“Era stimolante per me vedere quel suo corpo così bello, rigoglioso, abbondante e generoso darsi da fare per contraccambiare il piacere ricevuto…”
Erano anni che desideravo una casa in campagna tuttavia non riuscivo a
decidermi a cercarla, ma più di ogni alta cosa non sopportavo l’idea di affrontare le varie trafile burocratiche che questo comportava. Finché un giorno, preso da un insolito entusiasmo, una domenica mattina, accesi il PC e iniziai la ricerca.
Dopo un paio d’ore ero già annoiato e privo d’entusiasmo quando all’improvviso, quasi al fondo dei risultati della ricerca, un annuncio con decine di foto d’interni ed esterni mi balzò agli occhi. Si trattava del classico vecchio casolare ristrutturato ma ciò che trovavo insolito era l’arredo interno, ricco di quadri e sculture New Age un po’ ovunque ad eccezione della camera da letto. In pratica all’esterno la casa appariva come un vecchio cascinale ma dentro era tutto un altro mondo…
La casa, dotata di svariati vani, quasi tutti adibiti ad un personalissimo museo d’arte, lasciava intendere che chi vi abitava o vi aveva abitato, amava la bellezza e le profondità più intime e recondite dell’animo umano. Per diversi minuti scorsi avanti e in dietro quelle immagini, attratto da quelle insolite stanze.
Decisi di fare una pausa e riflettei su chi poteva aver caricato quell’annuncio e mi resi conto di quanto le foto si concentravano molto su quelle opere d’arte e poco sul resto. Decisi di tornare sulle immagini per farmi un’idea sull’edificio, tralasciando gli aspetti artistici e concentrandomi su quelli tecnici. Analizzai gli esterni e i panorami che si potevano scorgere sullo sfondo, poi mi concentrai sulla cucina e gli altri vani. Ad un certo punto un particolare della camera da letto, nell’unica e sola foto in quella lunga galleria d’immagini, attirò di nuovo la mia attenzione. La stanza, diversamente dalle altre, era assai poco curata, composta di un solo letto matrimoniale con schienale in ferro battuto e un vecchio armadio in arte povera, con una anta centrale a specchio e altre due ai lati. Tutto qui. Nemmeno un comò o un comodino. Niente soprammobili. E il lampadario non c’era. Eppure qualcosa non quadrava, c’era qualcosa fuori dall’ordinario in quelle semplici simmetrie. Improvvisamente, finalmente, mi accorsi di ciò che stonava: la cosa strana era la quasi impercettibile fessura di uno dei cassettoni inferiore dell’armadio: non potevo credere ai miei occhi! Era leggermente aperto e ciò che ne spuntava fuori era la punta di un fallo nero! Non potevo sbagliarmi, ne avevo visti tanti fra i giocattoli delle mie amiche segrete. E non di rado mi ero prestato a questi giochi nei vari interludi del sesso…
La cosa si fece molto più interessante, non era più solo una questione immobiliare. L’eros era entrato in gioco e all’eros non si comanda, si obbedisce e basta, come in una fede cieca.
Decisi di andare a vedere quella casa senza intermediari, già la fantasia correva, immaginandomi quale pezzo di femmina albergasse in quella casa. Sia chiaro, ero altresì consapevole del grosso granchio che avrei potuto prendere, tuttavia mi mossi ugualmente e mi accinsi a modificare il modo di analizzare quelle foto. Ora quelle che ritraevano gli esterni diventarono più importanti e mi misi alla ricerca di ulteriori dettagli per stabilire la posizione esatta del casolare e scoprirne la forma. Tutto questo al solo fine di riconoscerlo quando mi sarei recato sul posto.
L’annuncio parlava di una casa immersa nelle verdi colline della provincia, a una ventina di chilometri dalla periferia della città dove allora abitavo. Era un piccolo comune agricolo, per lo più circondato da boschi e vigne. Cercai delle mappe sul computer e mi resi subito conto che solo pochi casolari circondavano il piccolo comune, e che recandomi sul posto l’avrei presto trovato. Sentivo che questa volta la fortuna sarebbe stata dalla mia parte.
Quando giunsi sul posto decisi di percorrere le sole strade che portavano ai casolari, dunque diedi un’occhiata alla cartina sul mio telefono e decisi di scartare subito la via che percorreva la parte bassa della piccola città , poiché non offriva grandi panorami. Le foto dell’annuncio parlavano chiaro, si trattava di un posto in alto, di un cucuzzolo che non aveva ostacoli naturali di fronte a sé ma solo un orizzonte panoramico a tutto tondo. C’erano solo due possibilità : la strada verso est e quella che portava invece verso sud, verso il mare. Tentai subito con quella più vicina, quella a est, ma mi trovai presto di fronte ad un vecchio rudere inanimato che poteva assomigliare a una vecchia stalla. Non aveva nulla a che vedere con le immagini dell’annuncio. Non scesi nemmeno dall’auto, feci retromarcia fino al primo punto dove poter girare l’auto, in quella strada così desolata e stretta.
Dopo qualche manovra e qualche attimo di disorientamento, riuscii a tornare al punto della città dove poter imboccare invece la strada verso il mare. Avevo già percorso qualche chilometro sperando di vedere un tetto, quando lentamente ne spuntò uno dalla linea dell’orizzonte. Ne riconobbi subito la forma: era la vecchia casa ristrutturata dell’annuncio!
Ero eccitato ma allo stesso tempo non sapevo se vi avrei trovato qualcuno: la domenica la gente lascia le proprie abitazioni in cerca di svago e relax e forse non vi avrei trovato ciò che incominciavo a desiderare ardentemente: eros.
Spensi il motore e scesi dall’auto. Mi trovavo di fronte a un vecchio cancello ricoperto di ruggine ma ancora solido e ben piantato, il tutto recintato da un muretto non molto alto non visibile nelle foto dell’annuncio. Decisi semplicemente di suonare il campanello e aspettai qualche minuto. Nessuna risposta. Riprovai, ma nulla.
Stavo per andarmene quando all’improvviso sentii abbaiare, mi voltai e vidi una porta di legno molto spessa semiaperta e un cane enorme dal pelo nero e lucido che correva verso di me. In quel momento mi sentivo al sicuro solo grazie a quel vecchio cancello.
Abbaiava instancabilmente ma allo stesso tempo scodinzolava e non sembrava irritato ma semplicemente desideroso di annunciare al mondo la mia presenza. Mi raggiunse al cancello e mi scostai indietro qualche metro. Dopo pochi secondi scorsi da lontano una figura, era visibilmente una donna dai lunghi capelli neri e lisci. Era vestita tutta di nero, indossava una gonna di velluto e un maglione aderente. Mi fissava da lontano. Feci un cenno con la mano al quale non rispose, poi, ad un tratto, cominciò a venire verso di me. Sentivo la situazione complicarsi. La cosa stava prendendo una piega seriosa più che gioviale, come invece mi sarei aspettato.
Lei si muoveva con classe o forse sarebbe meglio dire con un portamento sicuro e deciso ma pur sempre estremamente femminile. I suoi fianchi ondeggiavano sinuosi senza vezzo, le braccia erano morbide e rilassate ma rigorosamente al loro posto. E poi le spalle, di una nuotatrice, distese e perfettamente allineate con i fianchi: sembrava un’amazzone, discesa da un imponete cavallo nero. Era poco più alta di me.
