Mi chiamo Luana. Io e Sandra siamo amiche. Amiche per quanto possono esserlo due colleghe da due anni che talvolta s’incontrano anche fuori dal lavoro.
Rapporti cordiali, qualche piccola confidenza, qualche pettegolezzo, darsi una mano, stare bene insieme. In pratica un’amicizia che aspetta un’occasione per approfondirsi o per rompersi.
E qui entra in gioco la mia gelosia, responsabile unica del mutare dei nostri rapporti.
Una settimana fa, di sabato, io e il mio ragazzo Giuseppe andammo in un locale a ascoltare della musica dal vivo di un piccolo complesso che conoscevamo. Eravamo a un tavolino appartato sorseggiando le nostre bevande quando scorgemmo Sandra sulla pista che ballava con un’amica entrambe attorniate da alcuni ragazzi.
Devo dire che era veramente carina. Non che io sia da meno, entrambe abbiamo 28 anni, entrambe possiamo definirci ‘fighe’, un po’ ci assomigliamo, capelli castani con permanente lei e lisci io, il suo seno è più florido del mio (che ho una terza) ma il mio sedere è migliore, più ‘a mandolino’ del suo che è comunque un bel sedere tornito. Dicevo che era carina. Shorts di jeans inguinali sfrangiati che parevano più adatti a una diciottenne ma che stavano magnificamente anche a lei, scoprendo parecchi centimetri delle natiche che agitava a tempo con la musica. Maglia bianca, ampia, scesa su una spalla con profonda scollatura dietro che mostrava la sua schiena sinuosa e evidenziava come non indossasse il top (cosa che si notava anche dal davanti vista la grazia di Dio che ballonzolava). Non rimaneva nuda sopra solo grazie a una stringa strategicamente posta sulla schiena a trattenere i lembi. Devo ammettere che piaceva anche a me che lesbica non sono (a parte qualche fantasia mai concretizzata) ma soprattutto a Giuseppe che non le staccava gli occhi di dosso.
Dopo alcuni minuti ci vide e ci fece un cenno di saluto continuando a ballare. Dieci minuti dopo la vedemmo arrivare, tutta allegra e baldanzosa, salutarci ancora con un bacio sulle guance sia a me che a Giuseppe per poi accomodarsi al nostro tavolo. Parlammo del più e del meno, bevemmo ancora e poi ci portammo in pista per ballare. Ci stavamo divertendo quando ebbero la malaugurata idea di mettere dei lenti. Giuseppe stava per prendermi tra le braccia quando Sandra s’intromise:
‘Me lo presti?’
e senza attendere risposta lo abbracciò iniziando a ballare. Io rimasi un attimo sconcertata ma subito un ragazzo mi chiese di ballare (anche io facevo la mia figura, in pantaloni neri attillati e maglietta bianca stile baby-doll semitrasparente). Il ragazzo non era male, cercò di essere gentile, di rimorchiarmi con frasi a effetto di cui però non sentii praticamente nulla intenta com’ero a guardare Sandra e Giuseppe. Vedevo lei stringerlo, poggiargli la testa sul petto, e quel cazzone che non faceva niente per evitarlo. Mi infuriai, con una scusa mollai il ragazzo e tornai al tavolo aspettando i due, fui anche sgarbata con un altro tizio che mi chiedeva di ballare.
Finii con un sorso il cocktail che avevo senza riuscire a calmarmi. Quando li vidi arrivare li fulminai entrambi con uno sguardo, senza parlare. Giuseppe che mi conosce bene ebbe il pudore di sedersi senza parlare, la testa bassa, lei invece era tutta gagliarda, spiritosa:
‘Ehi, ho visto che hai fatto conquiste, come si chiama quel ragazzo? Ci ha provato?’
Non riuscii a trattenermi:
‘Si, e l’ho mandato a quel paese mentre il mio ragazzo si faceva conquistare da una stronza’
‘Oh bimba, stai calma, abbiamo solo ballato insieme’
‘E vi ho visti come ballavate, proprio col mio ragazzo ti devi mettere a fare la troia?’
La situazione si stava accendendo, io ero furiosa, Sandra stava per reagire. Ci pensò Giuseppe a risolvere la situazione prendendomi per un braccio e in pratica costringendomi a abbandonare il locale. In auto feci scontare a lui la mia furia accusandolo di ‘aver gradito’ le attenzioni di Sandra. Provò a convincermi che mi sbagliavo, che era stato solo un ballo e che non l’avesse allontanata da se per delicatezza. Niente da fare, non riuscivo a calmarmi. Mi riportò a casa e ripartì con un saluto mogio. Una serata di merda.
Il giorno dopo tra me e lui le cose si risolsero, a mente fredda riuscii a comprenderlo e lui, che non era nuovo a queste mie sparate, accettò le mie scuse rassegnato.
In ufficio invece cambiò tutto. Sandra era risentita per le mie parole, io ce l’avevo ancora con lei per il suo comportamento. Fredda cortesia nei contatti per lavoro e stop, null’altro. Ci evitavamo.
