“Solo quando aveva percorso l’intero vagone e stava per iniziare a scendere i successivi gradini scorse una ragazza con le gambe rannicchiate e i piedi sul…”
Franco festeggiava quel giorno il 25esimo anno di servizio: quanto tempo
era già passato da quando gli affidarono il borsello nero e l’obliteratrice in uso ai controllori del servizio ferroviario nazionale.
Ne aveva viste di cose strane in quegli anni, gente sorpresa a sniffare sui tavolini pieghevoli degli scompartimenti, passeggeri chiusi in bagno per cercare di non pagare il biglietto, amplessi, sempre solo altrui, consumati sui sedili-divani a tre posti ma a seduta unica in uso sulle carrozze utilizzate fino a qualche anno fa.
Appena sorpassata l’intercapedine a soffietto tra un vagone e l’altro del treno Voghera-Milano immerso in questi ricordi, Franco salì la rampa che portava al livello superiore del convoglio a doppio piano e lo trovò vuoto, come del resto era l’intero treno. Solo quando aveva percorso l’intero vagone e stava per iniziare a scendere i successivi gradini scorse una ragazza con le gambe rannicchiate e i piedi sul sedile che non aveva potuto notare prima, in quanto nascosta dallo schienale. Le chiese quindi il biglietto ma lei non sembrò accorgersi della presenza estranea, intenta ad ascoltare l’i-pod con le cuffiette.
Francò tossì appositamente in modo fragoroso per attirare l’attenzione della passeggera e solo a quel punto lei trasalì un po’ spaventata. Si tolse le cuffiette e, riavutasi dal momentaneo spavento, guardò il controllore abbozzando un mezzo sorriso. Francò rispose al sorriso rinnovando al contempo l’invito ad esibire il biglietto.
La ragazza a quel punto si morse il labbro inferiore con fare dubbioso, guardandosi intorno e dicendo “il biglietto…. mmmm… chissà dove l’avrò messo….”. Cercò nelle tasche del giubbotto, nella borsa capiente, ma nulla. Esordì allora dicendo…”scusi ma è proprio necessario questo biglietto?” e Franco rispose con la solita tiritera del servizio pubblico soggetto al pagamento del costo del servizio di trasporto, pena la multa.
Mentre Franco ripeteva la sua nenia, la ragazza lo guardava con uno sguardo a metà tra lo scherno e il malizioso, passandosi la punta della sua lingua sulle labbra. Era una ragazza piacevole, forse un po’ troppo grunge per i canoni di Franco, ma molto attraente anche per la sua età, tra i 18 e i 19 anni considerati la tipologia di libri scolastici che aveva con sé. Peraltro lei, molto astuta, si accorse subito che avrebbe potuto esercitare il suo potere di seduzione sul controllore.
La ragazza si guardò intorno, si accertò che non ci fosse nessun altro passeggero e, con fare repentino, sollevò fino all’ombelico la sua gonnellina a scacchi, scostò le mutandine bianche con l’elastichino rosa e mostrò alla sua vista quella eterea e candida fichetta completamente rasata.
Franco sussultò, ma non lo diede a vedere, era la prima volta che gli capitava una situazione così diretta. Restò a rimirare la vulva della passeggera per diversi secondi e poi chiese con fare il più possibile professionale “allora, che vuole fare? mostrarmi il biglietto o pagare la multa?”. Anche lei non si scompose davanti a questo sollecito ma, anzi, calcò la mano e allargandosi la fregna con due dita e tirando fuori per qualche istante la sua lingua munita di piercing disse con un candore fanciullesco… “signor controllore, non faccia così… mi aiuti piuttosto a cercare il biglietto… credo che sia finito qui dentro…”, infilandosi il dito medio tutto dentro la sua fichetta.