Non potevo ancora vedere il colore dei suoi occhi ma sempre più si potevano scorgere i lineamenti del suo corpo e del suo viso. Aveva un naso e delle labbra importanti e degli zigomi pronunciati ma nulla a che vedere con la chirurgia. I fianchi sbocciavano orgogliosi da una vita stretta ma tutt’altro che esile. Portava degli stivali neri con un tacco evidente ma non troppo alto, ad ogni modo sexy senza essere vistoso.
La donna si voltò indietro per un secondo, per dare un’occhiata a non so che cosa e in quell’istante potei notare che aveva un seno a dir poco enorme, non percepibile di fronte e da quella distanza per via del maglione nero. Che visione!!
Mentre si avvicinava sempre più potevo incominciare a scorgere quelle piccole ma intense vibrazioni del seno causate dall’andatura, che prima non vedevo. E le anche, che scuotevano con naturalezza fianchi e cosce, mi davano l’idea di un direttore d’orchestra che dà vita alla sinfonia di un corpo di donna in movimento. Era pieno inverno e sentivo l’aria scottare…
Quando la donna giunse di fronte a me mi salutò con espressione neutra e il cane smise di abbaiare. Ricambiai il saluto con un formale “Buongiorno”, seguito da un sorriso ammaliante ma nulla di troppo esplicito che tradisse il mio stupore per quella visione. Fui semplicemente gentile. Aveva un volto unico o sarebbe meglio dire difficilmente riconducibile ai classici cliché. Gli zigomi e il naso pronunciati mostravano un viso prominente ma dolce e sinuoso nel suo insieme. Gli occhi erano di un verde smeraldo mai visto. Il contorno degli occhi e la fronte lasciavano intravedere un aspetto vissuto ma ben celato, non era più una donna giovanissima, avrà avuto tra i quarantacinque e i cinquant’anni, ma aveva tutte le carte in regola per essere una Dea! E quegli occhi ne erano la prova!
Banalmente mi chiesi cosa ci facesse una creatura così particolare in un posto così isolato.
– Come posso aiutarla? – mi chiese.
Le risposi che ero venuto per l’annuncio, per vedere la casa e lei ribatté che la casa non era in vendita. Ribadii che ero certo di aver riconosciuto la casa dell’annuncio e che non capivo il perché pubblicare un annuncio se la proprietà non era in vendita. La donna mi rispose educatamente, ma sempre con fare neutro, che doveva esserci stato un errore. Poi mi salutò con garbo, si voltò e si incamminò per rientrare in casa.
Non sapevo che dire, stavo zitto e mi sentivo interdetto: una sensazione spropositata per così poche parole. Forse perché avvertivo che la posta in gioco era alta: capelli neri, occhi verdi e bella da morire! Eppure non ero nato ieri, sono sì timido ma avevo imparato ormai da tempo a flirtare con le donne. Ma ora con lei mi sentivo disarmato. L’istinto mi diceva che dietro quella maschera neutrale si nascondeva qualcosa, ma non riuscivo ad afferrarla.
Se ne stava andando e il tempo non era dalla mia parte, pertanto decisi di prendere il toro per le corna!
– Forse ha sbagliato a mettere l’annuncio – le dissi a gran voce.
Lei si voltò e mi disse:
– Come prego?
Io le risposi:
– Sì, l’annuncio. Forse ha sbagliato categoria.
– Quale categoria? Non so di cosa sta parlando. – E riprese a camminare.
– Sì, sì, la categoria! Ogni annuncio ne possiede una – insistetti – Case, terreni, auto, oggetti vari…
La donna rispose con voce sarcastica continuando a camminare e senza voltarsi: – Ah sì? E quale sarebbe allora la categoria giusta?
– Quella dei falli neri chiusi in un cassetto circondati da un mondo di fantasia!! – Risposi secco con un sorriso malizioso, deciso e sfacciato. O la va o la spacca, mi dissi.
La donna si bloccò all’istante. Si voltò di scatto volgendo lo sguardo verso di me, uno sguardo ora timido, un po’ intimorito ma avido di curiosità . Poi, dopo un secondo che mi era parso un secolo, girò tutto il suo corpo e si accinse a raggiungermi nuovamente. Mi accorsi che nel frattempo il suo sguardo mutò ancora, riprese ad essere neutrale ma questa volta non era per niente gentile. Solo i suoi occhi sembravano dire ‘Pensi di sapere qualcosa di me? Credi di avere anche il minimo vantaggio su di me? Pensi di avermi colto in flagrante?’ Mi raggiunse e se ne stava di fronte a me fissandomi negli occhi, nei quali mi ero perso e sciolto come un ghiacciolo nel deserto. Il cane le stava sempre al fianco, silenzioso ma in guardia. Mi sembrava arrabbiata, ero convinto di aver esagerato e rotto il sottile filo della seduzione… Forse ero stato troppo esplicito, forse persino volgare. Ero tornato ad essere disarmato perdendo il mio sguardo sicuro e impertinente. Lei invece era visibilmente in vantaggio ed io avevo perso la battaglia degli sguardi.
Alla fine abbassai il mio di sguardo e con profonda delusione capii che il mio approccio non aveva funzionato. Mi scusai sinceramente ma orgoglioso di averci provato, mi voltai e tornai verso la macchina.
Allungai la mano per aprire la portiera dell’auto ma improvvisamente fui profondamente colto di sorpresa: sentii il cancello aprirsi e udii una sola parola:
– Entra!
Mi diede del tu! In un istante il mio cuore galoppava come un cavallo pazzo e un brivido scese dalla testa ai piedi. Sentivo caldo, sentivo freddo, sentivo scariche elettriche ovunque.
Stop! Dovevo mantenere la calma. Da fermo e immobile che ero, tolsi la mano dalla maniglia della portiera e mi voltai. La donna accennò un leggero sorriso e mi disse:
– Posso offrirti un tè?
Mi trovavo seduto nella sua cucina con il cane che dal giardino mi teneva d’occhio. I sudori freddi appena vissuti mi fecero temere di aver perso la mia freschezza e approfittando della breve assenza della donna controllai. Tutto ok! Ma decisi di togliere la giacca che piegai e tenni sul braccio. Dopo qualche minuto la donna tornò con un vassoio in mano con sopra una teiera, due tazze, latte, zucchero e qualche biscotto. Posò il vassoio sul tavolo, poi mi disse:
– Questa dalla a me – prendendo la mia giacca.
Scomparve di nuovo per qualche secondo.
Ora che potevo vederla muoversi da vicino, ammiravo ogni centimetro del suo corpo. Da dietro le spalle si ergevano come una statua, trasmettendo grazia fino ai fianchi e da lì ai glutei ancora sodi e divinamente sporgenti da far impallidire la più audace delle ballerine brasiliane. Di fronte era una venere dalla bellezza unica e particolare, con quei tratti pronunciati del viso, le linee sinuose e infinite del petto, l’addome piatto con una leggera sporgenza pubica. Il tutto contenuto sapientemente da quegli abiti neri aderenti al suo splendido corpo.
La donna si teneva in forma, era evidente, ma in quel corpo vivo e animato c’era molto di più, che andava oltre, che urlava al mondo una bellezza d’altri tempi, ancestrale, una bellezza arcaica che non aveva eguali. Quel corpo trasudava un’anima profonda e sconvolgente, impassibile e magmatica, decisa e passionale, disinibita e misteriosa.
