FOOTBALL GANGBANG. Uno per tutti. Tutti per uno.

“Ero spremuto come una succosa arancia, come a voler estrarre chissà quale nettare…”

Ebbene si. Oltre a scrivere racconti, faccio saltuariamente l’arbitro di calcio.

Una passione, un ritorno economico, domeniche diverse.
Tanti motivi per farlo..più uno. Quello che sto per scrivere in questo racconto.

Mi trovai a dirigere una partita importante, l’ultima di campionato. Campetto di provincia.
La promozione all’Eccellenza in palio. Facce tese e molta agitazione.

Si scontravano la prima in classifica e la terza, bisognose di punti per raggiungere i rispettivi obiettivi: vittoria del torneo e playoff.

Pochi minuti dopo aver preso possesso del mio spogliatoio, sentii bussare alla porta.

I capitani delle due squadre mi portarono le distinte con i documenti per il riconoscimento.
Fui sorpreso dai loro sorrisi smaglianti mentre stavo per indossare i pantaloncini neri che mi erano stati assegnati quella domenica. Una domenica molto speciale.

Con un pò di imbarazzo chiesi loro di lasciare tutto sul tavolo, promettendo di controllarli prima dell’appello pre-gara. Si dimostrarono molto cortesi.
Forse sperando in qualche aiutino durante il match.

Finita la vestizione, mi diressi verso i fogli con carte d’identità e patenti di guida.
Alcuni ragazzi promettevano davvero bene.
Giovani, atletici e…disposti a tutto per vincere il campionato.

Controllato che tutto fosse regolare, mi recai nello spogliatoio della squadra di casa e cominciai l’appello. Tutto filava liscio. Chiesi ai giocatori di togliere piercing ed anelli per evitare incidenti spiacevoli durante la partita. Mascheravo l’eccitazione alla visione di quei corpi scolpiti e già sudati, sotto un rigore arbitrale impeccabile.

Salutandoli con un in bocca al lupo, mi portai all’uscita. Era il turno della compagine ospite.

Nel recitare i nomi dei giocatori, ne riconobbi uno. Riccardo. Una mia ex fiamma.

Mi guardò senza dire nulla, conscio dell’imbarazzo di entrambi.
Ci eravamo conosciuti l’estate di due anni prima, a Riccione..e l’unica cosa che ricordavo lucidamente di lui..era la vigoria con cui aveva messo la sua lingua nel mio sedere.

Continuai imperterrito nel mio compito, salutando anche questa squadra. Ma…
Dirigendomi verso il campo, venni accostato con un gesto rapidissimo proprio da Riccardo.
Senza dire nulla, nè prima, nè dopo..mi sussurrò una frase che mi lasciò senza parole.

“Se ci fai vincere, ti inculiamo tutti e 11 i titolari. Promesso”.

Sbarrai gli occhi e mi girai, ero incredulo.

Una timida eccitazione fece capolino sotto alla divisa da arbitro, ma cercai di ricompormi con grande rapidità. Il fischio iniziale era imminente.

Durante tutto lo scialbo primo tempo, non feci che pensare a quelle parole.
Poche azioni, tantissimo caldo. Il risultato di 0-0 sembrava rimanere così ancora per molto.

Alla fine del primo tempo, per non ricevere alcuna pressione ulteriore, decisi di rimanere in campo per tenermi in allenamento. Si prevedeva una seconda frazione molto tesa.

Tornate le squadre sul rettangolo verde, diedi inizio al secondo tempo.

Riccardo correva, si impegnava, cercava di fare qualche buona verticalizzazione..ma non era giornata. Nè per lui, nè per i macchinosi attaccanti che voleva servire.

A dieci minuti dalla fine di tutto: speranze, sogni, ambizioni, aspettative. Qualcosa cambiò.

Decisi di vivere questa partita fino alla fine, sfruttando un’occasione che forse mai avrei potuto vivere. Spinsi in prima persona sull’acceleratore del proibito e..fischiai calcio di rigore.
Un fallo di mano a centro area di un difensore della squadra di casa, molto generoso…

Tiro angolato e..gol! 1-0; promozione quasi in tasca.

Ma la sorte si mise di traverso ed all’ultimo calcio d’angolo, un colpo di testa dell’attaccante casalingo sembrò decretare il termine. Palla in rete e 1-1.
La fine di tutto, appunto. Per Riccardo, quanto per me.

Mancavano pochi istanti alla fine. Decretai 5 minuti di recupero.
Tra scontri di gioco e proteste, era naturale prolungare il tempo di gioco.

Al 93′ ecco una nuova possibilità. Scivolata scomposta in area e…nuovo rigore!
Ovviamente per la squadra di Riccardo, che con un malizioso sorriso fece per ringraziarmi.

Il bomber non sbagliò, 2-1 in trasferta e promozione in cassaforte.
Poco successe negli ultimi 120 secondi, tanto da sancire il triplice fischio con un boato di felicità.

