Colmo della fortuna, anche la mia prima amante ha fin da subito messo le cose in chiaro: Il culo non te lo do (a volte esagerava con la finezza me ne rendo conto). Vabbé amen, cosi ormai rassegnato da questo punto di vista ho portato avanti il mio rapporto extraconiugale con notevole soddisfazione,
infatti la ragazza non mi faceva davvero mancare nulla, almeno era sempre disposta a soddisfare le mie esagerate fantasie sessuali, cosi abbiamo provato il sesso orale in strada mentre guidavo, la scopata sul cofano della macchina per il piacere degli automobilisti che passavano in autostrada, nonché una giornata intera nudi in un abitazione che una sua amica le aveva prestato per l’occasione.
Insomma le soddisfazioni sessuali non mi mancavano, se non che una sera mentre eravamo in auto, nascosti dalla vegetazione e ovviamente stavamo dandoci piacere a vicenda, lei mi stupì con un’affermazione, ma andiamo per gradi.
Restavamo ore a fare l’amore in auto generalmente se non erano le tre di notte non si rientrava. Un altro limite che inconsciamente ci eravamo posti era il raggiungimento del mio secondo orgasmo, lei generalmente aveva i primi due mentre ancora la baciavo dolcemente sul collo e passavo con disinvoltura dalle sue morbide labbra ai suoi turgidi capezzoli, mentre le mie dita scivolavano lentamente sulle pareti della sua vagina. Quella sera, che ricordo come se fosse ora, ci stavamo divertendo sul retro della mia station wagon, sedili posteriori abbassati e tappetino in dotazione all’auto disteso sotto.
Dopo il classico quarto d’ora di preliminari, il primo orgasmo, la pausa di coccole e di provocazioni, siamo tornati a stuzzicarci come al solito. Avevamo una gran voglia del corpo dell’altro, io non riuscivo a non palpare i suoi enormi seni, mentre lei prediligeva le mie cosce ed i miei glutei. Iniziava con il passarmi una mano all’interno della coscia, sfiorava tutto il muscolo per qualche secondo, passando dall’inguine al ginocchio più volte e poi terminava la sua corsa sul mio pene, che accarezzava dolcemente. Me lo prendeva in mano con dolcezza e con entrambe le mani. Con una mano mi sosteneva e palpava i testicoli, mentre l’altra cercava di provocarmi l’erezione masturbandomi, e mentre faceva questo mi baciava più volte facendo delle lunghe pause per guardarmi negli occhi ed assaporare vedendo il mio volto, il piacere che lei stessa mi stava dando. Non aveva più voglia di coccole in quel momento e senza mezzi termini mi disse MARCO CAVALCAMI, e si mise in ginocchio allargando appena le gambe e con una mano si sfioro la vulva. Era un chiaro gesto di invito a fare in fretta e non la feci aspettare, mi posi alle sue spalle in ginocchio e la penetrai dolcemente, due o tre colpi mentre le mie mani cercavano i suoi fianchi che lei inizi ad assecondare il mio movimento oscillando sulle ginocchia, prima al mio ritmo, ma ben presto la frequenza aumentò per raggiungere quella che lei preferiva in quel momento. A quel punto mi fermai e mi dedicai solo ad accarezzarla, le passai la mano sulla schiena che si inarcò al passaggio, le palpai i glutei e tastai l’interno coscia, fino a sfiorare le grandi labbra, tornai ancora sulla schiena e raggiunsi le spalle con entrambe le mani e la tirai verso di me bloccandola e facendole sentire maggiormente il mio pene all’interno di lei. Provai piacere nel sentire il suo gemito.
Passai le mie gambe davanti alle sue e restando appoggiato sulla punta dei piedi spostai il baricentro del mio corpo sopra di lei, in modo da cavalcarla, ma non facendole mai mancare il calore del pene all’esterno della vagina.