Bevvi il tè bollente con molta calma mentre la osservavo e insieme a lei la sua cucina. Si fece sera.
La donna accese il fuoco e chiuse una finestra che era leggermente aperta.
– Hai freddo ? – Chiesi.
– No, ma nelle vecchie case di campagne è bene provvedere prima che il freddo della sera arrivi. – Mi rispose.
Ci fu un minuto di silenzio in cui finii il mio tè. Non appena posai la tazza vuota la donna si girò con calma e con fare gentile mi chiese se ne volessi ancora. Rifiutai educatamente poi la donna mi disse:
– Vieni ti faccio vedere la casa…
Mi alzai in un attimo, senza sembrare grossolano, e la seguii.
La prima stanza era molto buia, appena illuminata da fievoli fonti di luce sapientemente nascoste che illuminavano le opere. Non si vedevano lampadine o candelabri o cose simili solo fasci di luce che spuntavano dal buio profondo. Un gioco unico di luci e di colori riflessi. I quadri, per lo più nudi di donna, erano tutti caratterizzati da paesaggi naturali sullo sfondo. Ritraevano donne nei loro aspetti più intimi, mai volgari, donne che pensavano, riposavano, si toccavano con sapiente delicatezza. Tutte avevano un espressione carica di sentimento nei loro volti.
– Una donna ha dipinto questi quadri – mi disse.
– Tu? – chiesi io.
– No, magari – ripose con un sorriso, sorpresa dalla mia domanda – Devi esserti fatto un’idea troppo alta di me – aggiunse.
Modesta, pensai. Chiunque si sarebbe fatto quell’idea.
– Come si chiama l’autrice? – Chiesi, non sapendo che altro dire.
– Althea. – Mi sussurrò dolcemente, poi aggiunse:
– Deriva dal greco e significa “colei che guarisce”.
In effetti tutti i quadri avevano un non so ché di mistico, rigenerante, edificante, terapeutico.
Mi soffermai di fronte a un quadro che rappresentava una donna giovane nuda, accovacciata sopra una roccia. Al suo fianco una piccola cascata di un ruscello. Aveva il volto sorridente intriso di lacrime rivolto verso il cielo, i seni piccoli e coperti dalle gambe piegate. Potei notare con immenso stupore la forma straordinariamente splendida della sua vulva, evidentemente eccitata e turgida, con delle grandi labbra gonfie e le piccole labbra che si aprivano come le grandi ali di una farfalla tropicale. Un dito della giovane donna era dolcemente appoggiato sulla clitoride sporgente ed eretta. E dal centro di questa meravigliosa apertura, come di un fiore appena sbocciato, sgorgava un rivolo di pura rugiada femminile. Rimasi incantato nell’osservare la maestria dell’autrice che aveva congelato un momento così potente, intimo e misterioso, per portarlo alla luce del mondo. Pensai che per molte donne questo costituisse una salvezza, una via di contatto con se stesse nelle profondità dell’anima, un sensuale gesto di intima liberazione…
La donna mi colse in quel preciso istante di stupore e meraviglia e mi sussurrò all’orecchio, con fare spiritoso e divertito:
– Non è pipì quella!
Sapevo benissimo cosa fosse quel piccolo zampillo in mezzo al gambe di quella giovane donna ma non osai contraddirla, anzi, in quel preciso istante mi resi conto di quanto la piccola cascata e il piccolo rivolo fossero simili. Quasi a simboleggiare l’acqua onnipresente in natura, che scorre tra la vita, e nella vita, animando le nostre istanze più intime. Pensai immediatamente agli umori del sesso, con le sue profondità e umidità .
Ero visibilmente eccitato e cercavo di contenermi dissimulando il mio stato d’animo ostentando tranquillità , quando all’improvviso la donna mi sussurrò ancora:
– Lasciati andare…
La guardai per un attimo ma non dissi nulla.
Visitammo anche le altre stanze ove erano presenti altri quadri decisamente più incentrati su paesaggi oppure astratti. Ogni stanza poteva benissimo rappresentare un aspetto della vita interiore della donna che mi accompagnava in quel piccolo viaggio. Infondo quei quadri li aveva scelti lei stessa.
Preso da un attimo di razionalità , in un atmosfera ormai idilliaca, mi resi conto che non conoscevo il suo nome. La sentivo alle mie spalle, mi voltai e le chiesi:
– Come ti chiami?
– Eleana. In greco significa “dono del sole”… – Mi disse.
Era evidente che per lei i nomi erano importanti. Poi aggiunse con fare dolce:
– E tu?
– Luca – Risposi, e tornai a volgere lo sguardo su quelle magnifiche opere.
In realtà non smettevo di pensare a lei, era decisamente un dono di una stella luminosa. Tuttavia ancora non capivo il perché di una vita così ritirata, non sembrava timida, forse solo un po’ riservata.
Finimmo il giro e tornammo in cucina dove nel frattempo l’aria si era riscaldata e il buio della sera era sopraggiunto.
Mi trovavo di fronte alla finestra che Eleana aveva chiuso in precedenza, intento ad osservare il buio del giardino e a cercare di capire dove si fosse nascosto il cane, quando mi sentii fare una domanda inaspettata.
– Ti va di fare un bagno caldo?
Un brivido scosse di nuovo il mio corpo e con mia grande sorpresa il cazzo mi divenne duro come il marmo in pochi secondi, gli occhi lucidi e il cuore pompava sangue intento a non lasciare nulla del mio corpo all’asciutto.
Speravo davvero che ci sarebbe stata anche lei dentro la vasca, e più stretti saremmo stati meglio sarebbe stato.
– Certo! – Risposi.
– Preparo l’acqua. – Disse lei.
La seguii ma si muoveva più veloce di me e la vidi scomparire dietro una porta di una delle stanze delle opere. Mi fermai, forse non voleva essere seguita pensai. Cercai di rilassarmi ma era dura vincere l’attesa e ripresi ad osservare i quadri, intento a distrarre la mia mente dalla sua richiesta che risuonava nella mia testa come una dolce proposta.
Diversi minuti dopo fece ritorno, indossava un accappatoio bianco annodato in vita ma indossava ancora gli stivali neri: che sexy! Che visione!
Vieni. – Mi disse dolcemente.
Non dissi nulla e la seguii. Oltrepassammo la porta e iniziammo a scendere giù per delle scale. Pensai ad una specie di cantina sotterranea, insolita per quel tipo di casa quando, invece, mi resi conto che dopo un paio di metri finiva il muro di mattoni e iniziava la roccia. Tutta la casa posava sulla roccia! Ero stupito quanto incredulo. Da fuori sembrava tutt’altro.
Scendemmo parecchi gradini e giungemmo in una grotta lievemente illuminata, insolitamente calda, con in mezzo una magnifica piscina naturale piena d’acqua sorgiva molto calda. Avevo sentito parlare di questo fenomeno, pare che l’acqua arrivi da profondità elevate della terra, dove si scalda e ritorna in superficie. La piscina era illuminata artificialmente sott’acqua e irradiava una luce verde smeraldo, come gli occhi di Eleana, per tutta la grotta. Potei notare che la grotta non terminava lì ma altre due aperture grandi come una porta partivano da quella stanza naturale e da una di queste l’acqua fluiva via per andarsene chissà dove.
– Spogliati! – ordinò dolcemente.
