“Arrivo in azienda di buon ora, come mio solito e mi reco in sala riunioni, per controllare che sia tutto a posto…”
Una delle attività che svolgo più volentieri, è quella del formatore, presso
le aziende.
Sono specializzato in comunicazione e marketing e, tre le altre cose, seguo un gruppo aziendale, presso una importante società del settore alimentare.
Lo scorso martedì avevo in programma una giornata full immersion con un nuovo gruppo di commerciali, otto, per la precisione.
Arrivo in azienda di buon ora, come mio solito e mi reco in sala riunioni, per controllare che sia tutto a posto.
Connetto il portatile al proiettore, vedo che tutto funzioni e attendo che arrivino i nuovi corsisti.
Rileggo intanto i loro profili, per prendere maggiore confidenza con le loro caratteristiche e, intanto, eccoli arrivare, alla spicciolata.
Tre uomini e cinque donne, tutti tirati a lucido, desiderosi di imparare e consci che dai risultati che otterranno a questo corso, dipenderà il prosieguo del loro lavoro.
L’auletta è disposta a cinema e i corsisti sono seduti in due file da quattro, con le poltroncine dotate di tavolino, per prendere appunti.
Mentre inizio a parlare e mi presento, non posso non accorgermi di essere osservato, intensamente, da una giovane, seduta in prima fila, molto bella, che non mi toglie gli occhi di dosso, mi sorride e segue con attenzione ciò che dico.
Compiaciuto, confesso, continuo nella mia esposizione, non la perdo di vista e l’apprezzo.
Mora, capelli lunghi, che muove sapientemente, a piccoli scatti, occhi grandi e scuri, pelle ambrata e liscia, trucco lieve e sapiente, tailleur con giacca e gonna blu, piuttosto corta, un gessato leggero, una camicetta candida, quasi accecante, tessuto molto leggero, seta, penso, che, pur essendo morbida, sul corpo, lascia indovinare un personale deliziosamente sinuoso.
Monica Spaggiani, ventotto anni, laurea in economia, passione per la comunicazione e il marketing.
Così si presenta, quando è il suo turno e, da in piedi, posso ancor di più apprezzarne l’armonia delle forme e la statura.
Io sono alto quasi due metri ma mi rendo conto che questa ragazza, pur calzando delle morbide décolleté con un tacco di massimo cinque centimetri, è alta non molto meno di me.
Rimango veramente colpito dai suoi movimenti e quando si siede, l’accavallarsi delle gambe svela un oramai quasi scomparso reggicalze nero.
Un sorriso moderato, ma inconfondibile, mi comunica che ha capito che ho visto.
Le prime due ore di lavoro scorrono, non semplici e agitate da suoi movimenti, misurati, ma inconfondibilmente sexy.
Finalmente pausa caffè.
Mi fiondo in bagno.
Una lavata al viso, una pipì liberatoria, una rassettata, soprattutto psicologica ed eccomi a prendere un caffè corroborante e a chiacchierare con i miei corsisti.
Mi guardo attorno, siamo in meno di dieci persone, ma non la vedo.
Ne sono quasi dispiaciuto ma, preso dal parlare con le persone, non ci penso più di tanto.
Termina il coffe break e rientriamo.
Scopro così che è già in sala, seduta, al suo posto.
Mentre raggiungo la mia postazione, mi regala uno splendido sorriso, piuttosto enigmatico.
Rispondo al sorriso, mi siedo, tirò su lo schermo del portatile che, per abitudine chiudo sempre e…, ma che cazzo è questo…?
Mi sento avvampare…, scoperto…, come un bimbo con le mani nel barattolo della marmellata…!
Il mio portatile si dischiude, come uno scrigno e rivela un tesoro inaspettato, un perizoma di pizzo, verde scuro!
Lo guardo, la guardo; lo guardo, guardo gli altri, mi sento scoperto, non pensando che non ho nessuna colpa.
Cerco di riprendermi, scruto l’aula e mi rendo conto che c’è una sola persona che mi sta guardando, lei!
Ultimi messaggi al telefonino, battute, nessuno ci guarda; nessuno nota la mia mano sinistra, sono mancino, che con nonchalance prende quel pezzettino di pizzo e lo mette nella tasca della giacca; nessuno segue il mio sguardo che arriva interrogativo a lei; nessuno nota il suo sorriso di vittoria, di conquista, mentre scavalla le gambe e mi presenta una panoramica completa del suo Ben di Dio.
Subito la mia mente registra che non è depilata e la cosa già mi eccita, al pensiero di una giovane donna che vada in controtendenza.
Mi costringo a riprendere la formazione, anche se la mia concentrazione è dedita a tutt’altro.
Il resto della mattinata scorre, lentamente, velocemente, a scatti, con spunti interessanti, con interventi appropriati, da parte dei convenuti.
Rimango stupito da questa Monica che, quando parla, dimostra di avere un cervello sopraffino, particolarmente portato per il marketing, ma che si diverte a tenermi sulla corda, esponendo quello che mi sta entrando nel cervello, con prepotenza.
Finalmente arriviamo al pranzo e, per mia abitudine, do il rompete le righe; ognuno è libero, per un paio d’ore, di usufruire della mensa aziendale, o di uscire a fare due passi.
Prima di mangiare un boccone, mi reco di nuovo in bagno, ho bisogno di sciacquarmi la faccia e di riprendermi.
Appoggio gli occhiali alla mensola dello specchio e inizio a rinfrescarmi.
Sento qualcosa al fianco, alzo la testa e allo specchio la vedo riflessa.
Professore, me le restituisce le mie mutandine?, mi dice sorridendo, mentre mi infila la mano nella tasca della giacca, per prenderle.
