“Per me il sesso che da gioia e godimento è quello libero da divieti e pregiudizi…”
Ero stato invitato a passare una settimana di ferie in
una baita di montagna. Un posto stupendo tra paesaggi da cartolina, l’aria pura e tanto verde. Un luogo da favola dove il mio amico Luciano e sua madre Elide passavano sovente le vacanze. Un eremo incantato a 8 km dal primo centro abitato.
Isolati dal mondo passavamo le giornate tra affascinanti escursioni e gustosissimi pic nic all’aperto. Dopo mesi di ingorghi e smog urbani la migliore cura antistress. Inoltre, per un appassionato fotografo come me, una immersione nel paradiso terrestre.
A sera restavamo a lungo a chiacchierare intorno alla tavola, rallegrandoci con racconti ameni e lunghe bevute di vino. E, forse anche per effetto del clima un po’ surriscaldato, avevo cominciato a guardare la signora Elide in maniera insistente e un po’ sfacciata, sbirciando impudentemente sotto la gonna e dentro la camicetta slacciata.
Una domanda malandrina che mi ronzava nella testa: chissà se alla signora Elide (55 anni, bruna, alta, gambe molto lunghe e ben tornite), chissà se otto anni di vedovanza le sollecitavano qualche prurito? Insomma, avevo cominciato a farci un timido pensierino.
Un mezzo approccio ci fu una sera, prima di andare a letto, mentre lei usciva dal bagno in vestaglia (nera, ma molto scollata) ed io mi apprestavo ad entrarci con solo i pantaloni della tuta e il cazzo duro sotto. Quella vistosa erezione non le poteva sfuggire. E infatti notai il suo sguardo posarsi delicatamente tra le mie gambe. Un sorrisino a metà tra l’imbarazzo e la malizia bastò a scatenare la mia fantasia, tanto che in bagno ci rimasi a lungo: mi tirai una bella sega in bagno e poi mi feci una doccia veloce.
Dormivo in camera con Luciano nel suo stesso letto, un lettone matrimoniale vecchia maniera, dove si sarebbe potuti stare anche in tre. Appena sotto le lenzuola mi tolsi le braghe e restai nudo. Ho l’abitudine di dormire nudo, lui non fece commenti, anche se aveva chiaramente notato l’anguillone che si muoveva tra le gambe.
Cazzeggiammo su tanti argomenti, ma poi, come spesso accade tra maschi, finimmo per parlare di sesso.
Luciano mi confessò che era vergine. Vent’anni e vergine! Una indecenza! Colpa soprattutto di una madre possessiva e retrograda che lo soffocava con le sue manie e coi suoi precetti (‘non si deve’, ‘non si fa’, e via vietando). Potevo capirlo.
Anche io avevo avuto una educazione contrastata, in seguito alla morte prematura di mia madre, ma ricordavo a Luciano che la zia Martina che mi aveva allevato era proprio un tipo come la madre, ma che ad un certo punto avevo preso io il sopravvento trasformandola da educatrice in amante.
“Vuoi dirmi che ti sei scopato tua zia? …”, mi chiese Luciano con gli occhi fuori delle orbite.
“Per la verità non solo lei ….. Sia lei che le sue amiche tardone…”, gli risposi gorgogliando spavaldamente.
E visto che la cosa lo stuzzicava, iniziai a raccontargli qualche prodezza del mio cazzo. Ad un tratto sentii che si stava toccando.
“Scusa ma …”, mi dissi con voce un po’ affannata intensificando la sua masturbazione.
“Fai fai ….”, lo rassicurai, “anzi ….. mi fai venire voglia anche a me”.
Non so se per il turbamento del ricordo o per un fatto eminentemente emulativo, mentre raccontavo me lo menavo anch’io.
A un certo punto allungai la mano verso di lui:
“Se ce lo tiriamo a vicenda è più bello… Puoi immaginare che sia la mano di una donna”.
“Ah … sì, sì”, rispose convinto.
Cominciammo a segarci a vicenda.
“Tu a chi pensi?”.
“Mmmm …. mi piacerebbe tua zia Martina”, disse lui un pò imbarazzato.
“Ok, ok …. chiavati la mia zietta, ma contraccambia almeno …”
“Mmmm ??? ….”, si sorprese Luciano.
“Tua madre, no?”.
“Oh sì, mia madre”, gorgogliava lui godendo.
“Allora facciamocela fare tutti e due dalla mammina!”.
Il mio amico aveva voglia di montarla. L’avevo capito già da un pò.
Continuai a infoiarlo.
“Attento che ora la madre te lo ciuccia!”.
E, senza battere ciglio, mi chinai su di lui, lo presi in bocca e gli tirai una pompa. Luciano mi venne in bocca.
“Oh sì mamma, sììì….”, gemeva, delirava.
Prima di addormentarci Luciano mi chiese ragione di quel mio comportamento da gay. Gli spiegai che non ero gay, ero bisex, che nei campeggi dei boy scout la notte ci trastullavamo così, e che non solo avevo sbocchinato e mi ero fatto sbocchinare, ma avevo anche inculato e preso in culo. Per me il sesso che da gioia e godimento è quello libero da divieti e pregiudizi.
Il giorno successivo non accadde nulla di nuovo, se non che la signora Elide mi appariva sempre più gnocca e mi ripromettevo di tentare qualcosa di più. Ormai avevo superato le timidezze iniziali, le correvo dietro per spiarla, aspettando che si chinasse o si sedesse.
A sera, Luciano nel buio mi fece intendere che avrebbe gradito un altro pompino; gli risposi che da parte mia non c’era problema, ma, se ce la volevamo godere di più, potevamo scambiarci i ruoli e pensare non solo alla bocca, anche al culo.