Una sera il boss chiese a entrambe di restare oltre l’orario solito per finire un lavoro inerente le competenze di entrambe. Dovemmo lavorare fianco a fianco, su scrivanie vicine. Anche lì era gelo ma non potevamo esimerci dal lavorare insieme, era troppo importante per l’azienda e ne avremmo risposto al boss.
Si fece ora di cena, ordinammo dal cinese lì vicino e mangiammo in fretta ognuna per conto suo e riprendemmo a lavorare. Erano forse le dieci e avevamo praticamente finito, mancava solo la stampa in più copie. Sandra si stiracchiò e mi parlò:
‘Senti Luana, vorrei chiederti scusa. E’ vero che mi sono appiccicata al tuo ragazzo, ma, credimi, non c’era intenzione di rubartelo. Era solo un ballo, e te lo stavo riportando.’
‘Davvero? Devo crederci? Balli sempre così coi ragazzi delle amiche?’
‘E’ il mio modo di fare, un ballo lento è un ballo lento, ma se voglio conquistare qualcuno vado molto oltre a come ho agito con Giuseppe’.
Parlando s’era alzata dalla sua scrivania e mi si era avvicinata, sedendo sull’angolo della mia e guardandomi dall’alto in basso.
‘Ah, certo, mi immagino cosa fai, e il poveretto non ha scampo, mentre con i ragazzi delle amiche non fai la tro’.’
Non riuscii a finire la frase, il suo palmo si stampò sulla mia guancia.
‘Non ti permettere di darmi della troia piccola de”.’
Non so cosa volesse dirmi. Mi alzai di scatto e mi avventai su di lei, le mani e le unghie rivolte verso la sua faccia. Lei si sbilanciò alzandosi e evitando per un pelo di cadere a terra. Cercò di bloccarmi le mani ma riuscii a prenderla per i capelli che tirai violentemente facendola urlare di dolore. Mi ricambiò con forza e toccò a me urlare. Eravamo in piedi, l’una di fronte all’altra, azzuffandoci come due lavandaie. Tirai l’orlo della sua camicetta che si strappò lasciandole il reggiseno scoperto, lei mi schiaffeggiò riuscendo poi a bloccarmi i polsi. Era più forte di me, più alta. Col peso del suo corpo mi spinse indietro e io inciampai su una sedia finendo a terra, sulla moquette, lei sopra di me cercando ancora di bloccarmi. Non ci stavo a subire così, mi divincolai rendendole difficile l’opera ma senza riuscire a liberarmi.
‘Adesso basta stupida, smettila o ti faccio male’
Parole al vento, continuavo a dimenarmi senza esito. Eravamo tutte e due ansanti per lo sforzo. Digrignavo i denti e mi dibattevo, nulla da fare, e le forze mi vennero meno, mi abbandonai sentendo le lacrime scendermi dagli occhi per la rabbia e l’umiliazione. Nella calma improvvisa le mie sensazioni cambiarono. Sentivo il suo corpo contro il mio, il calore della sua pelle, la morbidezza dei suoi seni contro i miei, la sua gamba tra le mie poggiata direttamente sulla mia micina. Mi accorsi con sorpresa di essere eccitata. Crocifissa a terra, le braccia allargate e tenute ferme dalle sue, il suo viso a pochi centimetri dal mio. Forse l’adrenalina, forse lo strusciare dei nostri corpi, non avevo assolutamente più voglia di lottare. La stessa cosa dovette provare anche Sandra che parve immobilizzarsi, guardarmi fissa negli occhi”’. e poi poggiò le sue labbra sulle mie.
Non avevo mai baciato una donna se non in qualche rara fantasia, le sue labbra erano morbide, delicate, non aggressive come quelle di un uomo. Mi trovai a schiudere le labbra quando sentii la sua lingua premere, cercare di farsi strada, e la accolsi sospirando, intrecciandola con la mia, donandole la mia bocca arresa, ospitale.
Sandra mi aveva lasciato le braccia, una sua mano era sul mio volto, carezzevole, l’altra su un mio seno, a stringerlo, impastarlo, giocare col capezzolo con il pollice mentre le altre dita lo stringevano per evidenziarlo e io muovevo le anche, per far strusciare la mia micina, il mio clitoride, sulla sua gamba fasciata dai pantaloni.
L’abbracciai, le mie mani sulle sue spalle, sulla sua schiena, tirandola a me.