Sarà stata la visione del piercing sulla lingua, sua passione nascosta e mai sperimentata, o la sfrontatezza della ragazza ma Franco perse il suo aplomb sentendo che il suo membro iniziava a pulsargli dentro i pantaloni del completo blu d’ordinanza. Stette al gioco della ragazza, senza voler osare oltre, e infilò il suo dito medio nella fica della ragazza che era ancora tenuta bella aperta da lei. Lo infilò delicatamente ma a fondo per quattro o cinque volte per poi dire “mi spiace signorina ma qui del biglietto non c’è proprio traccia”, rialzandosi e riassumendo una postura più professionale.
La ragazza rilanciò, come fosse una mano di poker, e replicò toccandogli con vigore quel rigonfiamento del pacco che spuntava da sotto i pantaloni del controllore “signor controllore, non è che per caso ce l’ha lei lì nascosto il mio biglietto, vero?”. Fu abilissima e velocissima nel tirargli giù la zip dei pantaloni, infilare la mano dentro e afferrare il membro eretto del controllore portandolo alla luce. Con altrettanta tempestività il controllore vide sparire la sua cappella nella bocca della ragazza per poi sentire che il suo filetto veniva abilmente stuzzicato dal piercing sulla lingua di lei. Succhiava come una dea, una suzione lenta ma energica e ben salivata con tentativi di affondo in gola mentre massaggiava gli scroti dell’uomo. Franco avrebbe voluto che quella situazione durasse in eterno, si stava facendo succhiare il cazzo da una giovinetta puttanella, una delle fantasie erotiche che aveva sempre inseguito. E la ragazza era abile e navigata, a quanto pareva, visto che dopo aver accertato che il membro di lui avesse raggiunto la massima erezione, si scoprì i seni, anch’essi muniti di piercing affissi sui capezzoli dalla grande areola, strusciando sopra di essi la cappella di lui facendo piccole circonferenze.
Sul più bello tuttavia, arrivò l’annuncio che il treno, da lì a poco, sarebbe giunto alla stazione di Rogoredo. Lui ebbe una reazione piccata, avrebbe voluto che il tempo si fermasse. Al contempo non voleva che tutto finisse così. Assunse un atteggiamento più rude e brutale, si reimpossessò del suo cazzo e disse alla ragazza “senti stronzetta, adesso tu finisci per bene e velocemente quello che avevi iniziato a fare” e gli puntò l’apice del glande sulla bocca come fosse la testa di un ariete.
Lei non si tirò indietro, spalancò la bocca e si fece penetrare per tutta la lunghezza del suo cavo orale e, per riprendere fiato, alternava generose succhiate alla cappella, ai testicoli per poi tornare a infilarsi in bocca tutta l’estensione del fallo, fino alle palle. Francò iniziò a scoparla in bocca, con forza, mentre si intravedevano già le luci della città e sapendo che avrebbe avuto a disposizione ancora due o tre minuti al massimo a seconda di come erano posizionati gli scambi ferroviari. Aumentò la forza dei suoi colpi di reni, elevando sempre più l’affondo e sentendo la ragazza che iniziava ad emettere suoni gutturali sempre più forti mentre anche gli occhi di lei iniziavano ad inumidirsi.
Anche la ragazza capì che era meglio adoperarsi per far esplodere l’uomo che la stava pompando di fatto in gola: abbassò ancora di più i pantaloni del controllore e cercò l’accesso al suo sfintere e quindi, una volta trovato, fece penetrare la sua falangetta del dito indice nell’ano dell’uomo. Tale escamotage provocò gli effetti desiderati e l’uomo, mentre diceva con voce falsata dall’eccitazione “bevi tutto puttanella”, iniziò a emettere le prime gittate di schizzi di sperma caldo dentro il cavo orale della studentessa, il tutto mentre il treno stava completando con stridore di ferro la sua frenata dentro la stazione.
Non ci fu il tempo né per convenevoli né per alcun saluto, la ragazza corse giù per le scale del vagone fino a raggiungere il portellone di uscita e sparire nel sottopassaggio ferroviario. Franco ebbe giusto il tempo di ripulirsi alla bene e meglio per poi accorgersi che ai piedi del sedile della ragazza c’era un bigliettino tutto accartocciato: era il biglietto del treno.
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