercettibilmente.
Si prospettava una mattinata interessante.
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Erano passate da poco le otto quando Valerio, accuratamente rasato, vestito casual, scese nel suo studio, al piano sottostante.
Non c’era nessuno.
Aprì qualche finestra senza, però, tirare le tende.
Gironzolò per le stanze, distrattamente, andò alla sua scrivania, aprì un cassetto prese delle carte e le mise sul piano.
Lia, intanto, stava finendo di fare colazione.
Aveva indossata una cortissima mini, una larga camiciola, scarpe da riposo. Aveva raccolto i capelli a coda di cavallo, nessun trucco agli occhi, bellissimi, solo un leggero rossetto sulle labbra.
Piero poltriva a letto.
Mikol gli aveva portato il caffè, lo aveva baciato golosamente. Non si erano parlati, ma si erano compresi.
Lei aveva indossato la solita vestaglia sulla corta camicia da notte.
‘Ciao mamma, scendo giù, da papà.’
‘Così presto?’
‘Tanto sono pronta. Ciao.’
Si sentì chiudere la porta d’ingresso.
Mikol, ad ogni buon conto, andò a mettere il catenaccio. Se volevano entrare avrebbero dovuto bussare. Se avessero chiesto il perché del catenaccio, avrebbe alzato le spalle, per far intendere che, forse, lo aveva fatto distrattamente.
Ma non era distratta quando entrò nella camera di Piero, si spogliò, entrò nel suo letto, si rifugiò tra le braccia di lui. Lo sentì pronto, come sempre.
Lia premette il pulsante del campanello, le andò ad aprire il padre.
‘Ciao pa’.’
Alzò la testa per baciarlo sulla guancia
‘Ciao piccola. Fatti vedere. Perbacco come sei bella ed elegante.’
Lia piroettò, civettuola.
‘Sto bene?’
‘Benissimo. Andiamo.’
Solo a vederla così, Valerio s’era eccitato. Sentiva che il cuore pulsava come impazzito.
Andò a sedere alla scrivania, sulla grande poltrona.
Fece avvicinare Lia, accanto a lui, per mostrarle alcune carte.
Lei s’era chinata. Lui occhieggiava nella scollatura. Che belle le tettine racchiuse nel piccolo reggiseno.
La patta dei pantaloni sobbalzò.
Le mise la mano sotto la mini.
Un culetto splendido, sodo, liscio, nudo. La striscetta del perizoma era nascosta tra le natiche. La cercò, la trovò, la allontanò appena dal solco, e andò a sfiorare il piccolo buchetto della ragazza, che faceva finta di niente.
‘Aiutami, Lietta, che ti darò una bella paghetta.’
Però, pensò, la ragazza, è generoso oggi il paparino. Generoso e pomicione, guarda come si dà da fare. Scommetto che il suo coso sta reagendo. Anzi, sai che faccio? Me ne accerto. Vuoi vedere che oggi mi raddoppia la paga’ eh no’ se vuole andare avanti così’ ora le dita stanno esplorando oltre’ che vuol fare? Vuole ficcarmele dentro? Allora la deve triplicare la paghetta’ Ecco, ora faccio finta che voglio leggere meglio e mi siedo sulle sue gambe’
Con un movimento agile, si allontanò un po’, sì che la mano di lui dovette sfilarsi da sotto la gonna, e andò a sedersi sul paterno fallo.
Era come lei immaginava, tosto come un batacchio di campana.
Valerio deglutiva a fatica.
Lia aveva dilatate le natiche, il suo coso era tra esse.
Allora, ci stava!
Le alzò la coda di cavallo dei capelli, la baciò sul collo, le aprì la blusetta e le carezzò il seno.
E quella si agitava!
‘Voltati, Lia”
L’aiutò ad alzarsi, a voltarsi, a gambe aperte, con le sue tra quelle di lei.
La guardava con aria sconvolta.
Tornò a infilarle le mani sotto la corta mini, le abbassò il perizoma, lei lo aiutò a toglierlo. Le alzò la gonna. I riccioli neri di Lia erano lì, ornavano e nascondevano il sesso della ragazza.
Valerio stava impazzendo.
La erezione era dolorosa.
Guardò Lia.
‘Quanti mesi di paghetta, papà?’
‘Tre.’
‘OK’
Valerio abbassò la zip dei pantaloni, spostò il boxer, sempre rimanendo seduto. Ne balzò fuori, rubizza e vigorosa, un verga enorme, quasi come quella di Piero, che vibrava come un’ancia.
Valerio la afferrò per la vita e la avvicinò a lui, prese il glande e lo avvicinò alla vagina di Lia.
‘Sei mensilità, papà?’
‘Va bene, piccola, va bene’.’
Lia s’impalò lentamente, e prese a cavalcare con voluttà, più attenta al piacere dell’uomo che al proprio, quando sentì che lui stava per invaderla del suo seme, si abbandonò al suo godimento, e con un orgasmo spettacolare, lo munse fino all’ultima goccia.
Un lungo ooooooh! Di lei e di lui, sottolineò la con testualità del massimo piacere.
Valerio era soddisfatto.
Era stato più bello del previsto.
Non aveva mai immaginato che con la piccola Lia sarebbe stato così appagante.
Al piano di sopra solo la robustezza delle reti resisteva alla impetuosa e irresistibile galoppata di Mikol.
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Quella notte fu Lia ad andare a trovare Piero.
Fu dolce e appassionata più che mai.
Dopo, si accoccolò tra le braccia del fratello.
Lui voleva farle un complimento, il massimo.
La baciò vicino l’orecchio. Le disse che era bella.
‘Sei splendida, Lia’ meglio di mamma’!’
‘Lo so, Piero’ me lo ha detto anche papà”
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