“E ti dico anche che fai bene a farlo cornuto, perché se aspettavi a lui hai voglia a diventare veccia prima del tempo…”
Da pecora nera a figlio modello
Non ho un bel ricordo
della mia infanzia e specialmente della mia adolescenza. Ultimo di tre figli e distanziato di più di dieci anni da mia sorella maggiore e da mio fratello grande, coccolato dalla mamma solo nei primissimi anni, poi abbastanza trascurato dai genitori, crescevo male, mi sentivo incompreso e reagivo ancor peggio, indisciplinato e scontroso, poco incline agli studi, insofferente per la condizione di marginalità nella quale mi sentivo.
La cosa risaltava ancor più perché invece i miei fratelli sembravano figli modello: Marisa si era laureata in farmacia e già lavorava in città , presto si sarebbe sposata; Mauro studiava ingegneria con profitto e prometteva di diventare presto un gran professionista. Io, Luca, ero appena uscito dalle medie, mi ero iscritto al liceo scientifico, ma non mostravo alcun interesse per lo studio, mi assentavo spesso da scuola e i professori si lamentavano della mia abulìa con i miei genitori, i quali ormai sembravano rassegnati a considerarmi un figlio malnato, sul quale c’era poco da sperare e da investire. E, del resto, io li ripagavo con un insopportabile atteggiamento di menefreghismo e di strafottenza.
La mia era una tranquilla famiglia piccolo-borghese, della quale ero io la pecora nera.
E a me, difatti, quel quadretto familiare non piaceva, con due fratelli inappuntabili, perfettini, e due genitori preoccupati solo dell’apparenza e del buon nome, che quasi mi nascondevano agli occhi del mondo. E, estraneo in casa quale ero o almeno mi sentivo, li guardavo impietosamente, cogliendo soprattutto i loro vizi più o meno nascosti.
Mio padre Enrico era impiegato di banca, lavorava molto e guadagnava bene; 55 anni, di corporatura regolare, brizzolato, sempre ben vestito, da perfetto piccolo borghese curava molto le maniere esteriori e si sforzava sempre di darsi un contegno superiore. Ma non mi dava l’impressione di tenere in particolare considerazione mia madre, con la quale lo sentivo spesso polemizzare ed imprecare: quasi sempre fuori casa, quando stava in casa non la degnava di un sorriso e restava a lungo stravaccato in poltrona a guardare la televisione. Aveva sicuramente distrazioni extrafamiliari. Io non non ne ho avuto mai prove dirette, ma i miei amici mi sfottevano di continuo alludendo a sue relazioni con le colleghe d’ufficio.
Mia madre Luciana era casalinga e questa condizione l’aveva portata a trascurarsi come donna. Non aveva più di cinquant’anni, ma la trasandatezza le aveva appesantito il corpo e il viso e la faceva apparire più vecchia della sua età . Per di più, una certa sguaiatezza dei modi e del parlare la rendeva per nulla attraente, nonostante un personale di tutto rispetto: 1.70 di altezza, capelli neri e folti, un petto robusto e prominente (una quinta di reggiseno), un bacino sodo ma allargato dalla cellulite, due gambe carnose con i polpacci pronunciati. Aggiustata per bene non sarebbe stata da buttare, anzi.
E difatti, con mia sorpresa, all’improvviso aveva cominciato a cambiare look, a pettinarsi meglio, a darsi un filino di trucco, a mettersi abiti più aggraziati, a guardarsi più spesso allo specchio. All’improvviso sembrava un’altra, una donna matura ma ancora pienamente sul campo, certo un po’ su di peso ma ancora appetibile. Di questo radicale cambiamento mio padre o non si accorse o non si curò, la qual cosa confermava ai miei occhi quel che mi dicevano i miei amici. Ma nemmeno mia madre mi dava l’impressione di fregarsene, nel senso che se si metteva su, se si curava di più, non sembrava farlo per lui. La cosa faceva aumentare la mia insofferenza per quell’ambiente familiare armonioso solo nella sua facciata esterna, invece pervaso da egoismi ed ipocrisie, ma accendeva anche la mia curiosità .
