E’ un gradevole pomeriggio di giugno, attualmente sono fiaccamente distesa su quell’accogliente amaca di corda ruvida, con un desiderio in pratica cristallino e schietto, trasparente così come lo specchio d’acqua della piscina, nel momento in cui più nuda che vestita guardo con ambizione, con focoso desiderio e con un po’ di spumosa rivendicazione il beneamato Pietro, precisamente il mio giardiniere, un giovane prestante di ventisette anni, giacché quella è un’età che ho sempre giudicato e ritenuto la migliore per la quantità di testosterone che si possiede nel sangue. Lui al presente è lì, impegnato e visibilmente indaffarato, mentre sta ripulendo la superficie dell’acqua della vasca con un retino, simile a quelli che si adoperano per acchiappare le farfalle.
Io in quell’istante lo guardo con estrema libidine, con enorme cupidigia, bagnandomi in conclusione le labbra con la punta della lingua, poi le mordo pensando a quel torso abbronzato e nudo, con quelle braccia muscolose coperte da una leggera peluria castana, con quei pantaloncini corti di jeans sfilacciati che mettono peraltro in risalto due glutei sodi come quelli della maggior parte degli atleti, tuttavia i suoi erano così modellati di natura. Io guardo scivolare attentamente su tutta la superficie del suo corpo il sudore che lentamente si deposita affaccendato com’è, partendo dai suoi capelli neri dal taglio medio, dove tutte quelle goccioline gli grondano dalla fronte cascando in conclusione sulle sopracciglia nere e ben disegnate, percorrendo la muscolatura del viso teso e finendo sulla sua barba incolta.
Io m’accorgo inoltre che quelle goccioline scendono lungo il collo muscoloso e digradano fino al torace, per poi dissolversi sul tessuto dei jeans che sono appena slacciati sul davanti, mettendo in risalto un dono che sarebbe stato mio, giacché avevo un tangibile appetito e una voglia fuori dall’ordinario, che dovevo necessariamente e senz’ombra di dubbio colmare alla svelta. In quell’occasione richiamai Pietro, la sua attenzione fu sennonché fulminea, poiché lui venne immediatamente da me abbandonando il retino accanto al bordo della piscina, intanto che io mi dondolavo su quell’amaca, coperta da un inspiegabile e misterioso tremolio, che percorreva tutto il mio corpo sconvolgendolo in maniera fremente.
Lui s’avvicinò verso di me esaminandomi e desideroso di sapere il richiamo da parte mia, poi passò una mano sulla fronte per asciugarsi il sudore, mentre io m’apprestai a fermarlo prima che fosse troppo tardi, cosicché in modo repentino lo agguantai per le dure maniglie dell’amore. Con avvedutezza e con dottrina io cominciai a tastare il suo corpo, mi soffermai sulle sue braccia, sostai un poco sul basso ventre, sentendolo fremere a ogni passaggio della mia lingua, peraltro taciturna come un pesce per quella ghiotta occasione. Lui fremeva sempre di più, poi lo feci distendere sotto l’amaca che ancora dondolava, cosicché appena si distese poggiandosi sui gomiti mi sorrise, poiché credo che già immaginasse come sarebbe andata a finire.
E’ una comprensibile convenzione, parecchie volte un’ovvia abitudine, quella dell’uomo che cerca d’aspettarsi sempre il meglio da una donna, in tal modo io ricambiai quel sorriso e lui gemette appena le mie mani competenti ed esperte slacciavano dall’asola dei jeans gli ultimi bottoni, fino a scoprire il suo cazzo in verità non enorme, già diventato ben eretto per l’eccitazione, intanto che gli regalavo quel dono tutto per me sia d’amore che di sesso. Il suo cazzo era logicamente odoroso, saporito e umido, in quanto io ne feci subito man bassa succhiandolo con perizia e con flemmatica cupidigia gustandomelo del tutto, lui frattanto usciva di senno per quello che stavo eseguendo, perché mi trattenevo maggiormente soffermandomi intenzionalmente sul frenulo e lì insistevo facendolo sragionare dal piacere. Lui con le sue mani ruvide, spingeva la mia testa al ritmo sempre più voglioso, dal momento che era un’energica e incisiva pressione, poi per un istante mi bloccai, infine lui rimase praticamente di stucco per la mia brusca interruzione, spalancando i suoi bellissimi occhi come per chiedermi perché fai così, perché ti fermi proprio adesso.
Impassibile e visibilmente stupito, una volta afferrato per la mano lo trascinai con il cazzo in erezione all’interno della casa e in cucina lo spinsi su d’una sedia e aprii il frigo. Io ero eccitatissima come una bambina, che sta per saggiare e per sperimentare qualcosa di nuovo da parecchio tempo, chiuso nel forziere segreto della sua mente libertina e lussuriosa. Dal frigorifero acciuffai il tubo della panna montata in metallo, lo agitai con energia compiendo un movimento che lui senza dubbio conosceva benissimo, feci pressione sul tasto del tappo facendo scivolare infine una schiumosa porzione, per il fatto che una nuvola di panna fuoriuscì spalmandosi sul glande fino a ricoprirlo del tutto. Il freddo repentino di quel soffice e goloso bianco ammasso lo fece tremare e in un solo boccone ne ingoiai un poco, spingendomi il cazzo fino alla gola succhiandolo come una vitellina, per il fatto che quel latte polposo in breve si confuse con la sua succulente sborrata creando una crema dolce e salata al tempo stesso, sennonché io continuai a leccarlo come un gelato senza fermarmi gustandomi tutta l’eiaculazione. Io non ero sazia di quel corpo e in tal modo continuammo il gioco fino allo sfinimento, che lui definì delirante, insolito e piacevole confrontato con le sue precedenti esperienze.
Altre volte accadde, sempre in giornate afose, costantemente durante le sue mansioni di giardiniere personale occupato nel suo lavoro, dove io potevo vedere esaminando tutto il suo corpo in azione, perché quella era semplicemente la circostanza e l’occasione più adatta per stimolare la mia impudica, repressa e viziosa fantasia erotica. Da quel giorno, infatti, vari tubetti di panna nel mio frigorifero non mancano mai, io sono ingrassata di qualche chilo, però il nostro personale gioco lo facemmo perfino con la crema pasticcera, con il cioccolato e con altri svariati tipi di yogurt, sempre e comunque con alimenti mangiabili fluidi o schiumosi che si potessero spalmare.
Io mi sono imposta sin da subito, che non bisogna né calcare né esagerare con il piacere, altrimenti il colesterolo s’innalza, aumenta e va fuori giri, proprio come per Pietro, perché bisogna essere assennati e avveduti anche per la pressione delle sue vene, rischiando così alla fine qualcosa che potrebbe compromettere pregiudicando la sua salute, a mio discapito naturalmente, perché io non voglio che questo accada.
{Idraulico anno 1999}