Ci baciammo per più minuti staccandoci ancora ansanti. Sandra non si spostò se non di pochi centimetri, per arrivare con le mani alla mia camicetta, prendere a sbottonarla e liberare i miei seni, farli uscire dal reggiseno, impadronirsene con la bocca e suggerli dolcemente. Gemetti, la sensazione era fortissima (ho sempre avuto i seni sensibili), le mie mani scivolarono sulle sue natiche, tirandola a me, alzando il bacino per andare incontro alla sua gamba. Ora mi strofinavo senza pudore, avida delle sensazioni che mi donava la sua gamba nonostante la stoffa che ci divideva. Volevo toccarla anche io, volevo sentire la pelle nuda sotto le mie dita. Cercai di tirarle giù i pantaloni gemendo frustrata dal non riuscirci, e non ce l’avrei fatta se Sandra non si fosse sollevata un poco agevolandomi. Ripresi a strusciarmi contro di lei, le mie mani invece erano sul suo sedere, sotto la stoffa esile delle mutandine, a carezzarla da dietro, a infilarle le dita nello scoscio per raggiungere la micina. Abbandonò il mio capezzolo per baciarmi ancora e si sollevò da me, si alzò e io ero a terra, illanguidita, che la guardavo con occhi annebbiati. Si tolse la camicetta oramai stracciata, i pantaloni già alle ginocchia, il reggiseno che trovai molto sexy, e si chinò ancora su di me, le labbra sui miei seni, la mano tra le mie gambe lasciate completamente scoperte dalla gonna risalita sulle anche. Scostò le mutandine e mi mise un dito dentro. La sensazione fu esaltante, non potei far altro che inarcarmi mugolando, spingendo per un contatto più rude, più profondo. Subito le dita diventarono due, mi sentivo un lago e le ricambiai il favore con una certa difficoltà. Non riuscivo a raggiungere la sua micina stretta tra i nostri corpi. Mi feci forza per girarmi su un lato e ci riuscii, trovando anche lei bagnata da abbondanti succhi. Agii d’istinto, mai avevo toccato una donna come ora toccavo lei, ripetei i gesti fatti su me stessa tante volte, carezzai il clitoride facendola sospirare, le ficcai due dita dentro muovendole con forza, spingendo e roteando e toccò a Sandra gemere.
Eravamo stese a terra, di fianco, sulla moquette morbida che ci faceva da alcova, le mani profondamente inserite l’una nell’altra, le bocche a volte unite in baci ora focosi ora languidi, gemendo entrambe delle sensazioni che ci donavamo a vicenda. Non so quanto tempo passò, sentii montarmi l’orgasmo ma era diverso dai tanti che avevo provato, era più cerebrale, l’immagine di noi due unite davanti agli occhi anche se chiusi, i suoi seni che premevano contro i miei, la sua saliva che mi pareva più dolce del nettare. Un calore improvviso mi esplose dentro e affondai la faccia sulla sua spalla gemendo forte, accartocciandomi su me stessa per la forza del piacere che mi aveva invaso. Mi girava la testa, ero senza forze ma non smettevo di toccarla, di muovere le dita dentro di lei, e la sentii tendersi, agitarsi nel suo piacere, far uscire un ululato continuo dalle sue labbra gettando indietro la testa in un orgasmo non minore del mio.
Recuperammo insieme le forze, le mani ora sui fianchi, carezzevoli, dolci. Sandra mi sorrideva, il viso a pochi centimetri dal mio, mi baciava le labbra, le guance, il naso, e non smetteva di sorridere.
Ci rialzammo senza una parola, ci recammo in bagno insieme per una pulizia veloce, ci rivestimmo sempre in silenzio. Un silenzio non colpevole, non di rimorso, piuttosto per assaporare ancora nella mente le sensazioni appena vissute, fissarle nel cervello per non dimenticarle mai. Lei mise la giacca leggera sopra la camicetta oramai rovinata, andò alla stampante a recuperare il lavoro che avevamo fatto e passando davanti alla mia scrivania si fermò, poggiò la risma sul piano, si chinò verso di me per accostare ancora la sua bocca alla mia dicendomi:
‘Pace fatta?’
Le risposero le mie labbra.
Il giorno dopo era sabato, non si lavorava e così non la rividi sino al lunedì successivo.
Passai il fine settimana a ripensare alle sue labbra, alla dolcezza della sua pelle, alle mie dita dentro di lei e alle sue dentro di me. Col mio ragazzo cercai di nuovo quelle sensazioni costringendolo a masturbarmi a lungo, ma non era la stessa cosa. Sì, mi piacque come mi toccava, mi piacque sentirlo dentro di me quando mi penetrò ma era diverso, lo sentivo dissimile da me quanto lei era simile, un’altra me stessa a cui potevo fare quello che avrei voluto per me. Godetti comunque ma anche nell’orgasmo, quando lui mi cavalcò con irruenza fino a venirmi dentro, era alle labbra di Sandra che pensavo.
Ero confusa. Ci si può innamorare di una donna? Si può essere innamorati di due persone? Sì, perché sentivo di amare ancora il mio ragazzo e nel contempo l’attrazione per Sandra era fortissima, ne sentivo la mancanza quasi fisicamente.
Lunedì mattina venimmo chiamate dal boss e complimentate per il lavoro svolto. Uscimmo dal suo ufficio felici, abbracciate, con i colleghi sorpresi dalla nostra ritrovata intimità data la freddezza del periodo precedente.