Ed io eseguii l’ordine mentre lei tastava l’acqua con una mano. Poi la vidi sciogliere il nodo dell’accappatoio e mi fermai per godermi quel momento così intrepidamente atteso. Si levò l’accappatoio lentamente e con una grazia disarmante, notai subito che non era nuda ma aveva una vestaglia nera, corta, trasparente e sotto un costume intero nero con un’apertura sull’addome che lasciava vedere l’ombelico. Entrò in acqua così.
– Io non ho un costume – Le dissi pensando che potesse fornirmene uno.
– Non importa, non ti serve.
Mi sentivo a disagio, ero visibilmente eccitato con il cazzo in tiro al limite del dolorante e lei mi guardava spogliarmi. Mi liberai di tutti gli indumenti rapidamente senza sembrare goffo e notai che mi osservava compiaciuta. Sapere che il mio corpo e il suo stato di tensione era di suo gradimento mi rincuorò, così mi feci coraggio, sciolsi la tensione alle spalle e la raggiunsi.
L’acqua era bollente ma piacevole al tatto, mi aiutava a rilassarmi in una situazione mai vissuta… E dire che di donne ne avevo sedotte molte in vita mia ma qui le cose si erano capovolte.
Decisi di sedermi al suo fianco. Lei si voltò, lasciando che la vestaglia, per metà fuori dall’acqua, scoprisse il costume e lasciasse intravedere quel seno poderoso e imponente. Scostò una tovaglietta di cui non avevo fatto caso prima, mostrando una rientranza sulla roccia piena di frutta. Una sorpresa dopo l’altra pensai.
Presi una ciliegia, lei un’albicocca e mangiammo guardandoci negli occhi.
– Ti piace? – Mi chiese.
– Molto – Risposi e aggiunsi – Che cos’è questo posto?
Mi stavo rilassando, merito anche dell’acqua calda. Lei lo notò e mi disse:
– Sono felice che tu ti senta a tuo agio ma è necessario ai miei occhi che tu sia perennemente eccitato!
Sputò il nocciolo dell’albicocca e avvicinò il suo volto verso il mio, ma si fermò prima, baciandomi la spalla destra per poi scivolare sul mio petto. Potevo sentire le sue labbra carnose e la sua lingua accarezzare dolcemente la mia pelle. Dopo un po’ cominciò anche ad accarezzarmi l’uccello con sapiente grazia e maestria, finché non raggiunse nuovamente il massimo turgore che, con ogni evidenza, era di suo gradimento. Ottenuto lo scopo smise di toccarmi e mi disse:
– E’ un’antica grotta, risale a centinaia di migliaia di anni fa, quando le popolazioni preistoriche vi si rifugiavano durante i freddi inverni. Uscivano solo per cacciare e spesso tornavano a mani vuote.
Rispose alla mia domanda. Io ero frastornato e confuso. Poi continuò:
– Probabilmente questa piscina era il luogo adibito ai rituali sacri che con ogni probabilità erano accompagnati da quelle che noi potremmo definire orge. Anche se, contrariamente all’immaginazione comune, in realtà , spesso vi erano poche donne che si accoppiavano con molti uomini. Sai, allora la società era organizzata diversamente, era una società di tipo matriarcale. Le donne erano al centro della vita e si accoppiavano ripetutamente con più uomini nello stesso momento, per aumentare il piacere e gli orgasmi. Il loro piacere femminile guidava il loro istinto e la natura faceva il resto: molto sperma, molte più probabilità di rimanere gravide. Per questo noi donne amiamo lo sperma e vedere voi uomini impazzire di piacere.
– Vedi Luca – aggiunse – a quei tempi non esisteva il possesso della femmina da parte del maschio, se non durante l’atto sessuale in sé… Erano loro, le donne, che educavano i figli maschi in questo modo.
Guarda là sul soffitto – continuò indicando un punto ben preciso – vedi quella figura stilizzata? E’ una donna sdraiata. E vedi quelle cinque figure intorno? Sono cinque uomini con una lancia in mano, simbolo del loro fallo. Non c’è violenza o sottomissione. Ora guarda quella figura di fronte alla donna, come puoi vedere non ha la lancia e quello che tiene in mano è il suo fallo! A me piace pensare che la donna si stia masturbando davanti a loro, in attesa che siano a loro volta eccitati per quella straordinaria visione. E loro, i cinque uomini, aspettano che la donna sia pronta… Ricordi il rivo di umore sgorgare da quella splendida vulva, su, nel quadro di sopra, che tanto ha attirato la tua attenzione? Ecco, a me piace pensare che loro aspettano questo mentre si eccitano nel guardarla, per poi penetrarla ripetutamente, inondandole la vagina e tutto il corpo di sperma in una sinfonia di ripetuti orgasmi, molto vicini tra loro per la sua straordinaria eccitazione. Ovviamente si trattava di un rito, un compito sociale volto a soddisfare le nostre più profonde e animalesche fantasie. Tuttavia sono anche dell’idea che già allora le donne desiderassero quello che noi oggi chiamiamo intimità , altrimenti non si spiegherebbe la nostra natura fragile e profonda, e come questa attiri enormemente un certo tipo di uomini, altrettanto fragili e profondi. Più in generale, invece, l’importanza che voi uomini date a tutto il nostro corpo di donna, al nostro seno, alla fica, per non parlare del nostro culo che amate tanto prendere con vigore da dietro, soffermandovi su tutto questo innumerevoli e ripetute volte nel corso della vita, non sono che indizi tanto semplici quanto evidenti del ruolo centrale che ricopriamo noi donne per voi. Quando siamo sole con voi, il vostro indugiare e succhiare ogni centimetro del nostro corpo con tutti i suoi umori, la vostra virilità talvolta anche timida ma priva di soggezioni esterne, sono la prova che l’intimità in una perfetta e mistica intesa può esistere! E ha radici molto lontane.
– Strano – dissi io – spesso vi lamentate del contrario!
– Chi si lamenta non ha ancora imparato a cercare, poiché fondamentalmente non sa ciò che vuole!
Rimasi follemente colpito da quelle parole. Nessuna donna mi aveva mai raccontato i suoi pensieri e le sue ragioni più profonde e intime. Ero certo che ci fosse dell’altro però.
– E tu? Anche tu vorresti essere posseduta da cinque uomini? – Le chiesi.
– Non nego che una parte di me lo vorrebbe ancora, l’ho fatto molte volte in passato ma le nostre vite nei millenni si sono così modificate che in realtà non desidero che una sola anima per volta. Vedi, la peculiarità di quei riti era la spersonalizzazione in favore di una credenza comune, una sorta di regola sociale che esaltava e sublimava ogni significato del rito stesso, conferendogli un grande potere. Quegli uomini e quelle donne si perdevano in vere e proprie estasi in quei momenti. Tuttavia la vita una volta mi ha fatto provare l’immersione totale in un’anima. Stavo con una donna e si era venuta a creare un atmosfera tale per cui potevo sentire ogni fremito del suo corpo, ogni paura, ogni sensazione e da allora non cerco altro. Ora non desidero più solo sesso o del buon sesso, cerco spiccate sensibilità , anime che non temono di rivelarsi a una sconosciuta come me perché guidate dal loro istinto più profondo. Donna o uomo non ha importanza. Non si tratta di una specie di morale o regola personale ma semplicemente sono io che sono cambiata, e ora sono così! Ho sempre seguito me stessa in tutte le fasi della mia vita e lo farò fino alla fine!