Sulle prime esitò con evidente imbarazzo, ma poi prese coraggio e, impugnatomi il cazzo, si mise a succhiarmelo, mentre io glielo menavo lentamente. Pensai di non traumatizzarlo ed evitai di sborrargli in bocca. Ma, quando sentii il mio uccello bello turgido, glielo sfilai di bocca, lo spinsi a mettersi a pecora, gli scivolai dietro e, piano piano, cominciai a premere la cappella sul suo ano, mentre Luciano, docile, mi aiutava inarcando la schiena.
Luciano uscì quella sera dalla verginità, perdendo in un sol colpo sia quella orale che quella posteriore. Mentre lo inculavo, lui si masturbava furiosamente. Entrambi pensavamo a sua madre. Alla fine, mentre io gli inondavo lo sfintere con un grugnito a mala pena trattenuto, lui esclamava come in trance:
“Sì mamma… sì… ah, guarda come sborro, mamma!”
Il giorno dopo ebbi modo di avanzare qualche complimento un po’ indiscreto e di scambiare qualche battuta un po’ tendenziosa con la signora. Ma da parte sua solo sorrisi un po’ ambigui. Avevo la sensazione che la troia godesse a farmi cuocere a fuoco lento, senza compromettersi.
La sera io e Luciano non perdemmo tempo, facemmo il bis scambiando le parti. Al buio mi misi a pecora sul letto e Luciano mi montò da dietro. Lui pompava, io me lo menavo per bene. Eravamo quasi al dunque quando, all’improvviso, si accese la luce.
La signora Elide inorridita:
“Oddio, ho il figlio ricchione – esclamò – e tu …. tu, porco lussurioso, che ha pervertito il mio bambino….”.
La reazione della signora Elide non mi sconvolgeva, anzi un po’ mi divertiva. Luciano invece era incazzato nero verso la madre per quella sua inopinata intrusione.
Mi uscì dal culo e piombò verso sua madre col cazzo ancora dritto.
La aggredì spingendola contro il muro e poi le rimproverò ad alta voce tutte le sue colpe. Che l’aveva sempre tenuto lontano dalle donne, che lo faceva vestire ancora come un ragazzino, che continuava a tenerlo al guinzaglio.
Luciano era letteralmente fuori di sé, ma mi sembrava che quell’incidente fosse per lui l’occasione della liberazione. E, difatti, quel ragazzo perbene si comportava come un depravato, palpava senza pudore la madre, spingendo il suo cazzo contro le cosce materne. Poi lo sentii gridare con gli occhi infuocati:
“Tuo figlio non è frocio!…. questo cazzo vuole solo la fica … la fica … tanta, tanta ficaaaa!!!”
La signora Elide aveva il volto terrorizzato, non si capacitava che il figlio fosse quell’invasato che le ficcava le mani dappertutto. Aveva azzardato una minima reazione:
“Ma, tesoro, che ti è preso!?…. Lucianoooo ….”
Per tutta risposta il figlio, strattonandola rudemente, si mise a premere dietro la sua testa sino a farla piegare in avanti:
“Succhiamelo!”, le ordinò.
Raggelata ed ammutolita la signora si dedicò al cazzo del figlio e si mise a succhiarglielo, prima un po’ goffamente, poi con crescente convinzione, accarezzandogli amorevolmente anche i coglioni.
“Sì, dai, ecco…. sì, cosììì…. succhia, succhia, troia!”
Assistevo con soddisfazione alla scena di quella signora borghese, che si era sottratta alla mia corte e che ora soggiaceva agli ordini osceni del figlio. Ma avevo il cazzo tirato al massimo e, approfittando della posizione invitante della signora, le girai dietro, le alzai la vestaglia, scostai gli slip e, con il piacere irripetibile di chi ottiene una rivincita lungamente attesa, immersi lo spadone nella sua ficona grigiastra, ma già ben bagnata.
Una scena inimmaginabile sino a qualche minuto prima. Io la pistonavo da dietro mentre lei lo sucava al figlio. Luciano, però, non si accontentava del pompino, voleva possederla e mi fece segno di cambiare posizione. Ci riportammo verso il letto, io mi distesi supino offrendo il cazzo inalberato alla bocca della signora; il figlio le si posizionò dietro e si mise a spingere il suo arnese imbizzarrito dentro la fica materna. Ma non durò molto perché gli venne voglia di cambiare canale e a spingerglielo direttamente in culo, con una forzatura che provocò un singulto doloroso da parte della madre impegnata a sbocchinarmi divinamente.
Venimmo insieme, Luciano in culo alla madre, io nella sua bocca.
Alla fine, esausti, ci rilassammo tutti insieme nel letto e ci restammo a dormire sino al mattino.
Da quel momento la nostra vacanza cambiò radicalmente e la baita si trasformò in una garconnière. Passammo così altri cinque giorni a chiavarci Elide senza riguardo e senza risparmio, sperimentando tutte le varianti possibili del sesso a tre.
Luciano, finalmente emancipato, si scatenò nella lussuria bisex. Ero davvero contento di aver contribuito a rompere il guscio di repressione perbenista nel quale il mio amico era imprigionato; ma mi rallegravo ancor più della disinvoltura con la quale Luciano aspettava che io mi trovassi nella posizione giusta e, mentre io gli montavo la mamma, lui pian piano me lo metteva in culo.
Ma anche la signora Elide aveva abbandonato ogni ritegno borghese rivelandosi una porcona insaziabile. Tant’è che, durante il ritorno dalla vacanza, pretese da me la promessa che alla baita ci saremmo tornati tutti e tre alla prima occasione.
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