Boccheggio, come un pesce fuor d’acqua, faccio fatica a pensare a una risposta che sia il meno cretina possibile.
Non ho però il tempo di parlare, perché la sua mano, che sembrava diretta alla tasca della giacca, ha allungato il percorso e si è recata a verificare il mio stato di eccitazione.
Profe, mi dice, qui come la mettiamo?, e mentre prende in mano, attraverso il tessuto, la mia erezione, mi fa sentire, mi fa intuire il suo seno contro la mia schiena.
In un impeto d’orgoglio, io di solito caccio, non vengo cacciato, mi tiro su e anche se malvolentieri, mi giro e mi trovo viso a viso.
Non mi sbagliavo, è alta e non è spiacevole, per una volta, non doversi chinare per essere al livello della partner.
Sto per risponderle, ma vengo preceduto da due labbra che si appropriano delle mie; da una lingua carnosa che invade la mia bocca, da piccoli denti che mordono, dolorosamente, quanto capita loro vicino.
Non riesco più a comandare le mie mani.
La sinistra impazzisce, mentre apprezza la consistenza di un seno rigoglioso, mentre la destra afferra una sua chiappa per spingere il suo corpo verso di me.
Poverino, penso, subito dopo, come mi illudo, non c’è n’è bisogno!, infatti la sua gamba destra si è inserita, perentoria, tra le mie e preme imperiosa, nei riguardi del mio cazzo, che rischia di esplodere, compresso com’è, dai tessuti che lo racchiudono.
La gamba è feroce, implacabile, si struscia, si muove, si struscia, va su e giù, lo tortura.
Mentre continua a baciarmi, voluttuosamente, le sue mani lavorano, incessantemente.
La sinistra ha preso possesso della mia nuca, per accertarsi che io non le sfugga, mentre la destra ha oramai scalzato la camicia, si è insinuata e accarezza, per modo di dire, la mia schiena.
Un gatto furioso mi farebbe meno male!
Mentre continua a baciarmi, lascia la mia nuca e prende qualcosa nella tasca della sua giacca e mi fa vedere…, ma di cosa si tratta?
Una chiave, la chiave.
Del bagno!
Siamo chiusi dentro, nessuno può entrare…!!!
Diabolicamente previdente, la ragazza!
Le poche inibizioni rimaste crollano e ci avventiamo, l’uno contro l’altra.
La mia mano, che permaneva sulla sua chiappa, tira su la gonna e, ovviamente trova via libera, essendo il suo slip nella mia tasca.
Un culo sodo, prepotente, giovane, mi si presenta, voglioso di piacere.
Combatto e perdo.
Perdo nei confronti del mio dito medio che vuole, pretende, vince e si appropria di uno dei suoi centri del piacere; questo è asciutto e offre resistenza.
Ma il mio dito, furbissimo, avanza di qualche centimetro, si bagna in un lago di umori e ritorna all’attacco.
Questa volta il suo buchetto cede e si fa invadere.
La risposta, però, non si fa attendere.
Cinque unghie affondano nella mia carne e mi strappano un mugolio di dolore…
Strano, la ricerca del dolore non mi appartiene ma, in questo caso, mi eccita e la mia erezione aumenta.
Un tintinnio, la chiave che cade a terra ed ecco che un’altra sua mano, libera, mi invade.
Poche mosse e la cintura cede, i pantaloni cadono, gli slip capitolano e il
mio uccello diventa di sua totale proprietà.
Il palmo della mano spinge le palle verso il cazzo, che riceve questo massaggio, a dir poco vigoroso,
Per lui solo sete di piacere.
È furiosa, questa mano, pretende, vuole, in senso assoluto.
Non posso resistere ma non posso lasciar fare, mi devo ribellare, rischio di venire miseramente, in seguito a questo impeto voluttuoso.
Riesco a divincolarmi, le mordo la lingua, la distraggo, le stringo il seno di cui mi ero impossessato, le torturo leggermente il duro capezzolo e, con fatica, la costringo a girarsi.
Cerca di divincolarsi, lotta, resiste, poi comprende e accondiscende alle mie intenzioni, pensando che la voglia penetrare.
E infatti è quasi così.
Le mie attenzioni, però, sono tutte per il suo lato B, che quasi ansima e che, senza che lei lo sappia, mi vuole.
Appena un passaggio nei pressi di una figa pulsante e inondata, giusto per bagnare l’attrezzo ed ecco che mi fiondo verso il buco del suo culo.
Non sa della nostra segreta intesa, si sente tradita, cerca di divincolarsi, senza successo e, alla fine capitola.
Le chiappe, tenute strette fino a un momento prima, tutt’ad un tratto si rilassano, aprono le porte del paradiso e si abbandonano al piacere.
Per poco, però!
Sono entrato in lei, la sto inculando di brutto quando, a poco a poco, il ritmo mi viene rubato, i suoi fianchi iniziano a dare i tempi e il mio povero cazzo non può che accettare, questa ulteriore sconfitta.
Sembra che possieda un culo prensile, tanto riesce a fare quello che vuole del
mio basso ventre.
Comanda, pretende, ottiene.
Nonostante io combatta per resistere, mi sono accorto della sua mano che tortura il clitoride, la sento venire, prepotentemente e, come per magia, adotta un ritmo che in quattro e quattr’otto mi fa esplodere, dentro di lei.
La quiete dopo la tempesta…, lunghi minuti di lenti movimenti, fino a quando decide di cacciarmi fuori di casa.
Pochi minuti ed è già perfettamente rassettata e mentre io cerco di capire dove mi trovo, ho fame, mi dice, Ci vediamo dopo, e si dilegua, così come era arrivata.
Se penso che mi aspetta ancora tutto un pomeriggio di formazione, mi viene male.
Chissà cosa mi attende…
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