Ora Eleana mi fissava in silenzio con un espressione dolce nonostante quei suoi lineamenti decisi, forse era questo contrasto che mi disarmava. Poi allargò le braccia, mi baciò dolcemente a mi avvolse in un forte, sensuale abbraccio. Ero stupito e non sapevo che fare, non ero certo di aver compreso tutto. Non ero certo di essere ciò che lei cercava, ma non mi rimaneva che una sola cosa da fare: lasciarmi andare, come mi aveva detto, e sperare di essere all’altezza delle sue aspettative! Ormai ci tenevo a lei.
Dopo quel lungo bacio sensuale e intimo uscimmo dalla piscina. Io visibilmente eccitato, lei calda e sensuale, mi guidò verso una delle due porte nella grotta. In quel momento potevo sentire sotto i miei piedi la gelida roccia che mi dava la sensazione di un piacevole refrigerio dopo l’acqua bollente. Sapevo che non sarebbe durato a lungo e che da li a poco avrei cominciato a sentire freddo, anche se in realtà , a parte la fredda roccia, l’ambiente circostante era confortevole, un microclima piacevole e rilassante creato dall’acqua della piscina. Ci inoltrammo per una decina di metri in un tunnel che da li a poco sarebbe confluito in un’altra stanza. Si trattava di un’altra camera naturale delle stesse dimensioni di quella precedente, ma che non aveva altre vie d’accesso se non quella dalla quale arrivammo.
La camera naturale era totalmente occupata da un esteso palco in legno, sapientemente sagomato e adattato alla forma irregolare della grotta, rialzato da terra e ricoperto da una sorta di materasso rosso e decine di cuscini. L’ambiente era illuminato da un centinaio di candele, disposte intorno al perimetro e alcune su dei porta candele attaccati al soffitto anch’esso irregolare, come una sorta di antico lampadario. Mi chiedevo come avesse fatto ad accenderle tutte in quei pochi minuti che mi aveva lasciato solo nella stanza dei quadri. In seguito capii che ogni candela era collegata all’altra da un filo che incendiato al suo capo avrebbe raggiunto tutte le altre. Per ogni candela il filo circondava con un paio di giri lo stoppino, proseguendo come una miccia su tutte le restanti candele. Realizzai che Eleana non sapeva quando né chi avrebbe incontrato ma aveva pianificato quell’incontro da tempo…
Sul soffitto vi erano delle insenature naturali dalle quali potei dedurre che potesse passarci dell’aria, i movimenti delle fiamme delle candele ne erano con ogni evidenza influenzati, come se la roccia fosse viva e stesse respirando. Un respiro irregolare ma posato e deciso che garantiva all’ambiente un aria salubre.
– Vieni! – Mi disse dolcemente mentre si levò la vestaglia fradicia e a carponi saliva sul palco. Vi si addentrava con una grazia e femminilità disarmante ed io ero ipnotizzato da quei fianchi e cosce in movimento. La seguii e non potei fare a meno di ammirare quel culo splendido che si muoveva sinuoso e deciso, ma decisamente impazzii quando tra le pieghe del suo costume potevo scorgere a grandi linee la forma della sua bellissima vulva. Erano evidenti i tratti di una figa carnosa e sporgente.
Quasi al fondo della stanza ad un tratto si fermò, si volse verso di me e rimase seduta. Io feci altrettanto e mi misi di fronte a lei. Poi, preso dall’eccitazione, la presi per le gambe e la tirai lentamente verso di me, allargai le se sue gambe, afferrai le sue cosce e l’adagiai di fronte e vicinissima a me. Sistemai la mia verga eccitata e pulsante sul suo ventre caldo, separata dalla sua pelle soltanto dal quel costume ancora fradicio. Dalla punta del mio cazzo potevo sentire il suo ventre muoversi sinuoso ed eccitato in una danza a tempo col suo respiro. Lei mi assecondava. Baciai le sue labbra carnose con delicatezza e queste si muovevano all’unisono con le mie, potevo avvertire il suo respiro caldo e voglioso sulle mie guance.
Indugiai sulle sue labbra con profonda gentilezza e dolce armonia per diverso tempo, fino quando potei riavere il pieno controllo del mio uccello. Ero lì, lì per venire da tempo e non volevo certo deluderla, dovevo diminuire la tensione. Tutta quella insolita situazione mi aveva sovraeccitato, temevo di essere come un adolescente che spruzza a destra e a manca ad ogni piccolo stimolo.
Una volta ristabilito il controllo, decisi di accarezzarle i fianchi mentre con la mia bocca baciavo il suo collo. L’odore della sua pelle calda era inebriante. Lei mi abbracciava e si godeva ogni millimetro dei miei movimenti. Quando il suo respiro si fece più incalzante, tornai sulle sue labbra per respirare il suo respiro e cominciai ad assaggiarle dolcemente con la mia lingua: che gusto e che forma unica, pensai! Poi le nostre lingue s’incontrarono fondendosi in una dolce e armoniosa lotta, mentre dolcemente le accarezzavo il seno indugiando ogni tanto su quei spettacolari capezzoli sporgenti che, con ogni evidenza, non volevano più essere costretti in un costume bagnato… Con ogni evidenza desideravano l’aria e il mio sapiente tatto.
Quando sentii un piccolo gemito mi staccai dalla sua bocca e la guardai negli occhi ormai persi nell’eccitazione del momento, presi le sue braccia e le alzai per indugiare con la mia lingua su di esse fin dove potei arrivare. Incominciava a sudare e io ne ero fiero. Con le mie mani accarezzavo le sue splendide spalle per poi estendere le carezze lungo le sue braccia e leccavo, leccavo, leccavo… Che gusto fantastico, che odore ipnotizzante. Le sue ascelle depilate erano un passaggio obbligato per le mie mani e per la mia lingua.
Decisi che era il momento di scoprire i suoi seni, cosa che avevo desiderato sin dal primo momento che la vidi. Presi una spallina del suo costume e la feci scivolare giù lungo la spalla e il braccio. Poi feci la stessa cosa con l’altra. Lei mi guardava curiosa su quale sarebbe stata la mia espressione da lì a poco, in desiderosa attesa di una conferma che spesso le donna amano avere. Quando abbassai il suo costume potei ammirare due enormi tette maestose, rigogliose e solide leggermente adagiate verso il basso. Non doveva essere facile reggere tutto quel peso che lei portava con tanta grazia e orgoglio.
– Dio che belle! – dissi con grande stupore
Lei ne fu compiaciuta accennando un leggero sorriso. Tornai a baciarle la bocca e il collo con una passione nuova e innata. Poi con le mani e la bocca indugiai sul suo seno.
La schiena eretta volta all’indietro, il busto maestoso, il suo respiro ansimante, la sensazione dei sui capezzoli turgidi e rigidi sulla mia bocca e sulle mie mani, mi fecero pulsare il cazzo in un attimo. E lei lo sentiva, perché prese a strofinare la sua pancia su di esso. Ci volle un po’ prima che mi staccai da quelle splendide tette.
Decisi si farla sdraiare e iniziai a baciarle e leccarle l’addome. E poi la pancia con le mani saldamente ancorate ai suoi seni, stimolandole continuamente i capezzoli. Era sempre più ansimante, le piaceva e io ne andavo fiero, il mio orgoglio di maschio ne era compiaciuto.