Non che fossi ingelosito o indignato, ma questo radicale cambiamento del modo di essere di mia madre non mi lasciava indifferente, anche perché, lo confesso, la guardavo senza alcun falso pudore ed ora avevo scoperto che era una donna piacente, ed anzi, proprio perché trascurata dal marito, me la immaginavo particolarmente assetata di sesso.
Avevo cominciato a spiarla in casa quando si piegava in avanti e metteva in mostra davanti due mammellone penzolanti ma ben tornite e, di dietro, due chiappe colossali, divise da un solco profondo. Dal buco della serratura del bagno avevo intravisto un paio di volte la peluria nera che ricoprire il suo basso ventre e i capezzoli dalle larghe aureole brune del suo seno maestoso.
Un giorno la sorpresi che parlava a bassa voce al telefono e, anche se non riuscii a capire con chi parlava e a decifrare bene quello che diceva, mi sembrò di sentire alla fine che concludesse più o meno così:
“Ci sentiamo più tardi, ora non posso, non sono sola in casa, ti chiamo io nel pomeriggio”.
Quel che non avevo sentito fu riempito immediatamente dalla mia intuizione: mia madre si era fatto un amico, o un amante, con il quale si incontrava regolarmente, forse anche in casa quando non c’era nessuno. E, in attesa di capirne di più, mi ero messo a fantasticare per dare un volto a questo amante e per dare contorni a questa storia. Nel raffigurarmi i loro incontri, mi immaginavo di spiarli non visto mentre lui le metteva le mani ruvide sul suo culone e l’attirava a sé, succhiandole la saliva in bocca e liberandole le due grosse mammelle dal reggiseno. E lo vedevo mentre la stendeva sul letto, le divaricava le grosse cosce e infilava il suo cazzo dentro la peluria della fica cominciando a pomparla con forza. E mia madre? La immaginavo dimenarsi come una forsennata, gridando cose oscene e tirandolo a sé per le spalle e per i glutei. La sentivo ansimare e farfugliare parole volgari, poi grugnire come una scrofa in calore, infine lasciarsi andare ad una esplosione dei sensi, sino ad osannare il suo partner per la grande sborrata che le aveva inondato la fica e le cosce.
Una grande porca, altro che la casalinga dimessa che tutti conoscevano! E, via via che le immagini del film immaginario scorrevano nella mia mente, il cazzo cresceva a dismisura e mi costringeva a menarmelo. Senza accorgermene, e forse senza volerlo, mi ero eccitato alla grande e mi stavo masturbando su mia madre. Alla fine non ce la feci più e sborrai copiosamente, imbrattando -ahimè!- le lenzuola del letto.
Mi accorsi subito che avevo combinato un pasticcio. Ma non me ne angosciai troppo, dato che con mia madre i rapporti non erano idilliaci per via dei miei comportamenti sociali e dei miei rendimenti scolastici. Eppoi, pensai, avevo più di qualche elemento per replicarle: la sua nuova vita, i suoi comportamenti curiosi, quella telefonata. E, se non bastava, avrei aggiunto qualche malevolenza immaginaria, ma verosimile …..
E, difatti, qualche ora dopo, quando mia madre mi investì di male parole chiamandomi ripetutamente “immorale, sporcaccione e degenerato”; non persi la calma e, con un sorriso maligno, le dissi implacabile:
“Ma con che faccia mi dici queste cose, tu che ti sei fatto l’amante e tradisci vergognosamente tuo marito!”.
Rimase impietrita, non si aspettava minimamente di essere svergognata da quel perdigiorno del suo ultimo figlio. Farfugliò irosamente poche parole:
“Ma che dici, delinquente che non sei altro! Ma come ti permetti! Quando rientra tuo padre ti farò vedere io”. Ma era stata trafitta, si sentiva scoperta e non sapeva cosa avrei potuto fare io. Intanto le risposi ridacchiando:
“Ah, ah … lo voglio proprio vedere come gli dici delle corna che gli metti con chi so io” (non sapevo chi fosse l’amico di mia madre ma diedi a vedere di saperlo).