Per festeggiare decidemmo di pranzare insieme e grazie al fatto che il boss ci aveva dato il pomeriggio libero per compensarci andammo a un ristorantino sul fiume, facendo le cose con calma, per goderci il sole primaverile e rilassarci completamente.
Sulla veranda del ristorante sembravamo due ragazzine in gita parlando e ridendo di tutto. Stavamo prendendo il caffè quando Sandra poggiò la sua mano sopra la mia e mi chiese se avevo impegni per il pomeriggio.
Scossi la testa sentendola girare un po’, merito del calice di vino bianco bevuto ma maggiormente dei suoi occhi verdi che mi fissavano profondamente. Ero turbata, i miei sensi si erano svegliati di colpo, sentivo il calore della sua mano sulla mia. Mi sentii bagnare così, solo a guardarla, a immaginare le promesse insite nel suo sguardo.
Tornammo all’auto mano nella mano. Percorrendo il lungofiume ricevemmo gli apprezzamenti di una paio di ragazzotti sfaccendati ma non ce ne curammo. Certo dovevamo essere una bella visione: gonna al ginocchio per entrambe, tacchi alti, entrambe con il giacchino sul braccio per il caldo, camicetta bianca per me e rosa per lei, ma ciò che ci circondava era sfumato, incorporeo. Sentivo solo la pressione delle sue dita nelle mie.
Guidai sino a casa quasi in trance, parcheggiai nel garage e salii con lei sperando di non aver lasciato nulla in disordine.
Come entrammo Sandra lanciò borsa e giacchino su una poltrona, scalciò via le scarpe e si accoccolò sul divano facendomi cenno di raggiungerla. Feci lo stesso e seduta di traverso la guardavo sentendomi fremere. Le sue labbra incurvate in un sorriso ironico mi attraevano terribilmente, volevo baciarla ma una sorta di pudore, di timore di aver frainteso, mi bloccava. Presi il coraggio a due mani e osai chiederle:
– Sandra ma tu sei, voglio dire, a te piacciono ”’. le donne? –
Rise di me, di cuore, senza riuscire a fermarsi, e mi coinvolse in quella risata, fugando il mio imbarazzo, facendomi rilassare e contorcermi dalle risate come a una barzelletta ben raccontata. Lei interruppe di colpo la risata, fissandomi ancora negli occhi, appoggiando una mano sulla mia spalla.
– Io sono bisex Luana, mi piacciono sia gli uomini che le donne, specie se belle come te. Non faccio distinzioni quando una persona mi piace. E tu? Tu sei mai stata con una donna? –
– No, no’.io, venerdì è stata la prima volta per me. Non so cosa mi sia preso ma’. –
– Ma ti è piaciuto. – Lo disse come affermazione, non come domanda, e io annuii non trovando parole da dire.
Mi si avvicinò col volto, ancora appoggiò le sue labbra sulle mie e ebbi la conferma che era questo quel che volevo, che desideravo intensamente dal venerdì sera. Mi abbandonai al suo bacio cercando la sua lingua con la mia.
Le mie mani si mossero da sole per andare sul suo corpo, denudarlo, sentirlo più vicino. Ci spogliammo a vicenda continuando a baciarci dolcemente muovendoci con lentezza, come sott’acqua. Ogni centimetro di pelle lasciato scoperto dagli abiti veniva subito accarezzato, ogni fremito nel corpo dell’una era seguito da uno nel corpo dell’altra. Sandra lasciò la mia bocca per cercare i miei capezzoli sensibili. Potei solo gemere e stringere a me la sua testa sentendomi invadere dal piacere. Poi scese ancora più in giù, baciandomi l’addome, il monte di venere. Mi fece distendere con una spinta leggera, prese le mie cosce tra le mani e le allargò, abbassò la testa.
Dapprima sentii il suo respiro, poi le labbra, quindi la lingua tormentarmi il clitoride prima di passare alla mia micina e mi parve di impazzire. Mai col mio ragazzo avevo provato un piacere simile quando mi leccava; pareva che Sandra mi leggesse nella mente dove volevo usasse la lingua, con che intensità, quando lasciare la micina per suggermi il clitoride, quando tornare a leccarmi, quando mettermi le dita dentro. Venni dopo due minuti, così, all’improvviso, urlando e stringendole addosso le mie cosce, sentendomi svanire le forze, girare la testa.
Ripresi fiato e lei era ancora china su di me, le labbra e il mento umidi mi guardava come un rapace. Scivolò sul mio corpo fino a baciarmi e assaporai dalle sue labbra il mio stesso piacere. Il suo bacio ora era più intenso, vorace, eccitato. Voleva godere lei ora, era il mio turno, e come fosse per me una cosa abituale feci a lei ciò che aveva fatto a me: le baciai i seni, scesi con le labbra lasciandole un rigo di saliva sulla pancia, sul ventre. Le allargai le cosce e ristetti un attimo a ammirarla. Era la prima volta che guardavo una micina che non fosse la mia. Le trovai simili eppure diverse, i peli pubici che io tenevo solo in un triangolino minuscolo erano in lei totalmente assenti e la sua natura spiccava come una pesca succosa in cui affondare i denti.