Improvvisamente, colto da un estro di fantasia, mi staccai da lei, presi le sue gambe e le alzai. Le tenevo unite avvolgendole con un braccio, mentre con l’altra mano l’accarezzavo lungo tutta quella spettacolare distesa. Quando lei intuì le mie intenzioni potei lasciare la presa e continuare a baciare e leccare dolcemente, mentre con le mani le accarezzavo il resto delle gambe e i piedi, appoggiati sul mio petto.
Scostai le gambe su un lato e le lasciai andare giù accompagnandole con un braccio e poi la mano. Con l’altra mano l’aiutai a girasi. Ora a pancia in giù, con le braccia aperte, cominciai a baciarle e leccarle le spalle. Potei vedere gli enormi seni pressati contro il morbido giaciglio straripare dalla sagoma del suo eccitante corpo, che visione! Con la lingua indugiai un po’ anche su questi appena sotto le ascelle, poi feci un altro salto improvviso sui suoi piedi. Li leccai dolcemente e li baciai, salendo poi lungo le sue caviglie e i polpacci forti ma dalle forme sinuose. Alzavo gli occhi e potevo ammirarle il culo, maestoso e sodo. Con la scusa di leccare la parte interna delle caviglie e dei polpacci, le allargai un po’ le gambe: potevo osservare orgoglioso gli umori della sua fica bagnare ancora di più quel costume già inumidito dall’acqua e dal sudore. Risalii ancora quello splendido corpo di femmina, riempiendo di carezze e umide attenzioni le sue gambe e la parte esterna delle cosce ma non potevo andare oltre per via del costume. Era arrivato il momento di toglierlo completamente. Lo afferrai e con delicatezza lo spinsi giù, lei accompagnò i miei movimenti dapprima sollevando il bacino e poi infine sollevando dolcemente i piedi.
Quello che si svelò di fronte ai miei occhi fu uno splendido culo, fatto di due promontori bellissimi e insolitamente sporgenti. Li baciai una sola volta entrambi appoggiandovi dolcemente le labbra, sapevo che non era ancora il momento di indugiarvi ma non potevo resistere, così optai per una via di mezzo. Dalle gambe ancora leggermente aperte potei scorgere la fica, visibilmente arrapata e bagnata. Il mio cazzo aveva ripreso a pulsare impetuosamente. Mi ci volle un attimo per riprendere la concentrazione su di lei. Ricorsi subito ai ripari, le scostai i capelli e ripresi a baciarle con le labbra e con la lingua il collo, continuavo a sentire gli inconfondibile dolci gemiti del piacere e ridiscesi lungo la spina dorsale con la lingua che affondava sulla sua pelle, calda, umida e profumata. Arrivai fin quasi l’osso sacro, dove vi indugiai un po’ per poi saltare più in basso dietro le ginocchia, mentre con le mani le accarezzavo l’esterno delle cosce fino ai fianchi. Sentivo i suoi brividi scaricarsi lungo tutto il suo corpo felice e maestoso, mentre la sua fica gocciolante era in trepida attesa… Con la lingua risalii le cosce fin quando potei indugiare finalmente sulle sue natiche sode, che leccai e baciai ripetutamente a tal punto che tra un gemito e un respiro potesi sentirla sorridere e inarcare la schiena…
Mi misi a cavalcioni sui suoi fianchi, senza appoggiarmi a lei e l’aiutai a voltarsi. Il mio cazzo duro si trovava ora fra le sue tette che ripresi a palpare, mi chinai e nel frattempo limonavo la sua calda e avida bocca. Agguantai con vigore le sue tette spingendole l’una contro l’altra, smisi di baciarla e spinsi il mio cazzo nella fessura che si era formata. Il suo corpo madido di piacere forniva la perfetta lubrificazione per il mio cazzo ormai in movimento in mezzo al suo enorme seno. Lei mi fissava intenta a scorgere tutte le mie espressioni di piacere che mi stavo procurando.
Mi accorsi che Eleana cominciava ad afferrare le mie braccia con forza e mi attirava a sé, decisi dunque di interrompere quel gioco, tolsi il cazzo dal suo petto e mi inarcai su di lei per leccarle i capezzoli. Nel frattempo spostavo il bacino sempre più in basso, la limonai un po’ sulla bocca per poi riprendere a scendere giù sul suo corpo bagnato.
Baciavo e leccavo il suo collo, poi passavo in mezzo al seno facendomi strada con le mani che nel frattempo lo palpavano e titillavano gli enormi, gonfi capezzoli.
Mi trovavo con la lingua sul suo addome, sul quale indugiavo con passione e un pizzico di frenesia. Dopo aver ricoperto e inumidito ogni millimetro del suo ventre, scesi rapidamente lungo il bacino, le feci aprire le cosce e cominciai a passare al setaccio con la mia avida bocca e la lingua di fuoco, l’interno coscia della gamba sinistra per poi risalire verso la fica, ma senza toccarla, nemmeno sfiorandola. Gli umori che sprigionava erano un grido di spasmodica richiesta di soddisfazione di un ancestrale piacere.
Feci un piccolo balzo più su, sul monte di venere. Bello rigoglioso e peloso! Un pelo folto, profumato e liscio. Nell’insieme quella fica era così turgida e gonfia da rendere evidente il desiderio di esplodere. Una spettacolare vulva, il posto più accogliente del mondo!
Leccai per bene tutto il monte rendendolo molto umido e scivoloso al tatto, poi mi scostai verso destra e scesi lungo la coscia destra e rientrai all’interno di essa. Ero felice, lei ora non avrebbe più tollerato balzi altrove. La sentivo mia! Leccavo e baciavo avidamente la coscia mentre mi avvicinavo sempre più alla sua fica. Vidi che con la sua mano iniziava a massaggiarsi il monte di venere, io la presi e la fermai mentre con la lingua cominciai a massaggiarle tutto il perineo: la sentii subito emettere un grido di profondo piacere, per poi continuare ad ansimare freneticamente. Il suo respiro era veloce e profondo, la schiena cominciava ad inarcarsi. Non avevo mai visto una donna così disponibile e ricettiva al piacere. Le lasciai la mano e cominciai ad eseguire dei delicati movimenti circolari sopra il suo clitoride che ne frattempo si era eretto, pulsante e maestoso, gonfio di sangue, mentre con la lingua disegnavo piccole forme profonde sul perineo che ogni tanto baciavo e succhiavo. Succhiavo e baciavo. Con l’altro braccio e la mano cercavo di tenerle fermo il bacino, che voleva scivolare via, schiavo di impulsi incontrollati.
Finalmente potei iniziare a leccarle la fica! Cominciai con le grandi labbra. Leccate dolci, umide e leggere, un paio di volte su una, dal basso verso l’alto e un paio di leccate sull’altra. C’era una forte intesa fra me ed Eleana, lei era fortemente ancorata con le sue mani sui miei avambracci, lasciandomi le mani libere per accarezzarle quegli splendidi rigonfiamenti sopra e intorno alla vulva e tenerla salda, permettendo alla mia bocca di indugiare sulla sua intimità senza farle del male.