Gavettoni, scherzi, risate, cori. Tutti i ragazzi sprigionarono la loro allegria dopo tanta tensione.
Nella confusione generale, mi si avvicinò proprio Riccardo, che sempre serafico mi disse: “Guarda che noi le promesse le manteniamo…Ti dirò dopo come..e quando”.

Un brivido di eccitazione mi colpì, senza che potessi dir nulla, anche stavolta.
Immaginavo il formidabile baccanale che mi ero conquistato con due rapidi e semplici fischi durante la gara.

Corsi verso lo spogliatoio e andai sotto la doccia, con qualche rimorso per aver determinato il risultato..ma sicuro di volermi godermi il premio promozione. Una gangbang con i fiocchi!

Consegnate le chiavi al custode, entrai in macchina e..sentii vibrare il telefono.

Era un messaggio di Riccardo, via whatsapp. A questa terza dimostrazione, persi ogni dubbio ed incredulità su quel che mi era stato detto.. Tanto più dopo aver acceso lo schermo per leggerne il contenuto.

“Ci vediamo domani sera alle 21 al nostro campo, in via XXXXXXXX. Sarà tutto spento perchè nessuno fa allenamento, ma tu allenati prima a casa. Ti riempiamo! a domani”.

Ero impietrito, l’auto accesa, il silenzio del parcheggio.
Di lì a poco avrei vissuto l’esperienza più trasgressiva della mia vita, arbitrale e sessuale.

Tornai a casa con le palpitazioni, non dormì tutta la notte tra paura e voglia palpabile..quando arrivò il momento di recarsi al campo. La sera dopo.

Presi la macchina ed andai. Tenevo a malapena il volante dal tremolio delle mani. La guida si fece impacciata e brusca. Non riuscivo ancora a credere a ciò che stava succedendo.

Svoltando a sinistra nell’ultimo tratto che mi separava dal cancello, accelerai come a non voler perdere altri secondi preziosi. Ero in preda ad un’eccitazione incontrollabile.
Accostai e uscii dalla macchina in un attimo.
Mi arrivò un nuovo messaggio da Riccardo, che stava osservando il parcheggio da qualche punto della polisportiva.
Disse di andare verso lo spogliatoio dei campi da calcio. Così feci.

La penombra di una sera di metà maggio mi permise di avere un pò di luce sul mio cammino, quando notai una porta accostata che indicava l’arrivo della caccia al tesoro.

Entrai con molta timidezza. Buio completo, silenzio assoluto.

Inarcando la testa, entrai nel primo spogliatoio a destra.
Dopo pochi secondi la luce della stanza si accese. Senza che toccassi nulla.

Impietrito, notai 11 ragazzi completamente nudi, seduti sulle panche intenti a masturbarsi.

Undici corpi scolpiti da anni di allenamenti e partite.

Ne fissai due, mentre il battito cardiaco si faceva sempre più forte.
Pelle abbronzata, scalino dei pettorali e pelo folto ad abbracciare due capezzoli già turgidi. Gli addominali completavano una visione magica, senza dovermi soffermare necessariamente sui loro uccelli per apprezzare opere d’arte di questo pregio.

Mi chinai senza dire una parola, come se una forza inconscia mi spingesse. Quella che le vere troie portano sempre con sè.

Mi accucciai tra le gambe del primo, mi disse di chiamarsi Filippo.
Pizzetto, sorriso smagliante ed un pisello molto invitante.
Già completamente scappellato me lo porse vicino alle labbra, sbattendolo con cura.
Mi bagnai la bocca e cominciai a succhiarlo quando, senza accorgemene, mi trovai intorno altri dieci ragazzi. DIECI!

Le loro aste si intricavano come una maglia di cotone, formando una griglia di carne sotto al quale rimasi a succhiare palle e gambe.

Mi impegnai con il desiderio di soddisfarli tutti. In egual modo, senza tradire le loro aspettative.

Li presi in bocca, prima a gruppi da tre, poi sempre di più. Sentivo le differenze solo dai loro diametri e dal vigore con cui mi scopavano la gola.

Dopo qualche minuto di gemiti e gole profonde, mi presero per i fianchi.

Mi ritrovai a 90 gradi senza poter fare nulla, quando venni infilzato dal cazzo di uno dei giocatori. Nessun permesso, nessuna preparazione. Inculato a freddo, fino in fondo.

Le gambe tremarono, un brivido freddo corse sulla schiena. Spalancai gli occhi tra piacere e dolore. Non ebbi tempo di realizzare, trivellato dai colpi di Gianluca. Il bomber.

Il bacino possente dell’attaccante andava a ritmo forsennato. Ancora agitato dai due rigori del giorno prima. Il suo cazzo duro e gonfio mi perforava come una calda tasca.
Sputava sul buco, lo estraeva e lo ributtava dentro.

La foga e l’aggressività del momento mi fecero aggrappare ai cazzi dei suoi compagni..che però non mi diedero aiuto ma solo altra carne da assaggiare.

Andai avanti così per un’ora, alternandomi tra pompini e uccelli che entravano nel culo.

Il dolore era forte quanto la voglia di continuare. Ansimi, gemiti, rumori.
Godevo come mai prima, quando decisi di esagerare.