Non avevo mai leccato una micina prima, non sapevo cosa fare ma volevo ricambiare il piacere che Sandra mi aveva donato. Forse esitai un istante prima di accostare le mie labbra alle sue più intime, ma già la mia lingua era fuori curiosa, ansiosa di assaggiare ciò che mai aveva assaggiato. Presi a leccarla piano, prima l’interno cosce, lì dove la pelle è più sensibile, lasciando scie di saliva mentre mi avvicinavo al suo fiore. D’istinto irrigidii la lingua e la tuffai tra le sue labbra. Sandra gemette forte. Il suo sapore non era molto dissimile dal mio, un sentore di lavanda stuzzicava il mio olfatto. Mi prese come un raptus, spinsi forte il mio viso su di lei e leccai, succhiai, strofinai il naso sul suo clitoride, allargai la micina per far entrare più a fondo la lingua, e Sandra si dimenò gemendo ancora più forte. Le feci ciò che sarebbe piaciuto a me, con forza, quasi violenza, aggrappandomi alle sue cosce, e mentre ancora la leccavo, due dita dentro di lei, la bocca a contatto con le dita, la sentii gridare e un getto di umori colpirmi la faccia, entrarmi in bocca, scendermi nella gola. Mi abbeverai alla fonte come fosse ambrosia stringendo forte le cosce di Sonia che pareva volermi stritolare la testa.
Durò a lungo il suo orgasmo e per tutto il tempo leccai e bevetti, usai le mie dita, mi bagnai dei suoi succhi arrivando quasi a un nuovo orgasmo io stessa.
Quando si rilassò e mi liberò la testa scivolai sul suo corpo, mi accoccolai al suo fianco abbracciandola, baciandola sulla spalla, sul collo, sulle labbra che subito mi accolsero. Usò la lingua per pulirmi la faccia, come una cagna col suo cucciolo, leccando via i suoi stessi umori, incrociandosi con la mia lingua che usciva a incontrarla. Poi restammo abbracciate a lungo, spossate, felici.
Quando ci rialzammo sentivo il bisogno di una doccia. Glielo dissi e lei mi seguì, entrò nel box con me, mi aiutò a lavarmi e io a lei scambiandoci carezze e baci sotto l’acqua bollente. Infine tornammo di là. Mi era venuta sete e stappai una bottiglia di vino bianco fresco, versandone una dose abbondante a entrambe che bevemmo faccia a faccia, distese sul letto, gli accappatoi addosso, guardandoci senza parlare.
Ero innamorata. Sì, ero innamorata di Sandra. Solo così sapevo spiegarmi le sensazioni che mi mulinavano dentro, eppure amavo anche il mio ragazzo, non avrei potuto lasciarlo, anzi avrei voluto averlo lì per condividere con lui quel che provavo. Il pensiero di averli entrambi lì con me mi stuzzicò. Pensando a possibili piacevoli sviluppi caddi in un sonno profondo. Mi svegliai due ore dopo. Sandra dormiva anche lei al mio fianco. La svegliai con un bacio. Sulla porta Sandra mi salutò con un ultimo bacio dandomi appuntamento al mattino dopo in ufficio. Tornai in camera e mi ridistesi sul letto riaddormentandomi quasi subito, un sonno senza sogni interrotto dalla sveglia il mattino seguente.
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Iniziò per me un periodo felice. Col mio ragazzo andava tutto a meraviglia. Gli effetti del mio stato d’umore mi avevano addolcito il carattere e lui non subiva più le mie sfuriate periodiche. Anzi, forse per un velato senso di colpa ero molto disponibile con lui, arrendevole, disposta a passare sopra cose che precedentemente mi avrebbero fatto mettere il muso. A letto con lui andava anche meglio, vivevo i nostri incontri con eccitazione, li cercavo io quando possibile, ero parte più attiva e la cosa gli piaceva molto.
Con Sandra era tutto un piacere. Dal lavoro, in cui approfittavamo di ogni minimo momento in cui ci trovavamo sole per scambiarci baci e carezze fugaci, ai pomeriggi passati a fare shopping o prendere un aperitivo insieme, alle serate torride passate a toccarci e leccarci fino allo sfinimento a casa sua o mia. Lunghissimi 69 che ci facevano addormentare distrutte abbracciate l’una all’altra. Dei dildo, idea sua, fecero la loro comparsa nei nostri momenti.
Sessualmente per me era un tour de force, o con Giuseppe o con Sandra non passava quasi sera che non avessi più orgasmi prima di addormentarmi. Invece di stancarmi la cosa pareva farmi fiorire. Ogni mattina ero sempre perfettamente in forma, radiosa come mi definì un collega al bar.