Non ebbi bisogno di prendere in mano il pene per reimmetterlo, l’erezione e la posizione agevolarono la penetrazione. La cavalcai con impeto, poiché la posizione mi infoiava parecchio e tenendole la parte anteriore del collo con la mia mano sx la costringevo ad alzare la testa e ad inarcare la schiena rendendomi il piacere ancora più intenso. La mia mano destra era dedicato al suo di piacere invece, la passavo su tutto il suo corpo: le palpavo entrambi i seni aiutandomi con l’avambraccio, le stimolavo i capezzoli tenendoli tra l’indice e il pollice, le accarezzavo il ventre e non dimenticavo certo il di stimolare il clitoride. Volevo farla godere e con lei raggiungere pure io l’orgasmo, ma lei mi fermò e io non seppi mai se raggiunsi il mio obiettivo, perché la mia attenzione fu spostata su quanto mi disse dopo: PRENDIMI DIETRO!!
Non poteva essere, pensai, mi ha sempre detto di dimenticarmi i rapporti anali e anche quando provavo a fare qualcosa con un dito, lei mi bloccava, così le chiesi: VOLEVI DIRE PRENDIMI DA DIETRO?.
Mi sorrise girando la testa e guardandomi negli occhi: NO, HAI CAPITO BENE.
In quel momento sentii il cuore che batteva in gola e completamente inebetito mi uscì una domanda stupida come: PERCHE’?.
PERCHE’ LO VOGLIO fu la sua categorica risposta.
Mi accovacciai dietro di lei, con l’intenzione di prepararla alla penetrazione per non farle male, presi un p di saliva dalla bocca e la portai sul suo ano, poi mi bagnai abbondantemente il dito indice della mano dx e con delicatezza iniziai a farmi spazio tra le sue carni chiedendole se provava dolore, alla sua risposta negativa mi feci coraggio e con decisione la penetrai con il dito, mentre il medio della stessa mano provava a distrarla infilandosi nella vagina. In questa posizione procedetti per un poco eseguendo il movimento con l’intero braccio per non stancare le dita, ma per darle ancora più piacere pensai che la mano sx poteva stimolarle il clitoride e cosi feci. La sentii gemere quando la mano si appoggio tutta sulla vulva e poi continuai con l’intero palmo della mano a sfregarla. Il piacere era indubbio per lei, perché l’interno della vagina si umettò parecchio ed approfittai del liquido per bagnare ulteriormente lo sfintere. Nel farlo non rientrai con l’indice nella vagina, ma nell’ano. Poco alla volta entrai con due dita, piano, dolcemente, poco per volta, fino a sentire lo sfintere che cedeva sotto lo stimolo delle dita. Lei si stava rilassando. Questo mi permise di entrare con disinvoltura con entrambe le dita più volte. Entravo ed uscivo. La ritenni pronta. Mi bagnai il palmo della mano con la saliva e mi masturbai un poco, salii sopra di lei, nella posizione precedente, presi in mano il pene e lo accompagnai all’interno del orifizio vergine. Entrai con una facilità insospettata. Lei voleva essere penetrata. Lei voleva essere mia e farmi dono del suo corpo. Il cuore andava a mille. Piano piano iniziai a muovermi, provavo piacere, anche se non il piacere fisico della penetrazione in vagina, ma il piacere psicologico e morboso del possedere completamente una donna senza darle piacere dal mio stesso piacere. Pensai di porre rimedio a questa situazione masturbandola dolcemente. La toccavo ovunque con l’altra mano, ma il pensiero andava a quello che stavo facendo, al gusto sadico di possederla analmente, assaporavo ogni contatto della mia cappella all’interno delle sue viscere, gustavo l’intero anello del suo sfintere che si stringeva sul mio pene. Non potevo continuare per molto, dopo pochi minuti mi lasciai cadere dietro di lei appoggiandomi all’auto. Se avessi continuato avrei raggiunto l’orgasmo con un paio di colpi. Lei capì la situazione e si girò verso di me, stava per prenderlo in bocca quando la fermai e le dissi di lasciarmelo pulire con una salviettina prima. Mi scostò la mano sorridendomi e dicendo LASCIAMELO SUCCHIARE. Non stavo capendo più nulla, anche quelle parole, quella sua voglia di farmi godere mi mandarono in visibilio. Non ricordo quanto impiegò per portarmi al piacere, ma ricordo con certezza che lei non si perse una sola goccia del mio sperma.
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