Mamma era fuori di sé, non si dava pace, girava come una trottola tra le stanze ingiuriandomi, ma si vedeva che aveva perso ogni sicurezza, tanto più che io ostentavo la mia tracotanza e, da testa calda quale ero, le apparivo capace di tutto. Perciò, dopo una buona mezz’ora, cambiò tono e tattica. Mi chiamò in cucina, dove era affaccendata, e con una voce improvvisamente raddolcita mi disse che tra mamma e figlio non ci si doveva parlare con quel tono adirato e con quelle parole irriverenti. Mantenni il mio contegno scostante ed accigliato in attesa di capire dove voleva andare a parare.
“Vedi Luca, noi due dovremmo parlare di più ….. tuo padre ha sempre da fare ma io sono tua madre e con me ti puoi confidare ….. capisco che hai i tuoi problemi, ma da solo te li puoi solo complicare”.
Era partita da lontano per propormi la solita menata perbenista. Ed io le mostrai subito la mia insofferenza:
“Mà , non rompere con questa filastrocca ….. in questa casa tutti si fanno i cazzi loro e mò mi vuoi fare intendere che sono io a starmene in disparte“.
“Oh Luca, ma vedi come parli? Sei sempre così scorbutico …… Lo so, forse ti abbiamo lasciato un po’ solo …… Ma la famiglia è sempre la famiglia e, quando ne hai bisogno, è là ad aiutarti”.
“Ah ah che bella famiglia! Tutta apparenze ed ipocrisie… ma non mi far ridere. Poi tu e papà …”
Lasciai il discorso in sospeso per aumentare la sua ansia. “Che vorresti dire tu e papà . Non capisco. Cha hai da dire su tuo padre? Lavora tutto il giorno, vi ha dato una vita più che dignitosa, ed è un uomo rispettato da tutti”.
“Ah sì, un uomo perfetto. Sempre a puntino, mai una sbavatura, salvo quelle che fa in ufficio con le sue colleghe”.
“Ma che vai dicendo, Luca ……”
La voce di mia madre cominciò a farsi tremula, nelle mie parole trovava la conferma dei suoi sospetti verso il marito, ma non era a conoscenza delle cose e, soprattutto, non sapeva quanto ne sapessi io.
“Io mi sforzo di parlarti con comprensione, ma tu … ma tu stai bestemmiando. Come fai a infamare così tuo padre?”.
Ed io, sempre più tracotante:
“Ma zitta, zitta, che lo sai anche tu che tuo marito pascola fuori casa, tant’è vero che lo ripaghi con la stessa moneta”.
“Ma come osi mettere in dubbio la mia moralità ! Ora è troppo”
“Non ti scaldare, mamma, non fare finta di arrabbiarti, tanto lo sai che io lo so…. E ti dico anche che fai bene a farlo cornuto, perché se aspettavi a lui hai voglia a diventare veccia prima del tempo. E invece, da quando hai trovato chi pensa a te, la differenza si vede, eccome!”.
Il mio ragionamento la disorientava, si sentiva accusata e giustificata al tempo stesso, ma non capiva dove volessi arrivare. Smise di replicare e cambiò completamente discorso tornando alla mia masturbazione.
“Forse prima ho sbagliato a dirti quelle parole e sgridarti severamente. Sono cose normali alla tua età . Non c’è da scandalizzarsi se un ragazzo in crescita come te dà sfogo alle sue pulsioni. Il fatto è che anche quelle cose vanno controllate, sennò fanno male anziché bene. Per questo volevo che ne parlassimo. Se posso aiutarti io sono qua”.
Si vedeva che voleva glissare sugli argomenti scomodi che avevo introdotto e che ricercava una via d’uscita tentando di ammorbidirmi. Decisi che era il momento di approfittarne, assaporavo il piacere della vendetta. Mi avvicinai a lei e mettendole una mano sul fianco e le dissi con un sorrisetto malizioso:
“Certo che puoi aiutare….. per esempio, potresti aiutarmi a non sparare più seghe”.
Così dicendo avevo fatto scendere una mano dal fianco al culo ed avevo afferrato con l’altra una mammella. Lei ebbe un tremito e si ritrasse:
“Ma cosa fai? Ma sei davvero un figlio degenere! Ma come ti permetti di trattarmi come …..”.
Ed io, tornando su di lei e prendendola nuovamente per le chiappe:
“Continua continua ….. come … vuoi dire come una puttana è vero? o preferisci che ti dica come una moglie traditrice, come una adultera?”.