Un periodo esaltante, di diversi mesi, ma che non poteva durare in eterno.
Una sera, dopo la solita seduta orgasmica con Sandra, lei mi vide un po’ pensierosa e mi interrogò a proposito.
Parlandone con lei razionalizzai il perché da qualche giorno mi sentivo strana, confusa, con la sensazione di non essere appagata. Avevo appena finito di fare l’amore con lei e proprio in quei momenti avevo sentito la mancanza di Giuseppe, della sua forza, così come quando facevo l’amore con lui avevo iniziato a avvertire la mancanza di Sandra, della sua dolcezza. In più mi sembrava di fare torto a Giuseppe che non sapeva nulla di me e lei mentre Sandra sapeva tutto di me e lui.
Mi sfogai con lei chiedendole come fosse possibile amare due persone insieme senza fare del male a una di esse. Piansi anche sentendo un nodo allo stomaco per quella situazione in cui mi ero cacciata, che iniziava a farmi star male, obnubilando la felicità dei mesi precedenti.
Sandrà fu dolcissima. Mi abbracciò riempiendomi di baci il viso. Rideva felice e davanti al mio stupore mi spiegò che lo era perché finalmente mi aveva sentito dire che l’amavo e sapeva che era vero. Che anche lei aveva scoperto di amarmi e un po’ soffriva il dovermi dividere con Giuseppe.
La soluzione per lei c’era, lei non avrebbe avuto problemi ma bisognava prima sapere cosa ne pensasse Giuseppe di un trio, di vedere me con una donna. Mi rasserenai di colpo. Sì, era veramente la soluzione ideale, ma dipendeva da Giuseppe. Ci addormentammo tranquille, già dalla sera dopo avrei cercato di scoprirlo.
La giornata lavorativa volò via, ero concentrata sulla sera, quando lo avrei visto.
Facemmo la solita cenetta a due e poi filammo a casa mia. Avevo già in mente come fare.
Eravamo ai preliminari. Entrambi nudi, lui disteso sul letto, io china su di lui che lo pompavo.
Me lo tolsi di bocca un istante per chiedergli di fare un gioco, di far volare la fantasia. A bruciapelo gli chiesi se gli sarebbe piaciuto avere ora un’altra donna insieme a me che lo succhiava. Sentii il suo uccello irrigidirsi ancora di più, era la risposta più sincera che precedette le sue parole:
– Sì, due bocche, due lingue sulla mia cappella. Che bello –
Salii sopra di lui e mi impalai sul suo cazzo teso.
– Pensa se ora mentre ti scopo una bella ragazza di desse la sua micina da leccare –
Ancora lo sentii irrigidirsi.
– E che ne diresti se io e lei ci toccassimo, ci leccassimo mentre tu ci guardi, poi potresti scegliere una di noi due da scopare, da fottere, da penetrare mentre lecca la micina all’altra –
Giuseppe pareva impazzito. Da sotto saltava e sgroppava come uno stallone imbizzarrito penetrandomi profondamente e facendomi godere, ma più di tutto era l’espressione della sua faccia, mai l’avevo visto così eccitato. Godemmo insieme dopo pochi minuti e mentre ci rilassavamo mi disse:
– Che fantasie che hai, mi sorprendi ogni volta. Ma tu veramente saresti capace di fare l’amore con una donna? L’hai mai fatto da giovane? –
– Chissà, forse, e a te dispiacerebbe saperlo? Ti dispiacerebbe vedermi con una donna? –
– Io’. Beh, no. Oddio, non ci ho mai pensato ma certo è una delle mie fantasie erotiche. Sei un diavoletto, guarda che cose mi fai confessare. Dovrò punirti per questo –
Mi rovesciò sul letto e mi sculacciò scherzosamente. Facemmo ancora l’amore e ci addormentammo.
Il giorno dopo ero a mille. Sandra intuì subito ciò che volevo dirle anche se potemmo parlare solo a metà mattinata, durante la pausa. Ci organizzammo brevemente. Per il fine settimana.
Il sabato Giuseppe arrivò a casa mia per una cenetta, lui credeva, a due. Rimase di sasso vedendo apparecchiato per tre, le candele sul tavolo, luce soffusa, un cd di Whitney Houston in sottofondo. Prima ancora che parlasse gli tolsi la bottiglia di vino bianco che aveva portato e iniziai a aprirla.
– Abbiamo ospiti e ti devo dire una cosa, ma non preoccuparti, lo faremo dopo. Prima brindiamo. Cara, vieni, Giuseppe è arrivato –
Sandra fece la sua comparsa dalla camera. Era favolosa. La gonna corta le scopriva metà delle cosce tornite, la camicetta di seta verde mostrava i capezzoli evidenziando la mancanza di reggiseno. Si avvicinò a noi e salutando Giuseppe prese il bicchiere che le porgevo. Alzammo i calici e bevemmo un sorso in silenzio.
– A cosa stiamo brindando? – Chiese Giuseppe.