Cominciai con la punta della lingua a infilarmi in mezzo tra le grandi labbra e le piccole labbra passando sotto la clitoride e tornando giù nella stessa insenatura perfettamente simmetrica alla prima. E così giù di nuovo fino al perineo per poi saltare nel mezzo, prendendo in bocca quelle piccole labbra, strepitose ali di farfalla tropicale sporgenti e succhiandone il nettare finora prodotto dalla sua eccitazione. Come mi sentivo bene. La sentivo gemere e vibrare con i suoi fremiti e brividi di piacere! Che meraviglia la donna! Un corpo interamente sessuale e sensuale per sé e per l’uomo.
Ora dovevo fare ancora più forza per tenerla ferma, sicuro che non provava alcun dolore, anzi, tutt’altro! Infilavo la lingua dentro la sua vulva, potevo distinguere la sua vagina calda e ricettiva, gli umori si riversavano a fiumi sulla mia bocca avida di quel nettare per me gustoso e spiritualmente nutriente… Avevo il cazzo duro come non mai, dovevo fare molta attenzione a non perdere la concentrazione su di lei o sarei venuto come uno scolaretto adolescente! Mi spostai un po’ più in alto dove potei sentire con la lingua il simpatico buchino da dove speravo potesse uscire prima o poi un bel rivolo di umori femminili, con il quale mi sarei dissetato, in onore del quadro e del piacere che stavo dando ad Eleana, la quale stava oramai letteralmente impazzendo.
Non cercai di leccare direttamente la sua turgida quanto appariscente clitoride, ma feci un paio di giri di ricognizione nei paraggi prima. Sapevo che non tutte le donne amano la stimolazione diretta. Quindi la presi alla lontana e con audacia mi avvicinai sempre di più al magico bottoncino e potei constatare, con orgoglio, che i miei movimenti continuavano darle piacere finché potei approdare sulla sua clitoride. Appena la toccai lasciò il mio braccio per afferrare e stringere con la mano i miei capelli per poi muovere la mia testa. Mi resi subito conto che mi stava guidando, indicandomi quanto e come indugiare. La lasciai fare, lasciai che la mia testa si trasformasse in un’estensione della sua mano al fine di assicurarsi il massimo del piacere… Ci sono punti dove noi uomini non potremo mai arrivare…
Usando la mano con cui le accarezzavo il monte di venere, le tenni fermo il bacino e con quella aggrappata sulla sua vita, per tenerla ferma, la scostai, la tolsi via e usai il dito medio di essa per penetrarla dolcemente mentre continuavo a leccare come lei mi ordinava. Cercai con delicatezza il tanto discusso punto G che alla fine trovai, prominente e leggermente più ruvido delle altre cavità vaginali. Introdussi anche un secondo dito e poi un terzo. Massaggiavo con cura quel punto strategico mentre potevo sentire sempre più che il piacere di lei aumentava. Le grida erano sempre più vigorose e forti, la frequenza con cui ansimava era sempre più alta e il respiro più profondo. Alzai per un secondo lo sguardo e con la testa affondata nella sua fica grondante potei intravedere da un occhio il suo corpo disteso, la testa piegata all’indietro e la bocca spalancata avida di piacere e ossigeno. Il petto che si muoveva e si inarcava ritmicamente con i bellissimi capezzoli ritti e turgidi che spuntavano orgogliosi più che mai da esso.
C’eravamo quasi. Continuavo a leccare e a stimolare la sua vagina, la vulva spalancata pronta ad accogliere ogni mia iniziativa. Ad un tratto sentii tiare i capelli, stava per avere l’orgasmo, aumentai al frequenza dei movimenti delle dita, e della lingua, sempre più veloci e frenetiche. Succhiavo sempre con più forza quando ad un tratto lei emise un urlò di estremo piacere e la vagina si strinse in un movimento involontario per poi lasciarsi andare un attimo dopo e così via in frenetiche contrazioni per diverso tempo! Stava avendo un orgasmo, era fantastico sentirla esplodere di piacere. Io continuavo a indugiare con lingua e dita mentre lei cercava di respingermi ma io volevo il suo nettare! Un secondo dopo sentii il rivolo d’umori uscire e infrangersi sul mio mento, tolsi la lingua dalla clitoride e iniziai a succhiarle e laccarle il buchino uretrale mentre muovendo la testa a destra e sinistra continuavo a stimolarle la clitoride col naso. Avrei potuto soffocare in mezzo alla sua fica, in quel fiume di piacere, ma non m’importava nulla, volevo ogni goccia del suo umore.
A un tratto lei smise di urlare per respirare affannosamente e infine ansimare mentre io diminuivo l’intensità delle leccate in favore di baci dolci, leggere succhiate e premurose leccatine. Continui così, sapevo che non era finita ma tutto era appena incominciato…
Quando la sentii più calma, smisi di leccare, mi misi sopra di lei e iniziai a leccarle i capezzoli mentre le appoggiai le mani sulle cosce. Lei istintivamente le spalancò e tirò su entrambe le gambe pronta ad accogliere il mio cazzo. La penetrai lentamente ma con decisione. Potevo sentire quella fica calda e bagnata come se tutto il mio corpo fosse dentro di lei, e cominciai a scoparla piano, con tenerezza, mentre le leccavo un capezzolo e le infilavo un dito in bocca. Le sue gambe avvinghiavano il mio corpo e stabilivano la profondità della scopata. Ero in paradiso, desideroso di sborrarle nella figa ogni goccia del mio caldo sperma.
Continuammo così per un po’, cercavo di andare più veloce, desideravo sborrare ma lei mi tratteneva con le gambe e rallentava i movimenti. Cercavo di trattenermi, volevo venire vigorosamente, non mentre mi muovevo lentamente dentro di lei. Stavo letteralmente per esplodere quando lei afferrò la mia faccia immersa sui suoi capezzoli, mi guardò negli occhi con uno sguardo compiaciuto e pieno di desiderio e poi si fece baciare sulla bocca dolcemente. Poi scostò la bocca e mi sussurrò all’orecchio:
– Aspetta…
Non capivo cosa ci fosse da aspettare, francamente volevo solo venire. Invece lei continuò a tenermi dentro e iniziò a muovere lentamente il bacino. Poi mi disse:
– Fermo.
Io smisi di fotterla dolcemente mentre sentivo muoversi lei, dapprima con movimenti del bacino, poi strinse le sue braccia intorno a me e cominciò a baciarmi e limonarmi con passione come non aveva fatto prima. Io mi calmai, mi concentrai di nuovo su di lei. Mi riportò ad uno stato di estasi spirituale. Stavo bene.
Mentre ci baciavamo sentii che da dentro la sua fica c’era movimento. Potevo sentire il mio membro avvolto da magici movimenti. Era lei che mentre mi baciava aveva stabilito un contatto estremamente profondo e intimo e aveva iniziato una danza fatta dai muscoli vaginali. Le profondità della sua fica stavano dolcemente stimolando tutto il mio uccello. Ero fermo, immobile, immerso nella sua vagina, cinto dalle sue braccia e imprigionato nelle sue gambe, mentre da fuori sentivo che accarezzava il mio corpo all’unisono dei movimenti interni della sua fica. Ero perso nel suo corpo, ero suo schiavo. La situazione si era ribaltata, ora ero io sotto il suo dominio non solo vaginale ma totale, anima e corpo.