Presi un accappatoio e lo buttai sul pavimento. Senza farmi scrupoli urlai “ne voglio due!”.

Un ragazzo biondo mi prese e mi spinse per terra insieme a lui. Qualche istante ed era già dentro. La dilatazione data dall’ora di sesso appena trascorsa mi aveva reso aperto come una vagina partoriente.
Arrivò poi Gianluca, sempre lui. Mi prese le coscie e le spalancò. Voleva essere lui il primo a fare doppietta, sempre desideroso di finire sul tabellino dei marcatori.

I loro due uccelli mi marcarono stretto, sfregando tra di loro e su di me.
Le pareti del mio ano si fecero più strette, riempite dalle loro enormi beghe marmoree.

La velocità e l’attrito diventarono quasi insostenibili, tanto da chiedere di rallentare.

I due non ne vollero sapere, stuprandomi letteralmente.
Avevo il viso pieno di lacrime di dolore, quando ricevetti la sborrata del più precoce. Il portiere. Si mise in mezzo al volto e sparò la sua miscela calda sugli zigomi.

Mi lavò il viso mentre ero ancora distratto a capire che fine avrebbe fatto il mio sedere.

Ero ormai in loro possesso, quando anche il secondo decise di aumentare la dose di sperma tra occhi e labbra. Grondavo seme.
Gianluca si fece dare il cambio da un altro, ma si concrentrò sulla mia gola.

Anche lì non fece complimenti, andando ancora più a fondo di quanto non avesse fatto con l’intestino per almeno venti minuti.
Dopo qualche minuto arrivò anche il suo turno, sancito da un urlo vigoroso.
Arrivò sul petto, per poi picchiettare con il glande sui capezzoli. Ero esterrefatto.

Si aprirono i rubinetti delle doccie lì accanto, quando gli altri sette decisero di farsi riconoscere in modo più concreto. Un cambio poco sostanziale. Stesso ritmo. Stessa voglia di riempirmi.

Il vapore dell’acqua calda si avvicinò a noi. Ai nostri corpi, sempre più sudati.

Fu il turno dei due difensori titolari: Alan e Vincenzo. Quest’ultimo chiaramente napoletano.

Aveva un diametro che ancora ora ricordo come lo avessi davanti. Somigliava ad una vecchia lattina di coca-cola.
Entrò anche lui senza tanti convenevoli, riempiendomi fino all’ultimo millimetro disponibile.

Mi teneva fermo dai piedi, portando avanti i suoi, sfregandoli sui miei.

Altri due compagni iniziarono a leccarmi i capezzoli, dopo averli stretti tra le dita.
Ero spremuto come una succosa arancia, come a voler estrarre chissà quale nettare.

Gli chiesi di continuare quando, ancora in corso l’anale col napoletano, un altro ragazzo mi infilò l’uccello in bocca. Senza dirmi nulla, continuò a stantuffare fino a farmi accorgere del suo seme che abbracciava le tonsille con due schizzi fortissimi.

Ero colmo. Ma ne avevo ancora 5 davanti.

Il napoletano mi prese per i capelli e mi schiantò al muro. Cominciò a incularmi con il corpo attaccato alla parete. La faccia ancora colante di sperma, la bocca rossa e gonfia, il culo slabbrato. I nostri corpi bagnati dal calore, l’uno contro l’altro.
Ero diventato l’arbitro più amato dai calciatori.

Con rapidi colpi mi ritrovavo la sua nerchia dentro, fino in fondo, tanto da sentire le palle colpirmi come sacchi pieni di sabbia. Farfugliando anche lui qualcosa, in dialetto, mi fece sentire la sua crema..stavolta glassandomi le chiappe.

La stanchezza fisica cominciò a farsi strada quando l’ennesimo si interesso del mio culo; avevo perso il conto. Ancora grondante di sperma napoletano, mi prese per le natiche e mi avvicinò a lui. Non fu necessaria alcuna spinta per accoglierlo completamente al caldo.
Temperatura rovente.

Dopo qualche colpo ben assestato iniziò ad aumentare il ritmo, fino ad annunciarmi che per lui la corsa era più breve. Mi girò di faccia e mi imbrattò i capelli così tanto da farmi credere di avere dello shampoo di grande qualità. Non contento mi massaggiò anche la testa, tanto da incollare i capelli ai suoi spermatozoi.

Meno 3..e la voglia di superare il limite.

Mi presero per il collo e venirono insieme, quasi a comando. Non riuscivo più a vedere nulla quando mi portarono, stavolta dolcemente, verso le doccie.

Era arrivata la fine di un’esperienza forte, dolorosa, spaziale. La mia prima gangbang.

Finita la doccia fui invitato in pizzeria per festeggiare il campionato.. Come se non lo avessimo fatto per le due ore precedenti.

Rifiutai, per non dare nell’occhio.
Riuscivo a malapena a camminare, le labbra gonfie come canotti necessitavano di riposo.

Presi due giorni di ferie per ricompormi da tutto.

Qualcuno ha ancora il coraggio di dire che il calcio è uno sport noioso?

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Orge

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