– Lo scoprirai dopo, ora accomodati, tieni compagnia a Sandra mentre finisco di preparare la cena –
Tornai in cucina e ci misi poco tempo, avevo ordinato tutto alla gastronomia vicino casa per non perdere tempo. Dovevo lasciare solo che Sandra rompesse il ghiaccio con Giuseppe, creasse un clima rilassato.
Quando portai la cena in tavola stavano ridendo per qualcosa. Un passo era fatto, Giuseppe aveva assorbito la sorpresa iniziale.
Sedemmo e cenammo parlando del più e del meno, e restammo a tavola sorseggiando l’ultimo goccio di vino. Era il momento.
– Giuseppe, tu lo sai che ti amo vero? –
Lui annuì un po’ rosso in viso. Sapevo che Sandra, seduta al suo fianco dalla parte opposta del tavolo, lo stava stuzzicando appoggiando come concordato la sua mano sulla sua coscia, massaggiandolo da sopra i pantaloni.
– Sai anche che se tu mi tradissi con un’altra donna ti strapperei gli occhi, vero? –
Ebbe un sussulto, quasi l’avessi colto in fallo.
– Quello che non sai è che io non amo solo te. –
Lo vidi stranirsi, farsi più attento nell’ascolto, fissarmi con occhi ora duri.
– Cosa intendi dire, hai un altro? –
– No, non ho un altro, ho”.un’altra –
Vidi mille espressioni apparire e sparire dal suo volto. Rimase l’ultima, prima di rabbia, poi di sconforto.
– Mi stai dicendo che vuoi lasciarmi per una donna? E chi è? Sandra? –
Con la mano scostò bruscamente la mano di Sandra che non aveva mai cessato di accarezzarlo.
– Sì, è Sandra e no, non ti voglio lasciare –
Giuseppe andò nella confusione più totale. Gli spiegai la situazione, di come ancora lo amassi ma anche di aver scoperto di amare, riamata, Sandra. Quando iniziai a spiegargli la soluzione ancora non capì.
– Vuoi dire che ti dividerò con lei? E come, a me i giorni pari e a lei i dispari? –
Il sarcasmo era evidente, la stava prendendo male. Intervenne Sandra, ponendogli ancora la mano addosso, direttamente sull’uccello:
– Non dovrai dividerla con me, saremo noi a dividerci te o, se preferisci, sarai tu a doverti dividere tra noi due”. nello stesso letto. –
Giuseppe saltò in aria, non so se per la mano o le parole, ma ora non poteva equivocare.
– Cioè noi tre’. Insieme –
– Ricordi cosa dicevi di due lingue insieme ””.sulla tua cappella? Ora saprai com’è. –
Lo dissi ridacchiando. Lo sguardo di Giuseppe s’era fatto eccitato. Guardava alternativamente me e Sandra non credendo ai propri occhi. Sandra si alzò e lo prese per mano tirandolo verso la camera.
– I fatti dicono molto più delle parole. Avremo tempo poi per spiegarti al dettaglio, ora vieni” se vuoi –
Giuseppe la seguì imbambolato. Spensi le candele, controllai che tutto fosse in ordine e li raggiunsi.
Giuseppe era in piedi, Sandra inginocchiata davanti a lui glielo aveva preso in bocca. M’inginocchiai al suo fianco e andai a contendergli l’uccello. Era duro, durissimo. Lui appoggiò le sue mani sulle nostre teste come se temesse che scappassimo. Non era nostra intenzione. Io e Sandra sembravamo una coppia ben rodata anche se era la prima volta che facevamo una cosa del genere assieme. A turno una di noi lo succhiava e l’altra usava la lingua sull’asta, sui testicoli, guardandolo dal basso verso l’alto, poi andava a sostituirsi, approfittando per darci un bacio, per leccare insieme la cappella come promessogli.
Giuseppe rantolava di piacere, incredulo della fortuna capitatagli.
Mi alzai, era il momento di cose più serie. Lo spogliai mentre Sandra ancora lo leccava, poi mi spogliai io, e infine spogliai Sandra, togliendole la camicetta e esponendo i suoi magnifici seni. Li presi a piene mani, da dietro, massaggiandoli e guardando Giuseppe col sorriso più libidinoso che potei fare. Mi piaceva guardarlo gemere sotto la lingua di Sandra, non avevo mai potuto osservarlo bene. Stringeva i denti quasi in un ghigno per poi spalancare la bocca emettendo un forte sospiro. Mi rialzai e spinsi Giuseppe sul letto. Cadendo perse il contatto con la bocca di Sandra. Feci alzare lei, aprii la cerniera della gonna facendola acciambellare si suoi piedi. Con le mani sui fianchi feci scivolare verso il basso il tanga che indossava esponendo il suo ventre agli occhi fuori dalle orbite di Giuseppe. Sandra alzò prima una gamba, poi l’altra, per permettermi di togliergliele. Entrambe nude davanti a lui ci baciammo mischiando lingue e saliva. La portai da lui. La feci salire in ginocchio sul letto, scavalcare il corpo di Giuseppe e fui io a guidargli l’uccello verso la micina, a farlo entrare piano come in un guanto tanto Sandra era bagnata. Li osservai per un momento e poi scavalcai io in senso contrario Giuseppe, per sedermi sul suo volto, dargli la mia micina da leccare. Ci si tuffò subito strappandomi un gridolino di piacere. Ora era come gli avevo promesso, una micina da leccare mentre veniva scopato dall’altra.