Non so per quanto tempo rimasi in quella posizione ma ne passò parecchio, credo, senza che me ne accorgessi. Poi volle essere lei ad adagiarsi sopra di me, e perdemmo l’equilibrio su un lato. Lei mi spinse indietro aiutandosi con l’addome e una gamba. Io l’assecondai. In un attimo ero disteso immobile mentre continuavo ad abbracciarla, lei sopra di me, con il suo seno che premeva sul mio petto. Sentivo i suoi capezzoli duri, era fantastico! Facemmo questo lentamente senza che io uscissi da lei e senza che lei smettesse quei paradisiaci movimenti vaginali. Potemmo fare tutto questo con l’ausilio di tanti cuscini di cui ora ne capivo l’importanza e la presenza. Ero comodo e immensamente in estasi.
Lentamente, piano, piano, sentii che tutto il suo corpo iniziò a muoversi mentre i sui baci si fecero sempre più intensi e profondi. Potevo sentirla tornare ad eccitarsi, strofinava tutte le sue zone erogene a contatto con il mio corpo mentre io mi preoccupavo di stimolare quelle più esterne o lontane: le spalle, i fianchi, le natiche e le cosce fin dove potevo arrivare. Continuavo ad avercelo duro e pulsante ma ero certo di potere andare avanti ancora per un po’… Il gioco si stava facendo di nuovo ardente, con lei che si faceva sempre più agitata e per me stimolante. Sentivo la sua turgida clitoride strusciarsi su ogni centimetro del mio pube guidato dal su bacino, a tratti dolce, a tratti isterico. Ad un tratto la vidi inarcare la schiena e alzare la testa al cielo, sentendola gemere di piacere. I movimenti vaginali interni, da variati e circolari, si fecero più ritmici e uniformi. Dal basso verso l’alto, come a richiamo del mio sperma. Mi eccitai ancora di più, lei continuava a muoversi e a inarcare la schiena, io approfittavo di quei momenti per accarezzarle i capezzoli e palparle vigorosamente i seni. Qualche volta, quando s’inarcava molto e alzava il busto, la seguivo nel movimento per andare a leccarle le tette e affondare la mia lingua in ogni dove nei dintorni. Poi tornavamo distesi. Lei mi baciava ovunque sulla bocca, sul collo, mi strizzava i capezzoli: era magnifico vederla così espressiva e disinibita. Alle volte teneva gli occhi chiusi per immergersi nel suo mondo di sensazioni e piaceri per poi riaprirli e condividerlo col mio.
La sua clitoride non si staccava mai da me, era una sensazione unica quella che mi dava quel contatto. Mi faceva sentire così uomo e così desiderato.
Ora i movimenti interni della vagina si fecero più fievoli ma sempre presenti per lasciare spazio ai movimenti esterni. Eleana si muoveva con vigore ed eccitazione su di me e io facevo di tutto per non venire ancora, per darle quel piacere che stava cercando nuovamente. Era sempre più staccata dal mio petto e io le massaggiavo avidamente i seni in attesa del suo orgasmo, lei cavalcava sempre più ardentemente e velocemente. Ansimava e scagliava la sua fica con tutto il suo corpo sul mio cazzo ma senza dimenticare mai di stimolare il bottoncino, strofinandolo sulla mia pancia e il mio pube. Era una splendida visone vederla dimenarsi sul mio corpo alla ricerca del piacere. Era stimolante per me vedere quel suo corpo così bello, rigoglioso, abbondante e generoso darsi da fare per contraccambiare il piacere ricevuto.
Ci mise meno ad arrivare all’orgasmo, un orgasmo di contrazioni pulsanti che potei sentire nuovamente intorno al mio cazzo marmoreo dentro di lei. Sentii aggiungersi alla sua fica bagnata e grondante di umori, un altro piccolo rivolo che rimase costretto tra i nostri corpi e che schizzò via non appena trovò lo spazio per fuoriuscire. Vidi poco ma sentii tutto e questo mi bastò.
Era il mio turno ora? Volevo venirle dentro copiosamente e profondamente, in maniera isterica e urlante di piacere. La afferrai per la schiena con il braccio e la mano destra mentre con l’alta mano mi reggevo sul materasso, la sbattei con la schiena a terra e cominciai a stantuffare. Lei però mi sorrise di piacere, mi guardò e mi disse:
– Sei sicuro?
Mi fermai per un attimo.
– Sì! – le dissi. E ripresi a stantuffare con forza e vigore la sua fica, intento a venirle dentro e riempirla di sperma.
Ero sempre più eccitato e con il cazzo pulsante al limite del dolorante, e lei era evidentemente orgogliosa di vedermi così ardente e appassionato. Stavo per venire!
– Aspetta! – mi disse – Tu sei speciale e voglio fare una cosa con te.
Non nego che in quel momento averi voluto tapparle la bocca e continuare a scoparla fino alla sborrata del secolo con conseguente svenimento, ma lei fu decisa e tempestiva. Mi attirò a sé con le gambe e un braccio, poi con la mano libera mi strinse forte alla base del pene. Spingendo con delicatezza e tirandosi indietro mi tirò fuori il cazzo dalla sua fica. Non capivo, mi sentivo al limite di un gioco sadico. Fui sorpreso invece di vedere che tenendomi l’uccello stretto, mi fece alzare in piedi e avvicinò la bocca alla mia cappella. Iniziò a spompinarmi fino a quando le dissi che stavo per venire tanto che il cazzo s’indurì ulteriormente per prepararsi alla sborrata.
Con mia grande sorpresa lei strinse il cazzo ancora più forte, se lo tolse dalla bocca, alzò la testa e mi guardò negli occhi madida di piacere misto a paura dicendomi con voce calda:
– Non ti muovere…
Si infilò il mio cazzo in bocca, tutto, fino a farlo scendere in gola. Potevo sentire la sua bocca spalancata e i suoi denti premere sul mio pube. I suo i occhi ancora pieni di desiderio e paura. Le sue mani forti e decise sul mio culo, premevano il bacino sulla sua faccia. Un attimo dopo sentivo la sua lingua muoversi dolcemente tra la base del pene e a metà dell’asta. Contemporaneamente sentivo una straordinaria stimolazione della mia cappella mentre lei iniziava a deglutire.
Mentre sentivo tutto questo, ormai in preda all’orgasmo iniziai a sborrare, intanto lei continuava a premere e io non potevo muovermi urlante di piacere. Lei continuava a ingoiare e quando l’eiaculazione stava per volgere al temine, mentre il suo viso diventava sempre più rosso e aveva bisogno d’ossigeno, con fare deciso cercai di toglierle il cazzo dalla bocca ma crollai in ginocchio dal piacere. Lei mi lasciò andare ma tenne in mano l’uccello, tossì appena, ingoiò ancora, e si prese ancora le ultime gocce di sperma che fuoriuscivano dalle ultime spinte, meno frequenti, ma pur sempre incontrollate, intense e vigorose.
Spompinò e spompinò ancora, continuando a farmi gemere di piacere. Mi invitò a distendermi, obbedii e mi godetti quelle labbra carnose e quella lingua fino a sentire il mio cazzo rilassarsi sotto il comando di quei fantastici succhiamenti.
Era stato un gioco molto, molto pericoloso per entrambi. Per lei che non poteva respirare e per me che avevo tutto il mio uccello nella sua bocca e fra i suoi denti.
Potevamo farci male… ma lei sentiva che si poteva fidare di me e io sentivo che potevo abbandonarmi a lei, sicuro che non mi avrebbe mai fatto del male.
Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.