c’é’ una bimba:: la chioma dorata,
e negli occhi sbarrati terrore.
Tutt’intorno soltanto fragore
di ferraglia che corre, lontano.
Un sorriso. Le tendo la mano,
la raccolgo, la stringo sul petto,
e col fiato le scaldo il visetto
che riprende tepore, colore,
nella luce del sole che muore.
Ecco l’isba cadente, di legno.
non c” fumo, né’ luce, né segno
d’una vita; neppure di morte.
Son sprangate finestre; le porte
son murate di neve davanti.
Nell’interno si pregano i Santi.
Dall’Icona d’argento, annerita,
ecco Cristo: solleva le dita,
benedice con volto dolente
questa povera, misera gente.
Eri bella, Ieléna, radiosa,
con le gote soffuse di rosa
come quando qui c’era Kovano.
Fors’é’ vivo, ma tanto lontano.
Vi divide soltanto la sorte ?
Vi divide per sempre la sorte ?
Tra le lacrime a riso commiste
tu felice, eppure ‘sì triste,
tra le braccia stringevi Maruta,
la tua bimba creduta perduta.
Era l’alba d’un giorno sereno.
Il mio capo sul candido seno,
le mie labbra frementi d’amore….
e lontano quel sordo fragore….
Sui capelli passavi la mano,
sussurrando Kovano… Kovano…
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