Sandra aveva gli occhi torbidi, cavalcandolo con mosse lente ma costanti si stava eccitando sempre di più. Ci baciammo ancora, le mani l’una sui seni dell’altra, a carezzare, stringere i capezzoli.
La situazione era troppo per tutti e tre, venimmo in sequenza io, Giuseppe e Sandra. Il mio orgasmo lo urlai nella bocca di lei con Giuseppe che sembrava voler entrare in me con tutta la lingua, tutta la testa dentro di me godendo a sua volta dentro Sandra.
Ci buttammo sul letto l’una sopra l’altro, a riposare godendo degli ultimi spasimi, un ammasso di umori e carne soddisfatta.
Pochi minuti abbandonati, scomposti e la voglia si riaccese in me. Volevo sentirlo dentro. Mi chinai sul suo ventre e lo accolsi nella mia bocca sentendolo rianimarsi pian piano fino a quando fu perfettamente rigido.
Mi spostai sopra Sandra, tra le sue gambe. Giuseppe capì subito e si mise dentro di me penetrandomi.
Mi uscì un urlo rauco che soffocai affondando la faccia tra le gambe di Sandra, nella sua micina che presi a leccare lentamente, con lunghe passate dal basso verso l’alto, fino al clitoride a cui incollai la bocca succhiando. Sandra si scosse, pose le mani sulla mia testa tirandomi a se. L’orgasmo si stava riaccendendo dentro di me, sentivo i colpi cadenzati di Giuseppe e il sapore dei succhi di Sandra mischiati al seme di giuseppe sulla mia lingua. Partii ancora, l’estasi s’impadronì di me e godetti in fretta, soffocando i gemiti tra le cosce di Sandra che si contorceva in un altro orgasmo anche lei.
Restai immobile forse per due minuti, appoggiata al ventre di Sandra, con Giuseppe che ancora si muoveva dentro di me cercando il suo piacere. Non mi bastava, mi sentivo preda di una frenesia erotica. Volevo godere, ancora e ancora, in eterno.
Sandra si sottrasse al mio peso e mi rovesciò sulla schiena con Giuseppe che protestava per aver perso l’accesso alla mia micina. Però si consolò subito: Sandra si sdraiò sopra di me, in posizione inversa, e cominciò a leccarmi come sapeva fare lei. Deliziata la ricambiai e vidi le cosce e l’uccello di Giuseppe avvicinarsi da dietro a lei per penetrarla. Vidi anche la mano di Sandra venire dietro, impadronirsi dell’uccello di Giuseppe per alzarlo di poco, appoggiarlo al suo ano. Lo voleva dietro. Smisi di leccarla affascinata dalla scena. Io non l’avevo mai preso lì, non sapevo che Sandra l’avesse fatto. Sì, tra noi due, con i dildo, avevamo provato, io con il più piccolo e era stato un piacere sottile ma inferiore a quello datomi dalla sua lingua. L’uccello di Giuseppe mi pareva enorme, non immaginavo come potesse entrare in lei, ma lo fece. Centimetro dopo centimetro lo vidi scomparire nello sfintere di Sandra, con lei che mugolava ma non smetteva, anzi si faceva indietro per farsi penetrare meglio. La mia eccitazione andò a mille, tuffai ancora la testa tra le sue cosce e ripresi a leccarla, con voracità, i testicoli di Giuseppe che mi sbattevano sulla fronte ora che andava avanti e indietro dentro di lei.
Chiusi gli occhi, la bocca di Sandra era tornata a occuparsi di me e ancora l’orgasmo mi prendeva di sorpresa culminando quando Sandra mi mise un dito dietro, nel mio buchino (quasi) intatto. Un pizzico di dolore e il piacere mi esplose dentro la testa e gridai, gridai e leccai. E mentre lo facevo sentivo Sandra che ululava come una lupa in calore bagnandomi la faccia con i suoi umori.
Giuseppe resistette ancora poco, mentre il nostro orgasmo stava scemando lo vidi irrigidirsi, dare alcuni colpi veloci e poi fermarsi profondamente piantato in lei, mugolare come un forsennato mentre, immaginavo, riempiva del suo seme il budello accogliente. Lo vidi anche uscire, e parte del suo seme colare dal buchino dilatato.
Mi addormentai di colpo, stremata.
Questo è stato l’inizio di una storia a tre che ancora dura. Io e Giuseppe stiamo pensando di convivere e, naturalmente, Sandra è sempre ben accetta tra noi due.
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