Era nuovamente scioccata ed in balìa della mia iniziativa. Non si difendeva più, mi lasciava fare, si lasciava rovistare sotto la gonna e dentro la camicetta, non replicava alle parole oscene che continuava a indirizzarle. Continuavo a palparla dappertutto e a sfotterla:
“Visto che sei così generosa con gli altri, perché non dà i un po’ di questo bendidio a tuo figlio che ne ha bisogno?”.
Naturalmente nel frattempo il mio cazzo aveva avuto una spaventosa erezione che si scorgeva benissimo anche al di sopra dei pantaloni. Attirai la sua attenzione su quella protuberanza:
“Dimmi, non ti viene compassione per le sofferenze del mio bastone? Non vedi che sta per scoppiare?”.
Abbassò lo sguardo e cominciò ad accarezzare quel rigonfiamento vistoso. Poi si inginocchiò e tirò giù la cerniera dei miei jeans:
“Mmhhhmmm … Effettivamente il poverino invoca un po’ di aiuto …… liberiamolo un poco, facciamogli prendere aria”.
Lo tirò fuori dagli slip, lo impugnò con una certa sicurezza e cominciò a tirarlo su e giù, poi se lo introdusse in bocca e cominciò a succhiarlo con grande avidità . Godevo intensamente e glielo dissi:
”Sei magnifica! Che coglione mio padre che se lo fa succhiare dalle sue colleghe e non da una bocchinara nata come te. Fai bene a fargli le corna, non ti merita. Come mi piacerebbe se in questo momento vedesse come me lo stai ciucciando. Ah brava, brava, così. Continua, continua, che sono troppo eccitato e non resisterò molto”.
Mia madre continuava a leccarmelo e succhiarmelo. Aveva cacciato fuori le sue grandi mammelle e vi aveva adagiato i miei coglioni. Ma, sentendo che ero vicino all’eiaculazione, aveva accelerato la suzione e mi aveva fatto sborrare in abbondanza, ingoiando tutto. Poi si era rialzata e mi avevo portato una mammella ed il suo capezzolo all’altezza della bocca:
“Ora succhia tu, piccolo mio. Hai ragione, non potevi tenertela per te tutta quella sborra. Però, complimenti: ha un arnese niente male, penso che le donne le farai godere per bene”.
“Beh certo, se potrai darmi tu qualche altra lezione …”.
“Ancora? E che lezione debbo darti?”
“Ah, hai tante cose da darmi che non so da dove cominciare”.
“Ah, delinquente, non esagerare. Non crederai che…”.
Aveva lasciato in sospeso la frase per meglio capire le mie intenzioni. Ed io gliele spiattellai subito, con arroganza:
“Non far finta di non aver capito. Da oggi si cambia registro, hai un grande debito con me, devi aiutarmi a raggiungere la maturità in tutti i sensi. non sopporto che dà i ad uno sconosciuto quello che neghi a tuo figlio, l’hai capito? sennò faccio uno scandalo, lo dico a quel cornuto di tuo marito e la sfasciamo questa bella famiglia”.
“Ma no, non fare così, ti prego, calmati. Mamma ti farà tutto quello che vuoi, non ti preoccupare. Ora riposati un poco, più tardi ricominciamo…”
La mia educazione sentimentale è cominciata così, rompendo i tabù di una famiglia perbenista, ma poi è andata avanti benissimo. Mamma si è rivelata una gran donna, una maestra di sesso inarrivabile: mi sono preso tutte le libertà , mi sono tolto tutti i capricci, ho goduto senza freni e senza limiti. Prima cinicamente mi divertivo a trattarle come una puttana, senza farmi scrupolo di imporle di tutto. Soprattutto quando la inculavo, godevo a sentire i suoi gemiti di dolore per la mazza dura che le lacerava le carni dello sfintere. Ma poi, progressivamente, abbiamo cominciato a fare l’amore con vero gusto e ne abbiamo tratto entrambi gran godimento. Lei ha mantenuto la relazione esterna che aveva intrapreso, ma a me la cosa non dava nessun fastidio, mi prendevo quello che volevo e quando volevo.
Ah, dimenticavo. Nel frattempo ho messo la testa a posto e sono diventato anch’io un figlio modello!
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